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Autore: lillilola    11/08/2015    1 recensioni
Camille è semplicemente bella, Daphne invece, è semplicemente sua sorella; le due hanno una cosa in comune oltre al sangue, il fatto che non si sopportano.
La guerra fredda in casa Shane dura da anni, e come tutte le guerre è destinata a finire prima o poi, e forse, se non fosse stato a causa di una caviglia storta nel momento sbagliato, le conseguenze non sarebbero state così dolorose, ma la teoria del caos è semplicemente questa: quella che a causa di un errore fa credere Daphne di essere la seconda scelta di tutti e come conseguenza fa credere a Camille di poter rubare il cuore a chiunque con il suo sguardo blu.
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E' stata un scena epocale, soprattutto perché continuava a vantarsi di avere vinto la possibilità di poter parlare con il suo idolo, per poi inciampare su uno dei vestiti che avevo lasciato per sbaglio sulle scale, e ruzzolare come un pesce lesso giù per tutta la rampa.
E indovinate chi ha visto tutta la scena? Io.
Indovinate chi ha potuto riprendere tutta la scena? Purtroppo nessuno.
-Camille Shane? – mi chiede la receptionist distraendomi.
Annuisco e mi giro.
-Carta d’identità per favore –.
Spero solo non si accorga che non sono io.
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO NOVE :SCARS

 
"Your hands are cold, your lips are turning blue, you’re shaking
This fragile heart, so heavy in my chest, is breaking
And in the dark, you try to make a pay phone call to me
But you’re miles away, your ship breaking up
You’re on your own
It’s hard to take, I need an hour just to say hello"
 
Non è che io non voglia parlare con nessuno, è solo che sono consapevole del fatto di quanto la mia bugia sull’allergia al polline sia stupida e soprattutto poco credibile. Molto poco credibile.
C’è un motivo se non sono mai andata a uno stupido corso motivazionale del cazzo.
Mi butto a peso morto sul letto e chiudo gli occhi, che bruciano ancora per il pianto.
E non lo so se bruciano perché ho pianto troppo o perché non ho pianto abbastanza.
Stupido Michael.
Scendo dal letto e tiro fuori la cassetta degli attrezzi per iniziare a pulirli.
Le mie manie ossessive mi rilassano, mi permettono di non pensare ad altro, o meglio, mi permettono di non pensare a oggi.
Devo ammettere che non è stata una delle mie giornate migliori. Di certo non rientra nella mia “top ten”.
Scoppiare a piangere davanti a Luke non è stata per niente una delle mie migliori idee. La gente con il buonsenso dov’è quando serve? La domanda resta sempre quella.
 - Ehi – sento la porta aprirsi lentamente – Posso entrare? – sento chiedere.
 - Daphne non è momentaneamente disponibile. La preghiamo di levarsi dalla palle – rispondo.
Ma forse il messaggio non è stato abbastanza chiaro, visto che Ashton entra comunque snobbando bellamente ciò che gli ho appena detto.
Ashton il ribelle Irwin, che non ascolta ciò che gli dico.
Si chiude la porta alle spalle e poi viene a sedersi di fronte a me, mentre io seguo i suoi movimenti con la coda dell’occhio per non fissarlo troppo in viso.
Lo ignoro e continuo con le mie manie ossessive.
 - Sono belle le tue cose – dice prendendo un cacciavite.
Ashton vuole morire.
Nessuno oltre a me, e forse Maya, ma ne dubito, può toccare i miei attrezzi. Odio le persone che toccano i miei attrezzi.
Glielo prendo di mano.
 - Non toccarli. Sono belli perché sono l’unica che li può usare, toccare e sfiorare. E non guardarli troppo che li consumi – e lo so che lui è qui per un supporto morale, o meglio, per consolarmi, e che io mi sto comportando male.
È solo che non voglio essere consolata.
Sto bene così.
Sorride contento di aver provocato una reazione, anche se dovrebbe sorridere per non essere morto visto che nessuno può toccare i miei attrezzi.
 - Senti Ashton, io sto bene. Non so cosa tu ci faccia qui in camera mia invece di… -
 - Perché stavi piangendo? – sussurra prendendo ciò che ho tra le mani.
Osservo mentre sposta il cacciavite.
