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Autore: ReavorKyrell    13/08/2015    0 recensioni
Reavor è un prigioniero, condannato a morte in una valle desolata dove il tempo muta continuamente e dove sopravvivere è quasi impossibile. Reavor è il protagonista di una storia che parla di complotti ,misteri e magia però questa non è solo la sua storia. Questa è la storia o per meglio dire, questo è l'insieme delle storie di molti uomini e molte donne, ognuno con un proprio destino da compiere. Saranno proprio i loro destini ad intrecciare i vari racconti, che insieme formeranno un enorme puzzle in cui la vera "protagonista" è Klimmeck, la città infinita.
Genere: Avventura, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 2
I brillanti tetti di Klimmeck risplendevano alla luce del tramonto mentre i primi gatti e i piccoli furfanti iniziavano a muoversi lestamente tra di essi, sfruttando la loro vicinanza per raggiungere qualunque casa. Klimmeck la città infinita, sede di cultura e magia, lentamente aveva iniziato a ricoprire l’intero pianeta obbligando gli arcimaghi a creare delle dimensioni alternative, prima della totale disfatta del popolo umano. Tehanor era nato in una di quelle dimensioni, una delle poche ricoperte da foreste e piccoli villaggi; eppure, nonostante l’apparente calma della dimensione,persino in quel luogo le guardie avevano preso il sopravvento. Dopo la cattura del padre e la morte della madre e della sorella quel luogo era cambiato profondamente. La paura aveva preso il posto della tranquillità e un perenne silenzio dominava le piazze un tempo movimentate e piene di risate. Tehanor allora era quasi un adulto mentre sua sorella era solo una quindicenne nel pieno della pubertà; nonostante tutti i suoi sforzi, il giovane Tehanor non riuscì a resistere alla forza delle tre guardie. Vide morire sua madre davanti ai propri occhi, mentre la seconda guardia iniziava a denudare le pallide gambe della sorella. Il ragazzo volse lo sguardo verso la piazza, nel vano tentativo di non guardare quello che stava accadendo alla sorellina, per poi esser portato via dalla casa poco dopo l’inizio dell’ orrendo spettacolo. Tehanor venne preso in custodia da una delle guardie più magre e deboli che il ragazzo avesse mai visto. A poco servirono i tentativi di proteggersi della guardia, niente avrebbe potuto trattenere la furia del ragazzo e non sarebbe stato felice fin quando l’uomo non fosse caduto ai suoi piedi, sopraffatto dalla forza del giovane. Da allora erano già passati tre anni; chissà in che dimensione era stato rinchiuso suo padre, chissà se il figlio sarebbe mai riuscito a perseguire il suo sogno, guidando la compagnia che l’uomo stesso aveva fondato. I piedi lesti del ragazzo iniziarono a muoversi, correndo lungo i tetti della città infinita, diretto verso una delle piazze dove si era deciso un importante incontro della loro compagnia; Era quasi tempo di agire, questo Tehanor lo sapeva bene, a nulla erano servite le grida di disapprovazione di alcuni dei membri. Avrebbero attaccato entro una settimana anche se con la compagnia rivale; di sicuro quello non era il periodo adatto per i battibecchi da bambini e le continue sfide, il comandante avversario ne era a conoscenza ed era per quello che aveva deciso di aiutare il giovane, servivano uomini e entrambe le fazioni ne erano pienamente provvisti. Avrebbero approfittato dell’apparente calma per distruggere definitivamente quella monarchia opprimente e rivoluzionare la città e le sue numerose dimensioni con il consiglio del popolo. Sfreccio sulle tegole dorate, simbolo della ricchezza della città, mentre passava di fianco a ragazzini che giocavano e qualche adulto dai dubbi e oscuri fini. Oramai quei tetti erano diventati come una seconda strada, utilizzata da furfanti di ogni genere e occasionalmente da innamorati in cerca di tranquillità o bambini intenti a ribellarsi agli ordini dei genitori. Tehanor amava la calma dei tetti della città, gli scorci affascinanti e la loro lucentezza lo facevano sentire in pace, nonostante avesse paura dei rimproveri dei compagni più anziani a causa dei rischi a cui si poteva esporre; i compagni anziani della compagnia erano anche i suoi bracci destri nel comando di una delle compagnie ribelli più segrete e potenti di Klimmeck. I “Raven’s guard” erano stati fondati dal padre nella speranza di poter dare ai propri figli un futuro migliore, combattendo contro le regole e le leggi imposte dagli ultimi re, sempre più opprimenti e tiranni. I campi di grano al di fuori dei villaggi avevano iniziato a bruciare dopo la nascita della sorella di Tehanor; incendi causati dalle guardie o dai contadini stessi, in segno di protesta per le tasse sul semente, sempre più alte e numerose. I timori del nuovo re per la creazione di organizzazioni indirizzate ad ucciderlo aumentavano di giorno in giorno, causando la creazione di nuovi editti reali che limitavano gli incontri delle persone e la formazione di gruppi o associazioni. Furono creati dei coprifuoco e e nuovi editti influirono sui commerci e i trasporti oltre ad iniettare paura e timore nel popolo e suo padre fu uno dei primi a stancarsi di quella situazione. Non voleva che le cose peggiorassero, non voleva vedere i propri figli morire di fame e nella miseria, così creò i “Raven’s