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Autore: Yumeji    14/08/2015    4 recensioni
Si trattava di una proprietà immensa. E appariva antica, molto antica.
"Non ci credo che ora abiteremo qui…” pensò Antonio.
Le tante finestre sbarrate da pesanti oscuranti, alcune addirittura inchiodate da delle assi di legno, lo fissavano quasi si fossero trattate di una miriade di occhi, i quali lo stavano soppesando prima di decidere se farlo entrare o meno nella casa.

MOMENTANEAMENTE SOSPESA - ci rivediamo a 01/2016
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Solita storia di fantasmi? Noo, se si tratta dei nostri amici Hetaliani come possono far paura..? Okay, forse.
D'altronde, toccherà ad Antonio, Francis e Gilbert scoprire quanto molesti si possono dimostrare i loro nuovi coinquilini, forse avrebbero dovuto rifletterci un po' su, quando Roderich gli ha offerto una simile sfarzosa (per quanto decadente), sistemazione, ad un affitto così misero. Purtroppo il cuore tenero dello spagnolo non ha visto alcuna malaintenzione nell'atteggiamento dell'austriaco e, ora, il Bad Touch Trio più 1, si ritrova a dover coabitare con presenze tutt'altro che tranquille e silenziose.
Ci saranno eventi tragici?.. Bhé, i fantasmi sono pur sempre fantasmi.
[Accenni a varia coppie] [Rifacimento di una mia vecchia FF "Presenze Moleste"]
Genere: Commedia, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Bad Friends Trio, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ad un primo giudizio, nel giungere senza difficoltà al luogo dell'appuntamento dove avrebbe dovuto incontrarsi con Antonio e Francis, Rod considerò il salottino un posto caldo e accogliente, piacevole per passare il tempo, e abbastanza tranquillo per affrontare una lunga (e temeva per nulla facile), chiacchierata.

"C'è un buon profumo..." osservò, riconoscendo l'odore della menta piperita e del limone, lo stesso aroma trovato nel the che gli era stato servito. Chiunque glielo avesse preparato doveva berlo spesso per averne lasciato dei residui tanto forti, i quali aleggiavano nella stanza impregnandola di una piacevole atmosfera di calore e familiarità.
Come tutte le camere in quell'ala della villa, il salottino era già stato restaurato e presentava arredamento e decorazioni in stile liberty. Due comode poltrone e un largo divano fiancheggiavano un caminetto di medie dimensioni, le cui pietre chiare che lo circondavano avevano una sottile tramatura dorata, simili ad arabeschi floreali. Un immenso tappeto copriva il pavimento in marmo e diverse stampe - litografie paesaggistiche - riempivano le pareti, meno una, su cui erano presenti delle alte finestre, le quali si affacciavano su un verde ed eccessivamente prospero giardino. "Forse dovrei procurargli un giardiniere..." rifletté, trovando fosse un vero peccato che una così piccola ma impeccabile stanza fosse rovinata da una vista tanto misera, come un quadro con una brutta cornice.
Senza accorgersene, Roderich iniziò a provare uno strano interesse per quel maniero, se ne sentiva affascinato. Avvertiva il bisogno di esaltarne la bellezza, le qualità, così come i suoi predecessori avevano fatto prima di lui. "L'idea di renderlo un hotel di lusso non era poi così male, con i giusti accorgimenti" rifletteva giudicando il progetto da esperto, poiché non era nuovo alla gestione di simili affari, trovandolo un modo prolifico per trascorrere l'attesa, sperando nell'arrivo degli altri due ospiti di quell'incontro.
".. Un ritratto" la sua attenzione venne però sottratta da quei pensieri, avidi e un tantino freddi, l’occhio cadde su un quadro a mandorla, un dipinto ad olio dai colori tenui, raffigurante una giovane donna riccamente vestita, probabilmente risalente al XIX. Aveva un viso dai lineamenti eleganti, nobili e una cascata di morbidi capelli castani a decorarlo. Ricambiava lo sguardo di Roderich con un'espressione severa, ma che sembrava tradire un aspetto gentile della sua personalità, gli occhi parevano freddi, eppure possedevano qualcosa di molto dolce, come le sue labbra sottili, leggermente piegate all'insù, in un leggero sorriso. "Ma è..." riconobbe quasi immediatamente la donna, fin troppo familiare alla sua mente.
- C-... ce l’abbiamo fatta, Francis!!- la voce di Antonio interruppe la sua contemplazione del dipinto, causandogli automaticamente un leggero fastidio, seguito da un singulto d’irritazione. Avevano osato farlo aspettare! Dopo che si era scomodato a prendere un aereo dall'Austria per arrivare sin lì, unicamente per loro (e per evitare una denuncia non avendo controllato a fondo lo stato di sicurezza della villa)!
Li fulminò con uno sguardo colmo di stizza, voltandosi verso l'arco che divideva il salottino dal corridoio mentre lo attraversavano, le braccia conserte, il cipiglio severo, simile ad un professore intransigente intento a rimproverare i suoi alunni più discoli.
- Ah… Ehm, sei già arrivato Rod? – lo salutò Carriedo, sorridendo nervoso, consapevole di quanto l’austriaco odiasse i ritardatari,
- A te cosa sembra, Antonio? – replicò secco, così da fargli comprendere l’idiozia della sua domanda,
- Scusa… è che ci siamo persi – ammise lui, leggermente in imbarazzo nel parlare, - Sta-stavamo cercando Gil… ma ci sono così tante stanze che..-
- Purtroppo, non lo abbiamo trovato – tagliò corto Francis, subito dietro le spalle dell’amico, un sorriso ammiccante nel rivolgersi a Rod, il quale continuava a non apprezzare tanta familiarità. Lo riteneva viscido in un modo che non riusciva a spiegarsi, eppure, doveva ammetterlo, vi era anche qualcosa di affascinante in lui. Gli veniva difficile affrontare il suo sguardo.
