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Autore: pamina71    18/08/2015    15 recensioni
Un prigioniero da recuperare sulle Alpi e ricondurre a Parigi.
Un prigioniero che qualcuno non vuole far testimoniare.
Qualcuno disposto a tutto per eliminarlo.
Una storia di viaggio, letterale e metaforico.
Lungo la Francia, sulle Alpi, dentro se stessi.
Con la copertina disegnata dalla meravigliosa matita di Sabrina Sala.
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi, Sorelle Jarjeyes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lupi, Giganti ed altre avventure'
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17. Chiacchiere e distintivi.

 

Il secondo giorno di viaggio procedette senza sorprese o scossoni. Nel pomeriggio videro nuovamente stagliarsi il profilo della città sdraiata sui suoi tre fiumi come una bella donna su un'ottomana, con la fortezza del Pierre Scize a vegliarla dall'alto.

E fu proprio quello il punto verso cui diressero i cavalli. Senza neanche passare dalla Généralitè, ove Oscar aveva intenzione di recarsi in un secondo tempo, lasciarono Monsieur 121 al sicuro nel ventre di quella tremenda prigione. Era sufficientemente tranquilla riguardo al fatto che lì nessuno l'avrebbe avvelenato.

D'altro canto, il detenuto non era uno stupido. Gli lasciarono sufficienti viveri per una notte, acqua da bere e persino del vino. Si raccomandarono all'infinito affinché non mangiasse nulla che gli venisse offerto. Nessuno sarebbe entrato nella cella, di questo era sicura, sia per la fama del luogo, sia per la lettera consegnata al direttore, sia per il danaro dato sottobanco al secondino.

Ma non dimenticava che, dei tre assalitori, era libero proprio colui che probabilmente aveva avvelenato il "collega" proprio nella stessa città.

 

Lasciato il prigioniero, si diressero dall'Intendente Terray, per sapere se si fosse scoperto qualcosa riguardo alla morte misteriosa occorsa all'uomo che li aveva aggrediti.

Ovviamente, a parte confermare l'avvelenamento e l'ora del decesso, il medico non aveva concluso nulla.

Una breve inchiesta interna era stata avviata, ma senza troppa convinzione. In fondo, che fosse morto non era un grosso fastidio. A nessuno, poi, interessava davvero sapere se uno dei militari preposti alla sorveglianza avesse accettato qualche soldo sottobanco per eliminarlo.

Oscar ed i soldati spiegarono quanto era loro accaduto, diedero una sommaria descrizione di Jean Paul e raccontarono quanto avevano saputo sugli accadimenti di Lione. Ma Terray era impermeabile, non amava le seccature, e questa storia pareva proprio destinata a diventarlo. Così prese appunti, promise aiuto e ricerche, non appena avesse potuto, ma tutti compresero che non avrebbe fatto nulla. Il foglio su cui stava scrivendo sarebbe finito sotto una polverosa pila di simili fogli che giacevano inevasi sulla scrivania. Simbolo del perché la gente di Francia si stava sempre più staccando da chi li governava.

Terray fece il gesto di invitarli a cena presso la sua dimora, ma Oscar, adducendo a pretesto la ferita e la fasciatura abbastanza visibili di Andrè, ed una propria inesistente ferita, declinò.

 

Rientrarono nella stessa locanda sulla Saône ove avevano alloggiato nella sosta precedente, dove chiesero ed ottennero due stanze affacciate sul fiume, per la stessa ragione di sicurezza che li aveva spinti a volerle durante il viaggio di andata. Se la locandiera notò qualcosa rispetto alla distribuzione degli occupanti nelle stanze, anni di mestiere le suggerirono di non commentare od interferire.

 

Una carrozza elegante con lo stemma dei Liancourt si arrestò davanti all'ingresso di Palazzo Jarjayes, e ne scese una Josephine al massimo dello splendore, con un abito turchese come i suoi occhi che splendeva nel sole del tardo pomeriggio, i capelli raccolti solo parzialmente ed un sorriso vittorioso sulle labbra.

Baciò con affetto Marie, e, saputo che la madre non era ancore rientrata da Versailles, ma il Generale era nel proprio studio, si avviò rapida per lo scalone.

Bussò, ma entrò senza attendere risposta.

Fu accolta con un: - Ebbene?

La cosa non parve preoccuparla, si sedette trionfante raccogliendo intorno a se la seta dell'ampia gonna.

- Ebbene, Riqueti era al ricevimento. Si è assentato una mezz'oretta con il Duca, si sono rintanati in biblioteca e ne sono usciti con certe facce scure, seccate e preoccupate. Il Duca è impermeabile, ma Riqueti, con qualche bicchiere di troppo, si lascia andare parecchio.

- E....

- E ha detto che le cose non stanno andando come dovrebbero. Ubriaco come una botte, ha vaneggiato credendo che non capissi. Ha usato una specie di codice, talmente infantile che l'avrebbe compreso persino Loulou. Ha detto che i leprotti non solo hanno preso la carota ma teme si siano liberati del falchetto perché le notizie hanno smesso di arrivare regolarmente, da un paio di giorni.

