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Autore: melhopes    13/08/2015    1 recensioni
“E se non dovessi incontrarla di nuovo?”
“Senza volerlo, vi siete incontrati tre volte. Accadrà di nuovo e, quella volta, le parlerai”
“Me lo assicuri?”
“Dovessimo andare in capo al mondo, Harry”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Atemzug. 
 

Aspetto ritorni dall’hotel con il mio bagaglio. E’ frustrante non abbia potuto accompagnarla. Per ammazzare il tempo, do un’occhiata in giro.
 
Non mi ha permesso di andare oltre il salone in sua assenza. Me ne chiedo il motivo ma non disobbedisco.
 
Guardo distrattamente i soprammobili sparsi un po’ ovunque. Non c’è niente di particolarmente rilevante. Niente ricorda lei.
 
Mi ricordo di dover chiamare Paul o, comunque, qualcuno della sicurezza. Se voglio restare a Frankfurt e far sì che sia un soggiorno piacevole, ho bisogno di una mano.
 
Compongo il numero e mi accordo sul da farsi. Fortunatamente ha sempre una soluzione per tutto. Promette di essere da me entro una ventina d’ore.
 
Domani, a quest’ora, sarò molto più sollevato.
 
Per adesso, devo cercare di contenere la mia ansia in presenza di Charlotte. Non che sia qui adesso. Ma devo allenarmi per il suo ritorno.
 
 
 
La serratura all’ingresso scatta. Dev’essere tornata.
 
<< Eccomi >> si annuncia.
 
Le vado incontro. Sia per salutarla, sia per toglierle il borsone.
 
Non permette l’aiuti. Imperterrita, lo trasporta fino al salone.
 
<< Sei davvero testarda >> commento, visibilmente contrariato.
 
<< E tu sai essere davvero maschilista >> risponde a tono.
 
Mi acciglio. Come può solo pensarlo? Non ho certo denigrato la sua persona. Volevo solo impedire facesse sforzi inutili per colpa mia.
 
<< Sto scherzando >> aggiunge immediatamente con un risolino.
 
Mi sento stranamente sollevato. Le sorrido.
 
<< E’ andato tutto bene? >> mi accerto.
 
Annuisce. << Non avrebbe potuto essere altrimenti >> nota.
 
<< Non pensavo fossi da sola >> la butto lì.
 
Si stringe nelle spalle. << E’ stata una cosa improvvisa. David e Angela hanno deciso all’ultimo di portare Julia con loro >>
 
Dal modo in cui lo dice sembra più distante di una passeggiata al parco.
 
<< Dove? >>
 
<< A Stoccolma >>
 
Nel suo tono mi sembra di rilevare un “Cos’altro ti aspettavi?”. Mi sento un tantino stupido.
 
<< Oh, giusto >> borbotto. << Pensavo tu fossi strettamente legata a lei >>
 
Aggrotta la fronte. Immagino non abbia compreso il mio riferimento.
 
<< Se sei la sua baby-sitter a tempo pieno, perché non sei con lei a Stoccolma? >> chiedo, cercando di essere più chiaro.
 
Sorride, furbetta. Scuote divertita la testa e, per qualche secondo, posa lo sguardo altrove.  
 
<< Pensavo potresti dormire in camera mia >> cambia discorso.
 
Perché non ha risposto alla mia domanda? Perché dalla sua espressione sembrava dovessi già conoscere la risposta? 
 
Immagino ci torneremo in seguito quindi mi concentro sulla sua ultima frase.
 
In camera sua? Per quanto io ne sia lusingato, non posso certo permettere che avvenga. Non deve sacrificare i suoi spazi. Non quando c’è un divano dall’aspetto abbastanza confortevole in questo salone.
 
<< Posso dormire qui >> e indico alle mie spalle.
 
Inclina il busto per lanciare un’occhiata oltre la mia persona. Forse non ha collegato. Mi sposto appena per permetterle una visuale migliore.
 
<< Non ci posso credere >> afferma e il suo tono è realmente sorpreso.
 
<< Cosa? >>
 
<< Mi sono detta “Niente divano. Trattalo bene, sii ospitale” per tutto il tragitto da qui all’hotel e ritorno. E tu cosa fai? Mandi tutto all’aria! >> gesticola sul finale apparendo sconvolta.
 
Scoppio a ridere. << Mi dispiace >> ammetto ma non riesco a farlo trasparire.
 
<< Avrei dovuto seguire il mio istinto fin dall’inizio >> borbotta e mi dà le spalle.
 
<< Dove vai? >> le urlo dietro.
 
