Occhi
spenti
Non
credeva che l’avesse potuto trovare, o meglio che l’avrebbe anche solo cercato.
Ma d'altronde perché stupirsi, si trattava pur sempre di Sanji.
-
Che ci fai qui? – chiese. Il biondo alzò le spalle
-
Non lo so a dire il vero – girò poi la testa verso le scale, e Zoro pensò che
si fosse già pentito di essere andato lì. Si allontanò dalla porta riprendendo
l’asciugamano da terra, e gettandola su un tavolo. Sanji interpretò quel gesto,
come il suo modo di dire “entra”, e così fece un passo nella stanza chiudendosi
la porta alle spalle.
-
Beh è carino qui – mormorò guardandosi attorno. Zoro si stropicciò gli occhi
con una mano sedendosi sul letto.
-
Sono un po’ stanco. Se devi dirmi qualcosa fallo alla svelta – Sanji si tolse
il lungo cappotto e lo poggiò su una sedia, sulla quale si sedette. Poi si
fermò a guardare lo spadaccino che continuava a passarsi la mano sugli occhi. Era
solo stanco, oppure non sopportava neanche di guardarlo?
Tentò
a quel punto di prendere una sigaretta, ma come una specie di punizione divina
per essere stato così idiota da andare lì, la sottile cartina gli cadde dalle
mani.
Al
“merda” che il biondo ringhiò fra i denti, fu Zoro a guardarlo in silenzio. Un
nodo strinse la gola dello spadaccino, quando vide le dita di Sanji cercare di
riprendere senza successo la piccola stecca dal pavimento. Avrebbe potuto
prenderne un’altra, oppure usare l’altra mano, invece no; testardamente
continuava a muovere in modo visibilmente faticoso le dita della mano sinistra.
Non riuscendo più a sopportare quel suo inutile gesto, Zoro si alzò e raccolse
la sigaretta per poi porgergliela. Sanji si morse un labbro e voltò la testa
dall’altra parte. Lo spadaccino sapeva che non avrebbe mai dovuto farlo, ma era
stato più forte di lui, eppure conosceva bene di quale orgoglio era munito
quello stupido cuoco, che a volte si era chiesto chi dei due fossi più
testardo.
Si
sedette nuovamente sul letto, mentre nella stanza risuonava solo il verso dei
gabbiani che volavano al porto. Rigirò la sigaretta fra le dita e poi si voltò
verso Sanji, che ancora aveva la testa girata dall’altra parte. La sua mano
destra era chiusa in un pugno così forte, da far temere che il cuoco si potesse
lacerare il palmo della mano con le unghie, mentre l’altra mano pendeva della
ginocchio tremante. Zoro fissò quel
guanto nero non riuscendo a capire perché Sanji volesse a tutti i costi
nascondere le sue cicatrici. Insisteva a portare quello stupido guanto, così
come insisteva a tenere quella dannata ciocca sull’occhio. Eppure non erano
altro che cicatrici. Avrebbe dovuto esserne orgoglioso e non nasconderle come
se se ne vergognasse. Un cicatrice era il segno di una ferita che era ormai
richiusa, che non sanguinava più, che era stata vinta. Ma forse Zoro non sapeva
che per Sanji, quelle non erano cicatrici,
ma solo tagli ancora aperti...
D’un tratto il biondo si alzò.
- Meglio che vada – esclamò riprendendo il cappotto
dalla sedia.
- Aspetta – lo spadaccino, che era balzato in piedi,
lo costrinse a fermarsi. Sanji si voltò verso di lui, non riuscendo però a
sostenere il suo sguardo, che si perse sulla parete a fianco.
- E’ stato un errore venire qui – sospirò mordendosi
nuovamente il labbro.
Quasi da sole, le gambe di Zoro si mossero verso il
ragazzo, e le sue braccia lo avvolsero tirandolo contro il suo petto.
- Mi sei mancato – sussurrò stringendo i denti,
mentre sentiva gli occhi bruciare. Come immerso in un caldo che non ricordava
più, Sanji lasciò cadere il cappotto a terra, e alzò lentamente le braccia per
stringere forte la maglia dello spadaccino. Zoro sentiva solo una mano premere
con forza contro la sua schiena, mentre l’altra pareva solo poggiata. Ma la
cosa che gli fece battere il cuore all’impazzata, fu sentire le lacrime calde di
Sanji bagnare il suo collo.
