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Autore: _Nerdfighter_    16/08/2015    0 recensioni
Panem. Shinichi e Ran, due giovani innamorati, temono per la propria vita: si avvicinano gli Hunger Games, i sanguinari giochi da cui solo una persona esce viva. Quella sera, però, Shinichi riceve una visita inaspettata del presidente della nazione, Gin. Da quel momento, la vita del ragazzo non sarà più la stessa.
Questo è il primo crossover che scrivo, spero vi piaccia :)
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Avete presente quelle persone un po' strane, prese in giro ma allo stesso tempo a cui tutti sono affezionati? Hiroshi Agasa era esattamente così. Ogni giorno non faceva che costruire macchinari dalle funzionalità più svariate, per poi fallire miseramente sotto gli occhi di buona parte del Distretto 3 durante le sue dimostrazioni (abitava molto vicino alla piazza). Nonostante molti si prendessero gioco di lui e delle sue invenzioni  nessuno gli voleva veramente del male, anzi: spesso e volentieri costruiva dei giocattoli o dava cibo ai piccoli orfani che andavano a trovarlo per fargli compagnia, cosa che gli fece guadagnare il rispetto e l'affezione di tutti. Se c'era una persona a cui potevi chiedere un qualsiasi favore, quella era proprio Agasa. Fu così che la mattina della mietitura, qualcuno bussò alla sua porta. "Scusa piccolo, ci conosciamo? Non mi sembra di averti visto tra i bambini che vengono spesso a farmi visita." "Lo so, ma ho comunque bisogno d'aiuto. Posso entrare?" L'anziano annuì, lasciando il bambino entrare. Quest'ultimo, dopo essersi seduto su una poltrona, sospiró. "Io non sono un bambino qualsiasi. Beh, in realtà non sono neanche un bambino. Si ricorda del figlio dei Kudo, quello a cui lei faceva da babysitter una decina di anni fa?" Agasa annuì, non capendo dove il bambino voleva andare a parare. "Ecco, vede... Quello che adesso dovrebbe essere un diciassettenne... Sono io." Agasa stentava a credere alle sue parole. "Quindi, mi stai dicendo che il presidente è venuto a casa tua e ti ha somministrato qualcosa che ti ha ridotto in questo stato?" "Sì, o almeno credo. Prima di svenire, ho visto che prendeva qualcosa dalla tasca dei pantaloni e si chinava su di me." "Oh, cielo! Perché mai avrebbe dovuto farti una cosa simile?" "Credo di saperlo, purtroppo." Sospirò, e cominciò a raccontare: "Qualche giorno fa io e Ran, una mia amica, siamo andati a Capitol City per lavoro: siamo i migliori nel campo della sicurezza dei sistemi e delle reti informatiche, e ai collaboratori del Presidente serviva qualcuno che sapesse creare una rete inespugnabile, e un antivirus, quindi fummo praticamente costretti a recarci in quel luogo. Durante la nostra permanenza, mentre cercavo di creare l'antivirus, aprii involontariamente un file che dovevano aver cancellato, ma che io avevo in qualche modo ripristinato. Era un file criptato, pieno di scritte -all'apparenza- indecifrabili. Inizialmente non ci capivo nulla, ma fortuna volle che riuscissi a decifrare il messaggio di quel file poco dopo; il risultato non mi piacque per niente: era un accordo del Presidente, sul commercio e il traffico di umani, quelli che a Capitol City chiamano..." Un senso di disgusto lo invase mentre pronunciava quelle parole, quasi facendogli venire la nausea. "...I Senza-voce. Persone comprate e ridotte in schiavitù, chiamate in questo modo perché hanno tagliato loro la lingua. Deciso a smascherare i loschi affari del Presidente, copiai quel file, finii di creare l'antivirus mentre Ran si occupava della rete, e subito dopo ce ne andammo. Commisi, però, un terribile errore: non cancellai quel file. Così, devono aver saputo che io avevo scoperto il file, e dopo avermi trovato, mi hanno ridotto in questo stato per farmi stare zitto. Credo sia questo il motivo della loro visita, dato che prima ho cercato ovunque quella chiavetta, ma -ovviamente- era sparita. Chissà, magari il loro scopo era uccidermi, e non farmi diventare un bambino!"  