Per quanto avesse notato il modo intenso con cui lo fissava, preferì quindi ignorare l’intervento del francese, discutendo nuovamente con Antonio.
- Non voglio sentire le vostre scuse…- sbuffò leggermente, andandosene a sedere su una delle due poltrone a fronteggiare il divano su cui Francis già aveva preso posto, - Da quello che ho potuto osservare sino a ora, la villa sembra in buone condizioni, quindi… Per quale motivo mi avete chiamato qui? –
C’era un basso tavolino a dividere lo spazio tra le sedute, su cui prendeva posto un vassoio con un’elegante teiera e una tazzina dalle sottili rifiniture, simili agli arabeschi floreali con cui era decorato il camino. A Rod per un momento parve fosse lo stesso vassoio che aveva trovato ad accoglierlo in camera, e dal profumo riconobbe il medesimo the di poco prima. “Ma quando..?” si domandò, chiedendosi da dove fosse spuntato, per poi osservare di sottecchi il francese di fronte a se, l’aveva forse portato lui?
In parte gli era rimasto nascosto, mentre parlava ad Antonio, quindi il fatto che portasse un vassoio con sé, poteva essergli sfuggito.
- La questione non è... ecco, tanto semplice, Roderich..- tentò di imbastire il discorso lo spagnolo, già in difficoltà alle prime parole, mentre rimaneva in piedi dietro al divano - quasi si trattasse di un muro di difesa tra lui e il damerino -, dove Francis si era seduto, cercando lo sguardo dell'amico con un panico crescente sul volto.
- Diciamo che sono avvenuti degli eventi un poco... "complicati" - prese quasi immediatamente parola il biondo, cogliendo la muta richiesta d'aiuto dell'altro, il cui volto si rilassò impercettibilmente e sfuggì un leggero sospiro di sollievo, era riuscito ad evitarsi quell'ingrato compito.
- "Complicati"..? - ripete Rod scettico, finendo di sorseggiare il tea che gli era stato offerto, l'espressione impassibile, ieratica, priva di alcun apparente interesse per la questione, anzi, probabilmente ritenendola superficiale, nient'affatto grave. Sperava solo che simili "eventi" non comportassero una spesa troppo onerosa per le sue tasche, senza contare che, qualunque fossero i loro inconvenienti, potevano benissimo esserne loro stessi la causa. E se ciò era vero, lui non aveva nessun obbligo a sborsare alcun che per risolverli.
- Esatto..- confermò Francis con un sorriso degno di un amabile venditore porta a porta (quando si convinceva di aver appena concluso una vendita), - ... ci sono capitati alcuni eventi spiacevoli, di cui non comprendiamo la causa - continuò, e Antonio gli riservò un'occhiata confusa, credeva si fossero già accordati che in quella magione c'era "qualcosa".
- Eventi di che tipo..? - attirò l'interesse dell'austriaco con quelle parole, il quale sembrò divenire disposto ad ascoltarlo.
Se Francis avesse pronunciato la parola "soprannaturale", sarebbe stato improbabile accendere in Rod la medesima attenzione, lo conosceva da poco, ma già l'aveva inquadrato. Esponendogli i fatti nella maniera in cui l'avevano interpretata, il damerino li avrebbe rifiutati in maniera assoluta, poiché infondo, dubitava di loro, non si fidava, con ogni probabilità credeva ancora che lo stessero prendendo in giro. Doveva quindi dargli l'opportunità di arrivare da solo alle sue risposte, così da giungere con un proprio percorso logico alla medesima risposta.
- Per fare un esempio...- e qui Francis scambiò in maniera evidente uno sguardo con Antonio, quasi volesse il suo consenso per continuare, nel farlo voltò il viso di tre quarti, mostrando di conseguenza il profilo al damerino. "Ciuffi verdi?" notò lui con stupore, rivalutando i gusti del francese, giudicandoli orripilanti a causa della pessima tinta.
In risposta, Carriedo annuì, approvando la maniera in cui l'amico gestiva la conversazione.
- ... più volte io mi sono risvegliato in un luogo diverso da quello in cui mi coricavo - riprese a parlare, tornando a portare gli occhi su Rod,
- Semplici attacchi di sonnambulismo, suppongo, forse seccanti ma non pericolosi... - tornò ad apparire annoiato dall'argomento, emettendo un leggero sbuffo da snob, gli occhi che andavano sulla tazzina da tea ormai vuota, appoggiata sul tavolo di fronte a lui.  
- Ehm... Siamo abbastanza sicuri che non si tratti di questo Rod - toccò ad Antonio intervenire, un momento esitante nel prendere parola, timoroso ad affrontare l'amico, -... per diverse notti, io e Gil abbiamo fatto a turno per assicurarci che non vagasse da solo -
- E..?- insistette perché continuasse, dedicandogli uno sguardo di sufficienza, una leggera irritazione a montare silenziosa in lui come ogni volta si pronunciasse il nome del tedesco in sua presenza.
