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Autore: Rota    14/08/2015    2 recensioni
Scosta la tenda, in punta di dita.
Sul vetro della piccola finestra c'è calore appannato, sia sui bordi che un poco più all'interno – soltanto una minuscola aureola è rimasta trasparente, e mostra con la chiarezza sognante tipica delle sere d'inverno un esterno ammantato dell'ultima neve candida di Febbraio. Le sue dita morbide lasciano una scia sottile, una curva dolce che finisce nel nulla lì dove sono state sollevate dalla superficie verticale, e i polpastrelli hanno raccolto l'angolo delicato del tessuto bianco per tenerlo sospeso nel vuoto, in bilico come una parete davvero tangibile: non è un segreto ciò che in quel momento viene mostrato, ma è ugualmente prezioso e caro, avvolto da un'atmosfera di malinconia che sfoca già ogni labile definizione più dell'ora tarda.
Aiichirou sospira con sguardo affranto, e una folata di vento davvero freddo fa danzare di fronte al vetro un agglomerato di grossi fiocchi di ghiaccio, trasportandoli poi via; lui si sporge, come se potesse continuare a vederli muoversi, ma torna alla propria posizione pochi secondi dopo.

[MomoTori principalmente; MakoHaru&SouRin]
[Au Sovrannaturale]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Momotarou Mikoshiba, Nitori Aiichirou, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. Capitolo uno

 

 

 

Gou afferra con mano veloce il manico sottile della spazzola del bagno, sollevandola dalla ceramica bianchissima del lavandino per portarla al proprio capo e quindi cominciando a spazzolare la massa informe di capelli rossicci sparpagliati in ogni dove – ogni mattina è così, da ormai diciassette anni, e benché l'abitudine abbia stemperato un poco l'irritazione, non è riuscita a debellarla del tutto: pare quasi una lotta, la sua, che non è intenzionata a perdere. Sono morbidi e lisci, lavati da pochi minuti e asciugati da un phon caldo, che ha soffiato anche sul suo collo esposto e l'ha accaldata non poco: la pelle rimane ancora un poco rossa, lì dove la spalla si alza per sostenere la testa piccola e graziosa, e non presto tornerà al suo colore naturale; per fortuna, c'è già la divisa scura a coprire questa macchia più rosata, e il colletto alto della camicia bianca che le fascia tutta la gola.
Gou controlla la propria estetica nel riflesso del grande specchio che si trova davanti, rincorrendo anche il più piccolo ciuffo disordinato. Dopo diversi minuti, riesce parzialmente nel proprio intento, e sostenendo tutta la massa dei capelli con una mano recupera con l'altra il nastro colorato che ha lasciato sempre sul lavello per poter annodare quanto contengono le proprie dita.
Un giro, due giri, tre giri, un grande fiocco, ammosciato verso le spalle.
Lo sguardo dubbioso di lei si fissa poi sulla frangia regolare, cresciuta di qualche centimetro dall'ultima volta che si è dovuta preparare per uscire acconciata a quel modo. Prende il pettine e fa quel che può, appiattendo anche quella ciocca ribelle che le cadeva di sbieco: tutto a posto, in pochi gesti del polso.
Ai lati del viso, che quasi ricade molle come cornice del suo sguardo, un taglio più lungo viene incorporato in un'unica striscia di colore, non dispersiva, e accuratamente sistemata lì dove deve rimanere.
Un ultimo sguardo anche al viso, privo di occhiaie oppure di macchie particolari e fastidiose, e anche alla figura intera, composta e per nulla appariscente. Gou sorride, piena di soddisfazione.
-Sei ancora a prepararti? La colazione è già pronta!
La voce di sua madre arriva dallo spiraglio che la porta del bagno, aperta, lascia dal corridoio. Non è particolarmente affrettata, ma manca di una tranquillità serena, che lascia scorrere placido il tempo che rimane.
La ragazza si rassetta un poco la gonna, ed esce dalla stanza per raggiungere la cucina.
-Arrivo!
La donna sospira, mentre si prepara per uscire: sull'uscio di casa, vengono deposte delle pantofole pelose, di color rosato, mentre tacchi eleganti e non troppo alti calzano sotto talloni solidi.
-Per fortuna non hai fratelli, Gou! Altrimenti litighereste ogni mattina per i turni al bagno!
La ragazza è già sparita in cucina, così che la sua espressione sghemba non possa essere vista, e il suo borbottio contrariato non possa essere sentito.
Strofina le gambe della sedia contro il pavimento, per coprire le proprie parole.
-A me non dispiacerebbe avere un fratello...
Mangia in silenzio, anche mentre la porta dell'ingresso viene chiusa in un gesto morbido; sorride all'idea di qualcuno oltre a lei, in quella famiglia, che si deve preoccupare di essere pronto, o che faccia la colazione con lei la mattina presto. La sensazione di non essere mai completamente sola, in quella casa, è ben presente, ma dare a presenze appese all'ambito dell'irrealtà la responsabilità di una solitudine mortificante non è davvero cosa da farsi, specialmente per una ragazza che deve iniziare, quel giorno, il suo secondo anno di liceo.
Gou Matsuoka mangia la sua colazione in silenzio, senza pensare più a nulla.

