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Autore: Sora_D_Aoi    10/08/2015    5 recensioni
Sono trascorsi due anni dalla fine della sanguinaria Guerra dei Vertici, scontro epico che ha visto affrontarsi i più grandi esponenti della Marina Militare e le flotte del pirata conosciuto come l'uomo più forte del mondo, l'Imperatore Edward Newgate, giunto fin lì per soccorrere il suo amato figlio nonché Comandante della sua Seconda Divisione Portgas D. Ace. In quella battaglia di smisurate dimensioni entrambe le fazioni hanno subito innumerevoli e dolorosissime perdite, di cui la più clamorosa è stata costituita dalla dipartita dello stesso Imperatore Bianco, che con la sua morte ha inaugurato l’inizio di una Nuova Era.
Tuttavia, questo violento conflitto non ha portato solo sofferenze, ma ha anche spinto dei giovani a compiere delle scelte necessarie per realizzare i loro sogni e soprattutto per proteggere le persone a loro care.
Per una di loro, la 'Vendicatrice degli Abissi' Sora D. Aoi, sarà l'inizio di una grande avventura, ma anche il momento di affrontare un doloroso passato intriso di sangue e morte...
[Sequel di "Cronache di un'Assassina - La Vendicatrice degli Abissi Sora D. Aoi": per comprendere appieno le vicende e soprattutto la caratterizzazione della protagonista ne è caldamente consigliata la lettura.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Rivoluzionari, Sabo, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 - RITORNO A SABAODY
CAOS ALLA LOCANDA DEL GROVE 17

Era un giorno come tutti gli altri sull’Arcipelago Sabaody.

I Grove della zona turistica erano come al solito gremiti di turisti intenti a fare shopping e a provare le specialità culinarie del posto, mentre gli hotel della zona alberghiera avevano come sempre raggiunto il ‘tutto esaurito’ grazie a quegli stessi visitatori, i quali spesso decidevano di soggiornare più di un giorno su quel pittoresco agglomerato di isole nonostante esso fosse anche la tappa fondamentale per tutti i pirati che volevano raggiungere il Nuovo Mondo. Infatti, quello era l’unico posto in tutta la prima parte della Grand Line in cui le navi potessero ricevere un adeguato rivestimento per affrontare la lunga traversata sottomarina verso l’Isola degli Uomini-Pesce, corrispondente subacquea della Terra Sacra di Marijoa nella quale soltanto pochi eletti tra cui i Draghi Celesti e i maggiori rappresentanti del Governo Mondiale e della Marina potevano entrare e uscire liberamente.  

L’indiscussa attrazione del posto rimaneva comunque il celeberrimo Sabaody Park, un grande parco dei divertimenti dove adulti e piccini potevano trascorrere il tempo svagandosi tra le numerose giostre, dimenticando temporaneamente tutte le possibili minacce che gli abitanti e i visitatori dei cosiddetti Grove ‘senza legge’ avrebbero potuto costituire; a rafforzare quel senso di sicurezza era anche la presenza di una base della Marina, la quale poteva vantare un forte incremento bellico costituito dai Pacifista, cyborg potentissimi e quasi indistruttibili con le fattezze dello Shichibukai Bartholomew Kuma.  

Era proprio tra le vie del grande parco giochi che un particolare personaggio stava gironzolando con fare apparentemente annoiato, guardando con disinteresse il cielo azzurro e le bolle prodotte dalle mangrovie Yarukiman perso nei suoi pensieri.