- E mentre lo sorvegliavamo, Francis non ha mai mostrato simili sintomi e...- deglutì, sudando freddo, stava per raccontargli la parte più difficile di quegli eventi, - Successivamente, quando abbiamo pensato che le cose si fossero risolte e abbiamo rinunciato a tenerlo d'occhio, quella mattina era in cima al tetto. A causa di questo episodio, ecco... Devi contare che non dormivamo decentemente da più di quattro giorni e... - si bloccò, sorridendo imbarazzato, una leggera ruga vicino al labbro,
- Hanno provato a legarmi al materasso - prese parola nuovamente per lui Francis, mostrando una totale indifferenza per ciò a cui era stato costretto,
- Un metodo non ortodosso insomma - commentò con la medesima non curanza Rod, per nulla stupito che avessero avuto una simile idea. Erano pur sempre un trio di ebeti, l'aver ideato un piano, per quanto idiota, era già un notevole passo avanti per loro.
- Il quale non ha sortito gli effetti sperati..- dovette ammettere lo spagnolo, - il giorno dopo abbiamo trovato Francis, ancora legato al letto, sul sentiero che conduce al boschetto -
- Bhé, di cert-... Un momento! - parve sussultare, quando la mente elaborò per intero il messaggio di Antonio, - Mi stai dicendo che c'era l'intero letto con lui?! - non riuscì a celare un certo sconcerto nella propria domanda, pronunciata a voce un po' troppo alta, perdendo in parte quella compostezza con cui si era caratterizzato per tutta la conversazione.
- E' questo che ci ha fatto dubitare che Francis camminasse nel sonno... non avrebbe mai potuto muoversi da solo - affermò il bruno prendendo sicurezza nel parlare, man mano che Roderich si rendeva conto dell'assurdità di quegli avvenimenti, più sentiva crescere la possibilità che credesse alla loro teoria di "eventi soprannaturali inspiegabili".
- Non può trattarsi allora di uno scherzo ai danni di Francis? - optò Roderich dopo un momento di confusione, parlando più a se stesso che ai propri interlocutori, ancora alla ricerca di quella logica mancatagli di colpo da sotto i piedi,
- Potrebbe essere...- ammise lo stesso francese, le braccia incrociate al petto nell'alzare le spalle con un’eleganza studiata, -... ma per sollevare il letto con me sopra ci sarebbe voluta almeno la forza di due persone, e né Gilbert, né Antonio, riescono a portare avanti tanto allungo uno scherzo senza cadere in fallo, sopratutto se l'hanno organizzato assieme. In più non faticherebbero tanto solo per giocarmi - da come parlava, Roderich giudicò che anche lui aveva preso in considerazione una simile ipotesi e, per qualche motivo, l'aveva scartata senza più tornarci, certo dell'innocenza (per una volta), dei suoi compagni. Purtroppo però, non conoscendone le motivazioni, il damerino non se la sentiva di mollare del tutto quella possibilità.
- C'è dell'altro?- pose la domanda in un disinteresse solo apparente, deciso a tornare sulla questione più tardi. Voleva una panoramica dell'intera faccenda, poiché era certo che quello non fosse l’unico episodio “suggestivo” subito dai tre.
- Ecco... siamo stati assaliti da una tazza di cereali volante, Gilbert è stato quasi spinto giù dalle scale, i corridoi e le stanze cambiano di posizione in continuazione, i vestiti, anche quelli riposti negli armadi, si tingono di rosso e, come hai potuto vedere prima, qualcosa ha cercato di buttare Francis fuori dalla villa... ma questo dopo che lui ha cominciato ad insultare quel “qualunque-cosa” gli abbia rovinato il maglione di cashmere. - prese a fare un rapido elenco Antonio, sempre più sicuro, nel vedere l’austriaco tanto disposto ad ascoltarli. Sfortunatamente, dall'espressione granitica che prese questi, in seguito alle sue parole, gli fece supporre di non aver avuto proprio un’idea geniale a spiattellare tutto sul colpo. Lo stesso sguardo di sufficienza di Francis, a cui ci mancò poco di prendersi il viso tra le mani ad una tale mancanza di tatto, gli diede conferma del proprio errore.
Il silenzio che seguì l'intervento dello spagnolo fu tanto opprimente da far temere, ad entrambi i coinquilini, che da un momento all'altro Roderich si sarebbe alzato, li avrebbe fissati con uno sguardo gelido e, dopo avergli premurato di lasciare l'abitazione al più presto, facendogli pagare un affitto esorbitante - poiché non avevano rispettato gli accordi - , se ne sarebbe andato senza pensarci due volte. Di conseguenza, loro sarebbero finiti a vivere sotto ad un ponte, anche se ciò dipendeva più dal livello dell'arrabbiatura di Roderich e dal prezzo che avrebbe stabilito per averlo disturbato.
Fu così che Francis non trovò altro rimedio, per l’enorme gaffe dell’amico, se non cambiare completamente discorso, in una maniera estrema per correre ai ripari.
- Ahahahaha... Antonio, forse si è spiegato male..- tentò da prima di giustificarlo, smorzando la tensione con una risata nervosa mentre con lo sguardo vagava da una parte all'altra della stanza, in cerca di uno spunto qualsiasi per cambiare fulcro alla conversazione.
- Uhm...- lo fissò sempre più scettico Roderich, probabilmente già intuendo cosa volesse fare per trattenerlo su quella poltrona,
- Ehm... - cominciò a sudare freddo Francis sotto quegli occhi violetta, - Ha davvero un ottimo profumo questo tea -  aveva infine abbassato il capo, incapace di affrontare ulteriormente il contatto visivo, notando così il vassoio e la tazzina lasciati sul tavolino.
