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Autore: Moony16    17/08/2015    1 recensioni
«allora … hai trovato quello che cercavi in America?» gli chiese. Voleva sapere almeno se tutta quella sofferenza fosse servita a qualcosa.
***
«allora io vado, … ci vediamo»lei sbuffò
«si fra, dieci anni» lui sorrise
«in realtà, fra appena due giorni. Ci sarò anche io alla cena di famiglia di Domenica. Albus mi ha invitato» lei parve scioccata, così lui, godendosi quella piccola vittoria, uscì dalla stanza. Dopotutto, lui voleva ancora farla impazzire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus, Severus, Potter, Alice, Paciock, Jr, Louis, Weasley, Rose, Weasley, Scorpius, Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Alice guardava Albus insistentemente, con forza e anche molta rabbia. Lui, ancora vestito e steso sopra il letto della camera degli ospiti dei suoi genitori, dormiva beatamente. Non era un bello spettacolo, in effetti. Russava ed era quasi sicura che avesse sbavato sul cuscino. I suoi capelli erano sparati ovunque ed era rannicchiato su se stesso a causa del freddo. Accanto al letto faceva bella mostra di sé un chiazza di vomito verde.
 Sua madre le aveva spiegato che non aveva avuto altra scelta se non accoglierlo, viste le sue condizioni fisiche, la sera prima. Questo però non le aveva impedito di arrabbiarsi a morte con lei quella mattina, anche solo per non averla avvisata.
Così adesso lo osservava, aspettando che si svegliasse per urlargli contro una bella dose d’insulti. Nel frattempo, nonostante lui  fosse proprio ridotto male, i suoi occhi non facevano che andare dalle sue braccia muscolose alle ciglia nere e lunghe, per poi soffermarsi sulle labbra un po’ aperte, con nostalgia e un pizzico di desiderio.
Poco dopo lui comincio a muoversi, consapevole di essere osservato. Mugugnò qualcosa e si girò verso di lei per poi spalancare gli occhi verdi, appannati dal sonno e dall’alcool.
«Alice …»
«Albus» rispose lei con freddezza.
«io non …» cominciò lui, senza avere la minima idea di ciò che avesse fatto la notte prima. Un’ondata di panico lo travolse – o forse nausea?- così si girò di lato e vomitò anche l’anima. Quando rialzò a malapena la testa, si rese conto che Alice lo osservava in modo differente. Come se gli facesse pena.
«vai a lavarti, di là mia madre ti ha preparato qualcosa per riprenderti»
«Ali … io credo di non riuscire ad alzarmi»
«beh sei un mago e hai una bacchetta: arrangiati» disse prima di sbattere la porta alle sue spalle. Albus gemette e ricadde sul cuscino, per poi allungarsi verso il comodino per prendere la bacchetta. Cominciò con un incantesimo che gli aveva insegnato Rose per la sbornia. Certo, non era lo stesso di quando lo faceva lei, almeno però sarebbe riuscito ad arrivare al bagno.
Dopo una doccia fredda, una pulita alla camera, un caffè amaro molto forte e una pozione di Hannah era finalmente lucido, anche se gli scoppiava la testa e si sentiva a pezzi. Era seduto al tavolo della colazione, nauseato dall’odore del cibo.
Alice non lo guardava neanche, mentre “lo zio” Neville lo osservava fin troppo. Sarebbe voluto sprofondare nel pavimento o sparire del tutto, quella situazione era … impossibile. Neville lo aveva sempre adorato e ora lo guardava come se volesse ucciderlo. Hannah, sempre dolce con tutti lo aveva guardato come si farebbe con uno schiopodo spara coda. Frank sembrava pronto ad assestargli almeno un altro pugno. Alice invece … beh lei era a pezzi. Si vedeva, lui lo vedeva, e più la guardava più sentiva di meritare non uno, ma almeno una dozzina, dei pugni di Frank.
Quando finalmente si alzarono dal tavolo Albus seguì Alice nella sua  camera, riuscendo e entrare per miracolo, un secondo prima che lei gli sbattesse la porta sul naso. Lui chiuse a chiave, sentendola sbuffare, per poi girarsi a guardarla
«possiamo parlare?» lei lo fissò per un secondo.
«certo. Avanti parla. Che hai da dire?» disse minacciosa.