Ad una prima occhiata pareva abbastanza alto e muscoloso, benché fosse difficile stabilirlo con certezza in quanto era quasi totalmente coperto da una lunga mantella di pelliccia color nocciola con tanto di cappuccio a coprirgli la testa; nonostante ciò sotto a quell’ultimo era comunque possibile intravedere qualche ciuffo mosso e corvino, che incorniciava un viso abbastanza squadrato ma ammorbidito sulle guance rosee da una spruzzata di lentiggini chiare, sopra le quali spiccava un paio di occhiali da sole neri dalla montatura triangolare ma arrotondata sugli angoli. Oltre a parte del viso, sotto lo strano soprabito era possibile distinguere un petto nudo e ben definito segnato da una relativamente piccola cicatrice e un paio di bermuda neri che gli arrivavano alle ginocchia, i quali erano sostenuti da un’eccentrica cintura arancione ornata da una fibbia azzurrina avente dipinta sopra una lettera A di colore rosso carminio. A completare lo strano abbigliamento vi erano un paio di stivali abbastanza alti di colore nero, un vistoso cappello da cowboy arancione con due strane spille azzurre a forma di smiley, una collana di perle rosse, un braccialetto rosso e bianco, un Log Pose, un paragomito arancio e un buffo nasone finto con tanto di baffoni neri tipici dei comici. In spalla teneva uno zaino verde dai motivi a zigzag, e agganciato alla cintura ma nascosto dal mantello per non spaventare i passanti aveva un pugnale, usato principalmente per tagliare la carne degli animali cacciati nei suoi viaggi solitari che non per uccidere una persona.

Insomma, nonostante il proposito di passare inosservato quel suo stravagante abbigliamento era tutto fuorché discreto.

Il giovane sbuffò, facendo vibrare appena il voluminoso paio di baffi neri dall’odore di plastica: “Capisco che Hancock non volesse che rischiassi di essere riconosciuto, ma questo travestimento mi pare eccessivo...! Insomma, si vede lontano un miglio che questi baffoni sono una presa per i fondelli! Se gli altri Comandanti mi vedessero mi sfotterebbero per chissà quante settimane, e se rincontrassi la mia sorellina conciato così...” ragionò prima di scuotere il capo rischiando di perdere il naso finto “Non posso fare una figura simile davanti a lei: sono pur sempre il suo fratellone! A stento mi porta rispetto, quella viperetta, figurarsi se mi vedesse in queste condizioni! Comincerebbe a chiamarmi ‘Succo di Frutta Baffone’ o cose simili...! Però glielo perdono, è talmente adorabile quando cerca di negare che mi vuole bene...” continuò a riflettere mentre un sorriso sornione si dipinse sulle sue labbra “Ah, chissà quanto tempo dovrò aspettare ancora prima di poterla riabbracciare e strapazzare un po’...! Mi è mancata così tanto in questi nove mesi...!”

A riportarlo alla realtà non fu altro che il suo stomaco gorgogliante, il quale gli ricordò che non aveva messo nulla sotto i denti da quando era arrivato sull’arcipelago quella stessa mattina dopo più di un giorno di navigazione a bordo della nave della Principessa Serpente Boa Hancock. Era anche passato per il Bar Tispenno gestito da Shakky, un’amica del vecchio Rayleigh che sembrava avere grande considerazione sia di lui che dei suoi fratellini, ma si era messo a parlare col suo ex maestro dei grandi miglioramenti di suo fratello e poi era scappato via per avere il tempo di provare tutte le attrazioni del Sabaody Park in attesa dell’arrivo di sua sorella, dimenticandosi così di una possibile pausa pranzo. Sia Rayleigh che Shakky l’avevano anche richiamato per non sapeva nemmeno quale motivo, ma quando se n’era reso conto era già salito di nascosto su una delle giostre per non dover pagare il biglietto.

Fu in quel momento che gli parve di ricordare qualcosa collegato a quella particolare caffetteria dettogli da sua sorella, forse una sorta di raccomandazione, ma i troppo intensi crampi per la fame gli impedirono di rammentare quali parole lei gli avesse letteralmente urlato nella ‘vivace’ conversazione avuta il giorno prima al Den-Den Mushi, quindi liquidò il tutto convincendosi che se fosse stato importante gli sarebbe tornato in mente poi, tralasciando il fatto che non ricordava per niente in quale Grove si trovasse il Tispenno e che aveva lasciato il Den-Den Mushi ad Hancock prima di sbarcare, non avendo perciò modo di contattare nessuno: “Ah... Morirei di fame ancora prima di trovarlo, quel dannato bar...” sospirò sconsolato, prima che un odorino alquanto invitante penetrasse sotto il grosso nasone baffuto solleticandogli le narici e facendogli venire un’immediata acquolina.  