- Sì - affermò dopo un momento di esitazione, - Devo concedervelo, il tea era ottimo - si lasciò sfuggire un leggero sorriso, dimenticando per un momento l'irritazione salitagli alla gola un momento prima, -... come quello che ho ricevuto poco fa in camera -
- Ooh... - ebbe una nota di stupore Antonio, per poi guardare la nuca di Francis, il quale invece aveva riportato lo sguardo su Rod,
- Aspetta... ci stai dicendo che non te lo sei preparato da solo? - si stupì allo stesso modo Francis, porgendogli la domanda mentre si spingeva in avanti, per prendere la tazza in questione, soppesandola e studiandola con attenzione. Era la prima volta che la vedeva. Pareva costosa e, sopratutto, antica, per quanto in ottime condizioni, e ciò avrebbe potuto forviarlo, ma era certo che il suo occhio d'artista non lo tradisse, come minimo risaliva all'inizio del secolo scorso.
- E come avrei potuto?.. Non ho idea di dove si trovi la cucina - obbiettò Roderich sbuffando, sistemandosi un ciuffo di capelli con fare annoiato e leggermente snob.
"Ma allora, chi..?" rimase colpito dalla sua risposta Francis, leggermente allarmato dalla situazione. Era certo non potesse essere stato Antonio a portarglielo, essendo rimasto con lui tutto il tempo, e ben dubitava, visto l'astio che incorreva fra loro, fosse stato Gilbert a prepararglielo. "Certo, a meno che non sia avvelenato" cercò di tranquillizzarsi in qualche modo, ma il damerino pareva stare bene al momento, e poi l'albino semmai si sarebbe limitato ad un lassativo, non certo a qualche sostanza pericolosa (a effetto ritardato), probabilmente... ma la sua improvvisa scomparsa, il  rendersi irrintracciabile, non stava forse a significare che Gilbert aveva in mente qualcosa?
- Pensavo fosse stato uno di voi due - continuò l'austriaco, ben celando la leggera confusione che lo aveva preso, allora aveva supposto male, credendo centrasse il biondo.
- Ehmm... Francis ed Io siamo rimasti sempre assieme, Rod. Stavamo cercando Gil, e anche se siamo andati in cucina, nessuno di noi due ha avuto il tempo di prepararti e portarti quel tea.. - ricostruì cosa avessero fatto, nel tempo in cui non si erano visti, Antonio, negando allo stesso tempo il loro coinvolgimento, la leggera inquietudine dipinta sul suo viso sin troppo evidente. - E non penso che..- si azzittì prima di pronunciare il nome dell'albino, poiché il biancore di cui si tinse il volto del damerino gli fece temere che si stesse sentendo male.
- Che cosa ho bevuto esattamente?- vi era una leggera nota di panico nella voce del damerino, non si aspettava certo gentilezze da Gilbert e, nel caso quel tea si fosse rivelata opera sua, come inizialmente aveva creduto improbabile, temeva in un suo brutto tiro. Il solo pensiero di cosa avrebbe potuto aggiungere al tea, per semplice dispetto, già gli procurava una nausea capace di ribaltargli lo stomaco e risalirgli lungo la gola.
- Se pensate vi abbia aggiunto qualcosa di strano, badate che mi offendete - protestò il biondo ragazzo seduto sulla poltrona, affianco al damerino, le gambe accavallate e le braccia incrociate al petto, sul volto - decorato da due larghi e lucenti occhi verdi, sormontati da spesse sopracciglia -, un’evidente espressione di stizza. - Essendo lei il padrone di casa ho voluto accoglierla in maniera adeguata, per quanto le mie condizioni lo permettessero, quindi non approvo che i miei sforzi siano messi in dubbio in modo tanto offensivo - continuò a rivolgersi a Roderich, ignorando bellamente Francis e Antonio, che fissavano lo sconosciuto quasi fosse comparso dal nulla, anche se in effetti era proprio così.
- Oh... Se siete stato voi a prepararlo? - per riflesso, abituato ad ambienti in cui le persone discutevano nel medesimo modo, anche Rod cominciò a parlare in tono forbito e formale, - Allora permettetemi di scusarmi e di ringraziarvi per il pensiero, era un ottimo tea - prese a discorrere come se non vi trovasse nulla di strano in uno sconosciuto palesatosi dal nulla, poiché fino ad un paio di secondi prima quella poltrona era del tutto vuota.
- Dovere - sembrò sentirsi a disagio a quei ringraziamenti il nuovo arrivato, cui sguardo vacillò nell'affrontare quello di Rod e lo volse a terra, mentre un leggero imbarazzo gli imporporava le guance. Probabilmente non era abituato a sentirsi ringraziare.
Solo allora, trovando che una situazione tanto assurda non potesse prolungarsi oltre, Francis superò lo stupore iniziale e trovò abbastanza voce per parlare:
- CHI... Chi sei tu!? - balzò in piedi, vedendo il nuovo arrivato come un intruso, e provando per lui un’istintiva antipatia, forse causata da quelle sopracciglia obbrobriose o dal suo modo antiquato, da primi del '900, di vestire. Suo nonno possedeva vestiti più moderni nell'armadio! E quelle bretelle rosse che spiccavano sulla sua camicia bianca erano un oltraggio al buon gusto!