- Se i leprotti sono chi speriamo noi, mi hai portato notizie molto utili, mia cara.

- Ne sono lieta, questa missione mi preoccupa molto, sapete. Volete che ne parli al fratello di mio marito? Potrebbe...

- NO! - Si affrettò ad interrompere il Generale.

- Scusami, cara. Ritengo sia meglio di no. Preferisco non diffondere troppe voci.

Tacque un attimo pensieroso.

- Sento una carrozza, credo che sia arrivata tua madre. Andiamo a salutarla.

Ed il Generale si levò in piedi, troncando sul nascere ogni ulteriore discussione.

 

I soldati cenarono nuovamente nella sala tappezzata di verde. Durante il viaggio, avevano appreso a stare a tavola in maniera meno imbarazzata, e riuscirono a godersi con più tranquillità le pietanze buone e già più raffinate, ed il vino Château d'Yquem che André aveva insistito per prendere. Chiacchierarono amabilmente a lungo, anche dopo aver terminato la cena.

André fece divertire molto gli altri soldati raccontando la vita a Palazzo quando ancora c'erano le sorelle, e la casa, tra le figlie, le cameriere, le istitutrici, le amiche del cuore e le amiche lontane, cugine, conoscenti, sartine e ruoli vari, pareva decisamente un collegio femminile, in cui vi era perennemente qualcuno sull'orlo di una crisi di nervi per un boccolo mal riuscito, una parola di troppo ed un corteggiatore in meno. Il tutto visto e raccontato con lo sguardo di un bambino, prima e di un ragazzino, poi.

Gli altri raccontarono aneddoti della caserma, e la serata passò piacevolmente, senza che sentissero il bisogno di spostarsi a bere altrove.

Quando salirono le scale per andare alle rispettive camere, Alain trovò il modo di rimanere indietro con Andrè per porgli una domanda che gli era frullata in testa in quella serata.

- Ma il Comandante, prima di te, ha avuto altre storie?

- Si è presa una cotta seria una volta, ma è stato un mezzo disastro.

Alain capì che con la tendenza a minimizzare dell'amico, non avrebbe ottenuto altro. Poteva significare tutto, da una semplice passioncella finita male, ad un abbandono all'altare, a Oscar sedotta ed abbandonata con un figlio in arrivo...chissà.

André salì le scale senza curarsi oltre della domanda e raggiunse la stanza che divideva con Oscar. Ancora una sera di abbracci affettuosi e quotidianità condivisa, anche quello avrebbe fatto parte della sua vita, prima o poi.

 

Il mattino dopo, ripresero le cavalcature e si recarono nuovamente al Pierre Scize per recuperare Monsieur 121.

Salendo gli oltre duecento scalini dalla porta alla torre, Oscar era seriamente preoccupata per come avrebbe trovato l'uomo. Se durante la serata era riuscita a cancellare quei pensieri molesti, ora le tornavano in mente più vividi che mai.

rimase leggermente indietro rispetto agli altri e fu Alain ad aspettarla.

- Siamo quasi in vista di Parigi. Che farete allora?

- Che dovrei fare? Consegnerò il prigioniero all'Abbaye.

- Non parlavo della missione. Parlavo del mio amico. Siete davvero convinta di quello che ci avete detto? Che parlerete a Vostro padre e tutto il resto? Non è che appena rientrati nella capitale vi vergognerete di lui?

Oscar si fermò sullo scalino dove si trovava, puntando gli occhi all'altezza di quelli del soldato. furiosa ed offesa.

- Te la lascio passare perché sei mosso da ottime intenzioni e perché non mi conosci.

- E Voi, Vi conoscete? Siete sicura che il ritorno a casa non Vi farà tornare sulle Vostre decisioni?

- Se tu avessi anche solo una vaga idea di quanto ho pagato alcune delle mie decisioni non parleresti così. - Rispose puntandogli l'indice al petto, con tanta veemenza da spingerlo ad arretrare sullo scalino.

- Quindi ti lascio ai tuoi dubbi.

E corse su per i gradini, decisa a raggiungere gli altri il più rapidamente possibile, mortificata ed addolorata per le parole che le aveva rivolto.

Si ricompose un poco parlando con la guardia del piano, di come fosse trascorsa la notte del prigioniero e cose simili. Andrè si accorse però della sguardo turbato, delle gote rosse e si ripromise di chiederle spiegazioni più tardi.

Ad ogni buon conto, Monsieur 121 era in vita ed in buona forma.

Partirono quindi lungo la strada per Parigi, sempre nella formazione dei giorni precedente, con il sollievo di essere finalmente quasi alla fine del cammino. Occorreva non fare errori e non cedere l'attenzione neanche per un momento.

Ripercorsero a ritroso la strada del viaggio di andata, pernottando poco dopo Roanne la prima sera e cercando di raggiungere Lapalisse la seconda. Appena una lega o due prima del borgo, videro un grosso accampamento militare. Dalle insegne, con le caratteristiche fiammature verdi e rosse dedussero che si trattava del reggimento del Barone di Salis-Samade. Il Generale suo padre aveva intrattenuto rapporti sufficientemente amichevoli col Barone, quindi Oscar ritenne necessario, ed anche utile, fermarsi per prendere contatto.