«io … volevo accompagnarti alla prossima visita, al S. Mungo» disse, dando voce al primo pensiero che gli passava per la testa.
«è per questo che ti sei fiondato qui, ubriaco, la notte di natale?» chiese lei alzando la voce.
«che ti sei smaterializzato quando eri a malapena capace di tenerti in piedi, sei venuto qui, e hai vomitato ovunque, biascicando qualcosa su dove fossi io?
«Ali io …»
«Tu mi hai lasciata quando io avevo bisogno di te come mai prima, ora spiegami: cosa vuoi? Non volevi essere padre, beh non lo sarai, stai pur tranquillo, me la caverò da sola! Non voglio che tu venga qui perché ti faccio pena o perché hai bisogno di una bella scopata» man mano che parlava aveva preso a pugni Albus cercando di allontanarlo almeno un poco, arrabbiata a morte con lui e con se stessa, che proprio non riusciva a odiarlo, che avrebbe voluto baciarlo.
«ho sbagliato Ali …»
«beh questa è un’evidenza» disse lei acida. Lui le si avvicinò ancora un po’.
«lo so … però torna da me»
«chi mi dice che non te ne andrai di nuovo?»
«io, ma a me non crederesti. Tu puoi … darmi una seconda possibilità. Per starti vicino come ho sempre fatto, per stringerti quando ne hai bisogno, e litigare, e fare l’amore, e prepararti la tua cena preferita quando torno prima da lavoro. Puoi rendermi più facile il compito di essere padre, perché lo diventerò, che mi piaccia o no e non voglio più tirarmi indietro. Perché se penso a cosa ti cresce dentro, lucidamente, senza più paura o rabbia o dubbi, provo solo amore. Quindi ti prego … non farmi vivere così, perché non ne posso più»
Alice guardava in basso, ancora rossa per la rabbia ma emozionata dalle sue parole. Aveva gli occhi lucidi ma non voleva che lui se ne accorgesse. Albus le stava appiccicato ma non la toccava, come se temesse che lei potesse fraintendere, anche se avrebbe voluto anche solo prenderle la mano.
«lo ami davvero?» chiese lei con un sussurro.
«siamo io e te insieme … come potrei non farlo?»
«ma prima tu …»
«avevo paura, solo paura, ed ero incredulo e arrabbiato con te, perché me lo hai detto in mezzo a un litigio. Se non me ne fossi andato probabilmente non mi sarei convinto di quella cazzata ma ero solo e tu eri così lontana e non mi cercavi neanche per sapere dov’ero … all’inizio non ci credevo neanche io» disse con sincerità.
«stai dicendo che è colpa mia?»
«no. La colpa è solo mia, sono stato un idiota e lo so»
«ma allora …»
«intendevo che non me lo hai impedito, anche se … lo capisco e lo condivido. Era una cosa che dovevo capire solo»
«e cosa hai capito?» chiese lei con la voce tremante.
«che voi siete tutto quello che voglio» rispose sicuro. Alice lentamente si appoggiò a lui, poi lo strinse con tutta la forza che aveva in corpo, mentre Albus ricambiava con lo stesso slancio il suo abbraccio.
«non lo fare mai più Al … mai più» lui con il naso affondato nei suoi capelli, giurò a se stesso che non avrebbe mai fatto una cosa simile di nuovo.
«sposami» le sussurrò tra i capelli, di getto, senza neanche pensare, tuttavia consapevole che fosse la cosa più giusta da fare. Lei alzò lo sguardo sui suoi occhi.
«ma tu hai sempre detto che lo trovavi stupido …»
«lo so, ma tu ci hai sempre sperato. E sarebbe ora per me di impegnarmi seriamente, non credi?»
«si ma …»
«senza ma. Alice tu vuoi sposarmi?»
«io … non so» lui si irrigidì. Dopo un attimo di silenzio rispose ferito.
«ok, lo capisco. Forse è troppo presto per fidarti di me di nuovo, ma …»
«non so … come entrerò nel vestito da sposa, mi sto allargando come una balena!» disse lei staccandosi da lui con un sorriso che andava da un orecchio a un altro. Albus la guardò per un attimo, poi comprese e gli venne contemporaneamente da ridere per la felicità e da urlare per lo scherzo di cattivo gusto.