 

Scuote il braccio indolenzito quando, finalmente, riesce a prendere posto su una di quelle macchie verde acido che formano le sedie della metropolitana – cartella pesante a terra, tenuta tra caviglie e polpacci, che dondola a ogni fermata goffa del mezzo, a destra e poi a sinistra.
Rei non riesce a trattenere uno sbadiglio tra le proprie labbra, e ha fatica alza la mano destra per coprirsi la bocca nel momento di cedevolezza; nessuno lo nota, d'altronde, nella folla addormentata per l'ennesimo giorno iniziato troppo presto.
Il sole tra le nuvole rade, sprizzante e allegro, suggerisce l'avvicinarsi di quel bel tempo stiracchiato tipico della primavera giapponese.
Sorride con tutto il viso, guardando oltre la propria spalla e al di fuori del vetro mezzo appannato.
I suoi occhiali penzolano più in basso all'ennesima fermata troppo brusca, e qualcuno tra le delle persone in piedi borbotta lamentandosi di essere stato recuperato da una sonnolenza altrimenti rassicurante. Nonostante questo, riesce a individuare ben chiaramente l'ingresso di una bassa testa bionda, che a lui si avvicina con pochi passi affrettati.
-Rei-chan, buongiorno!
Rei si sposta un poco a sinistra, con tutto il corpo, come se quel gesto istintivo dovesse concedere all'altro ragazzo più spazio sul proprio sedile – è qualcosa che definisce stupido ogni volta che si sofferma a pensarci, ma non può evitare di farlo. Sospira appena, stringendo le gambe tra di loro.
-Buongiorno a te, Nagisa-kun.
Tutta la fila di passeggeri seduti registra il movimento di Nagisa Hazuki, come la sua voce più che energica.
-Non ho proprio voglia di andare a scuola, oggi!
La cartella di lui, con i suoi spigoli duri e i suoi bordi rigidi, viene spinta anche contro le gambe dell'altro ragazzo, fino a graffiarlo un po' da sopra i vestiti. Nagisa si è rilassato troppo sul proprio sedile, lasciandosi privo di forza alcuna.
Rei si deve sistemare gli occhiali prima di rispondergli, cercando il sorriso che ha avuto in precedenza sulle proprie labbra.
-Tu non avresti voglia di andarci mai, temo.
-È tutto così noioso. Così sempre uguale.
Si appoggia alla sua spalla, come se fosse normale il contatto fisico tra di loro.
Quella certa intimità intima che Nagisa gli ha dato fin da principio non ha più luogo di preoccuparlo di alcunché, o di impensierirlo: rimane un simbolo di normalità, tra di loro, che quasi quasi Rei gradisce.
-Non dovresti dire certe cose, sai? È nostro dovere studiare.
-Per fortuna le attività del club inizieranno a breve!
Lo sente un po' fremere, per quanto la cosa sia stupida e insensata dal suo punto di vista.
Dietro di loro, al di fuori del mezzo di trasporto, la campagna continua a scorrere, nelle sue risaie infinite, creando un panorama rilassante, accarezzato da una luce solare appena più sveglia.
-Veramente, dovremo aspettare almeno un mese per iniziare a nuotare...
-Oh, Rei-chan! Stamattina sei troppo catastrofista! Non mi va di parlare con te!
Nagisa si lamenta di lui, ma non si scosta dalla sua spalla. Lui non capisce, alza un poco la voce.
-Ma cosa ho detto?
È la loro fermata: devono scendere, se vogliono arrivare a scuola in tempo.

 