A differenza di Antonio, il quale rimaneva ancora fermo alle spalle del divano, il francese, troppo distratto da altro, non avevano notato cosa vi fosse di strano nel giovane, a parte il fatto che si fosse introdotto nella stanza senza farsi notare da nessuno, quando le finestre erano sbarrate e l'unica entrata era appena dietro allo spagnolo.
Il corpo del ragazzo non sembrava... solido! Si trovò sconvolto da quell'osservazione Carriedo. Ogni cosa in lui, persino gli abiti, parevano un agglomerato di pulviscolo su cui una strana rifrazione della luce aveva creato in maniera perfetta la riproduzione di un ragazzo. "Non è reale" cominciò a dirsi, certo che, se lo avesse toccato, quella presenza si sarebbe dissolta come una nuvola di fumo sospinta dal vento.
- Non sono obbligato a risponderti - per un qualche motivo l'atteggiamento, da prima educato (seppur leggermente irritato), e contenuto del giovane nel rivolgersi a Rod, cambiò quando prese a parlare con Francis, a cui dimostrò un'aggressività latente e una stizza crescente.
"Antipatia istintiva?" si trovò a pensare lo spagnolo osservando gli atteggiamenti dei due, "come quella tra cani e gatti?" tardi comprese che, se davvero si trattava solo di semplice rifrazione della luce, oramai l'immagine avrebbe già dovuto dissolversi, e di certo non avrebbe potuto parlare.
"Ehmm... allucinazioni uditive?" provò inutilmente a spiegarsi, per quanto già da qualche tempo lui, Francis e Gilbert avessero appurato che vi fossero delle strane presenze in quella casa, una parte del suo cervello non accettava completamente quell'idea, sicuro vi fossero delle fondamenta logiche, dietro a tutti quegli strani eventi.
- Ma è buona educazione presentarsi - intervenne Rod, il quale pareva quello più a suo agio in una simile situazione, forse credeva che, chi gli avesse preparato un così ottimo tea, per quanto si rivelasse un intruso, non poteva essere in alcun modo una minaccia. -... Lei mi conosce, visto che mi ha riconosciuto come il padrone di questa villa, però io non so chi sia - fece notare mantenendo sempre un'espressione seria, ma per nulla scortese nei confronti del suo interlocutore. "Sembra apprezzare più parlare con lui che con noi..." notò Antonio arricciando il labbro in un moto di stizza, Rod era pur sempre il suo migliore amico.
- Ha ragione..- dovette ammettere lo sconosciuto con un leggero sbuffo, alzandosi dalla poltrona, dando così le spalle alla finestra, dalla quale si vedeva spuntare uno spiraglio di sole, da cui arrivavano quei raggi che ora entravano obliquamente nella stanza. - Mi presento, il mio nome è Arthur Kirkland e, fino all'assenza del suo proprietario, mi è sta affidata la custodia della casa - si presentò in maniera impeccabile, con fare antiquato, la mano destra sul petto e chinando un poco il capo. Pareva un giovane dai modi da vecchio, avrebbe detto qualcuno, ma al momento le altre tre persone presenti nella stanza erano troppo impegnate a notare come, colpito dai raggi solari, il corpo di Arthur si dissolvesse, divenendo trasparente lì dove il sole lo sfiorava.
-Ah, è incorporeo! - trovò confermate le sue supposizioni Antonio, anche se il suo commento non fu quasi percepito dal francese e dall’austriaco, troppo spiazzati, scioccati dall'evento per udirlo. Il primo ricadde seduto, semi sconvolto, sul divano, mentre il secondo fissava il ragazzo quasi fosse un alieno appena sceso dalla sua astronave, il volto inespressivo, ma mortalmente pallido, rigido sulla sua seduta.
- I-io propendo per una fuga di gas - giudicò Roderich dopo aver valutato attentamente la situazione, - C'è una fuga di gas e siamo tutti in preda alle allucinazioni - proclamò certo, con voce tremante, e un velo di sudore sulla fronte.
- Mi dispiace contraddirla, ma uno dei miei doveri è assicurarmi che tutto qui dentro funzioni perfettamente, e posso assicurarla che gli allacciamenti a gas, luce e acqua non hanno subito alcun danno - affermò Arthur, fiero del proprio lavoro, molto dedito ad esso,
- E' ciò che direbbe un'allucinazione! - lo interruppe però Francis, andando a supportare la teoria di Rod,
- Le rane maleducate dai gusti osceni non hanno il permesso di parlare - l'essere definito come un'allucinazione doveva aver offeso mister sopracciglia, perché il suo volto cambiò colore, facendosi furente di rabbi.
- Rana?... Gusti osceni?! Ma ti sei visto quei bruchi che hai sopra gli occhi? -
- Le mie sopracciglia non hanno nulla che non vada!..- e istintivamente andò a toccarsi quella parte del viso, quasi si volesse rassicurare della loro presenza, -... a differenza certo di quei vestiti discutibili che ti ostini ad portare. Sono un oltraggio al pudore! -
- Si chiama "avere stile", strana nuvoletta di condensa che non capisce nulla di moda! -
A sentirli battibeccare, Antonio pensò che la situazione stesse precipitando rapidamente nel ridicolo, ma non aveva la forza per fermare una simile assurdità, in più la sua attenzione era attirata da Roderich, il quale rimaneva ancora rigido, seduto sulla poltrona che aveva sempre occupato, quasi si fosse tramutato in una statua di sale. L'espressione sconvolta faceva sembrare avesse una paralisi facciale e, dal modo in cui continuava a ripetersi: "è un’allucinazione... è un'allucinazione"; Carriedo cominciò a temere per la sua sanità mentale.

