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Autore: EleEmerald    15/08/2015    2 recensioni
 Dal decimo capitolo:
"Io vi maledico" disse. "Maledico tutti gli uomini di questo mondo. Tutti gli uomini che si metteranno sulla strada di mia figlia e delle sue nipoti. Quando ingannereto loro, come avete ingannato me, esse vi uccideranno. Sarà l'ultima azione sbagliata che compirete perché le mie figlie vi perseguiteranno, vi inganneranno e saranno la vostra rovina. E poi vedremo, come ci si sente a stare dall'altra parte del manico."
.
Quando Matthew Williams, un tranquillo ragazzo di diciassette anni, incontra Elizabeth, di certo non si aspetta che quella ragazza lo porterà incontro a tanto dolore. Ma, dopo averla ritrovata in un bosco ricoperta di sangue, non rimanere implicato nelle sue faccende è quasi impossibile. Le prove che dovrà affrontare si riveleranno più complicate di come sembrano e, inesorabilmente, si ritroverà a perdere molto di più che la sua semplice normalità. Implicato tra leggende e antiche maledizioni, vivrà, oltre ai momenti più brutti, anche quelli più belli della sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16: La casa nel bosco

Quella sera mi trovavo steso sul letto, ripensando a quello che era successo poche ore prima.
Improvvisamente ricordai quando io e Thomas eravamo diventati amici. Ci trovavamo in terza media e fino a quell'anno avevamo condiviso qualche corso, ma non ci eravamo mai scambiati troppe parole se non qualche saluto. Poi il nostro professore di scienze decise di assegnarci un progetto a gruppi, dei quali avrebbe scelto lui i componenti. Nessuno era stato entusiasta di quella scelta, tutti volevano stare con i propri amici, ma il prof non voleva assolutamente cambiare idea. Mi ritrovai con Thomas e altri due miei amici e ne fui soddisfatto, il mio futuro amico sembrava un tipo a posto mentre gli altri due li conoscevo già. Ci incontrammo per decidere il progetto quel giorno stesso nella sala studio della nostra scuola. Thomas si trovò subito benissimo con noi e quasi non rimpianse di non trovarsi con chi voleva. In meno di una settimana diventammo ottimi amici e lui iniziò a sedersi in mensa con noi, portando anche i suoi di amici. Io e Thomas legammo più degli altri e in poco tempo cominciammo a passare più tempo tra di noi che con gli altri.
Guardai un insenatura sul soffitto e ripensai alla prima volta che ero andato a casa sua. Lui mi aveva accolto felice e mi aveva fatto fare un giro per le stanze prima di condurmi in camera sua. Quando eravamo passati per la cucina avevo conosciuto sua madre. Era una bella donna dai capelli biondi e con gli occhi castani, non troppo bassa. Al suo fianco, seduta al tavolo con un panino con la marmellata e un succo di frutta davanti, c'era una ragazzina con una treccia di un biondo diverso da quello della madre di Thomas, che doveva avere uno o due anni in meno di noi. Portava un vestitino verde primaverile e mi sorrideva candida. La ragazza non si era presentata e Thomas mi aveva condotto in un'altra camera.
Quando gli avevo domandato, curioso, se la ragazza era sua sorella, lui aveva risposto che si trattava di sua cugina.
Il mio interesse per lei era svanito in fretta e la sua esistenza si era confusa tra quella dei tanti cugini di Thomas. Chi si immaginava che quella ragazza, Elizabeth, sarebbe diventata così importante?
Nella mia testa si affollarono le parole di quella ragazza, mi aveva detto che ero io a non essermi accorto mentre lei invece mi osservava da un po' di tempo. Sorrisi il buio della mia stanza, se mi aveva notato quel giorno, forse c'era qualche possibilità che le piacessi.


 