«tu sei malefica!» le disse ridendo. lei alzò le spalle.
«sei tu che mi hai chiesto di sposarti senza neanche un anello! E mi hai anche lasciata … dovevo pur fartela pagare, no?» lui alzò le mani.
«nulla da ridire in merito» poi la prese per i fianchi e finalmente la baciò. Lei finì aggrappata ai suoi capelli e completamente schiacciata contro il muro, sentiva Albus ovunque e le sue labbra la baciavano così intensamente da farle dimenticare che erano pur sempre a casa dei suoi e che avrebbero potuto sentirli. Gemette quando lui le baciò il collo, in quel punto che lui sapeva essere strategico.
«Al …» mugugnò. Lui non rispose e continuò a baciarla. Aveva un’urgenza fisica di stare con lui, però trovò la forza di staccarsi un attimo. Lo guardò negli occhi e affermò decisa.
«aspettiamo di sposarci» la voce era un po’ ansimante ma chiara. Gli occhi verdi di Al si riempirono di stupore.
«perché?» chiese incredulo, smanioso di baciarla e di prenderla anche contro il muro.
«perché si. Siamo a casa dei miei, per primo. E poi credo sia giusto così»
«ma tu non sei vergine!» disse lui lamentoso, riprendendo a baciarle il collo.
«e allora? Non ti farà male un po’ di astinenza» disse un po’ boccheggiante. Si allontanò da lui, costringendosi a non cedere . Lo scopo in realtà era metterlo alla prova, e poi non voleva lasciargli intendere che lo aveva già perdonato.
«ok ho capito». Disse Albus con un sospiro.
«resti qui a pranzo?» Albus alzò le spalle.
«solo se Neville non mi uccide prima. Devo parlargli» disse pensieroso.
«aspettati come minimo un altro pugno da mio fratello» disse lei con un sorriso.
«ah lo so. Ho l’impressione che questa volta riuscirà a rompermi il naso, era proprio incazzato poco fa»
«contaci!»
***
La mattina dopo Rose e Scorpius furono svegliati da un incessante picchiettio alla porta.
Il giorno prima, dopo il pomeriggio fantastico, avevano dovuto raggiungere gli altri ed erano rimasti insieme per tutto il giorno di Natale. A sera, Albus era ricomparso con un ematoma sullo zigomo sinistro e un sorriso che non scivolava mai dal suo viso, neanche fosse una paralisi facciale. Accanto a lui c’era Alice, anche lei raggiante come non la vedevano da un bel po’. Con le mani unite avevano detto che si sarebbero sposati e Ginny si era fiondata su Alice stritolandola in un abbraccio, mentre Harry era semplicemente rimasto seduto a guardare, stupito e imbambolato, come se non credesse alle proprie orecchie. Rose e Scorpius furono scelti come testimoni, e per la felicità Rose baciò Scorpius sotto gli occhi di tutti. Il silenzio era calato per un attimo nella stanza ma poi i suoi rumorosi cugini avevano ripreso a fare più chiasso di prima abbracciando anche loro ed esordendo in  “era ora!” sollevati. Ron Weasley aveva guardato il proprio bicchiere di whiskey incendiario chiedendosi dove avesse sbagliato, perché la sua bambina aveva cambiato fidanzato nel giro di qualche giorno e perché dovesse stare di nuovo con un Malfoy. Certo, aveva sempre considerato Scorpius un bravo ragazzo, ma il suo motto era: “la mela non cade mai troppo lontana dall’albero!”.
La notte così era trascorsa tra balletti improvvisati, giochi stupidi, risate, scherzi di James e Fred e qualche aneddoto divertente dei tempi di Hogwarts.
Per questo i due piccioncini, rintanati in un solo letto per il puro piacere di dormire insieme, odiarono tanto quel picchiettio.  Alla fine fu Rose, trascinandosi dietro le coperte mentre Scorpius imprecava, ad andare ad aprire alla porta. Davanti a lei c’era sua madre, con un’espressione felice in volto.
«mamma che c’è?» disse con la voce impastata di sonno e scocciata.
«c’è qualcuno per Scorpius. Vestitevi e venite giù» disse, per poi fare marcia indietro nel corridoio.
