Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club
Segui la storia  |       
Autore: Rota    19/08/2015    1 recensioni
Scosta la tenda, in punta di dita.
Sul vetro della piccola finestra c'è calore appannato, sia sui bordi che un poco più all'interno – soltanto una minuscola aureola è rimasta trasparente, e mostra con la chiarezza sognante tipica delle sere d'inverno un esterno ammantato dell'ultima neve candida di Febbraio. Le sue dita morbide lasciano una scia sottile, una curva dolce che finisce nel nulla lì dove sono state sollevate dalla superficie verticale, e i polpastrelli hanno raccolto l'angolo delicato del tessuto bianco per tenerlo sospeso nel vuoto, in bilico come una parete davvero tangibile: non è un segreto ciò che in quel momento viene mostrato, ma è ugualmente prezioso e caro, avvolto da un'atmosfera di malinconia che sfoca già ogni labile definizione più dell'ora tarda.
Aiichirou sospira con sguardo affranto, e una folata di vento davvero freddo fa danzare di fronte al vetro un agglomerato di grossi fiocchi di ghiaccio, trasportandoli poi via; lui si sporge, come se potesse continuare a vederli muoversi, ma torna alla propria posizione pochi secondi dopo.

[MomoTori principalmente; MakoHaru&SouRin]
[Au Sovrannaturale]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Momotarou Mikoshiba, Nitori Aiichirou, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

2. Capitolo due

 

 

 

Secondo giorno di scuola. Qualche traccia sparsa della cerimonia di apertura del nuovo anno rimane imperterrita, agli angoli dimenticati dei muretti più isolati o ai piedi delle aiuole ignorate dagli studenti e dal corpo docenti, lì dove batte poco il sole di meridione o dove non cade lo sguardo più distratto, portato lontano da ben altro oggetto: un po' di sporco, uno striscione colorato che procede sospinto dal vento fresco rotolando in avanti, qualche foglio accartocciato male che fa lo stesso rumore delle foglie secche in autunno, l'illusione del vociare allegro di una discreta massa di gente emotivamente coinvolta dallo sbocciare dei fiori di ciliegio. Il paesaggio muterà ancora, in pochi giorni, divenendo qualcosa di stabile soltanto nella quotidianità ripetitiva che trova espressione in un placido e calmo rituale, eseguito dal mattino fino a sera, chiamato vita.
L'aria fresca di primavera, però, rimedia alla mancanza di quell'entusiasta profumo di nuovo che ha accompagnato la cerimonia colorata e allegra, trasportando la delicata fragranza di corolle appena schiuse e pure il sottile rumore di ali di insetto qui e là, distribuito con poca accuratezza lungo tutto il giardino verdeggiante della struttura scolastica da una natura ancora stanca e sonnecchiante dell'ultimo gelo lasciato indietro.
L'Iwatobi High School si presenta di un candido splendore che riflette non soltanto la luce del mattino, ma anche le tiepide aspirazioni e le giovani ambizioni di tutti i suoi studenti, vecchi o nuovi. Rimane eretta, con quello sfondo lontano di colline morbide, alla fine di una dolce salita, tra case di legno al di là della ringhiera di confine e un poco della città che si adagia sul terreno fertile di una campagna tranquilla. Tre piani, due ali e una serie piuttosto numerosa di stanze più o meno grandi.
Nitori Aiichirou sente la spalla pesare più del dovuto, e con un'occhiata veloce nota che la spallina della sua borsa è scivolata un poco, verso il gomito, e sbilancia tutto il peso dei suoi libri; la recupera, con dita svelte, e si sistema in un gesto come meglio può in modo da non dover pendere tutto da un lato e basta. Ancora corre in avanti, con l'ansia non di chi è in ritardo, ma piuttosto di chi è consapevole di non sapere la strada e quindi di avere la necessità di trovare quella giusta il prima possibile, o almeno in tempo per non perdere la lezione della prima ora. È un continuo scusarsi con gente sfiorata, riconoscere persino i propri passi e il rumore assordante del proprio respiro nelle orecchie, pur nel corridoio colmo di gente ritardataria che si affretta più consapevolmente di lui.
Si ferma in tempo, ancora con la mano protesa nel vuoto, per non afferrare la maniglia di una porta e spalancarla del tutto, ricordandosi quasi all'improvviso di aver sbagliato aula. Zampetta, saltella sul posto, prima di riprendersi dalla propria ansia. Si guarda attorno, alla ricerca di un segno qualsiasi, quando gli torna in mente di aver visto di sfuggita un cartello, all'inizio del corridoio pavimentato di scuro, che indicava la sezione a lui necessaria.
Non si concede neanche il lusso di respirare: parte di nuovo di corsa, con le dita di una mano strette attorno alla spallina dello zaino e le altre chiuse a pugno, a dettare un ritmo forsennato.
Se avesse attenzione da sprecare, in tutto quello, noterebbe un'ombra insolita, piuttosto stravagante e allegra, che lo segue per tutte la superficie vetrata del passaggio e poi sparisce quando lui si immerge nel buio di una nuova rampa di scale.