Il fine settimana passò in pace. Mi occupai di Heidi per tutto il sabato perché i suoi genitori dovevano andare ad un matrimonio di un vecchio pro zio. In cambio ricevetti il triplo di quello che mi davano di solito.
La bambina insisté perché la portassi al parco e io accettai, accompagnandola e sistemandomi poi su una panchina mentre lei saliva sugli scivoli. In altre circostanze avrei chiamato Iris o Thomas, ma in quel momento decisi di lasciare perdere. Quella bambina aveva bisogno di tutto tranne che tornare da noi alla panchina e sentirci parlare di litigi e di odio. Non volevo turbarla e sapevo che anche se avessi cercato in ogni modo di evitarle di sentire, lei ci sarebbe riuscita lo stesso involontariamente, comparendo da dietro e sentendo tutto senza che io avessi modo di zittirmi in tempo. Poi sarebbe stata così curiosa che avrebbe deciso di sedersi sulle mie gambe e partecipare alla conversazione. Era una bimba sveglia.
Lunedì arrivò in fretta e anche quella situazione tesa. Ogni volta che mi avvicinavo ad uno dei miei due amici per parlare, loro cercavano in ogni modo di evitare l'argomento principale, raccontando qualsiasi cosa gli passasse per la testa. In un primo momento mi stupii di Iris, non era affatto da lei non sfogarsi. Sembrava che avessero deciso che non parlarne era meglio e tutti sapevano che non era così. Tacere ed evitarsi, questo era il loro metodo. Non appena Thomas svoltava nei corridoi, Iris si dirigeva dalla parte opposta, e stessa cosa faceva lui.
Non si degnarono di uno sguardo tutta la giornata facendomi quasi preferire che si urlassero in faccia piuttosto che riempirmi con quei silenzi.
All'ora di mensa mi sedetti al nostro tavolo, speranzoso che almeno a pranzo avessero deciso di convivere. Ma mi sbagliavo perché esattamente mentre addentavo una carota, vidi arrivare i miei amici da due direzioni opposte. Si videro solo quando giunsero ai lati del tavolo, uno di fronte all'altro. La tensione era decisamente palpabile.
Feci cenno ad entrambi di sedersi ma i due rifiutarono senza dire una parola e, perfettamente sincronizzati, si voltarono e cominciarono a camminare verso la parte opposta in cui guardavano prima.
- Smettetela! - esclamai. - Non vorrete certo lasciarmi qui da solo!
Iris si voltò. - Hai ragione.
- Già. Siediti tu qui. Io vado a cercarmi un altro posto - disse Thomas avvicinandosi e senza guardare Iris negli occhi ma riferendosi a lei.
Mentre Thomas parlava, alzai la testa e notai Elizabeth e Hannah arrivare da dietro di lui con due vassoi pieni.
- Ciao ragazzi - salutò Elizabeth. - Scusate ma non ci sono più tavoli liberi. Possiamo metterci qui?
Annuii e le sorrisi, ricevendone uno in risposta mentre si accomodavano.
Thomas e Iris si stavano ancora fissando, poi quest'ultima sbuffò. - Forza, siediti tu anche qui a meno che tu non voglia aggregarti a qualche tavolo di gente che non sopporti.
- Anche qui c'è gente che non sopporto - disse lui.
- Meglio una che tutti. - Iris si sistemò alla mia sinistra mentre Elizabeth si sedeva di fronte a me con Hannah di fianco a lei. Thomas si sistemò alla mia destra e cominciammo a pranzare.
- Vedo che ti sei ripresa dalla febbre - dissi alla ragazza di fronte a me.
- Si finalmente. Te la farò pagare per avermela attaccata.
Calò il silenzio. Iris e Thomas si rifiutavano di parlare e non solo tra di loro ma con chiunque e in poco tempo l'unico rumore al nostro tavolo era lo sfregare delle nostre forchette sul piatto e dei nostri denti che masticavano.
Ad un certo punto sentii una gamba sfiorare la mia sotto al tavolo. Mandai giù un boccone e aspettai di capire se qualcuno lo aveva fatto apposta. La gamba di ripresentò, percorrendo un piccolo tratto del mio polpaccio ed io alzai la testa, notando Elizabeth che mi guardava insistentemente. Impallidii e iniziai a sentire caldo, cosa stava cercando di dirmi? Di solito in quel mondo la gente ti fa capire che gli interessi e che vuole di più da te ma Elizabeth...Un calcio alla caviglia ben assestato mi tolse dai miei pensieri.