«hai sentito no? è inutile che ti lamenti, vai a lavarti» disse Rose al ragazzo che la guardava scocciato.
Alla fine riuscirono a lavarsi in meno di mezz’ora, e scesero in salotto assonnati e curiosi.
«mamma, ora potresti dirci, per favore, perché ci hai svegliati alle otto?» disse Rose, prima di notare un ragazzino con i capelli neri e gli occhi grigi seduto sul divano. Lo guardò con curiosità, mentre sentiva Scorpius irrigidirsi accanto a lei.
«e lui chi è?» chiese dopo averlo guardato bene. Aveva qualcosa di familiare, anche se non avrebbe saputo dire cosa.
Il ragazzino si alzò e gli porse la mano:
«piacere, Orion Malfoy» disse sicuro di sé.  Rose rimase immobile per qualche secondo, sconvolta, poi lentamente prese la sua mano e rispose.
«Rose Weasley»
«che ci fai qui?» chiese Scorpius con una punta di acidità. Il ragazzino lo guardò con sguardo di sfida. In effetti l’espressione era simile a quella del fratello.
«è inutile che mi guardi così, io non c’entro niente: avevo cinque anni quando te ne sei andato di casa»
«così come?»
«con ribrezzo» Scorpius sospirò.
«come mai sei qua?» disse dirigendosi verso il divano e lasciandosi cadere sui cuscini con un tonfo. Rose gli si sedette accanto. In un lampo ricordò l’ultima volta che aveva visto suo fratello. Quando era solo un bambinetto indisponente che vedeva al massimo per un paio di mesi all’anno. Quando era il perfetto rimpiazzo a tutto ciò che lui non era mai stato.
Una famiglia fredda e rigida sedeva dritta in un lungo tavolo, dove vari elfi domestici si davano da fare per portare avanti e indietro le varie pietanze. A capo tavola un uomo stempiato con i capelli biondissimi guardava orgoglioso il figlio minore, mentre dava un calcio ad un elfo solo per il gusto di farlo: il bambino aveva quasi cinque anni, ma già sapeva farsi rispettare. Scorpius, al contrario, guardava il fratello schifato.
«Orion mi spieghi cosa diavolo ti ha fatto quell’elfo?» il fratello minore lo guardò con aria di superiorità.
«è un elfo, va trattato così» Scorpius scosse la testa.
«è una creatura che merita rispetto, non il tuo giocattolo. Se vuoi prendere a calci qualcosa, usa la pluffa» Orion sbuffò
«ha ragione nostro padre, quando dice che i grifondoro sono mollaccioni: ti fa pena un elfo domestico»
«tu crederesti a tutto quello che ti dice nostro padre»
«perché è vero» Scorpius rise
«i grifondoro sono coraggiosi, affrontano ogni cosa a testa alta, sono audaci e hanno fegato … »
«sì, ma i serpeverde sono forti … »
«infatti il ministro della magia è Kingsley Shacklebolt, ex-grifondoro e pezzo grosso di quello che era l’ordine della fenice. Inoltre il capo auror è Harry Potter, che molto probabilmente prenderà la carica di ministro alla sua morte … dimmi Orion, chi ti ha detto quelle sciocchezze?»
«ma noi siamo ricchi» disse il bambino, che faticava a capire il fratello, nonostante il padre gli riempisse la testa di discorsi di politica: dopotutto aveva sempre cinque anni.
«un tempo lo eravamo. Ora facciamo finta di esserlo»
«che vuol dire?»
«credo che nostro padre sarà ben lieto di rispondere» il bambino mise il broncio
«i grifondoro per me restano mollaccioni»
«i serpeverde sono dei codardi …» disse, poi aggiunse con aria tagliente
«soprattutto quelli che frignano dietro i vecchi compagni di scuola, implorandoli di non mandarli ad Azkaban» il fratello rise
«non lo farebbe nessun serpeverde» disse sicuro il bambino
«nostro padre l’ha fatto, Orion. Ha strisciato come un verme ai piedi di Harry Potter, implorando di risparmiarlo » il bambino aveva gli occhi spalancati, incapace di ribattere.
«adesso basta, Scorpius.» disse con aria tonante Draco, rosso d’ira.
«cosa c’è padre, non gli hai ancora mostrato quel simpatico tatuaggio?»