Avrebbe riconosciuto quel profumo tra mille: forte, deciso e leggermente affumicato. I suoi occhi s’illuminarono, quasi commossi, mentre le sue labbra tremarono appena, pronunciando con immenso piacere una delle parole da lui più amate e pronunciate dopo i nomi dei suoi cari e dei suoi nemici: “C-ca... ca... CARNE!!!”

Quell’urlo disumano fece voltare quasi tutti i presenti nella sua direzione, ma tutto ciò che videro, o meglio sentirono, fu una fortissima folata di vento che fece volare via i cappelli dalle teste dei turisti e alzare le gonne delle donne lì vicine, oltre a tirare su un denso polverone che si diradò lentamente, mentre l’ignoto artefice di quel piccolo uragano era ormai divenuto una minuscola sagoma indefinita che continuava ad allontanarsi, fino a non poter essere più distinta ad occhio nudo.

In pochi avrebbero potuto immaginare che quel misterioso individuo, assieme ad un’altra persona altrettanto forte e pericolosa, avrebbe spazzato via la quiete e la tranquillità di quel normale giorno sull’Arcipelago Sabaody, attirando nuovamente su di sé gli sguardi della Marina e soprattutto di un’organizzazione molto forte e misteriosa rimasta fino a quel momento nell’ombra.
 
§

Varcò la soglia senza esitazione, facendo scricchiolare appena il vecchio legno delle ante e concentrare su di sé gli sguardi in parte curiosi e in parte sinistramente divertiti di tutti i clienti, probabilmente per il lungo mantello scuro che la copriva dalla testa ai piedi.

Senza badarci si avvicinò silenziosamente al bancone della piccola locanda che aveva scelto come sua tappa di ristoro e si guardò attorno con discrezione. Era un posto semplice e modesto, con piccoli segni di usura leggibili nelle pareti verdine leggermente scrostate, nei mobili scheggiati qua e là e anche nei bicchieri e nei boccali opachi in mano ai clienti, ma nonostante tutto gli aromi stuzzicanti delle varie pietanze e l’apparente discrezione del locandiere dietro al bancone suggerivano che si trattasse di un luogo più che idoneo per la consumazione di un buon pasto.

L’unica pecca di quella taverna era la constatazione che tutti i suoi frequentatori, i quali non si stavano certo contenendo dal fare baccano e commenti di ogni genere accompagnati da risate sguaiate e fetori stomachevoli, erano sicuramente pirati che molto probabilmente l’avrebbero direttamente o indirettamente importunata, impedendole così di godersi pienamente quella sosta tanto agognata; in fin dei conti quella era una locanda dei Grove ‘senza legge’, quindi trovare dei ricchi clienti riguardosi e dalle buone maniere sarebbe stato decisamente bizzarro e ironico vista la pessima fama di quella zona.

Aveva camminato per ore e ore tra gli isolotti di quello stramaledetto arcipelago, e l’infantile entusiasmo con cui aveva iniziato la sua ricerca era scemato lentamente e inesorabilmente, lasciando posto a un certo nervosismo che le aveva fatto desiderare soltanto di sedersi un attimo e mettere qualcosa nello stomaco; si stava ancora maledicendo per non aver pensato di mangiare qualcosa al Bar Tispenno di Shakky, risparmiandosi così tutto quel chiasso molesto e quegli odori nauseanti che coprivano quelli ben più appetitosi dei piatti della casa, ma di tornare indietro dopo tutta quella fatica non se ne parlava.

Per fortuna aveva detto a Jinbē che sarebbero tornati entro sera, perché contrariamente alle sue ottimistiche aspettative non aveva ancora trovato quella stupida faccia da schiaffi, nonostante nell’acceso dibattito avuto personalmente con lui al Den-Den Mushi gli avesse praticamente ordinato di non muoversi dal bar della cara Shakuyaku. Ovviamente, però, come sempre da due anni a quella parte, quell’idiota non le aveva dato retta ed era partito a razzo senza specificare la sua destinazione a nessuno e senza portarsi dietro alcun mezzo di comunicazione, costringendola perciò a cercarlo ovunque e attirando magari nel frattempo la sgradita attenzione della base della Marina del posto, distruggendo così la serenità che aveva respirato da quando era giunta.