<< A prendermi una pausa da te. Sei stancante >> il sarcasmo è onnipresente.
 
Accenno un sorriso. E’ davvero unica.
 
<< Posso aggregarmi? >> la prendo in giro.
 
Prima che possa rispondere sono già sulla soglia di quella che sembra la sua camera.
 
Attraverso la porta semi-aperta, la vedo alzare gli occhi al cielo divertita e darmi le spalle. Apre il primo cassetto del comò di fronte a lei.
 
Mi appoggio allo stipite. Spingo leggermente la porta per avere una visuale migliore. Incrocio le braccia e lascio che sia semplicemente lei.
 
<< Dovrei cambiarmi >> annuncia, lasciando intendere debba andarmene.
 
Non voglio ancora farlo. Decido di prendere tempo punzecchiandola appena.
 
<< Per andare dove? >> suono abbastanza divertito mentre alludo all’inseguimento.
 
<< Potrei andare ovunque. Non sono bloccata come te >> mi lancia un’occhiata veloce.
 
<< Touché >> mi limito a dire, ammettendo di aver dimenticato non sia legata a me.
 
<< Però, siccome non mi fido, non ti lascerò solo. –mi sorride, lasciandomi intuire scherzi sulla problematica della fiducia- Voglio solo mettermi più comoda >>
 
Comprendo sia il momento di levare temporaneamente le tende. Lascio la stanza senza dire nulla.
 
Torno a guardarmi in giro. Per quanto possano essere interessanti delle pareti, non voglio fare altro che stare con lei.
 
Mentalmente mi auguro si sbrighi. Conoscendomi, potrei diventare talmente disperato da iniziare a contare pomelli o qualsiasi altra stupidaggine nella zona circostante.
   
 
 
 
<< Harry? >> mi richiama.
 
Il mio cuore sprofonda. Senza che me ne renda conto, mi lascio andare ad un sospiro di sollievo. E’ così bello che sia semplicemente “tornata”.
 
<< Sì? >> chiedo e mi avvicino alla stanza in cui l’ho lasciata.
 
E’ sull’uscio, tenendo la porta aperta.
 
<< Come sto? >> chiede, appena i nostri sguardi si incrociano.
 
Percorro il suo corpo in un secondo. Nonostante il suo abbigliamento estremamente semplice –pantaloncini di jeans, maglia a maniche lunghe di un giallo chiaro e converse alte- non riesco a non pensare sia incredibilmente sensuale. E bella. 
 
Non è facile trovare le parole per esternarlo. Non è facile sapendo le userà contro di me. Ancora una volta, non dovrebbe già sapere cosa penso?
 
<< Non immagini la risposta? >> chiedo, con un sorriso sbilenco.   
 
Sorride, colta in flagrante e sposta lo sguardo.
 
<< Ci ho provato >> sussurra.
 
Sento il bisogno di accorciare le distanze e stringerla. La fisso. Non posso ancora. Ma sento che le cose stanno cambiando. Per il meglio.
 
Le sorrido perché nient’altro ha o potrà mai avere importanza.
 
<< Ho chiamato Paul mentre non c’eri >> l’informo, ricordandomene in quell’istante.
 
Appare sorpresa. << Oh. Vai…via? >> chiede con timore.
 
Sgrano gli occhi. Pensa davvero potrei fare una cosa simile?
 
<< Oh, no. No, no, no >> mi affretto a negare. << Mi raggiunge domani così potrà evitare che episodi come quello di oggi si ripetano >> le spiego.
 
<< Ho davvero temuto te ne andassi >> ammette.
 
Il tono che usa ricorda molto una bambina alle prese con la sofferenza degli addii. Mi rattrista.  
 
<< Pensi sconterei la tua pena fino a questo punto? Devi sopportarmi fino alla fine del mio periodo di pausa dal tour >> le ricordo con un’espressione alquanto insolente.
 
Un sorriso enorme le solca le labbra. I suoi occhi brillano. E’ interamente coinvolta.
 
<< Ti va di vedere un film e ordinare la cena? >> propone.
 
<< E’ dolce tu non volessi andassi via >> ignoro la sua domanda, ancora incredulo.
 
Rotea gli occhi. << Harry >> mi ammonisce.
 
Capisco. << Mi sembra una splendida idea >> ammetto, per portare a termine la sua parte di conversazione.
 
Mi lancia un sorrisino soddisfatto. << Vado a prendere i menu >> e sparisce.
 
 
Dopo aver ordinato del cibo da una pizzeria della zona, torniamo in salotto.
 