- Sei un maledetto bastardo – singhiozzò il biondo,
mentre Zoro lo strinse più forte a sé.
- Mi sei mancato – ripeté come se volesse ammetterlo
più a sé stesso che a qualcun altro.
Sentire il cuore di Sanji battere forte contro il suo petto, era un
qualcosa quasi magico, un qualcosa per
cui avrebbe dato anche la vita. Solo in quel momento si rese conto che il vuoto
che sentiva da tutto quel tempo, altro non era che il suo cuore che aveva
smesso di battere nell’attimo in cui quel dannato cuoco, era sceso dalla Sunny per non farvi più ritorno. E ora,
come colpito da una forte scarica elettrica quel muscolo, l’unico che non era
mai riuscito a controllare, aveva ripreso a battere. Batteva contro il petto
dell’unica persona per la quale valesse la pena battere, l’unica che gli avesse
mai fatto provare una simile emozione. Tre anni, tre anni sembravano un battito
di ciglia, ora che lo aveva fra le braccia e che poteva finalmente respirare il
suo profumo che gli era mancato come l’ossigeno stesso.
La mano dello spadaccino salì ad accarezzare i suoi
capelli biondi, e quella piccola coda alla quale non era abituato.
- Ti ho odiato da morire quando te ne sei andato –
sospirò stringendolo sempre più forte. Le parole che Sanji avrebbe voluto
dirgli, rimanevano sotterrate da quei continui singhiozzi. Come un bambino,
come uno stupido moccioso senza spina dorsale, se ne stava stretto fra le sue
braccia a piangere. Lui che non si ricordava più neanche che sapore avessero le
lacrime.
Rimasero così per un tempo indefinito, con i
gabbiani che volavano nel cielo rossastro e le voci dei pescatori che tornavano
al porto. Quando il rumore dei singhiozzi cessò, quello che risuonava nella
stanza era solo un respiro profondo, anzi due respiri che si perdevano l’uno
nell’altro. Le braccia di Zoro si allentarono e Sanji alzò la testa per
guardarlo negli occhi.
- Non sarà
più come prima, lo sai questo – sospirò. Zoro lo fissò per qualche attimo e poi
annuì. Non poteva essere come prima, troppe cose erano cambiate, loro stessi
non erano più quelli di un tempo. Con il dorso delle dita,lo spadaccino gli
accarezzò dolcemente una guancia e Sanji quasi istantaneamente socchiuse gli
occhi. lo faceva sempre, ogni volta che lo carezzava in quel modo. Forse perché
era così raro che lo facesse, e perché ora era stranamente triste sentirlo.
- Sanji...- alla flebile voce di Zoro, il biondo
riaprì lentamente gli occhi.
- Ti amo – quanto aveva sperato un tempo di
sentirgli dire quelle parole, ma ora suonavano in modo così strano. Avrebbe
voluto dirgli che ormai era tardi, che non serviva più, che il male che gli
aveva fatto non si poteva cancellare con due parole. Ma l’unica cosa che riuscì
a fare fu premere le labbra contro le sue, abbracciarlo forte, lasciarsi
spogliare e accarezzare fra quelle lenzuola. Come sempre, anche quella volta in
completa balia di quello spadaccino senza la forza né il coraggio di opporsi.
Un bacio e un altro ancora, mentre pregava i suoi occhi di trattenere ancora le
lacrime. Lacrime salate, amare, che si contrapponevano con la dolce sensazione
di averlo ancora una volta fra le braccia. Le sue mani, i suoi sguardi, il modo
con cui sospirava il suo nome. Tutto come un tempo, tutto con la stessa
sofferenza che provava quando sapeva che subito dopo sarebbe cambiato, e si
sarebbe trasformato nello spadaccino acido e scontroso che era. Anche ora,
anche ora che non c’era più la Sunny, non c’era più Rufy, anche ora sapeva che
dopo l’avrebbe dovuto lasciare andare, e stavolta per sempre. Si lasciò baciare
e amare ancora una volta, finché le palpebre non cedettero, finché il sonno non
lo colse, mentre lacrime amare rimanevano celate nei suoi occhi.