Sospirò appena, sedendosi su uno degli alti sgabelli davanti al bancone e buttandosi a lato la modesta sacca violacea contenente i suoi pochi averi fino a quel momento tenuta in spalla, cercando di scacciare i suoi pessimistici pensieri. Magari si stava sbagliando completamente. Magari non era più così infantile e sconsiderato da attirare a sé orde di marines e cacciatori di taglie mostrando apertamente il vistoso tatuaggio del Babbo. Forse era semplicemente da qualche parte nel Sabaody Park a divertirsi come un turista qualunque senza dare noie a nessuno. Insomma, in fin dei conti aveva ormai ventidue anni, e aveva solcato i mari per tre anni prima di trascorrerne due assieme a lei e al loro fratellino per allenarsi con Rayleigh: un pizzico di maturità in più doveva averla acquisita in tutto quel tempo... no?

A interrompere le sue riflessioni fu il proprietario della locanda, un uomo di mezza età dall’aspetto molto calmo e pacato che nascondeva però una sorta d’inquietudine dovuta probabilmente al genere di clienti che era costretto a servire: “Vuole ordinare qualcosa, signore?”

“Eh? Ah, sì... Vorrei una fetta di torta della casa, per favore.” rispose lei dopo aver rapidamente consultato il grosso cartello appeso al muro elencante tutti i piatti della bettola, passando sopra al fatto che il barista si fosse rivolto a lei parlando al maschile giustificando quel malinteso con il mantello che la copriva totalmente. Una fetta di dolce era quello che le serviva per recuperare le energie e soprattutto un minimo di positività, senza considerare che aveva trattenuto la sua golosità anche per troppo tempo: già le mancavano gli squisiti dolci dell’Isola degli Uomini-Pesce.

“Ah... E-e da bere?” continuò l’uomo senza riuscire a nascondere un tono stupito sia per la voce femminile che per le parole pacate con cui si era sentito rispondere.

“Un bicchiere di latte freddo e un dito di caffè.”

Appena chiuse le labbra sentì alcuni uomini alle sue spalle ridacchiare, molto probabilmente per la bizzarra ordinazione appena fatta; d’altro canto era strano che in una locanda di un Grove ‘senza legge’ i cui clienti erano praticamente tutti pirati e delinquenti qualcuno ordinasse un dolce e un bicchiere di latte con caffè anziché una sostanziosa bistecca al sangue con un bel boccale di birra, ma i suoi gusti in fatto di cibo non erano mai cambiati molto e a lei non importava granché, soprattutto perché aveva il sentore che non avrebbe potuto comunque mangiare in pace.

“Per caso vuoi anche un biberon, poppante?!” chiese uno di loro suscitando le sguaiate risate dei suoi compagni, prima di lanciarle addosso una bottiglia di liquore vuota che lei evitò senza nemmeno girarsi, facendola frantumare violentemente contro il muro.

Gli uomini continuarono a ridere senza freni, mentre l’oste, avvertito il pericolo che si respirava nel suo locale, le servì rapido quanto ordinato per poi acquattarsi in un angolo a raccogliere i cocci di vetro a terra, nella speranza che quella giovane forestiera se ne andasse presto e non portasse ulteriore scompiglio tra i pirati.

Lei invece non si mosse dal suo sgabello e versò il dito di caffè nel latte, che subito acquisì un gradevole color nocciola, per poi inzuppare la punta della torta al cioccolato nel bicchiere, addentandola lentamente per godere della piacevole sensazione del morbido composto che si scioglieva in bocca. Masticò calma e moderata, assaporando il boccone in religioso silenzio, come se non avvertisse minimamente la tensione creatasi nel locale in seguito al suo arrivo; aveva solo intenzione di gustarsi il suo meritato spuntino, senza contare che in quel momento non era affatto di buon umore, per cui sperò di cuore che quei trogloditi se ne sarebbero stati buoni dopo aver provato a spaccarle quella bottiglia addosso.