 - Sono allergica al polline – ribatto – ora puoi andar..-
Mi mette apposto una ciocca di capelli, e poi fa passare la mano sulla mia guancia, quasi volesse ancora cercare la prova delle lacrime.
Quel tocco delicato mi prende alla sprovvista.
 - Non toccarmi Ashton – mi tiro indietro – non ho bisogno di sentirmi meglio per una stupida allergia. Puoi andartene prima che Camille inizi a cercarti – la mia non è una richiesta, ma una stra maledetta affermazione, ma lui sembra non recepire il concetto, e rimane fermo seduto davanti a me.
Dovrò prendergli un libro guida: “Come capire quando si è indesiderati. Guida base per scemi”.
 - Non sono qui per consolarti Daphne. So che avevi una reazione allergica al polline – dice sorridendo, e ora sono pienamente consapevole di quanto la mia bugia non regga – e non mi interessa se Camille mi cerca i…-.
 - Non sei molto carino con lei, che è la tua ragazza – sottolineo.
 - Sai che non è stata una mia scelta – dice irritato, e forse, ora che l’ho fatto un po’ arrabbiare se ne andrà lasciandomi da sola, e un po’ vorrei che se ne andasse, e un po’ vorrei che mi abbracciasse.
Mi guarda e sbuffa, so che sono insopportabile.
 - Sono qui perché voglio fare il gioco del “grazie” con te – mi afferra una mano prima che io inizi ad allontanarmi dopo aver sentito quello che vuole fare.
Non voglio fare quel gioco, e lui lo sa. Lo sa benissimo.
 - Esci da qui per favore. Ho di meglio da fare – ho detto anche per favore, sono stata piuttosto gentile, e spero che con la gentilezza, il ribelle Ashton capisca che deve andarsene sul serio questa volta, nonostante la mia momentanea insana voglia di un abbraccio.
Mi prende anche l’altra e le tiene tra le sue delicatamente.
 - Ringrazio me stesso per non aver mai smesso di credere nel mio sogno di fare musica, e per non aver mai smesso di provare a realizzarlo – e quando inizia a parlare non posso fare a meno di ascoltarlo, esattamente come è successo con Luke.Il gioco prevede che io gli tenga le mani e continui a fissarlo negli occhi, ma l’unico che sta giocando è lui, che cerca il mio sguardo, che rimane fisso a guardare le sue mani che stringono le mie.
Sembrano così piccole le mie mani strette tra le sue.
 - Mi ringrazio per aver tirato un pugno a quel bastardo di mio padre – stringe le mani quando lo sussurra – e per aver picchiato Simon Trise in seconda liceo perché bulleggiava una ragazza – e sorride a questo ricordo mentre sono io che ora gli stringo le mani, Ashton è un supereroe in confronto a me – mi ringrazio per non averti cacciato dalla mia camera d’albergo al nostro primo incontro, perché mi stavo dimenticando com’erano le persone che non vogliono nulla in cambio da te – sorrido, arrossisco, e decido che è arrivato il momento di cacciarlo via.
 - Non ti credevo una persona così violenta – dico sorridendo e ignorando la sua ultima frase – vedrò di non farti troppo arrabbiare Ashton Irwin – tento di alzarmi, ma mi tiene giù.
 - È il tuo turno –
 - Non credo proprio – rispondo scocciata, tento in un altro patetico tentativo di fuga, ma non riesco a muovermi da dove sono, ha la presa troppo forte – lasciami andare – dico iniziando a perdere la pazienza.
Voglio restare da sola, cosa c’è che non va in lui? Non capisce che è il momento di andarsene?
È davvero così ritardato?
 - Per favore – supplica preoccupato, davvero sembra che non abbia intenzione di uscire da qui – voglio sentire per cosa ti ringrazi, Daphne – dice chiamandomi per nome.
Lo guardo, e mi viene da piangere.
Sono arrabbiata, io non voglio che lui sia così preoccupato per me da arrivare a supplicarmi, non voglio tutto questo. Ashton non dovrebbe essere preoccupato per me, o almeno non dovrebbe essere così tanto preoccupato.
Mi limito a non guardarlo e a convincermi che devo mandarlo fuori da qui all’istante, che crollare anche solo un po’ davanti a lui, so, che sarebbe stata la fine. Crollare non è una delle mie opzioni al momento.
Non voglio un suo abbraccio. Non voglio che lui sia qui.