«quale tatuaggio?» chiese il bambino, che ormai non riusciva più a seguire il padre e il fratello. Draco si alzò, così fece pure Scorpius.
«non osare giudicarmi per le mie scelte, Scorpius»
«ho cominciato a giudicare le tue scelte quando per la prima volta, camminando per strada, mi sono sentito apostrofare “figlio di un mangiamorte”»
«io sono stato marchiato contro la mia volontà!»
«queste sono le parole di un codardo serpeverde volta gabbana e anche se fosse vero, non m’importerebbe: sono sicuro che sei comunque un vigliacco »
«sono discorsi di più di vent’anni fa, Scorpius, di cui tu non puoi saper parlare, quindi adesso siediti, razza di figlio indegno»
«le conseguenze le pago io, ancora dopo vent’anni! Sai quanti mi hanno deriso, per colpa tua? Sai quello che ho dovuto fare per trovarmi degli amici? Lo sai? No! Perché, a te, del figlio che è finito in grifondoro, non t’importa nulla! Ti sei offeso tanto che hai deciso di fare un altro figlio, certo che prima o poi mi avresti diseredato!»
«ho deciso di avere un altro figlio perché tu sei stato un’onta per tutta la tua stirpe! Un Malfoy a grifondoro! Dopo sei anni ancora tremo di vergogna!»
«Di vergogna? Dovresti essere orgoglioso di me, solo grazie al mio comportamento qualcuno si è ricreduto sulla malvagità di quella che sono costretto a chiamare famiglia!» mentre parlava i bicchieri di vetro sul tavolo esplosero, poiché non era riuscito a controllare la rabbia. Un sonoro schiaffo arrivò sul viso del ragazzo, lasciando un segno rosso sulla sua pelle diafana.
«tu sei la mia più grande delusione e la mia più grande vergogna. Mi sento in colpa verso tua madre per aver generato una simile nullità» disse a bassa voce Draco, tremante di rabbia.
Scorpius rispose a tono, ancora la guancia gli bruciava, così come il suo orgoglio.
«No, tu sei la mia più grande vergogna: vorrei essere figlio di chiunque, ma non di te. Mi fai pena» disse, lasciando la sua famiglia interdetta. Si voltò e si diresse verso la sua camera, dove aveva affisso vari stendardi grifondoro cercando di coprire la carta da parati verde e argento. Prese il suo baule e lo riempì di tutte le cose che riusciva a metterci dentro: lasciò solo i vestiti troppo formali per lui e alcuni libri. Si diresse con quello verso la sala da pranzo. Guardò i suoi genitori e suo fratello ancora seduti e spiazzati
«non sto scappando. Me ne vado, perché non vi voglio più vedere. Puoi anche diseredarmi, finalmente, così sarai felice» disse rivolto a suo padre.
«Orion sarai un ottimo serpeverde, mi raccomando, falli orgogliosi» disse con sarcasmo, poi li lasciò lì imbambolati.
«io credo, Scorpius, che sia ora che tu parli con i nostri genitori. Soprattutto perché, a quanto ho sentito, sei malato» disse il fratello risvegliandolo dai suoi ricordi.
«e i nostri genitori non l’hanno sentito?» chiese Scorpius con un pizzico di ironia.
« sono stati loro ad avermi chiesto di venire a parlarti. Volevano sapere come stavi ma io aggiungo: dovreste chiarire»
« se volevano sapere come stavo perché non sono venuti loro invece di mandare un bambino?»
«li conosci, forse meglio di me. Apprezza la cosa e basta: perché devi sempre contestare ogni loro mossa?»
«perché loro sono …»
«sono tua madre e tuo padre, che lo vuoi o no. E comunque, giusto perché tu lo sappia, papà non ti ha mai diseredato. Non del tutto, almeno»
«sono stati brutali con me, Orion. Ero un ragazzino, avevo la tua età, e venivo chiuso nelle segrete! Una volta nostro padre, che tanto decanti, mi ha frustato! Sai che significa? Ho ancora i segni … e tu vieni a dirmi che non mi ha diseredato? Ma che me ne può fregare dei suoi soldi, della sua casa, di lui, di te o di tutta la merda che gli sta intorno?» Orion divenne rosso.