Tuttavia, avendo come sempre la sorte contro di lei, quello che doveva essere il Capitano della ciurmaglia di ‘pirati’ che infestava il locale le si avvicinò terribilmente, tanto che il suo fetido alito le arrivò al viso: “Credo che tu non abbia capito l’antifona, marmocchio... Questo non è un parco giochi, ma una locanda del Grove 17, uno dei Grove ‘senza legge’! Tornatene a casa dalla mammina per fare merenda, se non vuoi che ti sgozzi il collo seduto stante!!!” ringhiò minaccioso con la sua voce roca e sgraziata, facendole allontanare il capo stomacata.

Lei si limitò a guardarlo di striscio da sotto il suo cappuccio, riconoscendo i tratti ‘tipici’ dei piratuncoli buoni a nulla che infestavano la prima parte della Grand Line da due anni a quella parte: era praticamente un grosso armadio pelato dalla pelle olivastra, con piccoli occhi porcini e un naso schiacciato che contribuiva a dargli l’aspetto di un cinghiale troppo cresciuto; i grossi bicipiti delle braccia pelose e l’ampio petto evidenziato da una sudicia casacca verde vomito le suggerirono che fosse specializzato nella lotta a mani nude, mentre le gambe tozze e sottili, sproporzionate rispetto al resto del corpo, la portarono a chiedersi come potessero reggere una simile stazza; a completare il tutto, una minacciosa sciabola pendeva dalla cinta dei pantaloni sbiaditi. Notò una vaga somiglianza con lo scagnozzo del pirata Bluejam che dodici anni prima aveva quasi ucciso lei e il suo fratellino a suon di cazzotti chiodati, Porscemo o come si chiamava, e il disgustoso puzzo che emanava e che le ricordò il Grey Terminal la convinse ulteriormente del paragone.

“Ascolterò le tue minacce quando ti sarai lavato i denti, scimmione.” asserì lei con voce del tutto indifferente, continuando a mangiare come se nulla fosse “Hai l’alito peggio di una fogna. Allontanati, prima che perda la già poca fame che mi è rimasta.”

Nel locale piombò il silenzio, e istintivamente sia il povero oste che i sottoposti del bestione si allontanarono da quell’ultimo, mentre un’evidente vena prese a pulsare convulsamente sulla sua tempia: “Credo di non aver sentito bene... Che cosa hai detto...?!”

“Forse oltre a puzzare come un facocero hai anche del cerume nelle orecchie che t’impedisce di sentire bene. Ho detto che ti puzza l’alito. Il tuo tanfo mi ricorda quello del Grey Terminal nell’East Blue.” ripeté lei esprimendo ad alta voce il confronto fatto poco prima nella sua mente, per nulla preoccupata delle conseguenze che quella sua sfacciata affermazione avrebbe potuto portare. Aveva promesso a Jinbē di non attaccare briga con i visitatori dei Grove ‘senza legge’, ma non di passare sopra alle provocazioni che peraltro lei avrebbe ignorato se non avesse avuto le palle girate di suo; oltretutto quella puzza le aveva fatto quasi passare l’appetito.

Il muso del pirata divenne lentamente rosso, mentre la bocca si contorse rapidamente in un digrigno assassino che mostrò apertamente i denti gialli e marci; le narici si dilatarono, e gli occhi si sgranarono iniettati di sangue: “HAI IDEA DI CHI HAI DI FRONTE A TE, BRUTTO MICROBO FIGLIO DI CAGNA?! Io sono il grande Oscar lo Spappolatore, con una taglia di ben settanta milioni di Berry!!! Col mio famosissimo ’Pugno d’Acciaio’ ho fracassato il cranio di centinaia di marines e pirati, e tutti nel South Blue mi conoscono e mi temono!!!” gridò teatrale avvicinando paurosamente la sua grande mano chiusa alla guancia della ragazza.

“Ah, wow. I miei più vivi complimenti.” commentò soltanto lei senza degnarlo di uno sguardo e continuando il suo pasto, decisa quanto mai a terminarlo il prima possibile per non dover più sopportare la presenza e soprattutto l’orribile olezzo di quel fetente montato. Una goccia di caffelatte le sfuggì dalle labbra, scivolandole velocemente giù per il mento per poi finire sul legno chiaro del bancone; lei la fissò intensamente, indecisa se raccoglierla o lasciarla lì.