- Quindi... - si trovò a fissarla in maniera confusa Gilbert, osservando il suo visino tondo, delicato e dolce, i cui larghi occhi verdi vagavano inquieti nella stanza, quelle iridi vermiglie, ferme su di lei la mettevano ancora un po' a disagio, ma non era una sensazione del tutto spiacevole. - Mi stai dicendo, che tu non sei morta qui? -
Erano entrambi seduti sul pavimento della stanza 23-5, Gilbert comodamente stravaccato, Lily accovacciata composta, adagiata sulle ginocchia.
- Esatto, è accaduto prima che venissi in questa villa - confermò lei con un sorriso timido, la domanda non pareva ferirla o disturbarla come l'albino si era immaginato, e per cui era stato tanto restio a porgliela, pareva invece sollevata nel poter parlare con qualcuno.
Seppur temi come "morte", "assassinio", ecc... non apparissero come argomenti adatti da affrontare con una ragazza all'apparenza tanto ingenua e fragile, se questa in realtà si rivelava essere un fantasma, qualche domanda, interiormente, vieni naturale porsela. Così era andata per Gilbert, il quale, solo ora che Lily gli aveva appena rivelato il proprio nome, confermandogli allo stesso tempo la sua vera natura, poteva azzardarsi a colmare la propria curiosità, sentendosene quasi in obbligo, dopo l'ultimo avvenimento capitatogli. Cominciava ben a dubitate che, quello da cui si era da poco risvegliato, fosse un semplice sogno.
- Ma...- divenne ancora più confuso Gilbert, - ... ma i fantasmi non sono legati al luogo dove, ecco...- "crepano" gli pareva un termine troppo indelicato, e di certo Francis lo avrebbe rimproverato se avesse scoperto che l'aveva usato nel riferirsi ad una ragazza, - ... spirano?-
- Di solito sarebbe così - sembrò farsi più piccola lei, racchiudendosi in se stessa, quasi fosse imbarazzata,  - ma non potevo lasciare da solo Vash! - riprese a parlare animandosi di colpo, alzandosi in piedi e facendo arretrare di riflesso Gilbert, stupito da un simile comportamento.
- Ehmm... Chi è Vash? - si ritrovò a fissare, ad una distanza brevissima, il volto di Lily. Era davvero carina, per quanto incorporea, si ritrovò a pensare per l'ennesima volta.
-Ah..- sbatté un paio di volte le palpebre e, forse rendendosi conto di quanto gli fosse vicino, arrossì, comprendendo di non aver tenuto un comportamento consono ad una brava signorina, - E' mio fratello - gli rivelò drizzandosi completamente in piedi, tornado così a mettere la giusta distanza. - ... è stato seguendo lui che sono finita qui, in questa stanza - allargò leggermente le braccia indicandogli l'ambiente in cui erano,
- Ma ora tuo fratello... ecco, è? - non aveva ancora idea di quanto tempo fosse passato dalla morte di Lily, quindi non poteva essere certo che un suo parente prossimo, come un fratello, fosse ancora vivo.
- Non so cosa gli sia accaduto, poiché non posso muovermi da questa stanza, ma so che non c'è più...- piuttosto della propria, era discorrere della dipartita di Vash a rattristarla, difatti una leggera ombra le oscurò il viso,
- Mi dispi..- tacque prima di cadere nel banale, con inutili scuse vuote, prive di sentimento, lui ne aveva udite fin troppe, e sapeva quanto potevano risultare irritanti per chi le riceveva. - Asp-..! In che senso non puoi uscire da qui? - ebbe modo di cambiare rapidamente discorso, prestando ben attenzione alle parole di lei. Come risposta Lily gli fece un sorriso triste,
- E' una storia un po' lunga, sei disposto ad ascoltarla? - e quella di Gilbert suonò al quanto scontata:
- Ovviamente! Il magnifico è sempre disponibile a dividere il proprio preziosissimo tempo con te - e riuscì nel suo intento di farla ridere, anche se solo per un momento.

Ce l'avrebbe fatta. L'avrebbe protetta.
Solo ancora un paio di giorni e se ne sarebbero andati.
Si sarebbero imbarcati su quella nave carica di speranza, in essa vi era la loro salvezza.
Sarebbero fuggiti presto da quel luogo, che un tempo avevano definito patria, ma a cui ora non si sentivano più di appartenere, quasi si trattassero di ospiti indesiderati ad una festa data tra le mura di casa loro.
Era strano non poter più aggirarsi tranquillamente per quelle strade battute così tante volte in passato, non poter più entrare in certi luoghi di cui si aveva ancora una memoria ben vivida, incisa nella mente, quasi non fosse trascorso istante da quando vi si era recati l'ultima volta.
"Solo un paio di giorni.." si ripeté Vash camminando trai vicoli, il capo chino e il capello tirato sul volto, i denti che battevano per il freddo mentre tratteneva un’imprecazione, la temperatura era scesa ancora quella notte e i suoi vestiti non lo coprivano abbastanza. Normalmente non sarebbe mia uscito in quelle condizioni, con un gelo tanto inaspettato e fuori stagione, ma non aveva avuto altra scelta, doveva sistemare le ultime cose se voleva a partire in tempo, senza trovare intoppi.
