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Autore: SHERAZARD    29/01/2009    1 recensioni
...Non sapeva da quanto tempo andasse avanti quella storia e nè sapeva come fosse iniziata ma la cosa certa era che sua madre lo odiava incondizionatamente...
...Come ogni sera scrutava la città da sopra al tetto di un'abitazione, in cerca della vittima ideale!!! Doveva avere dei prerequisiti particolari, difficili da trovare...
" Forse Riku era stata la madre peggiore del mondo, forse non si merita le mie lacrime ma nonostante quello che mi ha fatto lei resta sempre mia madre"
Genere: Drammatico, Thriller, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Shino Aburame
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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L’ombra di un fantasma del passato

E anche quella volta era stato fregato alla grande. Erano più di due ore che se ne stava seduto al chiosco di Teuchi ad ascoltare i discorsi insensati dei suoi compagni che per la maggior parte erano ubriachi. Kiba e Shikamaru stavano facendo  a gara a chi beveva di più, Naruto e Choji mangiavano ininterrottamente da due ore e poi Sakura e Ino erano talmente brille che non si accorgevano neppure di parlarsi sopra a vicenda. E lui era lì. Solo come il cucù a giocherellare con un bicchierino da Sakè. Hinata e Tenten, beate loro, se ne erano andate poco prima a casa della Hyuga per lasciare le buste degli acquisti.  “ ma porca di quella schifosissima miseria! Possibile che debba sempre farmi intortare dai discorsi del botolo?" Possibile che sia così deficiente?” pensava Shino continuando a giocherellare con il bicchierino.                
  
“Ragazzi sono le 11 e 30! E per voi è ora di tornare a casa a dormire che domani dovete lavorare” disse Teuchi cominciando a raccogliere le stoviglie sporche per lavarle. “ grazie al cielo questa tortura è finita” pensò Shino. Un dissenso generale si levò dai ragazzi che non avevano nessuna intenzione di finire così la serata.                                                 
 
“Andiamo Teuchi, non fare il guastafeste! La notte è ancora lunga” si lamentò Kiba sbattendo sul bancone un bicchierino che aveva appena svuotato, raccogliendo l’assenso quasi generale.                                                 
 “Vedete di sparire e non farmi arrabbiare prima che vada di là a prendere la scopa” li ammonì il venditore di ramen. Shino fu il primo a defilarsi. Cominciò a correre ma non si diresse verso casa bensì nella direzione opposta. Non aveva nessuna voglia di tornare a casa sua. Si diresse a nord. Man mano che s’inoltrava a settentrione uno spesso strato di nebbia avvolgeva il panorama, appiccicandosi addosso e rendendo il luogo spettrale. Corse per circa un’ora finché non giunse a un grande bosco di pini secolari. Shino si fermò un secondo, ansante, ad ammirare quell’immensa distesa di verde per poi gettarvisi dentro e cominciare a correre. Conosceva ogni singolo anfratto di quel bosco che si estendeva per migliaia di chilometri. L’aveva scoperto undici anni prima quando, come al solito, sua madre lo aveva picchiato e offeso e  lui aveva desiderato scappare via da Konoha e nello scappare si era imbattuto in quella che sarebbe diventata la sua seconda casa. E poi quello era il posto dove la sua vita era cambiata da un giorno all’altro. Era il luogo in cui l’aveva incontrata per la prima volta, il luogo in cui avevano giocato assieme, il luogo in cui si era sentito un bambino normale.

 