La pallida luce della luna attraversava la finestra
e illuminava il viso ambrato e sveglio dello spadaccino. Guardò la luna e poi
il corpo fra le sue braccia, e poi ancora la luna. Poteva fermare il tempo in
quel momento? Se per una sola volta in vita sua, si fosse affidato alle
preghiere verso un dio, questi gli avrebbe concesso quel miracolo?
Forse la sua ragazza lo stava aspettando, forse era
preoccupata perché quella notte non era tornato a casa. Non voleva pensarci, il
pensiero del suo Sanji fra le braccia
di quella donna, faceva male come una spada nello stomaco. Ora era lì, era con
lui, e il resto non aveva più alcuna importanza. Accarezzò ancora una volta
quei fili d’oro ora troppo lunghi per i suoi gusti, ma che non poteva non
trovare perfetti quando scivolavano fra le sue dita. Lentamente gli occhi di
Sanji si aprirono
- Non volevo svegliarti – bisbigliò lo spadaccino.
Il biondo scosse la testa. A quel punto Zoro lo baciò sulle labbra mentre la
mano di Sanji percorreva la sua schiena. Ancora il nero guanto a coprirla. Zoro
se ne accorse e la prese fra le mani.
- No Zoro – sospirò Sanji mentre lo spadaccino
faceva scivolare via la stoffa nera.
- Non avere paura – un sorriso dolce in modo
disarmante piegò le sue labbra. Quando la bianca mano uscì alla luce, Zoro la
baciò dolcemente mentre Sanji sorrise.
- E’ inutile, ho perso la maggior parte della
sensibilità... – i suoi occhi tornarono ad intristirsi, mentre Zoro stringeva
quella pallida mano nella sua. Senza dire nulla, l’avvicinò nuovamente alle sue
labbra, e iniziò a baciarla in ogni centimetro. Dalle punta delle dita, al
palmo attraversato dalla profonda cicatrice. Piccoli baci che non risparmiarono
nessun dettaglio di quella mano ferita, piccoli baci che riempirono ancora una
volta di lacrime gli occhi di Sanji.
- Shhh... non piangere –
bisbigliò ancora Zoro sulle sue labbra. Il biondo lo tirò a sé stringendolo
forte, mentre un sole stanco andava a sostituire la luna.
- Ehi dove stai andando? – la bionda locandiera
fermò il piccolo cameriere prima che potesse salire le scale. Il ragazzino si
voltò verso di lei mostrandole il vassoio con caffè e biscotti
- Mi ha detto lei di portare la colazione a quel
signore con le spade tutte le mattine – rispose timidamente mentre la donna gli
faceva segno di avvicinarsi al bancone.
- Vatti a fare un giro stamattina, ti do la giornata
libera – sorrise mentre il ragazzino annuiva. Posò sul banco il vassoio e,
liberatosi del grembiule uscì dalla porta. La donna guardò le scale e ghignò. E
così quel pirata conosceva il direttore dell’ Elisir... chissà se il vecchio generale sapeva che sua figlia stava
per sposarsi con un tizio con simili amicizie. Il fatto che avesse passato la
notte con quel pirata poi, avrebbe fatto venire qualche dubbio anche alla
persona meno maliziosa. Se erano amici, compagni, o qualcosa di più, non le
importava, però qualcosa le diceva che era quel biondino la causa
dell’atteggiamento strano di quel pirata. Un biondino interessante, l’aveva
capito dal primo giorno in cui era sbarcato su quell’isola, ormai circa qualche
anno fa. Aveva alloggiato presso la sua locanda per qualche giorno. Aveva un
aspetto alquanto malridotto, molto magro e soprattutto una spaventosa luce
spenta negli occhi. Portava sempre una mano fasciata e quando beveva il caffè o
mangiava qualcosa, faceva delle strane smorfie. Lei gli chiese se fosse un
cuoco o qualcosa del genere ma lui negò. La donna si ricordò poi di quando
salvò Keira da alcuni malviventi, e il generale, padre della ragazza, lo
ringraziò organizzando una grande festa nel suo hotel. Tutta la città fu
invitata, tutti volevano vedere il coraggioso ragazzo che aveva salvato la vita
alla bella Keira. Non passò molto che la gratitudine della ragazza si trasformò
in amore. Non era facile resistere alla galanteria di quel biondino, e la
locandiera lo sapeva bene. Era passato qualche anno e Sanji, sapeva il suo
nome, era cambiato. Forse per il suo lavoro, per la vita che ora faceva, per
Keira. Sembrava essere felice, ma non lo era. La luce spenta nei suoi occhi era
rimasta la stessa di quel giorno in cui lo vide entrare nella sua locanda. Solo
una volta, una sola volta lo vide sorridere davvero. Era una mattina d’estate e
sul giornale era riportata la notizia che Monkey D.