Primo giorno di scuola.
La professoressa Amanaka sbadiglia piano, velocemente, nascondendo a stento quella momentanea debolezza di fronte alla tribuna, ancora ben ritta in piedi sopra il palco allestito apposta per la grande cerimonia – un collega alla sua sinistra forse la nota, e certo non le risparmia un'occhiata piena di rimprovero oltre la punta del naso su cui ballano degli occhialetti tondi tondi. La donna accenna un sorriso imbarazzato, e torna composta l'istante successivo.
Nell'animo suo e in quello dei ragazzi è ancora vacanza: si sentono aleggiare nell'aria i profumi di montagna e di mare spento, la pallida primavera ingombra di nuvole scure, che sboccia tremolando assieme alla schiusa di delicati petali rosati, fragili come una bocca che trema d'emozione. La donna sa, ormai davvero bene, come la natura possa influenzare gli animi sensibili delle persone più o meno giovani, perché ne ha riprova ogni anno, ad aprile, quando la presenza sua e quella degli altri insegnanti introduce nello spirito ma non del tutto l'allusione a un nuovo anno che viene, di studi e di fatica. Lo vede nei loro occhi e nei loro sguardi, mentre ascoltano il lungo discorso del preside della scuola, stretti nelle loro divise e abbelliti dal senso del nuovo e dell'ilare che coinvolge tutti.
Sono tanti, ma questo non impedisce loro di condividere lo stesso tipo di sentimento.
In quel momento sono ancora in piedi e guardano in alto, dove un cono di luce li invita a seguire anche con il senso della vista l'uomo di fronte a loro. Parla da venti minuti, e pare non accennare il minimo segno di resa.
Qualcuno sospira, qualcuno sbadiglia, qualcuno si è dimenticato persino della formalità.
Miho sorride, intenerita. Pensa che se avesse altra reazione invece che quella, con ogni probabilità fare l'insegnante non sarebbe il mestiere adatto a lei, e neppure l'educatrice. È stata una sua scelta, e non un ripiego semplice di chi, raggiunta la matura età, decide di costruirsi una reputazione rispettabile abbastanza da poterne parlare senza vergogna anche con i propri familiari più intimi.
In minima parte, quella massa di cervelli riuscirà a comprendere la bellezza di un testo classico di letteratura, oppure la grazia di una forma artistica piuttosto che un'altra. Non è quello il suo scopo, però, e lei lo ha davvero a mente.
Rendere tutti loro cittadini rispettabili, adulti in grado di decidere con giudizio e ragione: questo è il fine ultimo dell'educazione che lei intende insegnare, non altro. Anche se non può che ammettere che se almeno qualcuno di quelli riuscisse a condividere con lei un minimo di passione per la letteratura non sarebbe così male.
Sbadiglia di nuovo, ma questa volta nessuno la guarda.
Parte un grande applauso, e lei sa che la prima parte della cerimonia è dunque terminata.

 

Si siede sopra il muretto duro dell'aiuola, sentendo finalmente i muscoli delle gambe rilassarsi, accompagnando il gesto con un sospiro parecchio teatrale. Ha le palpebre chiuse, di chi ha tutta l'intenzione di estraniarsi dal mondo almeno per i successivi cinque minuti, e niente riuscirebbe a farlo desistere dal suo intento. Se solo fosse solo, in quel marasma di gente che è il primo giorno di scuola. Come un'onda, percepisce arrivare la sua presenza, ed è morbida e carezzevole nella stessa identica maniera che la spuma bianca del mare.
-Haru!
Il lieve affanno che lo ha preso per quei dieci passi da solo, senza la sua compagnia, svanisce in un sospiro liberato, e quando il giovane Nanase apre di nuovo le palpebre, Makoto è già seduto accanto a lui.
Per entrambi loro, l'inizio del terzo anno di liceo porta diversi significati, e l'incombere anche di un traguardo sempre più vicino, a cui è impossibile rinunciare. La mente è ancora ferma su altre questioni, legate per lo più a eventi materiali e concreti, ma già nell'animo c'è il germe di quella che potrebbe essere una futura preoccupazione non indifferente.
Eppure, come ogni giorno dalla loro infanzia, rimangono uniti: l'uno accanto all'altro.
-Fra poco dobbiamo andare. Gou ci sta aspettando, e anche gli altri.
Guarda in cielo, e il vento gli stende addosso il rumore delle chiacchiere dei suoi compagni di scuola, ammassati attorno a stand sempre uguali e sempre ugualmente colorati.
I club sportivi saranno presenti dopo la presentazione ufficiale all'interno del padiglione grande, una sorta di piccolo teatro interno all'edificio. Hanno impiegato giorni, tutti loro, a mettersi d'accordo su un'esibizione efficacie, e l'idea della giovane Matsuoka ha avuto la meglio.
-Rei e Nagisa saranno già con lei.
Sorride come solo lui sa fare, stretto nella giaccia della divisa scolastica. Ha baciato quei lineamenti morbidi soltanto la sera precedente, incidendo il loro profilo sulle labbra – e per quante volte lo faccia, non gli viene mai a noia.
Makoto non è come l'acqua, perché non fa parte della sua essenza spirituale, ma come sangue e carne gli è irrinunciabile in egual misura, tanto che solo averlo vicino rende tutto, proprio tutto, qualcosa di diversamente unico.
-Ho saputo che sono capitati nella stessa classe.
-Anche noi.
Sorride anche lui, e il vento è tanto crudele da spazzargli di lato la frangia scura, oscurandogli parte della vista.
Solo in quel momento sente le dita di lui che sfiorano la propria mano, sullo spazio di muretto che lo divide. Nessuno fa caso a loro, né alla loro felice quotidianità.
-Beh, come ogni anno. No?
Sorride anche lui, alla fine.
-Sì.

 

Oh, kiss me beneath the milky twilight
Lead me out on the moonlit floor
Lift your open hand
Strike up the band and make the fireflies dance
Silver moon's sparkling
So kiss me

[Sixpence None The Richer – Kiss me]

 
   
 
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