Con il sole calante della sera alle spalle, che tingeva le mura dei palazzi di un arancione malaticcio, avvelenato dai fumi di smog scaturiti dalle fabbriche e dai gas di scarico delle auto, Vash si muoveva a passo sicuro, rasente gli edifici, nel tentativo di non dare troppo nell'occhio, di mescolarsi il più possibile alla folla di passanti. Aveva già notato che "uno di loro" lo stava seguendo, forse ne aveva attirato l'attenzione per errore, oppure lo aveva scambiato per un borseggiatore, non importava, non doveva farsi raggiungere ma, cosa più importante, non doveva farsi pedinare oltre. Vi era il rischio che intuissero dove fosse la sua "casa", non poteva permettersi di mettere Lei in pericolo. Le aveva promesso di proteggerla, e ci sarebbe riuscito, a qualunque costo.
Senza rallentare, Vash proseguì, ignorando di aver appena superato la svolta che lo avrebbe condotto alla propria dimora, avrebbe confuso quella cornacchia e in qualche modo sarebbe riuscito a seminarlo.
"Scusami Lily, dovrai aspettarmi ancora per un po'" pensò mentre cercava, volgendo lo sguardo verso un punto imprecisato, un tetto che si confondeva in mezzo a mille altri, certo della propria convinzione che, fino a quando non fosse uscita, andando contro alle sue direttive, la sorella sarebbe stata al sicuro. "Merda! Sono aumentati.." con la coda Vash notò come, da uno, gli uomini in divisa erano divenuti due, e se fossero ancora aumentati, il problema rischiava di divenire serio. Non poteva sapere se qualcuno lo avesse tradito, o se la presenza di un numero stranamente maggiore di cornacchie, nei dintorni di casa sua, fosse solo un caso, pregava unicamente di riuscire ad allontanarle abbastanza da poterli condurre verso una strada sbagliata, lontana il più possibile da quella.
Da quando si sentiva come un animale braccato, Vash aveva riconsiderato la sua passione per la caccia. Se qualche tempo prima si era dilettato ad imbracciare il fucile, preparare trappole e sparare contro volpi, lepri o cinghiali, ora la prospettiva di inseguire, mettere alle strette e uccidere un qualsiasi animale, gli lasciava una strana agitazione addosso, diversa dall'eccitazione e dall'adrenalina che gli provocava precedentemente. Avvertiva dei brividi sulla pelle e la nausea gli serrava lo stomaco, rendendogli le mani rigide e mortalmente fredde, aveva come la certezza che, se in quel momento, si fosse trovato costretto a tenere in mano il proprio fucile, le sue dita non sarebbero riuscite a piegarsi sul grilletto.
"Un cacciatore che cominciasse a provare empatia nei confronti dell'animale braccato, non ha alternative se non abbandonare la caccia.." aveva letto una volta, o forse qualcuno glielo aveva detto, da qualche parte, in quella che appariva come un’altra vita, lontano mille anni luce da quella in cui ora si trovava a vivere.
"Ma presto ce ne andremo..." si ripete nel superare un manipolo di operai del cambio turno in fabbrica, tenendo intanto sempre sott’occhi gli uomini che, ora ne era certo, stavano seguendo lui. "... andremo lontano" pensava immaginandosi un futuro diverso, se non identico, almeno simile quel passato felice da cui erano stati sottratti.
Non avrebbero più avuto la loro famiglia, non ci sarebbero più stati i vecchi amici di una volta. Coloro che avevano conosciuto lui e Lily, o erano morti, oppure erano stati portati via, altri invece, semplicemente, gli avevano voltato le spalle, tranciando ogni legame avessero avuto. E per quanta rabbia Vash provasse nei confronti di questi ultimi, una parte di lui aveva già compreso da un pezzo che il loro non era un vero tradimento, ma paura.
Paura di perdere tutti i loro possedimenti, di trovarsi strappati i propri cari, e questo Vash, ritrovatosi d'improvviso con Lily come unica parente ancora in vita, poteva comprenderlo. Anche lui provava una paura folle, quasi maniacale di perderla.
Le voleva bene, amava la sua sorellina. Era l'unica famiglia rimastagli, ma ancora più forte, era il timore di rimanere solo. Cosa avrebbe fatto, come sarebbe sopravvissuto senza Lily?
Vash sapeva che, l'unico motivo per cui fosse ancora vivo, era per proteggere sua sorella. Se lei non ci fosse stata, con la stessa abilità con cui aveva freddato una volta una lepre, spuntata d'improvviso dai cespugli, avrebbe riservato un colpo di fucile unicamente per se.
Invece Lily c'era ancora e, spaventata e indifesa, con la sua sola presenza lo aveva ancorato a terra, obbligandolo a non fuggire, a stringere i denti. Doveva farlo per lei, non poteva permettersi di abbandonare un esserino tanto fragile in un mondo andato totalmente allo scatafascio.
"Merda..!" strinse un’imprecazione trai denti, bloccandosi di colpo in mezzo alla strada e facendosi così urtare dall'uomo che cammina appena dietro di lui, il quale gli riservò un insulto poco velato. "Porc...." ingnorò del tutto l'operaio che, dai vestiti luridi e volto scavato, doveva aver appena concluso un turno estenuante, troppo impegnato ad osservare le cornacchie che stavano giungendo dal lato opposto della strada. Lo avevano accerchiato!
Con uno sguardo largo d'orrore, Vash, con gambe divenute pesanti come piombo, tentò di voltarsi, di cambiare strada, trovandosi a camminare controcorrente, riservando spinte e spallate alla gente che avanzava nel verso contrario al suo.
