Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    13/08/2015    4 recensioni
“È che... io non ce la faccio senza di lei. Mi sembra di impazzire, non riesco a dormire perché la sogno in fin di vita in quell’aeroporto, ma non posso stare sveglio perché qualsiasi cosa mi ricorda lei. [...] Dovevo morire io, Ben, quel proiettile era per me... per me!”.
Trovarsi da soli, di punto in bianco. Non sapere come muoversi, sentire solo dolore. Essere schiacciati dal senso di colpa.
Storia di morte, di vita, di rinascita, storia di amicizia e di amore, di rabbia e di vendetta.
Questo racconto è il seguito di “E poi tutto finì”, nonché nona e penultima storia della serie “Dieci ritagli di Cobra 11”.
È consigliabile ma non necessario aver letto la prima parte.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Ben Jager, Kim Kruger, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dieci ritagli di Cobra 11'
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“Semir scese dall’auto che si era appena fermata davanti alla villetta in cui vivevano i genitori di Andrea senza aggiungere altro, sbattendo la portiera in faccia al collega e dirigendosi a passo spedito verso il portone.
Da lì, con i suoceri e le bambine, si sarebbe diretto a piedi verso la chiesa, che si trovava a pochi passi di distanza.
Ben sospirò appoggiandosi allo schienale prima di rimettere in moto per cercare parcheggio: l’amico avrebbe avuto tanto bisogno d’aiuto e lui avrebbe fatto tutto il possibile per stargli accanto, in un modo o nell’altro.”.

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«Aida, cucciolo, che cosa ci fai qua?» domandò Semir avvicinandosi alla porta esterna della villetta e notando la figlia più grande seduta fuori su un gradino, con l’aria imbronciata e le braccia conserte.
La bambina gli lanciò un’occhiata fulminante e non accennò ad alzarsi.
L’uomo allora si inginocchiò accanto a lei e le accarezzò delicatamente i capelli: era quello ciò che più temeva, ciò che aveva temuto a partire dall’esatto istante in cui il medico gli aveva comunicato, in quell’ospedale, che sua moglie non ce l’aveva fatta: le bambine. Le loro reazioni, i loro pensieri, le spiegazioni che lui avrebbe dovuto fornire. E poi, la loro vita senza di lei.
«Allora? Perché sei qua fuori da sola?».
«Perché lì dentro non ci voglio stare.».
Semir sospirò, guardandola negli occhi «Che cosa è successo?».
La bambina si voltò dall’altra parte senza rispondere e il poliziotto non poté fare a meno di constatare quanto gli assomigliasse. L’aveva sempre detto anche Andrea, Aida era la copia del papà e Beth* era più simile alla mamma.
«Ehi... dai, parlami, cosa è successo?».
«I nonni sono dei bugiardi!» esplose la bambina senza riuscire a trattenere le lacrime «Loro sono dei bugiardi e Beth non capisce niente! Non vogliono dirmi cosa è successo davvero alla mamma e nemmeno tu me lo vuoi dire, sei come loro!».
Semir abbassò lo sguardo.
Avrebbe voluto scappare, evitare quegli occhi innocenti che lo accusavano, ma non poteva.
«Aida, tua sorella è piccola e non può capire alcune cose, lo sai anche tu... e poi...».
«Ma io non sono piccola, io capisco! E tu non parli nemmeno con me!» gridò ancora la bambina con la voce a tratti rotta dal pianto.
L’ispettore sospirò leggermente: aveva ragione. Aida aveva perfettamente ragione. Perché ormai, undici anni da compiere, non era più nell’età in cui le si potessero spiegare le situazioni in modo banale. Non si accontentava più del racconto dell’“uomo cattivo” o della “bua che poi guarisce”. Aida capiva perfettamente che cosa accadeva intorno a lei, e aveva diritto a chiedere spiegazioni, soprattutto se queste riguardavano la morte di sua madre che, lei, a differenza di sua sorella, aveva compreso perfettamente.
«Cucciolo...» fece Semir asciugandole le lacrime con il dorso di una mano «Ti ho già spiegato cosa è successo, è andata male un’operazione di polizia...».
«Ma tu lavori in polizia, non lei! Non sarebbe dovuta morire la mamma!» lo interruppe la ragazzina divincolandosi da lui e alzandosi per allontanarsi.
Quelle parole per il padre furono un colpo al cuore.
Aprì la bocca per replicare ma in fondo alla via, che veniva verso di loro con le chiavi della macchina in mano, vide Ben, e lasciò perdere.
Il ragazzo salutò la bambina da lontano e sul volto di Aida, magicamente, tornò il sorriso.
Cominciò a correre per raggiungerlo e non appena fu vicino a lui gli saltò in braccio «Zio Ben!».
«Principessa!» esclamò il poliziotto stringendola forte «Come sei bella! Ma cosa sono quegli occhi lucidi? Eh?».
«È colpa di papà.» affermò lei, seria, mentre il sorriso nuovamente si spegneva sulle sue labbra.
Ben la guardò con un debole sorriso, poi portò lo sguardo su Semir che, di spalle, gli occhi bassi, si accingeva ad entrare nella villetta, forse fingendo di non aver sentito.