Agasa tacque, pensando a cosa avrebbe potuto dire al ragazzo per consolarlo. "Ran... La tua amica, giusto? Lei sta bene?" "Sì, prima l'ho vista mentre usciva da casa. E non aveva l'aspetto di una bambina, al contrario di me." "Capisco. E lei sa qualcosa, di questa faccenda?" "No, non posso assolutamente rischiare. La esporrei a troppi pericoli, e non voglio che rischi la vita a causa mia." Passarono alcuni minuti, prima che l'anziano ricordasse il motivo per cui erano lì seduti a parlare. "Comunque, cosa volevi chiedermi? Ricordo che appena entrato mi hai detto di aver bisogno di aiuto, o sbaglio?" "Beh, sì. Ecco... Mi servirebbero dei vestiti. Questi che ho addosso li mettevo quando avevo sei anni e quindi mi stanno un po' stretti; credevo che, con tutti quei bambini che la vengono a trovare, lei avesse almeno un indumento da bambino." L'anziano non riuscì a non trattenere un sorrisetto: quel Shinichi in miniatura gli faceva tornare in mente moltissimi ricordi di quando era più giovane e, non conoscendo ancora il brivido di creare e inventare cose, si divertiva facendo il babysitter. Ah se gli mancavano, quei tempi! Più guardava Shinichi, e più i ricordi riafforivano; lo guardó teneramente, come fosse davvero quel bambino di sette anni di cui si prendeva cura anni prima, e non un diciassettenne intrappolato in un corpo che non gli apparteneva. "Aspettami un attimo qui", disse. "Te li porto subito." "Shinichi, che stai facendo?" Il bambino, ormai scoperto, si gira verso Agasa e abbassa lo sguardo. "Niente di che, fissavo il prato..." Il babysitter guarda avanti, e sorride. "Sicuro di non star guardando qualcos'altro oltre al prato come, che so, quelle due bambine che giocano a palla?" dice, fissando i suoi occhi grigi sul viso del bambino, ormai rosso come un peperone maturo. Dall'altra parte della strada, Ran lancia la palla alla sua migliore amica, Sonoko. "Alloooora Ran, chi ti piace?" Dice la ragazzina bionda, lanciando indietro la palla. "Ehm... Non possiamo parlare di qualcos'altro?" "Dai Ran, ci vediamo pochissime volte al mese, e tu vuoi negarmi il diritto di sapere ciò che ogni ragazza deve sapere sulla propria migliore amica?" Ran abbassa lo sguardo, leggermente intristita da quello che Sonoko le ha appena detto. Purtroppo, é quella la loro situazione: dato che Sonoko vive nel Distretto 1 ma viaggia spesso per i distretti con il padre, un uomo molto conosciuto a Capitol City per le sue gioiellerie, riesce a stare con l'amica cinque, al massimo sei volte al mese. Nonostante ciò, si vogliono un bene immenso. Ran accenna un sorriso, ripensando al bambino che era le ha rubato il cuore da un paio di mesi. "E va bene, te lo dico. Però promettimi che non lo dirai a nessuno, va bene?" L'amica fa di sì con la testa velocemente per poi rilanciare la palla, impaziente di conoscere il nome di colui che fa venire le farfalle nello stomaco a Ran. "Beh, ecco... Non so se lo conosci... Si chiama Shinichi. Shinichi Kudo." Al contrario di quanto Ran pensava, Sonoko non sembra affatto sorpresa. "É il tuo vicino di casa, quello con gli occhi blu, vero?" L'amica annuì. "E secondo te ti ricambia?" "Beh io... Ma io che ne so, Sonoko! Come faccio a saperlo!" Dice lei, cercando di non far notare le sue guance rosse. L'amica guarda qualcosa in direzione dell'altro lato della strada, e ride. "Penso di sapertelo dire io, se ti ricambia o meno. Sai, è da quando siamo qui che non fa che guardarti di nascosto da quel muretto!" Quando si accorge che Ran e l'altra ragazzina lo stanno guardando, Shinichi si gira immediatamente dall'altra parte (di nuovo) per l'imbarazzo. "Io, guardare quelle