Charlotte accende la tv e mi fa segno di accomodarmi. Obbedisco non potendo fare molto altro. In fondo, non conosco la casa per prendere iniziative di qualunque tipo.
 
<< Controllo tra i DVD >> annuncia e inizia a frugare nel mobiletto al di sotto della tv.
 
<< Non ti spaventa stare da sola? >> domando, di punto in bianco.
 
<< Perché credi che ti abbia invitato? >> risponde e, nel suo tono, riconosco il suo modo di farmi sentire speciale senza sbilanciarsi troppo.
 
Rifletto un attimo sulla sua frase. Aveva davvero intenzione di farlo dal principio? O, invece, sta solo scherzando e si è offerta di ospitarmi solo dopo aver visto quanto le cose possano essere folli per il componente di una band alquanto conosciuta che decide di gironzolare senza guardie del corpo?
 
<< Sul serio? >> esterno.
 
Si ferma dall’estrarre e impilare DVD sul pavimento e fissa i suoi occhi su di me. Mi fa sentire vivo ogni singola volta.
 
<< In realtà no. Voglio dire…non era previsto che i signori Weber volessero portare Julia. Non questo week-end, almeno >>
 
<< E’ normale si comportino così? >> domando, percependo una strana instabilità.
 
Si stringe nelle spalle. << Lo chiedi alla persona sbagliata >> si rigira.
 
Intuisco il riferimento alla sua famiglia e mi sento un tantino in colpa. Devo aggiustare il tiro. Non è certamente quello che intendevo. O volevo che pensasse. 

<< Intendevo con questi viaggi a Stoccolma >>
 
<< Oh >> pronuncia semplicemente.
 
Si estranea dalla sua attività. << Loro sono semplicemente fatti così, direi. Lavorano lì. Per loro è normale fare avanti e indietro. E’ il motivo principale per cui mi hanno assunta >>
 
Interessato alla faccenda, le mimo di procedere.
 
<< Non so esattamente che lavoro svolgano o perché funzioni così, non mi è stato detto né ho voluto indagare. Continuano a darmi nuovi tempi da imparare e io mi adatto >>
 
Mi acciglio. Ho quasi l’impressione che la conversazione si stia allontanando dal giusto binario. << Cosa intendi? >>
 
<< Appena arrivata, eravamo da sole solo nel weekend. Loro lavoravano qui, da casa. A Luglio, invece, erano qui per la prima metà della settimana e a Stoccolma per la parte restante >>
 
Non prosegue con Agosto e Settembre ma intuisco non ci sia bisogno di spiegare quanto sia folle quest’avanti e indietro. Non è dannoso per Julia?
 
<< Perché non si trasferiscono definitivamente a Stoccolma? Non sarebbe più facile? >>
 
<< Inizialmente pensavano non fosse una buona idea per Julia. Volevano che crescesse dov’era nata, che non dovesse vivere in un paese con una lingua diversa dalla propria. Cose di questo tipo, insomma. All’inizio di Luglio, invece, dicevano di avere delle cose da risolvere in famiglia >>
 
Suona alquanto strano. Hanno problemi con un familiare malato? Qualcuno che non possono lasciare? E perché lasciare che questo li fermi dal cercare casa a Stoccolma?
 
<< E le hanno risolte? >> chiedo, restando sul vago tanto quanto lei.
 
Si stringe nelle spalle. << So solo che dopo essere tornate a casa dal concerto, hanno iniziato a chiedere a Julia cosa ne pensasse della città, dell’idea del trasferimento e via dicendo >>
 
<< Vuoi dire che…? >> inizio, sicuro capirà dove voglio andare a parare.
 
<< Stanno cercando casa lì >>
 
Sgrano gli occhi. Dei brividi mi percorrono la schiena. Non so perché. Mi sento come se mi stessero strappando via dalle mani il mio personale spiraglio di luce.
 
<< Credo sia per questo che hanno voluto Julia questo weekend e non fosse strettamente necessaria la mia presenza >>
 
La cosa non sussiste. Non importa dove abiti Char, no? Ovunque sia, posso permettermi un biglietto aereo per andare a trovarla. Non ho impedimenti d’alcun tipo. Sono indubbiamente fortunato. Quindi devo scacciare dalla testa l’idea che il trasloco sia un male. Non lo è.
 
Saprò sempre dove trovarla.
 
<< Beh, tanto meglio, no? >> il mio tentativo di apparire malizioso si rivela un fallimento.
 
Scoppia a ridermi in faccia. << E’ decisamente il tuo approccio peggiore >> commenta.
 