- Aia! - urlai. - Cosa vuoi?
Hannah mi guardò malissimo.
Elizabeth fece la finta tonta. - Non ho fatto niente!
Tornammo a zittirci e io guardai il mio piatto, chiedendomi per quale motivo la bionda avesse deciso di illudermi per poi distruggermi la caviglia.
Elizabeth tossì ed io ripresi a guardarla. Indicò con la testa suo cugino e la mia amica e mi chiese, senza usare la voce ma solo con il movimento delle labbra, cos'era successo. In quel momento capii il perché del calcio: cercava di attirare la mia attenzione senza farsi vedere dagli altri.
- Dopo - le risposi in labbiale.
Hannah guardava Thomas di sottecchi, trovandosi di fronte a lui. Mi chiesi se provava ancora qualcosa per il mio amico, se lo aveva mai provato davvero. Questo mi portò di nuovo a pensare ad Elizabeth. Era così bella. Portava i capelli sciolti e indossava una maglietta che si intonava alla perfezione al colore dei suoi occhi.
Finito il suo piatto, Thomas si alzò, annunciando che avrebbe cominciato ad andare a lezione nonostante mancassero ancora venti minuti. In poco tempo tutto il tavolo si svuotò, lasciando me ed Elizabeth da soli.
- Cosa succede tra mio cugino e Iris? - domandò lei.
- Hanno litigato. Iris si deve trasferire a causa del lavoro del padre e non l'aveva detto a Thomas, che lo è venuto a sapere tramite la professoressa del coro.
- E lui si è arrabbiato per questo?
- Non credo sia dovuto solo a quello. Insomma anch'io mi sarei arrabbiato ma sarebbe durato solo un paio d'ore. Credo che sia anche dovuto al fatto che a me Iris lo aveva detto, ma non è solo questo che gli frulla nella testa.
- Già - disse Elizabeth. - Non è arrabbiato con Iris, è arrabbiato con il suo traferimento. Non vuole perderla e finisce per sfogarsi con la rabbia, lo conosco bene.
- A proposito di Thomas, qualche giorno fa mi hai detto che mi osservavi da un po' di tempo... - cominciai.
Elizabeth sorrise. - Ti interessa questa storia, eh?
- Ho capito quando è stata la prima volta che ci siamo visti e in cui mi hai notato. - La guardai attento mentre lei sa la rideva. - È stato quando sono andato a casa di Thomas per la prima volta. Tu eri in cucina e stavi facendo merenda, portavi un vestitino verde e avevi una treccia.
- Che memoria. Esatto è stato quel giorno. Mi hai sorriso e ti ho trovato subito molto simpatico, così ho chiesto alla zia come ti chiamassi e da quando tu e Thomas eravate amici. Sono sempre stata una bambina curiosa e quelle domande mi sembravano lecite. Quell'anno ti ho visto con Thomas un paio di volte a scuola e poi voi siete andati alla scuola superiore. Quando vi ho raggiunto ormai ti conoscevo grazie alle storie di Thomas: gli piace raccontare quello che fa a scuola e dei suoi amici. Non ero io a chiedere di te, mi parlava anche di Iris - precisò. - Quando vi ho raggiunto qui mi sono stupita di quanto eri cresciuto.
- E di quanto ero diventato figo.
Lei mi ammonì con un'occhiataccia. - Salutavo Thomas nei corridoi ma tu non ti accorgevi neanche di me.
- Volevi che lo facessi? - chiesi.
Lei arrossì. - No.
- Non si dicono le bugie, signorina Lane - dissi imitando il professor Skin.
Scoppiò a ridere e io feci lo stesso.
Quando ci fermammo lei si fece seria.
- Sai, in questi giorni in cui sono rimasta a casa, ho pensato a mia nonna e credo di sapere dove si nasconde - disse.
- Cosa intendi?
- Dovrà pur dormire da qualche parte. Credo di sapere dove perché è davvero improbabile che sia in un semplice hotel o abbia affittato un casa, tutta la mia famiglia la crede morta e forse anche lo stato.
- Le avevano fatto il funerale, giusto? Me lo avevi accennato.
Annuì. - Io non l'avevo vista nella bara perché ero troppo piccola, però mi sembra strano che mio zio non abbia guardato. In ogni caso, credo abbiamo registrato la sua morte.
- Quindi dove si nasconde?