guard” incontrandosi con amici provenienti da diverse città e persino dimensioni. Alla sua chiamata accorsero guerrieri, medici, mercanti e numerosi fabbri, tutti conosciuti grazie al proprio lavoro. Tehanor partecipò a diversi incontri, tenuti tra i sotterranei della piccola cittadina e lì ebbe l’occasione di notare il fervore e l’entusiasmo di uomini e donne di ogni età accorsi alla chiamata del padre. Lì si accorse anche quanto la gente nutrisse del rispetto per il “vecchio”, come soleva chiamarlo Tehanor, e ne rimase stupefatto. Come potevano delle persone provenienti da cosi tanti posti e città senza nome stimare così tanto un semplice fabbro? Non che suo padre non fosse rinomato nel suo lavoro, ma non avrebbe mai creduto che avere una vita semplice e onesta come la sua potesse ripagare così tanto. Dopo la sua cattura e la fuga Tehanor cercò un rifugio sicuro e lontano dagli sguardi delle guardie, scegliendo così il labirinto di cunicoli che si estendevano sotto il suolo della piccola città dove abitavano, la base della compagnia. Il labirinto non era nient’altro che un collegamento fra le cantine dei molti mercanti della cittadina e la rete fognaria, rendendolo quasi impenetrabile da possibili intrusi e restando segreto fra i membri della gilda. All’arrivo del ragazzo nel labirinto e all’arrivo della notizia della cattura del padre i compagni più anziani cercarono immediatamente una nuova figura in grado di sostituire il vecchio Leader e fra i dolori e lo smarrimento il vice della compagnia si prese l’onere di portare avanti la gilda, istruendo il giovane ed insegnandogli come combattere e creare strategie, ma cosa più importante gli insegnò come essere un capo, mostrandogli il lavoro di ogni singolo membro della compagnia e insegnandogli quanto fosse importante ogni singola persona all’interno del gruppo. Fu  per Tehanor come un secondo padre per quasi un anno ma un giorno Yrdok scomparve in una missione, colpito da una freccia. Tehanor, oramai cresciuto abbastanza e sufficientemente istruito per essere il nuovo Leader, diventò il nuovo comandante, guidando la gilda in numerose missioni andate sempre a buon fine. Yrdok voleva vederlo prendere le redini di suo padre e se l’avesse visto in quel momento, alla vigilia dell’attacco al re, sarebbe stato fiero di lui come il suo vecchio. I piedi veloci continuarono il loro percorso fra le tegole dorate, finendo in uno dei pochi luoghi ombreggiati fra le vette dei palazzi; il castello del re, l’edificio più maestoso e incredibile della città, si stagliava alto contro il cielo, superando di molto i palazzi a molti piani che gremivano quella parte della città. Pochi edifici potevano vantare anche solo un’altezza o un dettaglio che fosse la metà di quelli del castello, e quei pochi non erano altro che i templi o i palazzi dei numerosi subordinati del re, figure di minore importanza ma che si occupavano di garantire la volontà del re in tutta la città facendo le sue veci. Venivano chiamati Leek dal popolo, un dispregiativo usato per compararli alle bestie che li portavano in giro per la città; i Leektor infatti non erano altro che animali a due zampe ricoperti da una corazza durissima e colorata dei colori più disparati nonché caratterizzati da una mandibola enorme e piena di denti affilati, adatti a spolpare le proprie vittime, motivo per cui il popolo li affiancava agli uomini che li cavalcano. I Leek erano solo persone senza scrupolo, mercanti o medici facoltosi che, in cerca di fortuna, avevano commesso più di qualche crimine in cerca di potere e fortuna. La loro fame nei confronti del denaro era senza pari e questo li rendeva esattori delle tasse molto accaniti e crudeli se ne avevano bisogno; non furono pochi gli “incidenti” in cui una delle loro bestie da soma mangiava i poveracci che intralciavano loro la strada o che non davano loro quello che volevano, rendendoli uno degli obbiettivi principali delle gilde di ribelli. Questa volta però non si parlava di semplici attacchi con l’obbiettivo di rallentare la gestione del regno, una macchina ben oliata ma costruita sulle ossa e sulle sofferenze delle persone, questa volta si trattava di un attacco al cuore stesso del meccanismo e Tehanor non poteva assolutamente tardare. Salto giù da un tetto, atterrando sul un edificio più basso solo per poi continuare la propria corsa spericolata. La piazzetta ben nascosta fra quattro palazzi presidiati dalla gilda “avversaria” non distava molto, il ragazzo non avrebbe tardato. Il palazzo dei “White bloom” si presentava come un edificio residenziale uguale agli altri, niente di caratteristico lo distingueva se non le tende bianche e blu visibili dalle finestre, un dettaglio del tutto normale per un passante, ma per un uomo con sufficiente conoscenza delle gilde quello sarebbe stato un chiaro segno di chi stanziava all’interno della casa. Tehanor, con il fiato leggermente più pesante a causa della lunga corsa, batté il pugno contro la porta con forza, scandendo bene i primi tre colpi per poi mettere in rapida sequenza gli ultimi due. Lo spioncino si aprì mettendo in mostra lo sguardo diffidente di un uomo sicuramente sulla quarantina dato le numerose rughe attorno agli occhi grigi. L’uomo aspettò con pazienza finché Tehanor non pronunciò con calma la frase necessaria ad entrare.