Nel mentre che pensava a ciò aveva allungato il passo e contro ogni sua previsione era già arrivato alla meta designata: la radura. Era uno spiazzo ampio una sessantina di chilometri: l’unico luogo di quella foresta millenaria in cui i raggi dei due grandi astri riuscissero a lambire l’ispida erbetta di ottobre. La radura era occupata per i 2/5 da un lago dalle acque nere e immote. “ è qui che ti ho visto la prima volta” pensò Shino guardando nostalgicamente le  sponde del lago dove ricordava ci fosse seduta una bambina. Restò immobile per un tempo indefinito rivangando i momenti felici trascorsi con la sua amichetta. Aveva faticato molto per autoimporsi di smetterla di pensare a lei ma quella volta aveva deciso di togliere, dalla sua mente, ogni freno inibitorio. Era vero che era stanco di continuare a soffrire per il ricordo evanescente di un fantasma del suo passato ma era pur sempre vero che con lei aveva vissuto parte dei momenti più felici della sua vita.  Inspirò a fondo l’aria gelida del primo mattino e i suoi polmoni sembrarono trapassati da tante piccole schegge di ghiaccio. Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri, era ora di smettere di pensare e cominciare ad allenarsi dato e considerato che era da parecchi giorni che non praticavano più attività fisica.  Shino si tolse gli occhiali e li ripose nella tasca dell’impermeabile, prese un altro profondo respiro e poi cominciò ad allenarsi. Scattò in avanti tirando un calcio all’altezza del volto di un ipotetico avversario poi si abbassò e mettendosi perpendicolarmente al terreno e facendo perno con la mano destra su di esso, tirò un altro calcio al suo ipotetico avversario nella zona delle caviglie per poi poggiare anche l’altra mano sul terreno e fare una capovolta all’indietro per poi scattare immediatamente in avanti e parare un colpo dall’alto. Continuò così per diverso tempo finché la stanchezza ebbe la meglio su di lui che cadde a terra ansante. Si scoprì a fissare quell’immenso specchio d’acqua che da ormai migliaia di anni rifletteva l’effige della regina della notte assieme alle sue figlie. L’aveva sognata tante volte seduta sulle sponde: indossava un lungo abito nero aderente che le arrivava fin sotto i piedi, i lunghi capelli neri erano sciolti e le ricadevano a boccoli sulle spalle arrivando sino al terreno per poi sparpagliarsi su di esso, gli occhi dal taglio obliquo e freddo e dal color glaciale che lo fissavano e il suo bellissimo sorriso a incoraggiarlo a sedersi accanto a lei. Erano passati sette lunghi anni dall’ultima volta che l’aveva vista ma nonostante questo ricordava ogni singolo dettaglio di quella mocciosetta: aveva quattro anni meno di lui ed era poco più bassa di lui, aveva lunghissimi capelli neri che legati in una coda alta le arrivavano sotto il sedere, la pelle era talmente pallida da fare impressione, gli occhi erano grandi e dal taglio obliquo e freddo di uno spettacolare blu oltreoceano tendente al viola, aveva un carattere molto particolare, era sempre calma e non si arrabbiava mai per nulla e quando lo faceva non si metteva a urlare o robe del genere, si limitava semplicemente a fissarti in un modo che era capace di farti sentirti il peggior verme esistente sulla faccia del pianeta e ,infine c’era l’abbigliamento. Il modo di vestire era davvero buffo, per non dire osceno: indossava un vestitino grigio di pile che le arrivava oltre le caviglie, un paio di stivali rosso fuoco di plastica, sul capo portava un velo a mo’ di cappuccio che le copriva gran parte del volto e infine indossava sempre dei guanti di velluto blu che le arrivavano fin sotto l’ascella. E cosa più strana di tutte era l’unica a non provar ribrezzo nei suoi confronti; a lei non importava che Shino al suo interno racchiudesse una colonia di insetti anzi, diceva sempre che era proprio quel dettaglio a renderlo speciale. Un’altra cosa strana era che a lei non importava di sporcarsi le scarpine o di dover rotolarsi nel fango,  al contrario di tutte le altre bambine, non le importava molto di apparire bella e presentabile le importava solo di divertirsi assieme a lui, l’unica cosa su cui non transigeva era che la si toccasse e a proposito era stata molto chiara con Shino, lo aveva avvertito che se l’avesse toccata sarebbe andato incontro a una morte orribile e non era una minaccia. La bambina gli aveva fatto anche vedere il motivo per cui non avrebbe mai e poi mai dovuto toccarla e una volta di più Shino era riuscito ad affascinarla perché, a differenza di tutti gli altri che conoscevano le sue “ doti”, lui non era scappato via urlandole che era solo un mostro, al contrario le aveva fatto un sorrisone a trentadue denti (a quel tempo un po’ meno) e le aveva proposto di giocare a nascondino così che non avrebbe corso il rischio di sfiorarla. La loro amicizia era durata fino a quando lei non si era più fatta vedere, così da un giorno all’altro. Shino come ogni sera era uscito furtivamente dalla finestra, dopo che suo padre era andato in camera sua per rimboccargli le coperte e augurargli la buona notte. Aveva corso come un pazzo per un’ora intera, non stava più nella pelle dalla voglia di rivederla; l’aveva aspettata fino all’alba ma lei non si era fatta vedere. Quel teatrino era andato avanti per circa un anno e mezzo dopo di che Shino si costrinse a credere a ciò che aveva fiutato già da tempo: lei non sarebbe tornata mai più. E questo per lui avrebbe significato una sola cosa: il ritorno alla sua solitudine. Nonostante questo però, il ragazzo aveva continuato ad andare nella foresta, con la remota speranza che lei un giorno o l’altro avesse fatto ritorno.