Mi ferisce giusto un po’ nell’orgoglio. Le faccio il verso.
 
<< Oh, non prendertela. Devi aspettarti osservazioni simili se mi chiedi di essere completamente onesta >> mi fa notare.
 
Ancora una volta, non posso ribattere. Ha ragione su tutta la linea. Come fa ad incartarmi così facilmente? Non capisco se sia lei quella furba o io quello troppo innamorato per avere neuroni funzionanti.
 
<< Hai finito di ricercare? >> cambio argomento, indicando con un cenno del capo i DVD che la circondano in due pile più o meno ordinate.
 
Annuisce e, dopo aver posato l’ultimo, richiude il mobiletto e cambia posizione in modo da non darmi le spalle o mostrarmi solo un profilo.
 
Assorta, prende a controllare il retro delle custodie, una dopo l’altra. Cosa cerca?
 
<< Credo che il titolo sia sul davanti >> pronuncio leggermente più sarcastico di quanto vorrei essere.
 
Non risponde. Non sembra avermi sentito. Cosa la incanta così tanto da farle perdere la possibilità di mandarmi frecciatine?
 
<< Parli ungherese? >> si accerta. Sembra seria.
 
<< Se così fosse, l’avrei usato dal primo secondo >> ridacchio sul finale.
 
Separa cinque o sei DVD dalle due pile, dopo averli ricontrollati. Passa ad altre custodie.
 
<< Francese? >>
 
<< Oui, je suis très bravo en français! >> esclamo, cimentandomi alla meglio.
 
Mi lancia un’occhiata torva. << Nemmeno francese >> sussurra, tornando a separare.
 
Resta con solo due DVD davanti e non riesco a capire se siano quelli ancora da controllare o quelli sopravvissuti alla carneficina. Sono confuso.
 
<< Mi dispiace per te >> annuncia.
 
<< Eh? >>
 
Sparisce in corridoio, diretta chissà dove, per tornare dopo poco con due nuovi DVD tra le mani. Alza le due custodie ai lati della testa.
 
<< Sembra che Julia abbia portato via gli unici DVD che avrebbero potuto permetterti di vedere un film >>
 
Continuo a non capire a cosa si riferisca. Aggrotto la fronte sperando si decida a darmi ulteriori delucidazioni.
 
<< DVD in tedesco con sottotitoli solo in tedesco >> spiega.
 
Scuoto la testa. << Sicura non ci sia altro? >>
 
<< Non per uno che non parla ungherese o francese >>
 
Ora comprendo il perché di quelle domande. Mi pento di non essermi impegnato di più nelle ore di francese.
 
<< Va bene, non importa >> affermo, convinto.
 
Alla fine non sono davvero attirato dal DVD in sé, bensì dalla possibilità di passare la serata con lei. Stando sul divano. Insieme. Accoccolati, magari.
 
La mia fantasia sta correndo un po’ troppo. Mi ammonisco mentalmente. Devo restare concentrato. E comportarmi lucidamente.
 
<< Non potrebbe essere altrimenti >> mi prende in giro, fingendo non avrebbe mai cambiato i suoi piani per me. << Ti lascio scegliere: quale dei due? >> aggiunge, avvicinandoli a turno di qualche centimetro.
 
Poso lo sguardo alla custodia sulla sinistra: “Rubinrot”. Non mi dice nulla. Passo alla destra: “Goethe!”.
 
Mi colpisce. Goethe. La foto. La casa che mi ha permesso di risalire al suo indirizzo. La didascalia. Lo prendo come un segno.
 
Indico la mia scelta. << Vada per “Goethe!” >> aggiungo in contemporanea.
 
<< Stai guadagnando punti, sai? >>
 
Appare incredibilmente seria. Ho l’impressione di averla conquistata. Ma non è ancora abbastanza. Non equivale ancora al modo in cui lei ha conquistato me.
 
 
 
 
 
Guardare un film in una lingua sconosciuta con i sottotitoli nella medesima lingua si presenta più confusionario di quanto mi sarei aspettato.
 
Decido di passare il tempo, senza che lei se ne renda conto, a fissare il suo viso e le sue reazioni alle scene servendomi della penombra.
 
Spero che una di queste immagini rimanga impressa a fuoco nella mia mente. Ne avrò decisamente bisogno quando non sarà più con me. Quando io non sarò più con lei. E’ arduo da accettare. Non devo pensarci adesso. E’ deleterio. 
 
Devo restare concentrato sul momento. E’ tutto ciò che ho e di cui posso inebriarmi. Ed è perfetto. Lei è perfetta.
 