Tento di convincermi di tutto questo.
No, delle sue braccia non ne ho proprio bisogno.
 - Vuoi che giochi? Allora giochiamo – dico riprendendo il mio tono seccato – Mi ringrazio per non aver ancora ucciso nessuno e per avere la fedina penale pulita. Contento?  - chiedo puntandogli lo sguardo addosso – ora puoi andartene – sibilo tra i denti.
Sono arrabbiata perché so che lui adesso inizierà a insistere di nuovo, come un bambino, e so che io inizierò a piangere perché non riesco più a mandarlo fuori da qui se continua a guardarmi in quel modo, come se fossi davvero importante per lui, come se lui avesse davvero il diritto di essere preoccupato per me.
Il ragazzo di mia sorella si preoccupa per me, con che diritto?
Perché continua a voler restare qui, quando sotto, in salotto, c’è la ragazza più bella che si possa desiderare?
Ashton sei uno stupido, non ti accorgi di quello che hai.
 - Non sono un supereroe Daphne – dice come se non avesse sentito i miei continui “vattene” – ci ho messo anni per dire a mio padre che doveva andarsene di casa – sento la sua voce diminuire di sicurezza – picchiava mia madre, io lo sapevo, o almeno lo immaginavo, visto che non aveva mai osato alzare un dito su di lei mentre ero presente – evita il mio sguardo – mia madre negava l’evidenza, era spaventata da lui, ed ero spaventato anche io. Lo sono tutt’ora ad essere sincero – sorride amaramente – Un giorno ruppi un bicchiere, lo urtai per sbaglio. Mio padre aveva bevuto, e quel bicchiere fece scattare la sua ira – e io non so il perché, ma lo sto ascoltando, completamente incantata dalle sue parole, la sua voce insicura mi ferisce, un vero colpo al cuore – si scagliò su di me gridandomi che non avevo rispetto, ero un figlio degenere. Mia madre cercò di allontanarlo, ma venne colpita e insultata a sua volta. Fu in quel momento che qualcosa scattò nella mia testa, una lampadina, o non so che altro, ma per la prima volta, mi accorsi che ero fisicamente più in forma di mio padre, ero più forte. Gli spaccai il naso e lo chiusi fuori dalla porta. Poi chiamai la polizia e… - lo fermo.
È arrivato davvero il momento in cui deve andarsene. Andarsene all’istante.
 - Smettila – allontano le mie mani da lui, mentre in realtà cerco di allontanarmi con tutta me stessa da lui – perché mi stai dicendo una cosa simile? Cosa ti aspetti Ashton? Vuoi che inizi a raccontarti della mia vita? Beh non accadrà – e lo so che sto dando di matto – Questo non è uno stupido pigiama party dove tu mi racconti un segreto e io te ne racconto un altro – ed è in questo momento che mi accorgo di fare la stronza, ma non mi interessa.
Se posso evitare che lui si preoccupi per me allontanandolo in questo modo, va bene, perché non ho bisogno delle sue parole, delle sue carezze, non ho bisogno di nulla. Almeno non da lui.
Non voglio che sia sempre pronto ad aiutarmi.
Ashton sta con Camille, e io il cuore spezzato ce l’ho già avuto una volta, non sono abbastanza forte per una seconda volta, visto che ancora non ho superato del tutto la prima.
 - Smettila di cercare di aiutarmi. Non ho bisogno del tuo aiuto – mi alzo – ora puoi andare -.
Lo guardo un ultima volta prima di voltarmi e andare a prendere una sigaretta, e mi accorgo di aver fatto l’errore peggiore del mondo: ha lo sguardo ferito, e il mio cuore non ha apprezzato la visione, e me lo fa giustamente notare facendomi mancare un battito o due.
Si stava confidando con me, e io l’ho mandato via.
 - Probabilmente non lo farò – dice alzandosi e andando verso la porta.
Lo guardo mentre è di spalle, e si dirige verso l’uscita.
Non riesco a vedere i suoi occhi, voglio capire se quello era un sguardo ferito, uno sguardo che ho provocato io.
 - Perché? – sussurro.
Si gira e mi sorride, e lo so che vorrebbe avvicinarsi a me in quel momento, e lo vorrei anche io; ma rimaniamo fermi, immobili a guardarci, forse entrambi con lo sguardo ferito.