«io non sono una merda, fratello. Sono finito a corvonero, ho cercato di capire perché tu  avevi fatto quello che hai fatto, sono anche io preda di stupidi bulletti e le persone guardano male anche me quando passo per strada! Ma sai una cosa? Io non odio mio padre!»
«lui non ha fatto a te quello che ha fatto a me»
«si invece! Mi ha condannato ad avere pochi amici, ad essere disprezzato, additato, considerato feccia! Si è lamentato della mia casa, è stato severo con me, mi ha punito quando pensava fosse necessario, anche io ho passato un paio di notti nelle segrete! Ma sai cosa cambia, tra me e te? Che io ho sempre cercato di capire. Che gli sono andato in contro, non ho giudicato le sue scelte o il suo modo di vivere. Hai mai fatto caso al fatto che non ci ha mai inculcato gli ideali di Voldemort o che cercava di nasconderci certe cose? Si vergogn Scorpius … e tu non facevi altro che mettere il dito nella piaga»
Scorpius rimase interdetto.
«comunque … si può sapere che diamine hai?» chiese infine suo fratello, pietoso dello stato di confusione in cui era caduto. Rispose Rose alla domanda, giusto per dare tempo a Scorpius di metabolizzare quel discorso scabroso.
«si chiama ignis draconis ed è una malattia più unica che rara»
«c’è una cura?» il ragazzino era arrivato dritto al punto. Quella domanda l’aveva colpita come una stilettata al cuore, facendola sospirare. Gli occhi di Orion si oscurarono e guardò il fratello senza parole.
«lei ci sta lavorando … c’è qualche possibilità ma niente di certo» aveva detto il ragazzo.
Orion aveva sospirato e si era passato una mano tra i capelli nerissimi.
Il silenzio era sceso tra loro, teso, carico di parole non dette. Alla fine fu Scorpius a parlare per primo.
«allora, andiamo a fare colazione? Ho una fame da lupi …» Rose lo aveva guardato male, rimproverando silenziosamente il suo tatto.
«oh non guardarmi così. Avete già fatto un minuto di silenzio per la mia precoce dipartita che, tra parentesi, non è ancora avvenuta, quindi adesso credo mi spetti la colazione. Se volete restare seri, tristi e in silenzio fate pure: io mangio» disse, prima di lasciare la stanza scocciato.
«non te la prendere Orion, gli da fastidio che la gente abbia pietà di lui. E tende a confondere spesso la tristezza per pietà» disse lei alzandosi e invitando Orion a fare lo stesso.
«andiamo a fargli compagnia, altrimenti si farà mille film mentali inutili su quanto ci fa pena. Ti prego  non mostrarti afflitto» lui aveva annuito ed erano andati insieme in cucina.
***
Scorpius guardava sconcertato il S. Mungo. Il natale era passato, così come il suo permesso a lasciare l’ospedale. Certo, non aveva più avuto nessun attacco dalla vigilia, Rose però era stata irremovibile.
Così, arrivata la sera, lo aveva trascinato all’ospedale.
Era stata un giornata strana, quella. Suo fratello non era chi si immaginava. Di sicuro non aveva la sua intraprendenza e il suo orgoglio, in cambio però di una spiccata capacità di osservazione e una muta intelligenza. Entrambi erano abbastanza furbi e capaci di piacere alla gente. Aveva ritrovato in lui la sua stessa sottile ironia, che aveva spesso usato per far incavolare Rose, tratti del suo viso rimodellati, espressioni spontanee. Ed era stato davvero sorpreso di constatare che si somigliavano parecchio.
Alla fine, con una saggezza che risultava decisamente fuori dal comune per un dodicenne, lo aveva convinto a scrivere una lettera ai suoi genitori.  Niente di esagerato, comunque, ma solo un semplice biglietto in cui gli diceva che era ricoverato al S. Mungo e che se volevano rivederlo avrebbero fatto meglio a fargli visita. Abbastanza acido, effettivamente, indelicato, schietto e coinciso. Ma era sempre un biglietto. Astoria, ricevendolo, quasi scoppiò in lacrime. Lei, che da sempre aveva fatto come Draco diceva, che non lo aveva mai contraddetto e che aveva subito passivamente tutti gli insulti di suo figlio, era felice di aver finalmente notizie di Scorpius, anche se sconcertata da quello che il biglietto diceva. Aveva sempre creduto fermamente che prima o poi Scorpius avrebbe capito o che per lo meno avrebbe accettato di essere loro figlio.