 

Shino si alzò da terra e s’incammino verso il laghetto, restò a fissarlo per qualche secondo e poi decise di farsi un bel bagnetto.  Si tolse i vestiti e li poggiò accuratamente per terra. L’acqua era gelida e Shino dovette farsi coraggio prima di immergersi completamente. Nuotò agilmente fino al fondale. Cominciò , come al solito, a esplorare i fondali rocciosi che conosceva a menadito, si infilava nelle caverne esplorando ogni singolo anfratto, scandagliava il fondo roccioso alla ricerca di qualche forma di vita e così via. All’improvviso qualcosa attirò la sua attenzione, un oggetto luccicante sul fondo roccioso. Shino nuotò fino a quel luccichio intermittente e riuscì, anche se con un’immane fatica, a mettere a fuoco l’oggetto:                                                                                                                                                                       
“È la sua collana!” pensò Shino con un tuffo al cuore! Qualche anno prima erano impazziti per cercare quel dannato aggeggio che per la sua piccola amica era importante per qualche ragione che in quel momento non gli sovveniva  e dopo giorni interi di ricerca si erano arresi. Quella catenella era sommersa da ettolitri di acqua da minimo dieci anni eppure non era stata intaccata da alcun tipo di alga, risplendeva come la prima volta che l’aveva vista. Improvvisamente Shino notò qualcosa alle sue spalle. Un riverbero aranciato colorava la parete rocciosa alle sue spalle: era l’alba; decise che era giunto il momento di smetterla di giocare a fare la sirenetta e tornare in superficie. Si arrotolò la collana attorno al polso e riemerse. L’aria in superficie era ancora molto pungente e un venticello gelido si era alzato, scuotendo pigramente le fronde degli alberi. Si diresse nel punto in cui aveva lasciato i suoi vestiti quando all’improvviso sentì un rumore di legna spezzata. Si voltò di scatto e si mise in posizione difensiva cominciando a scrutare attentamente l’immensa distesa verde che gli si parava davanti. Tutto era immoto e silenzioso, troppo immoto e silenzioso per una foresta, nessun verso di animale, nessuno scalpiccio niente di niente, solo il rumore ritmico e rilassante del vento.                                                                                                                                                                    
 
“Non essere ridicolo Shino chi vuoi che ci sia a quest’ora infame del mattino in questo luogo isolato dal mondo? Il rumore sarà stato solo un miraggio” nonostante questi pensieri affollassero la sua mente, sentiva due occhi puntati addosso che lo studiavano attentamente; si rivestì lentamente per poi lasciarsi cadere sul terreno esausto. Portò entrambe le mani sotto la nuca e sollevò la gamba destra puntellando il piede sul terreno, all’incirca all’altezza del ginocchio della gamba sinistra. Le palpebre erano pesanti e tutto il suo corpo anelava al sonno,, ma prima di farsi abbracciare da Morfeo diede un’ultima occhiata intorno a se e poco prima di chiudere gli occhi gli parve di scorgere due iridi fredde e assassine che lo fissavano insistentemente.  Un nome che non pronunciava più da ormai sette lunghi anni gli si stampò a caratteri di fuoco nella mente:

“Tenebra”

 

Ciao a tutti! Scusate l’enorme ritardo ma in questo periodo sono molto occupata e quindi non ho molto tempo per la scrittura Grazie mille alle poche persone che leggono e un grazie particolare alla mia Kimmy perché recensisce. Allora dopo questo capitolo ce ne sarà un altro e poi entreremo nel cuore(per così dire) della storia. Ringrazio ancora una volta coloro che hanno letto. C risentiamo al prossimo capitolo. P.s. qualche commentino in più non mi dispiacerebbe ^^ non preoccupatevi anche se è una cosa negativa è sempre ben accetta!

Ka93:povero Kiba un corno! Ma secondo te i maschietti a cosa servono?? Xd grazie 1000 per la recensione. Un bacione grandissimo.              

 

  
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