 - Perché stai piangendo – dice prima di uscire.
Mi porto una mano sul viso, e ha ragione. Sono in lacrime, e non so bene quando ho iniziato a piangere, forse da ore, forse da minuti. Non so con esattezza da quanto tempo sto facendo il cosplay delle cascate del Niagara, e la cosa peggiore è che sono sola, esattamente come volevo, che poi forse non volevo davvero rimanere da sola.
 
 


Sono tre giorni che ignoro, ed evito Ashton come se fosse un portatore sano di Ebola.
 - Pensi di tornare sulla terra Daphne? – sento all’improvviso.
Mi riprendo dai miei pensieri e mi guardo attorno, noto Calum macchiato di grasso di motore sulla faccia, forse sta tentando di trasformarsi in una moto.
Porto lo sguardo alle mie mani che sento iniziare a bruciare, e vedo la sigaretta che tenevo tra le dita essere ormai arrivata al filtro, e io non me ne sono accorta.
Questa cosa di non aver fumato la sigaretta e di averla consumata potrebbe quasi rovinarmi l’umore, ma per fortuna c’è Calum che mi passa una delle sue con tanto di accendino.
Lui sì che sa come rendermi felice.
 - Bentornata nel mondo reale, principessa – dice rimettendo via il pacchetto mentre la Camel Blu che mi ha appena dato.
Odio le sigarette, finiscono troppo in fretta e ti lasciano con l’amaro in bocca, a chiederti: perché cazzo sei finita così alla svelta? Due tiri e tra un po’ mi fumo un dito.
E fumare le dita non è proprio consigliato dal medico.
 - Non sei così interessante da avere la mia completa attenzione. È colpa tua se finisco nel mio mondo e finisco e sigarette – dico andando verso la moto, e lanciando un’occhiata a Luke, che sta pacificamente dormendo sulla sedia.
Mi chiedo come riesca a stare in equilibrio sulla su quella sedia mentre dorme. Io sarei già caduta a terra un paio di volte.
 - Calum, sei così noioso che Luke si è addormentato – dico ridendo.
Cal mi guarda e mi lancia dietro l’accendino.
 - Quello stupido dormiva da prima che arrivassimo. Daphne stai zitta che io sono una persona divertentissima – dice mentre io inizio a ridere.
 - Non hai di certo aiutato a svegliarlo Mister Simpatia – continuo a ridere mentre Calum si avvicina stizzito, e ringrazio qualsiasi divinità in ascolto, perché il mio amico qui di fronte non ha preso nulla in mano da tirarmi, di nuovo, nonostante avesse una bellissima e pesantissima, e oserei dire pure pericolosissima, chiave inglese a portata di mano.
Non penso sarebbe stato molto divertente ricevere una chiave inglese dritta in fronte, poi per carità, se si incastrava bene nella fronte potevo fare l’unicorno, ma sarebbe stato molto meglio evitare.
Scoppio a ridere di nuovo per quello che ho appena pensato, cosa che fa arrabbiare Calum.
 - Sì Daphne. Continua pure a prendermi in giro. – dice a un paio di passi da me – La sai una cosa? – lo guardo – Sei troppo pulita – lo vedo sorridere quasi malvagiamente prima di lanciarsi su di me.
Mi butta a terra, e con le sue manine inizia a sporcarmi la faccia.
Ma davvero? Calum sembra essere regredito mentalmente con questa azione.
Inizio a dimenarmi mentre lui con il suo leggiadro peso mi tiene ferma a terra, e rende la mia faccia l’emblema del grasso di motore.
 - Cal smettila – e nonostante tutto glielo dico ridendo, perché effettivamente è una situazione divertente.
 - Ti faccio diventare abbronzata – lo sento mentre ride – e poi sei comoda –
 - Ma tu sei pesante. E quella che stai schiacciando credo sia la mia vagina, così, solo per la cronaca – dico cercando di mettermi meglio.
Ma lui sembra non volermi aiutare nel mio tentativo di mettermi meglio.
 - Indovina chi ora potrebbe stuprarti? – dice malizioso e avvicinandosi al mio viso.
Sono tentata di tirargli una testata.
 - Non tu, depravato! – sento dire.