"Ah... Al diavolo!" si disse rinunciando ad ogni precauzione e spingendo un giovane a terra, per poi cominciare a correre. Non aveva nulla contro quel ragazzo, ma al momento gli stava trai piedi e aveva cominciato ad avere una certa fretta, ora che una di quelle cornacchie pareva averlo indicato. Non era mai stato noto per la sua pazienza e, prima che gli si avvicinassero oltre, precludendogli ogni via di fuga, dedusse fosse meglio filarsela.
Doveva solo sperare di trovare un nascondiglio adatto o di riuscire a depistarli in qualche modo, prima che lo raggiungessero.
Scappando a perdifiato Vash si allontanò dalla via principale, brulicante di gente, cercando rifugio in quei vicoli stretti, bui ed intricati come labirinti. A fatica avanzò, saltando i cumuli di sporcizia che fiancheggiavano le soglie delle abitazioni, evitando i mocciosi sporchi di terra e fuliggine, intenti a giocare con una palla di stracci. Gli bastò consegnare un paio di cioccolatini a quello che tra di loro pareva il capo perché, lui e la sua banda, con il proprio gioco, ritardassero l'avanzata delle cornacchie.
Quando si fu convinto che più nessuno lo seguisse, il sole era ormai calato da un pezzo ed una notte buia, priva di stelle e luna, veniva riservata a quelle strade in cui i lampioni e l'elettricità non parevano essere ancora stati scoperti.
"Lily è rimasta sola per tutto il giorno", considerò con un certo rammarico Vash, mentre con lo scemare dell'adrenalina, la stanchezza lo coglieva. Adesso che finalmente poteva tirare un po' il fiato, tutto lo stress accumulato nelle ultime ore gli piombò sulle spalle, rendendogli il corpo e le gambe pesanti come macigni. Non sarebbe riuscito a compiere neppure un altro passo senza cadere a terra. Finì così con l'adagiarsi contro la parete di quell'edificio lurido, scivolando su di essa fino a trovarsi seduto a terra. Per un po' non sarebbe riuscito a muoversi da lì.
Con una stretta al cuore, nel levarsi il cappello nonostante il gelo che gli era penetrato sin nelle ossa, il suo sguardo volò verso i tetti degli edifici da cui era circondato. Apparivano tanto lontani da quella nuova prospettiva e, con il calar delle tenebre, gli era divenuto impossibile distinguerne uno dall'altro, figurasi trovare quello che gli avrebbe indicato casa propria, dove Lily lo stava aspettando, probabilmente preoccupata per non averlo ancora visto tornare.
Quella mattina se ne era andato prima che lei si svegliasse, preparandosi in silenzio per uscire, cercando di non disturbarne il sonno. Si trattava di una giornata speciale, e di certo non avrebbe accolto la sua cara sorella senza nulla con cui festeggiare.
Prima di andarsene le aveva lasciato unicamente un biglietto, con cui le prometteva di tornare presto e la pregava di non uscire, evitando appositamente qualunque riferimento alla data, così da poterle fare una "sorpresa" quando fosse rincasato. C'erano alcune faccende di cui si doveva occupare, ma aveva creduto di potersela sbrigare velocemente.
Purtroppo, così non era stato, e ora Vash si trovava con una scatola di cioccolatini rovinata, avendola sballottata durante la corsa e a cui ne mancavano una manciata. Aveva sperato di poter festeggiare felicemente il compleanno di Lily, regalandole quella cioccolata che, sapeva, amava tanto, ma una serie d’imprevisti gli avevano impedito di tornare da lei.
E alla fine, la ragazza si era ritrovata a trascorresse quella sua "giornata speciale", il 23 maggio (per quell'anno stranamente gelido), interamente da sola.
"Perdona tuo fratello..." pensò Vash mentre la sua mente scivolava nell'oblio del sonno, vinta dalle troppe vicissitudini accadutegli nelle ultime ore. Prima di perdere conoscenza, con lo sguardo ancora rivolto al cielo, gli parve di scorgere una piccola luce nella volta celeste, quasi una timida e piccola stella stesse brillando solo per lui, gli trasmetteva un piacevole calore, e gli parve volesse quasi confortarlo, assicurandogli che Lily lo aveva già perdonato.
Di quella stella ammirata prima di addormentarsi, Vash, anche a distanza di anni, avrebbe sempre posseduto un'immagine ben chiara, nitida. Ancora non lo sapeva, ma il suo cervello sarebbe corso spesso a quel momento, portandolo a tenere sempre vivido il ricordo di quella notte.
Fino alla sua morte, avvenuta relativamente presto, si sarebbe sempre chiesto "perché", perché allora non aveva avuto alcun sentore di ciò che era accaduto?
Perché il suo istinto non gli aveva dato alcuna avvisaglia?
Ma, sopratutto, come aveva potuto addormentarsi così serenamente quando il cadavere di sua sorella rimaneva, semidisteso, a gocciolare sangue dietro ad una porta trivellata dai colpi di fucile, abbandonata in una camera buia e polverosa?
La vita di Vash quel giorno era finita, ma lui, beatamente assopito in un vicolo buio, nascosto tra la sporcizia, ancora non poteva saperlo.




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No, non sono contento di questo capitolo (-3-),
ma nel timore di abbandonare la serie ho preferito pubblicare per incentivarmi, quindi:
SCUSATEMI SE E' DELUDENTE! Spero di rifarmi con il prossimo...
Sperando che continuiate a seguirmi, alla prossima (^3^)//
  
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