bambine?" Dice, fingendosi offeso. "Ma per favore! Per chi mi ha preso, per uno che regala alle ragazze a San Valentino peluche e cioccolata? Io e le femmine siamo due mondi completamente diversi! Non staremo mai e poi mai insieme!" Agasa ride, per poi dare una piccola pacca sulla schiena del bambino. "Aaah, beata ignoranza! Quando sarai grande almeno la metà di me, capirai quanto una donna può significare per te. Ehi, sei ancora lì? Mi dispiace interrompere la tua visione, ma dobbiamo tornare a casa, l'ora del  coprifuoco si sta avvicinando!" Detto questo, Shinichi guarda un'ultima volta le bambine sperando di non essere visto e sorridendo, quindi corre verso casa. All'improvviso, mentre Agasa gli stava consegnando una tuta e qualche altro indumento, Shinichi si ricordó di quel giorno così importante, e cominció a porsi una serie infinita di domande:"E se Ran venisse estratta alla mietitura, e quindi io non potessi supportarla? E se le venisse di nuovo l'idea di scappare? E se lo facesse davvero? E se la catturassero? La farebbero diventare una Senza-voce o la ucciderebbero direttamente? E se..." Non sapendo darsi risposta, salutó Agasa e corse immediatamente da Ran. La aspettó a casa sua, ma niente. Aspettó le nove, le dieci, le undici, ma lei non si presentó. Rassegnato, guardó l'orologio che portava al polso: erano già le 12. Sospirando, tornó a casa sua e indossó uno dei completi donatogli da Agasa, per poi andare in piazza. "Ran, mia Ran", pensó. "Se dovessero pescarti, credo che impazzirei." "Felici Hunger Games!" Trilló Lana Vermouth, colei che ogni anno pescava i foglietti con su i nomi dei tributi, i partecipanti dei Giochi. "E possa la buona sorte essere SEMPRE a vostro favore! Dunque, come sempre, prima le ragazze!" Mise la mano dalle dita lunghe e sottili nella boccia con i nomi delle ragazze, e prese un foglietto. Lo aprì, mentre tutto il Distretto 3 teneva il fiato sospeso. "Non Ran, non Ran, ti prego", pensavano Shinichi e Goro; quest'ultimo, per quanto era agitato, aveva persino deciso di non bere neanche una goccia di alcol. O meglio, non ci riusciva: la coscienza non glielo permetteva. "Nanna Melbrown!" Molti trassero un sospiro di sollievo; altri piansero, mentre una ragazzina dai capelli rossi, molto probabilmente una quattordicenne, si avvicinava al palco, tremante. Shinichi si giró dal lato delle ragazze e, levandosi sulle punte dei piedi, cercó il viso di Ran. Eccola: sarebbe dovuta essere sollevata, eppure teneva lo sguardo fisso su quella ragazzina, Nanna, e sembrava stesse per piangere, mentre camminava lentamente in avanti. Il ragazzo-bambino capì esattamente cosa lei stava per fare. "Ran, NO!" Urló cercando di correre verso di lei, ma un pacificatore lo prese per la maglietta e lo rimise al suo posto, bloccandogli il passaggio. Cercó di urlare un'altra volta, ma ormai era troppo tardi: la ragazza aveva già urlato quelle parole che l'avevano appena condannata a morte: "MI OFFRO VOLONTARIA COME TRIBUTO!" --------------------------------- ANGOLO DELL'AUTRICE: TAN TAN TAN TANNNNN. Benvenuti, benvenuti in questa mia nuova storia, nonché mio primo crossover! :3 Lo so, so che la coerenza di Ran sembra grande quanto l'Alaska: prima non vuole assolutamente partecipare ai Giochi per paura di ciò che potrebbe accadere al padre in sua assenza, eppure si offre volontaria. Don't worry, nel prossimo capitolo si spiegherà tutto uwu Ah, un'ultima cosa: anche se può sembrare una copia del libro originale, questa fanfiction NON seguirà per filo e per segno la storia a cui è ispirata, quindi non aspettatevi l'amicizia tra Ran e una bambina come Rue o la storia della Ragazza di Fuoco, perché non ci saranno. Sperando che la storia vi stia interessando, vi saluto. Tanti abbracci dalla vostra Nerdfighter ♥
   
 
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