Tento di guardare verso Luke, ma non è stato lui a parlare, a meno che non parli nel sonno, cosa che comunque potrebbe essere molto probabile, anche se un discorso nel sonno me lo aspetterei di più da Michael e i suoi problemi nel tenere la bocca chiusa.
Questo uomini logorroici peggio delle zie a Natale.
Sbuffo, mentre guardo Calum, che non ha intenzione di togliersi da me, ma che guarda da un’altra parte.
Tento di capire dove sta guardando, e poi capisco: c’è Ashton sulla porta che ci guarda.
E lo so che non dovrei sentirlo l’impulso di alzarmi di scatto e spiegargli che non è come sembra, ma poi mi ricordo una cosa importante: lui sta con Camille.
Reprimo il mio insano bisogno di dare spiegazioni, e rimango sotto il peso morto di Calum, che sembra concentrarsi tutto sopra la mia vagina visto che ci è seduto sopra.
Ashton mi guarda, sorride mentre stringe un pugno, e poi torna a concentrarsi sul peso morto.
Cal mi guarda prima di intuire che deve andare a parlare con lui da qualche parte per non far sentire a me, o forse a Luke, quello che si devono dire.
Secondo me non vogliono far ascoltare Luke, magari quel coso sta solo facendo finta di dormire e aspettava solo il momento di poter origliare il discorso che i due stavano per fare.
Prima di alzarsi, il mio peso morto preferito, mi si avvicina per darmi un dolce bacio sulla fronte.
 - Dopo facciamo sesso. Non preoccuparti, resta pure a terra – dice ridendo e alzandosi.
Rido anche io, che Calum, a volte, senza volerlo, mi fa stare bene. Come adesso.
Aggiustare la moto con lui mi diverte, ed è strano, perché di solito, lui si limita a farmi fare il doppio del lavoro visto che continua a non capire la differenza tra le viti che deve passarmi quando gliele chiedo.
Lo vedo andare da Ashton.
 - Camille vuole andare al ballo della sua scuola – sbuffa e si porta una mano tra i capelli – sono praticamente costretto ad andarci per la stupida storia della pubblicità e blah blah blah – sembra decisamente scocciato – Quindi volevo chiedere a te e a Luke…. che sta dormendo là in fondo – dice confuso , e spostiamo tutti lo sguardo su Luke, che mi accorgo ora non essere più sulla sedia, ma è crollato a terra, e la cosa peggiore è che mi sono persa la scena.
Calum mette una mano sulla spalla di Ash.
 - Fammi indovinare, tu e il tuo nido di capelli volete che anche il resto della band venga al ballo. Giusto? –
Ashton annuisce.
Ma il problema in tutto questo, non sono io che sto ascoltando la loro conversazione, o Luke che dorme a terra. Il vero problema è che sono ancora stesa sul pavimento e non so il perché.
Faccio l’angelo nella polvere del garage.
 - Almeno non dovrò sorbirmi da solo tutta la squadra delle cheerleader – dice ridendo, e io sento qualcosa di fastidioso iniziare a farsi largo nel mio stomaco alla sola immagine con lui attorniato dalle bellissime amiche di mia sorella, che in cinque forse fanno un cervello.
No dai, un cervello no. Diciamo mezzo cervello.
Mezzo cervello di una gallina per l’esattezza.
Tutt’ora mi chiedo perché mia sorella esca con loro, visto che lei da sola è più intelligente di tutta la squadra delle cheerleader, e probabilmente anche di quella di football.
 - Ho sentito bene? – all’improvviso Luke sembra risvegliarsi dal suo letargo – Hp sentito cheerleader per caso? – e io lo sapevo che in realtà non stava dormendo ma stava solo origliando facendo finta di nulla.
Lui sì che è un vero ninja.
Lo vedo alzarsi un po’ a fatica, per poi dirigersi verso i suoi amici, scavalcandomi bellamente come se fosse normale che io mi trovassi a stesa a terra.
 - Amico, mi hai convinto alla parola cheerleader – dice sorridendo mentre tutti lo guardiamo confusi.
Ashton sorride contento di avere compagnia a quello stupido ballo scolastico.
Non che i balli non mi piacciano, cioè io adoro le feste. Adoro le feste se posso divertirmi, e tendenzialmente al ballo scolastico, io non mi diverto.
 - Se Luke dice va bene, penso ci verrò anche io – dice Calum – ma prima una cosa – si gira verso di me - vieni al ballo con me Daphne? – mi chiede sorridendo.