 

Erano le quattro e qualche minuto quando arrivai al boschetto. Un venticello leggero raffreddava l'armosfera e muoveva i rami degli alberi. Elizabeth mi aspettava impaziente davanti ad un pino, si era messa una sciarpa ma portava gli stessi vestiti di qualche ora prima a scuola. Appena mi vide, venne verso di me, impaziente di scoprire la verità.
Avevamo discusso se fosse il caso di andare a vedere se i ragionamenti di Elizabeth fossero veri e, dopo essere stati incerti perché temevamo di essere scoperti, avevamo deciso che valeva la pena tentare.
Elizabeth mi guidò attraverso il bosco. Superammo la radura e arrivammo nella zona in cui era stato scoperto il corpo di suo padre. Mi accorsi che non era a suo agio e mi chiesi come si doveva sentire per quello che aveva fatto suo madre, si trattava sempre di omicidio. Elizabeth non si fermò, al contrario decise di allungare il passo.
Dopo una cinquantina di metri, iniziai a notare che gli alberi diventavano meno fitti e, in poco tempo, si aprì un'altra piccola radura che era quasi totalmente occupata da una casa. L'edificio era stretto e composto da due piani, su ogni lato aveva due finestre e prima di arrivare alla porta bisognava salire su un piccolo patio, ricoperto da una tettoia che, sporca di ragnatele, conferiva alla casa un aspetto sinistro. Rabbrividii. Tutto in quella casa produceva rumori inquietanti, dai due gradini per raggiungere il patio che scricchiolarono sotto i nostri piedi, alla porta con la serratura rotta e piena di graffi che si aprii gracchiando.
Davanti a noi si estendeva un piccolo corridoio che portava al salone della casa abbandonata. C'erano diversi divani ricoperti da un lenzuolo bianco pieno di polvere. Elizabeth mi afferrò la mano e io mi lasciai pervadere da quella calda sensazione che provavo quando lo faceva. Per un attimo mi sembrò di essere di nuovo nella casa dei fantasmi del luna park, ma questa volta non era finzione, forse non avremmo trovato vampiri o mummie, ma quei divani e quel senso di vuoto mi terrorizzavano più di un manichino colorato.
Mi accorsi di un piccolo camino sul lato destro della stanza e mi chinai a guardare se qualcuno lo aveva acceso negli ultimi giorni. Elizabeth non volle lasciarmi la mano e io la trascinai giù con me. Nel caminetto erano stati lasciati alcuni rametti carbonizzati, che al tatto mi sporcarono la mano libera.
- Qualcuno è stato qui - mormorai.
Elizabeth annuii e mi fece cenno di andare a controllare la sala da pranzo, che si trovava vicino al salotto. Era una stanza spoglia e c'erano solo delle sedie ricoperte dai lenzuoli, sulle mensole non era rimasto niente. Nessun segno che qualcuno ci fosse passato.
Ritornammo verso il salotto e raggiungemmo una scalinata di legno, salendo al primo piano, dove si apriva un corridoio con tre diverse porte. Camminammo in silenzo, cercando di non fare rumore. La nonna di Elizabeth poteva trovarsi lì. Dopo esserci appostati davanti ad una delle tre porte, ascoltammo per capire se qualcuno si muoveva per la stanza. Dalla porta non arrivava nessun suono ed Elizabeth propose di aprire la porta ed entrare.
La spalancai, preso da uno strano coraggio. Quella che ci trovammo davanti era una camera da letto molto bella e grande, con un bellissimo letto a baldacchino completamente ricoperto di polvere e senza materasso. Nessuno ci poteva dormire.
Cambiammo stanza e, come prima, attendemmo prima di entrare. Anche quella era una camera da letto, con lo stesso baldacchino e senza materasso.
La terza era identica alla prime due.
Elizabeth sospirò e io non capii se era sollevata oppure delusa.
- Ci sono ancora la cucina e la camera della servitù - disse a bassa voce. - Le ho evitate perchè sono sotto il livello della casa.
Annuii, si trovavano vicino alla sala da pranzo.
Scendemmo di nuovo le scale e passammo per le stanze del piano terra fino a raggiungere una piccola scaletta nascosta dietro ad una porta che conduceva alla cucina. Anch'essa era quasi senza mobili. Ci restava solo una stanza da controllare e si trovava alla nostra destra, già semi-aperta.
Elizabeth inspirò e mi strinse la mano. Eravamo pronti ad entrare quando un rumore ci spaventò. Era come se qualcuno avesse gettato qualcosa per terra.
- C'è qualcuno - disse Elizabeth con la voce tremante.
- Già. - Avanzai, cercando di guardare dalla fessura, in cerca di sua nonna.
La bionda mi tirò indietro e mi ammonì con uno sguardo truce.
- Nascondiamoci - mormorò poi con la voce così bassa che quasi feci fatica a sentirla.
Ci chiudemmo in un piccolo ripostiglio delle scope dalla parte apposta della cucina. Lo stanzino era talmente piccolo che dovemmo stringerci uno contro l'altra. Sentivo il respiro di Elizabeth contro il mio collo, non potevo resistere molto così senza toccarla.
Cercai di muovermi e socchiusi la porta per guardare fuori. Proprio in quel momento, dalla fessura che si era aperta dalla stanza della servitù uscì una piccola palla di pelo bianca. Soffocai una risata e uscii dallo stanzino, trascinando Elizabeth con me.
- Ecco la strana presenza - dissi indicando il gatto.
Elizabeth si inginocchiò davanti al felino.
- Ma sei minuscolo - esclamò. Aveva ragione, si trattava di certo di un cucciolo. - Dov'è la tua mamma?
Sorrisi. Parlava con il gatto. Lui iniziò a miagolare e a strusciarsi su Elizabeth, in cerca di coccole.
Mi guardai intorno circospetto e controllai che l'unica presenza nella stanza fosse davvero stata solo il gatto. All'interno c'era un po' di confusione e notai uno scatolone rovesciato a terra, sicuramente era stato vittima dell'animale.
Elizabeth mi raggiunse con il gatto tra le braccia e io strorsi il naso. - Se è randagio, può avere qualche malattia.
- Non importa - disse lei accarezzandone il morbido pelo.
Avanzammo ancora nella stanza e notammo delle coperte nascoste in un angolo. Le toccai e notai che non erano affatto impolverate. Ci guardammo negli occhi: Elizabeth aveva ragione.
Appoggiato alla parete, trovammo un materasso.
- Andiamo. - Il gatto miagolò.
Io annuii, ero stato in quella casa già abbastanza.
Quando uscimmo, Elizabeth posò a terra l'animale e io potei osservarlo. Aveva il pelo lungo di un bianco candido, alcuni ciuffi sulla punta delle orecchie erano marronicini e i suoi occhi erano azzurri.
Mi chinai anch'io ad accarezzarlo. - Sei molto bello.
- È una femmina - chiarì Elizabeth.
La incitai ad andare ma lei non voleva lasciare la gatta.
- Non possiamo lasciarla qui. - Mi guardò con tanta intesità che cedere non mi fu difficile.
- D'accordo ma...
- La terrò io. Per mia madre non sarà un problema, ha sempre desiderato averne, ma mia nonna non approvava. Ci prenderemo cura di lei.
Sorrisi. - Portiamola da un veterinario, dobbiamo accertarci che non sia randagia.
Lei annuì con vigore e accarezzò la gatta.