 

«L'eterno riposo dona o Signore a questa nostra sorella e tutti i morti in Cristo, per la misericordia di Dio, riposino in pace.».
Un coro uniforme di “Amen” si alzò prontamente all’interno della chiesa.
Semir si guardò intorno: era pieno di gente, sembrava che tutta Colonia fosse venuta per partecipare. Accanto a lui i genitori di Andrea e le bambine, dietro Ben, Clara, Max, la Kruger, Susanne e tutti i colleghi dell’Autostradale. Erano venuti addirittura il compagno della Kruger*, il padre di Ben, Alex Bronte* e davvero anche il capo della polizia.
Sospirò leggermente sperando che la funzione terminasse in fretta. La considerava una cosa assolutamente inutile, come lo era stata per tutti i colleghi che aveva perso negli anni passati. Di sicuro non avrebbe riportato indietro Andrea...
Non voleva nemmeno pensarci. Ancora non riusciva a credere che lei non ci fosse più.
Non l’avrebbe più trovata a casa la sera, non avrebbe più visto il suo sorriso, non sarebbe stato mai più costretto a dormire sul divano dopo un furioso litigio, sperando nel perdono del giorno successivo. Tutto ciò non sarebbe mai più accaduto perché Andrea non c’era più... non c’era più e non ci sarebbe mai più stata, doveva capirlo, ma faceva troppo male rendersene conto.
Al termine della messa uscì dalla chiesa e ricevette le condoglianze di una marea di persone, tra cui quelle di gente mai vista prima.
Quando finalmente fu solo, sospirò profondamente appoggiando la schiena ad un muretto  e chiudendo gli occhi per un istante. E rivide Andrea, la rivide sorridente nel suo abito da sposa, e sorrise.
Quando aprì gli occhi si accorse di aver involontariamente sfilato la vera dal dito ed ora rimaneva immobile ad osservarla.
Ma non aveva più la luce di un tempo.
Ormai era tutto finito.

 

Carl Schwarzer rise beffardo godendosi la scena dall’alto del palazzo di fronte alla chiesa.
Tutta quella gente che usciva, che diceva due parole a quell’ispettore e poi si allontanava con il viso segnato dalle lacrime... era soddisfacente poter contemplare così bene il risultato del proprio lavoro.
Era atterrato in Germania la mattina stessa, giusto in tempo per godersi questo spettacolo, riuscendo facilmente ad eludere i controlli dell’aeroporto tedesco e di quello turco da cui era partito.
Volendo sarebbe anche potuto ripartire in giornata ma non l’avrebbe fatto.
Doveva prima sistemare i conti con suo figlio, con quell’uomo che, pur essendo sangue del suo sangue, lo aveva tradito, era diventato uno sbirro.
Sarebbe arrivato alla resa dei conti con lui e lo avrebbe fatto con l’aiuto di Kallman che, come sempre, lo aveva seguito.

 

Ben si passò una mano tra i capelli spettinati e poi si stropicciò gli occhi ancora umidi.
Stava aspettando Semir appoggiato al cofano della propria auto ormai da quasi dieci minuti: il collega si era fermato a parlare con il parroco sulla soglia della chiesa e sembrava che ne avrebbe avuto per un po’, mentre i genitori di Andrea e le bambine si erano già avviate verso casa. D’altra parte il sacerdote lo conosceva bene, era lo stesso che lo aveva sposato e che aveva battezzato Aida e poi Beth, era naturale che volesse sapere cosa fosse realmente successo.
Già, Beth e Aida, a Ben si stringeva il cuore a pensare a loro. Sarebbe stata dura senza Andrea, soprattutto all’inizio e non era giusto che un uomo avesse privato loro così presto della madre.
Aida sembrava già essere partita all’attacco e forse Semir davvero non sarebbe stato in grado di gestire la situazione da solo, avrebbe avuto bisogno di un aiuto enorme.
I genitori di Andrea erano distrutti tanto quanto lui: perdere una figlia, soprattutto in quel modo, era del tutto innaturale e troppo difficile da accettare.
Il pensiero dell’ispettore volò quindi verso la sua piccola Bianca. Era diventato papà da quindici giorni e con tutto ciò che era successo non aveva avuto nemmeno il tempo di accorgersene.
Temeva di non dedicare alla piccola abbastanza tempo ma in quei giorni era essenziale che lui stesse vicino anche all’amico.
Si era comunque innamorato subito di quel minuscolo esserino che era sua figlia e non vedeva l’ora che la bambina uscisse dall’incubatrice per passare intere giornate accanto a lei.

Eccoci al secondo capitolo, grazie a per le recensioni e grazie a tutti coloro che hanno letto e che stanno seguendo la storia!Scusate l’assenza, ma sono stata in vacanza in un posto in cui internet era praticamente inesistente.
Tornando alla storia, Schwarzer è in Germania, il che potrebbe comportare problemi...
Un bacione e a presto!
Sophie :D

 

Quasi dimenticavo, piccole annotazioni per chi non avesse letto la storia precedente:

*Beth: in questa mia serie il nome della sorellina di Aida è sempre stato Beth e non Lily, non chiedetemi perché!
**Compagno della Kruger: eh sì, c’è anche lui, creato nella storia precedente, si chiama Gerard ed è riuscito a rubare il cuore del nostro commissario!
***Alex Bronte: personaggio inventato da me, è il commissario dell’LKA, con cui Ben e Semir non hanno mai avuto un buon rapporto se non nel corso del loro ultimo caso. È presente in parecchie altre storie della serie.

  
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