A quella reazione per nulla terrorizzata come avrebbe desiderato il grosso faccione del corsaro divenne nel frattempo ancora più paonazzo, e la folle espressione che assunse spinse tutti i suoi compagni e anche il locandiere a prendere ulteriormente le distanze, i primi ben consapevoli di cosa sarebbe accaduto di lì a breve e già pronti ad assistere alla sanguinaria dimostrazione di forza del loro Capitano.

L’uomo alzò il grande pugno tenuto fino a poco prima vicino al viso della sua ignara vittima, riprendendo a urlare: “TI PENTIRAI DI ESSERTI MESSO CONTRO DI ME, LURIDO VERMICIATTOLO!!! MORIRAI PER MANO DEL FUTURO RE DEI PIRATI!!!”

Tutti eccetto il taverniere attesero con trepidazione gli schizzi di sangue e le urla agonizzanti della misera vittima, ma pochi secondi dopo si ritrovarono ad occhi sbarrati e a mascelle spalancate di fronte alla scena che si presentò loro: la piccola straniera aveva fermato il colpo del Capitano con il solo indice sinistro, trattenendolo senza la benché minima fatica, mentre con la mano destra si era messa l’ultimo pezzo di dolce in bocca, masticando con calma.

“M-ma come...”

“S-sto... sto sognando...?”

“D-ditemi che questo è un sogno...”

“H-ha fermato il famosissimo ‘Pugno d’Acciaio’ del Capitano...”

“Con un solo dito...?!”

Oscar lo Spappolatore impallidì di colpo, non riuscendo a capire cosa fosse esattamente successo. Il suo pugno era ancora lì, a pochi centimetri dal viso celato della sua impudente vittima, ma per quanta pressione stesse continuando ad esercitare con i suoi poderosi muscoli quell’esile ditino bianco lo stava trattenendo come si trattiene un bambino.

E la cosa spaventosa era che nel farlo quel gracile corpicino non si era spostato di un solo millimetro.

“T-tu... t-tu chi...”-

La ragazza incappucciata nel frattempo deglutì il dolce boccone, per poi sospirare e scoccare una gelida occhiataccia da sotto il mantello all’uomo, la cui grossa schiena venne percossa da un brivido di puro sgomento e confusione: “Ah... Se penso che dopo la Guerra dei Vertici i ‘pirati’ che infestano la prima parte della Grand Line sono tutti degli incompetenti rumorosi e montati come te mi piange il cuore... Siete tutti così dannatamente fastidiosi... Comunque sei fortunato, troglodita puzzolente... Ho promesso a Jinbē che non avrei combinato casini, e io mantengo sempre le promesse. Anche perché sono sicura che ci penserà già quello stupido Succo di Frutta ad attirare a sé la Marina...” ragionò ad alta voce, prima di raccogliere con l’indice della mano libera la goccia di caffelatte sul bancone e osservarla un’ultima volta “... Sì, questa è più che sufficiente.”

“Ma che”-

In un secondo la ragazza si alzò in piedi e si piegò istantaneamente sulle ginocchia, facendo così perdere l’equilibrio al pirata il cui pugno era ormai proteso nel vuoto. Subito sgusciò in avanti, quasi sotto alle gambe dell’uomo, e con la sua mira impeccabile schizzò con la piccola goccia dolciastra la parte sinistra di petto lasciata scoperta dalla casacca, abbastanza vicino al cuore.

Il pirata cercò di prenderla in contropiede e di stritolarla con le possenti braccia, ma prima ancora che lui e i suoi subordinati potessero rendersene conto il Capitano cadde a terra con un debole rantolo, rimanendo poi esanime in una piccola pozza di sangue, mentre la ragazza raggiunse l’angolo opposto del locale con un ampio ed elegante balzo, la sacca viola nuovamente in spalla e il cappuccio scuro ancora ben tirato sulla testa.

“CAPITANO!!!” gridarono in coro i bucanieri correndo in soccorso del loro leader, rimanendo agghiacciati quando videro che il sangue proveniva da una piccolissima ferita all’altezza del torace.

Nell’esatto punto in cui la forestiera gli aveva tirato la goccia di caffelatte.