 

Eravamo seduti nella sala d'aspetto del veterinario da qualche minuto quando decisi di chiedere a Elizabeth perché avesse pensato che sua nonna si nascondesse in quella vecchia casa.
- La verità è che la mia famiglia non è mai stata ben vista nella società, era una donna a fare da capofamiglia e a quei tempi...Le mie antenate sono sempre state costrette a fare lavori umili perché erano povere, facevano parte dei gradi più bassi delle società. La maggior parte delle volte erano cameriere nelle case dei ricchi. La mia famiglia è arrivata qui nei primi del Novecento e per vivere ha iniziato a lavorare per una famiglia ricca che abitava qui. La vecchia casa che ti ho mostrato oggi era la loro. L'hanno abbandonata nel 1925 quando hanno iniziato a pensare di essere troppo ricchi per vivere in una cittadina così piccola e hanno deciso di trasferirsi nelle grandi città come New York. Nei primi tempi la casa non è stata venduta perché era troppo costosa per le povere famiglie che vivevano qui e poi è stata completamente abbandonata.
- Io non sapevo nemmeno della sua esistenza! - esclamai.
- Proprio per questo, per la sicurezza che nessuno la visitasse, mia nonna avrebbe potuto rifugiarsi lì. E avevo ragione. - Sospirò. - Non so se essere felice.
Volevo risponderle che avremmo scoperto perché le aveva nascosto una cosa importante come il fatto che fosse viva e che dopo tutto sarebbe stata felice delle risposte, che se non lo fosse stata sarei stato io a renderla felice, ma proprio in quel momento il veterinario venne a dirci di entrare.
Quando ebbe fatto i dovuti controlli al gatto e ci ebbe assicurato che era un randagio, ci chiese se volevamo tenerlo o preferivamo lasciarlo a lui, che in quel caso si sarebbe assicurato di trovargli una famiglia.
Elizabeth rispose che intendeva tenerlo e il veterinario si occupò di fargli le dovute vaccinazioni. Alla fine ci chiese come intendevano chiamarlo.
- Credo che tu debba scegliere con tua madre... - feci per dire.
- Tinker Bell – mi interruppe Elizabeth. - La chiamerò Tinker Bell.
Sorrisi. - Come la fatina di Peter Pan.
- Esatto. - Accarezzò il morbido pelo dell'animale.



Angolino dell'autrice: Buon ferragosto a tutti! Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e soprattutto del nome della gattina di Elizabeth. Ci ho messo tantissimo a decidere siccome volevo qualcosa di legato a Peter Pan ma c'è ancora qualcosa che non mi convince...mi sembra lungo come nome da gatto.
Vi lascio il link della storia su Wattpad così, se avete voglia di passare, la trovate senza problemi. w.tt/1IuLKbz
Al prossimo capitolo e recensite!
  
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