Portando con sé Alain ed Andrè, si recò quindi alla tenda del Barone che comandava il reggimento, che al momento vi si trovava con alcuni degli ufficiali e sottufficiali. Venne accolta con gentile rigore militare, e venne invitata assieme al suo piccolo manipolo a sistemare le tende con il reggimento.

- Potrete riposare e mangiare un poco meglio, mentre il detenuto sarà guardato a vista dalle nostre sentinelle. Vostro padre non mi perdonerebbe mai, se dovesse sapere che ci siamo incontrati e non Vi ho offerto ospitalità.

- Io ed i miei uomini ve ne siamo infinitamente grati. - Rispose Osar con un lieve inchino.

Il Barone chiamò due fanti, cui diede l'ordine di montare la tenda dell'ufficiale biondo, e di mostrare ai suoi soldati il posto migliore ove sistemare le proprie. Poi chiamò un sergente e gli ordinò di prendere in consegna il prigioniero, metterlo in ceppi e non perderlo d'occhio.

Si rivolse poi di nuovo ad Oscar:

- Vi attendo per cenare alla nostra tavola, più tardi.

Lei tentò di schermirsi, adducendo il fatto che avrebbe ritenuto più corretto rimanere con i propri soldati. Non voleva lasciare Andrè da solo, e nello stesso tempo era bloccata dalle convenzioni sociali: non era più il suo attendente, non avrebbe potuto trovare una scusa per seguirla.

Fu proprio lui a trarla d'impaccio:

- Comandante, avete faticato con noi par parecchie settimane, ci pare giusto che possiate prendervi una serata di libera uscita. D'altra parte, dove credete che possiamo mandare noi? - disse con il suo spirito arguto.

Oscar accettò a malincuore, e rimase di proposito indietro con lui, mentre si recavano verso lo spiazzo per le loro tende. Alain udì l'inizio del loro dialogo, mentre cercava di allontanarsi per non fare da terzo incomodo.

- Non volevo fermarmi con loro.

- Invece devi. Sei un ufficiale. Credi che sarà l'ultima volta?

- Ma....

- No, niente ma. Fino a quando non avremo parlato a tuo padre, va bene così. Lo so, che ci saranno occasioni in cui dovrò rimanere indietro. Va bene così.

Oscar abbassò lo sguardo, pensierosa. Ecco di cosa parlava Alain. Lo aveva capito meglio di lei. Non voleva più vivere quelle situazioni sgradevoli. Occorreva parlare al Generale, e subito, appena arrivati a Parigi.

- Ma dopo...verrai da me? - Chiese con gli occhi nascosti dalle lunghe ciglia, guardando in giro con aria distratta come se volesse esplorare l'accampamento.

- Sempre.

Ed accelerò il passo per raggiungere gli altri.

 

Presi in questi discorsi amari, non si accorsero di un messaggero che partiva rapidamente in direzione nord - nordovest.

 

Oscar ritornò alla propria tenda stanca ed irritata.

Si sfilò gli stivali con stizza e gettò la giacca su un ramo basso del melo vicino cui si trovava. Entrò nella tenda e si gettò bocconi sulla coperta lasciata a terra. Era infastidita dalla serata appena trascorsa, dai discorsi vuoti di Salis-Samade e dei suoi sottufficiali, seccata dagli sguardi insistenti che un tenente di cui non aveva memorizzato il nome le aveva rivolto per tutta la cena, dalle vacue vanterie del capitano e dall'esercito in generale. Essersi chiarita con se stessa la risollevò un poco, come anche il fatto di ammettere che le era mancato Andrè.

Si mise a sedere, si sfilò i pantaloni e rimase solo con la lunga camicia, visto che sotto il telo della tenda la calura opprimente che stagnava sulla piana della Loira si faceva sentire in maniera aggressiva.

Si rimise prona cercando di pensare, con una mano sotto la gota e gli occhi chiusi. La serata appena trascorsa le aveva messo in chiaro cosa sarebbe accaduto una volta fatto ritorno a Parigi. Era essenziale chiarire al mondo il loro rapporto. Non sopportava di venire invitata in certe situazioni, in alcuni ambienti, seppur noiosi ed irritanti, e che lui ne fosse escluso per via della sua nascita. Non li frequentava, non accadeva spesso, ma la feriva oltremodo doverlo umiliare con queste esclusioni.

Aprì gli occhi sentendo uno smuoversi i teli anteriori della piccola tenda. Rapido, Andrè entrò e si distese accanto a lei. Portava solo i pantaloni e la vistosa fasciatura bianca sul polpaccio destro. Scese a baciarle il collo, accarezzandole nel contempo la vita dopo aver scostato la stoffa leggera della camicia.

Impedendole di muoversi, la fece sua fremente e geloso come mai le era apparso, possessivo nel silenzio imposto dal fragile nascondiglio di una cerata color ocra, prigioniera del torace che contro la sua schiena era insieme scudo e forziere.

Sentì che doveva dirglielo, che voleva dirglielo.

- Sono tua. Sono e sarò sempre e soltanto tua.

 

   
 
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