Draco aveva ricevuto un’educazione di facciata, quando era ragazzo, e questo a lei era sempre stato chiaro: lui era perfetto nelle formalità e nel bon-ton ma la sua educazione si fermava lì. Era viziato fino all’ incredibile, non aveva nessun tatto, nelle relazioni umane era una frana, aspettandosi sempre il massimo dagli altri senza però sentirsi in dovere di ricambiare. I genitori non avevano mai usato le maniere dure con lui e per questo alla fine era stato il primo a giudicare male se stesso, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Erano cambiate molte cose quando aveva conosciuto Astoria, l’unica donna per cui aveva voglia di fare qualcosa che non fosse per sé, e aveva sofferto quando si era reso conto di quanto vuota fosse la sua vita. Quindi credeva di fare bene dando ai figli un tipo di educazione tanto severa e priva di amore, credeva che avrebbe impedito loro di fare i suoi errori. Si era comportato esattamente al contrario di come Lucius e Narcissa avevano fatto con lui, ottenendo naturalmente il risultato opposto: se lui era viziato e indisponente, ma credeva superiore la sua famiglia e amava i suoi genitori, Scorpius si vergognava del suo cognome, odiava lui e Astoria ma in compenso era un ragazzo d’oro.
Sarebbe una bugia dire che Draco non se l’era presa quando Scorpius era finito in grifondoro. Era stato un fallimento per lui aver allevato un figlio del genere, se n’era vergognato e lo aveva punito. Ma contrariamente a quanto Scorpius credeva, non aveva mai smesso di amarlo. Forse un giorno, con un po’ di impegno da parte di entrambi e anche solo un minimo sforzo da parte di Scorpius per dimostrargli che non era cambiato, avrebbe potuto accettare la cosa. Ma il ragazzo invece aveva dato sempre più contro a suo padre, lo aveva giudicato e aveva sbandierato fiero la sua casa di appartenenza senza curarsi di nient’altro. La maggior parte dei litigi che avevano erano dovuti alle frecciatine malevole di Scorpius, infatti se per tutti i bambini il padre è un modello da imitare, per Scorpius Draco era sempre stato l’esempio massimo di cattiveria e codardia. E non aveva mai fatto nulla per nasconderlo. Con il tempo la situazione era degenerata sempre di più, fino a quando Scorpius non se n’era andato di casa, convinto di non essere amato dai genitori e di essere stato trattato particolarmente male solo perché era grifondoro.
Astoria alla fine aveva risposto altrettanto brevemente al messaggio ricevuto dal figlio, anche se meno freddamente, e mentre scriveva il marito osservava le parole che la sua penna formava sulla carta con aria assorta. Lei, con gli occhi ancora gonfi, aveva sigillato il biglietto che avvertiva il figlio della visita che gli avrebbero fatto l’indomani.
«è sempre mio figlio. Nonostante tutto» disse Draco guardando il gufo fuori dalla finestra, accettando di andarlo a trovare.
«lui non ha mai capito» aggiunse dopo, guardando sua moglie. Lei abbassò lo sguardo.
«noi però non abbiamo mai fatto nulla perché lui capisse»
Una lacrima uscì dalle palpebre della donna, rimpianto e nostalgia mescolati insieme.
 

ALOHA!! 

Beh non so più neanche quando è stata l'ultima volta che ho pubblicato un capitolo ... Mi dispiace, ma ho avuto un vuoto totale nella mente, non sapevo come continuare, la storia sembrava arrivata ad un punto morto: sono riuscita a scrivere questo capitolo in un'ondata di ispirazione che spero duri ancora per un po', giusto il tempo di scrivere gli ultimi capitoli ;-)
Siamo giunti quasi alla fine, quindi vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno deciso di mettere questa storia tra le preferite/ricordate/seguite o che hanno recensito. Ogni volta che pensavo di mollarla guardavo la pagina con tutti voi che la seguite ... e quindi mi dicevo che non potevo semplicemente lasciarla così. Ve lo devo, ma sopratutto me lo devo. Ancora grazie, quindi, a tutti voi  <3 <3

 

  
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