< I tetti risplendono sotto questo sole cocente eppure sotto di loro si nascondono molte cose più adatte all’oscurità > Disse con tono fermo il giovane comandante.
Lo spioncino si chiuse e dall’interno si sentì il rumore di molti chiavistelli che velocemente venivano sbloccati per poi  aprire uno spazio sufficientemente largo da lasciar passare il ragazzo aldilà della porta. La sentinella richiuse immediatamente la porta, rassicurando l’entrata con i chiavistelli, i lucchetti e le sbarre di metallo che avrebbero dovuto resistere agli eventuali tentativi di intrusione delle guardie. Il vice dei “White bloom” accolse il ragazzo con un  breve cenno della testa, seguito da un secondo cenno indirizzato alla porta sul retro. La casa, vista dall’interno, era tutto meno che normale, assomigliava di più ad un campo militare che ad una residenza e le rastrelliere cariche di armi tappezzavano le parti, interrotte solo da manichini coperti di armature e cotte di maglia appese ovunque. Qualche candela spuntava lungo i lati della stanza dato che la poca luce che filtrava dalle chiare tende non bastava comunque ad illuminare i grandi saloni dell’edificio, un tempo probabilmente adibiti ad essere stanze da ballo, prima della lenta crisi che lentamente si era fatta spazio tra le case della città. Il giovane comandante non aveva tempo di soffermarsi sulla mobilia e con passo celere raggiunse l’altro lato del salone per poi spalancare la porta e ritrovarsi in un cortile semi coperto dalle tettoie e pieno di guerrieri muniti di spada o archi intenti a chiacchierare e a raccontare battute. Alla vista del comandante gli uomini e le donne presenti nel cortile si zittirono e si misero comodi mentre il vice di Tehanor gli veniva in contro.
< Tehanor, gli uomini sono pronti ad andare, aspetteremo solo l’arrivo della notte per agire, come programmato > Sussurrò Lester con il suo solito tono serio. Se lo guardavi bene in viso però potevi notare uno sguardo compiaciuto, velato agli occhi di tutti grazie alle folte sopracciglia e alla barba legata in unica treccia grazie ad alcuni anelli in legno.
< Lester, amico mio, questo è il giorno che mio padre e Yrdok hanno sempre aspettato, non deludiamoli > disse il giovane con grinta e sicurezza per poi parlare agli uomini presenti all’interno del cortile
< Uomini, dopo anni di attesa siamo finalmente riuniti per decidere la disfatta del re. I nostri figli potranno guardare al mondo con occhi più sicuri e sereni grazie a ciò che faremo questa notte. Non temeremo più le guardie del re! Non saremo più pedine di un gioco guidato da altri! Da ora in poi saremo noi a fare il nostro gioco, da questa notte noi saremo finalmente uomini liberi! > Gridò Tehanor estraendo la daga attaccata al cinturone e alzandola al cielo, riempiendo la stanza di colori grazie alla luce che si rifrangeva sulle gemme incastonate lungo la lama. I guerrieri urlarono a loro volta, come simbolo d’approvazione e sostegno, alzando le proprie lame e i propri archi.
< Combattete di fianco a me! E… >
< Volevi dire di fianco a noi > interruppe il comandante dei “White bloom” mentre faceva il suo ingresso nel cortile, mantenendo il solito sguardo serio.
< Perché qui non si tratta della vostra gilda o della nostra, qui si tratta di Klimmeck e del suo popolo. Noi combattiamo per loro e vinceremo per loro, ma lo faremo come popolo, perché è quello che siamo! noi abbiamo la forza di combattere e perciò combatteremo assieme, per l’ultima volta! Per Klimmeck! > urlò la donna alzando a sua volta la sua spada, mentre i guerrieri annunciavano di nuovo la propria determinazione con un grido collettivo.
< Hai sempre bisogno del palco, non è vero Tehanor? > la ragazza sottolineò il nome del giovane per farlo sentire meno forte, meno potente, per fargli capire che quella in fondo era casa sua. Gli occhi verdi della ragazza erano profondi e affascinanti e i lunghi capelli castani cadevano lungo il suo corpo sinuoso e sodo per fermarsi sul seno. Il viso dolce e le labbra carnose perdevano la dolcezza se si guardavano le armi che indossava e l’armatura in pelle piena di tasche e cinghie che indossava.
< Solo quando sono il presenza di belle ragazze, Lerah > rispose il ragazzo con uno sguardo divertito e provocatorio, ammiccando leggermente mentre rinfoderava la daga. 
   
 
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