Sono tentata di dirgli di no per una marea di motivi, uno dei quali è mia sorella, ma poi ci ripenso, d’altronde io e Cal insieme ci divertiamo, perché dirgli di no?
Sposto lo sguardo su Ashton che non sa se guardare me o Calum, ma poi si decide, e guarda a terra decidendo di infilarsi le unghie nella mano.
A questo punto decido cosa rispondere a Cal.
 - Sì. Verrò al ballo con te Cal – dico alzandomi e sorridendo, mentre i sensi di colpa per aver ferito intenzionalmente Ashton iniziavano a distruggermi dentro.




LO SO.
LO. SO.
Sono in ritardo, e mi dispiace tantissimo.
Un mostro mi ha mangiato le dita e ho dovuto scrivere con la lingua.
In realtà è che la vacanza che ho fatto con le mie girls mi ha distrutto, troppe figure di merda, poco sonno e troppo alcool, quindi non ho preso mano al pc per almeno cinque giorni, e il problema è che il capitolo doveva ancora essere finito.
Mi dispiace.
Spero non abbiate voglia di uccidermi, anche perché avete notato che il capitolo è leggermente diverso dal solito? Daphne è seria, niente ironia nella prima parte, solo lei, i suoi sentimenti, e i miei problemi nel scrivere.
Spero vi piaccia anche se è un po' diverso dal solito.
Ma ora vi racconterò una bella cosa, che so, mie piccole ciambelline, che NON VEDETE L'ORA di sapere una delle mie svariate figure di merda in vacanza.
Era un giornata di sole, e io e le mie girls, siamo andate in piscina, come giusto che sia, ci facciamo un paio di selfie prima di andare in acqua, il punto è che i selfie non vengono tanto bene perché non riusciamo a stare tutte nella foto, quindi ci vorrebbe il bastoncino dei selfie.
Mi guardo un po' attorno per la piscina e vedo tre ragazzi che come noi, si fanno delle foto, solo che loro, a differenza nostra, sono muniti di bastoncino (e non intendo quello tra le gambe. SCUSATE LA BATTUTA MA STO RIDENDO DA SOLA ADESSO). 
Rifletto un attimo sul da farsi, e sono quasi tentata di andare a chiederglielo se non si fosse improvvisamente liberato l'idromassaggio, in cui io e altre due decidiamo di lanciarci, in stile balene spiaggiate. La quarta del quartetto rimane a prendere il sole.
Dicevo, ci lanciamo nell'idromassaggio, ma siccome siamo lente, veniamo precedute dai ragazzi con il bastoncino dei selfie, che occupano tre posti su cinque, e se la matematica non è un opinione non c'era posto per tutti su quei lettini con le bolle. Si ragazze, lettini con le bolle.Erano l'orgasmo.
Decido di dividere un lettino con una delle mie amiche.
Nel frattempo sentiamo parlare questi ragazzi, e oltre al fatto che sono super carini, mi sembra anche di capire che non sono italiani, quindi io e le mie altre due amiche parliamo allegramente anche facendo commenti su di loro e sul fatto di chiedere o meno a loro il bastoncino dei selfie.
Detto ciò, uno di loro si gira, mi guarda e fa "Beh potevate chiedercela.". Esatto, erano italiani.
La seconda figura di merda avviene quella stessa sera, saranno state le 10 circa e io dovevo andare a prendere le sigarette. Sappiamo tutti che sono una persona pigra, quindi decido astutamente di non togliermi il pigiama e di andare in giro maglietta e mutande, tanto la macchienetta delle cicche è vicino.
Vado in giro allegramente in mutande e maglietta non preoccupandomi che in giro ci possa essere qualcuno, d'altronde sono le 10, ho pensato bene che fossero tutti allo spettacolo dell'animazione. E INVECE HO PENSATO MALE, perchè proprio mentre sono vicino alla macchinetta mi becco delle persone passare in bici, e indovinate un po' chi sono? I RAGAZZI CARINI DEL BASTONCINO DEI SELFIE. E io ero in mutande, e pure senza trucco, e con i capelli disastrati.

C'è più spazio autore che storia, LOL
Vi lascio bicottine, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Un bacio,
Lily**

PS scusate se ho divagato troppo nello spazio autore.
   
 
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