Quell’ultima li guardò fugacemente con la coda dell’occhio, prima di tornare a passi lenti vero il bancone sfogliando nel frattempo un discreto mazzo di banconote da cento Berry: “Sono stata buona e ho volontariamente mancato il cuore, ma se mai dovesse esserci una prossima volta stai certo che non mancherò il bersaglio, scimmione. Ah, prima che me ne dimentichi... Il titolo di Re dei Pirati è già destinato al mio stupido e adorato fratellino, ti conviene rassegnarti.” spiegò tagliente prima di sfilare via dieci banconote dal fascio e di posarle sulla superficie di legno “La ringrazio per l’ospitalità, signor oste. La torta e il caffelatte erano squisiti. I soldi sono sul bancone. La pregherei di non contattare la Marina per questo innocente bisticcio. Arrivederci.”

Con quelle parole la misteriosa cliente girò i tacchi e se ne andò in silenzio, lasciando dietro di sé un’atmosfera di smarrimento e paura. Nessuno dei pirati ebbe il tempo o il modo di fare supposizioni sull’identità della piccola furia che aveva sconfitto in pochi secondi il loro Capitano dovendo concentrarsi a prestare a quell’ultimo le dovute cure, ma al taverniere non erano sfuggiti né il noto nome che la sconosciuta aveva pronunciato né il gelido sguardo celeste che aveva chiaramente visto sotto al suo cappuccio; tuttavia, troppo timoroso delle possibili conseguenze e soprattutto troppo attaccato alla sua incolumità già spesso a rischio a causa della clientela della sua taverna, decise di seguire il freddo invito della giovane e di non pensarci più. 

Solo venti minuti dopo, quando la ‘pace’ sembrò essere tornata nel locale, le ante d’ingresso della locanda cigolarono una seconda volta annunciando così l’arrivo di un altro cliente. Era anch’esso incappucciato e dall’aria tutto fuorché comune, con un paio di occhiali da sole a celare il suo sguardo e un buffo naso finto e baffuto a coprire parzialmente la bocca rivolta in un sorriso cordiale.

Un nuovo brivido d’inquietudine attraversò la schiena del povero locandiere quando lo vide occupare lo stesso posto scelto dall’inquietante forestiera meno di mezz’ora prima.  

Angolo Autrice:
Ehilà! Ecco qui il primo vero capitolo del mio tanto atteso sequel ^^! Come sempre non sono totalmente soddisfatta (chi mi conosce sin dalla mia prima FF sa che non lo sarò mai -//-"), soprattutto perché ho fatto un sacco di modifiche non previste che mi hanno portato via quasi tutto il pomeriggio -//-"...
Comunque, come ho già detto alle persone che hanno recensito il prologo volevo ribadire che non specificherò una data massima/minima per gli aggiornamenti come facevo nella mia prima FF, in parte per non dare false speranze alle anime caritatevoli che mi sostengono e in parte per non fare la figura di quella che non mantiene le promesse, cosa purtroppo successa più di una volta. Inoltre, devo purtroppo annunciare che gli aggiornamenti saranno con buona probabilità molto più lenti rispetto alla mia storia precedente in quanto non sono ancora riuscita a trovare il ritmo relativamente stabile che avevo assunto con la precedente, un po’ le troppe idee (che sono ancora tante, ma troppo confuse), un po’ i compiti da fare e un po’ la pessima qualità degli strumenti a mia disposizione, Internet in primis (non sono a casa mia e qui la connessione fa come vuole lei -_-"). Pertanto, chiedo a tutti i lettori (soprattutto a quelli che hanno avuto la pazienza di arrivare a leggere fino a qui ^^") di avere tanta, tanta pazienza. Ci tengo davvero a questa storia e a vederla terminata, e come il nostro amato/odiato Oda-Sensei la porterò certamente a termine, dovesse volerci più di un anno (cosa probabile, in verità).
Detto questo, ringrazio tutti coloro che hanno letto e leggeranno il capitolo, e ancora di più chi dedicherà qualche minuto del suo tempo a lasciarmi una anche piccola recensione: ogni parere in più mi darà la carica che ho un po’ perso in quest’ultimo periodo e sicuramente anche qualche nuovo spunto. Siete tutti SUPER XD!
Alla prossima e buone vacanze ^^!
Sora_D_Aoi
  
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