<< Mi ripeti i nomi? >> chiedo, fingendomi partecipe.
 
<< Sshh! >> mi zittisce bonaria.
 
Lascio correre, constatando non mi importasse davvero. Mi ricordo della ciotola con i pop corn e prendo a mangiarne un po’ per noia.
 
<< Ssshh! >> mi zittisce, esaltata.
 
Mi blocco di colpo. Sta davvero zittendo anche il mio masticare?
 
<< Amo questa parte! >> aggiunge in sua difesa.
 
Curioso, mi volto ad osservare cos’abbia di speciale la scena in questione. Non vedo altro che due persone –che presumo siano i protagonisti- in un campo incolto in pendenza.
 
Resto ad osservare e, nonostante la mia ignoranza, i miei occhi non possono fare a meno di concentrarsi sui sottotitoli.
 
Lei sviene per aver trattenuto il fiato di proposito. Immagino volesse qualcosa da lui. O, almeno, credo. Lui la soccorre e la fa rinvenire. Parlano altri due secondi.
 
La cosa sembra non essere soddisfacente perché riprende a trattenere il fiato. Lui porta le mani in avanti per chiederle di non farlo, credo.
 
Non mi sembra una parte così entusiasmante. Mi sarei aspettato un bacio. Un gesto d’affetto. Non di certo un tira e molla a discapito dei polmoni di lei.
 
Poso nuovamente lo sguardo su Charlotte. Preferisco il suo profilo in penombra a qualsiasi cosa sia questo film.
 
<< “Es schlug mein Herz geschwind zu Pferde” >> sussurra.
 
Ho la strana sensazione ci sia l’eco. Proviene dalla tv. Mi volto. Il mio sguardo cade repentinamente sui sottotitoli. E’ esattamente la battuta del personaggio maschile.
 
Dev’essere questo il punto clue.
 
<< “Und fort, wild wie ein Held zur Schlacht” >> prosegue incantata, seguendo quello che sembra un monologo.
 
Non riesco a far altro che ammirarla, chiedendomi cosa racchiudano queste parole. Mi direbbero molto sulla personalità di Charlotte.
 
<< “Der Abend wiegte schon die Erde / Und an den Bergen hing die Nacht / Ich sah dich und die milde Freude” >>
 
Alla fine, noi siamo quello che amiamo. E Char non è diversa.
 
<< “Floss aus dem süβen Blick auf mich / Ganz war mein Herz an deiner Seite” >> continua e sembra trattenere il fiato come in attesa del gran finale.
 
Lancio un’occhiata distratta alla tv. Lui non sembra aver finito. Sta facendo una pausa. E lei con lui.
 
Mi piacerebbe riuscire ad incantarla così. Ma, un lato di me, è contento sia questo personaggio a riuscirci così che io possa semplicemente ammirarla senza che lei mi trovi inquietante.
 
Non che non lo sia. Semplicemente non deve pensarlo lei.
 
<< “Und jeder Atemzug für dich” >>  sospira.
 
Quella frase mi colpisce, stranamente. La ripeto a mia volta, senza sapere come ci riesca.
 
Sussulta. Si volta dalla mia parte. << Ha-hai detto qualcosa? >> balbetta, inizialmente incerta.
 
<< Cosa vuol dire? >> chiedo, evitando la domanda.
 
<< “E ogni respiro per te” >>
 
Mi sento mancare il fiato perché, anche se sta semplicemente traducendo su mia richiesta, lo fa sembrare reale. Come se lo intendesse sul serio.
 
<< Solo per te >> sussurro.
 
Mi sembra di vederla arrossire. Ed è come l’inizio di un sogno.






SPAZIO AUTRICE: Buongiorno a tutti voi! Sono immensamente dispiaciuta per il ritardo. Non pubblico da mesi ed è vergognoso (quanto il capitolo con cui ho deciso di tornare, in realtà). 
Ho avuto un po' di problemi tra linea wifi assente, sessione estiva da gestire e mancanza d'ispirazione. Nel complesso spero possiate perdonarmi e, in qualche modo, continuare a seguire la storia. Gradirei davvero tanto poter continuare a leggere i vostri pareri. Mi rendete felice, aw.


Ad ogni modo, se avete domande sulla storia, non esitate a porle. Sono sempre disponibile. (Anche se voleste semplicemente qualcuno con cui parlare) 


Buon proseguimento di giornata :) x


Ps. Avvisatemi nel caso in cui doveste notare errori di qualsiasi tipo. Non ho riletto perché mi vergognavo un po' di questa cacchina >< 

 
  
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