Rufy e la sua ciurma, avevano trovato il tanto agognato One
Piece. Il nuovo re dei pirati era stato eletto, e
questo aveva portato grande caos in tutto il mondo. Tutti sembravano agitati e
preoccupati; “Cosa accadrà ora?”, “Siamo in pericolo?” erano queste le domande
che avevano affollato le strade per
giorni e giorni. Ma Sanji non diceva nulla, sul suo viso c’era solo un sorriso
mal celato e un luccichio nei suoi occhi. La bionda locandiera ricordò quando
lo incontrò per la spiaggia in quel periodo.
- Cappello di paglia ce l’ha fatta – esclamò e lui annuì.
- Era solo questione di tempo – fu l’unica cosa che disse.
Da allora poi era tornato il solito direttore dell’Elisir,
pieno di impegni, pieno di belle cose, pieno di vuoto negli occhi. Ma quella
sera, quando l’aveva visto entrare con il lungo cappotto senza neanche cercare
di nascondere la sua identità, aveva rivisto quel luccichio. L’aveva
riconosciuto subito, e quando gli aveva chiesto in che camera fosse quello
strano spadaccino aveva capito. Era un membro della ciurma di cappello di
paglia quel pirata, Roronoa Zoro. In qualche modo ancora poco chiaro, Sanji
aveva un legame profondo con quella ciurma, con quel pirata, con il re dei
pirati.
- Se non è un problema, posso pagare io la tua
permanenza qui – sospirò Sanji mentre spalle a Zoro si rivestiva. Lo spadaccino
ancora allungato nel letto, era coperto solo da un lenzuolo, mentre seguiva i
gesti del suo compagno.
- Lascia stare, non serve – mormorò. Sanji finì di
rivestirsi e si avvicinò alla porta. Non si voltò e impugnò la maniglia per
qualche secondo.
- Domenica mi sposo – Zoro guardò fuori dalla finestra
mentre ingoiò il nodo che gli si era formato alla gola. Perché doveva provare quella
sensazione, in fondo sapeva che ora la sua vita era cambiata, e che non si
poteva tornare indietro.
- Auguri allora – Sanji strinse più forte la
maniglia avvertendo l’istinto, anzi il bisogno di voltarsi e guardarlo. Se l’avesse
fatto non sarebbe più uscito da quella stanza, se l’avesse fatto tutto sarebbe
cambiato. Lui non gli avrebbe mai chiesto di non farlo. Zoro non era capace di
certe cose. L’aveva lasciato andare allora, e lo stava lasciando andare anche
adesso.
- Zoro – non si voltò e lo spadaccino continuò a
guardare la finestra
- Mi ha fatto piacere rivederti – non aspettò
nessuna risposta e uscì chiudendosi la porta.
Il cielo mattutino era più sereno di quello del giorno prima, eppure agli occhi
di Zoro appariva come se fosse imperversato da un tremendo nubifragio. Forse
era solo il suo cuore che lo era, piovevano lacrime, tuonavano urla. Tutto nel
silenzio, come ogni cosa che faceva parte della sua vita.
- Anche a me ha fatto piacere – sospirò nella stanza
vuota.
To Be Continued...
Non è facile tornare indietro, forse è impossibile, e questo
i nostri pirati lo sanno bene *^*.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e scusate se è così triste, ma
sono una dannata masochista XD
Grazie a tutti
kiss kiss Chiara