 

Il ragazzo ha pagato a caro prezzo la sua fatica, oltre che fin troppi ansimi e un sudore scivolato lungo tutta la schiena, appiccicato sia alla sua camicia bianca sia alla sua giacca scura.
I muscoli delle gambe, ancora piegati in una posa seduta contro una sedia troppo grande e troppo alta per la sua postura minuta, tremano e si irrigidiscono a ogni più piccola mossa, resistendo alla volontà del loro padrone con una pesantezza che mai hanno avuto prima e un lieve tremore a livello dei tendini delle ginocchia.
Aiichirou sospira, un poco affranto, e si accascia con una parvenza priva di forze sulla superficie orizzontale del proprio banco. Attorno a lui, i compagni di una classe in cui non ha ancora molta voglia di integrarsi parlano, chiacchierano e mangiano assieme, tranquilli in un habitat che è loro congeniale e senza nessun tipo di disagio in corpo: sono ragazzi, a quanto pare, che si conoscono da diverso tempo, e che non provengono da altre zone che non quelle adiacenti all'edificio scolastico – magari un quartiere un poco più in là, verso il mare, o magari un quartiere verso nord, più nell'entroterra, ma sempre lo stesso appezzamento di terreno.
Batte, leggero, la fronte contro il legno freddo, facendo scivolare in avanti la corolla di capelli chiari che gli circonda tutta la testa. Quel taglio gli è nuovo, come tutto attorno a lui, altro simbolo fisico e visibile di quel cambiamento radicale che ha dovuto affrontare nell'ultimo mese della sua vita.
Senza più pensare a niente, imponendosi un vuoto mentale appena ristoratore, recupera dallo zaino il sacchetto con il cestino del pranzo; la sua pancia non emette alcun segnale di esigenza, così come l'appetito gli muore in gola alla sola idea di appesantirsi ancora di più. Ma sa anche, purtroppo, che se non mangia durante la pausa delle lezioni non potrà farlo altrimenti, e non è molto sicuro di riuscire ad arrivare alla fine delle lezioni senza neanche una briciola nel proprio stomaco.
Onigiri, tramezzini e qualche polipetto arrostito: almeno in quelle certe abitudini, i componenti della sua famiglia non si discostano dalla normalità.
I primi bocconi vengono accompagnati da uno sguardo perso nel vuoto, che non ha intenzione di catturare niente né ha una precisa volontà; mastica lento, in maniera piuttosto meccanica, e i sapori come i pezzi di pane gli scivolano sulla lingua e non lasciano traccia di sé, per finire a gonfiare il suo ventre poco a poco.
Cattura però solo un guizzo, con la coda dell'occhio, che proviene dalla superficie del vetro della stanza. Impiega qualche secondo a realizzare che non si tratti di una mera illusione, e che qualcosa intenzionalmente sta compiendo un gesto: ha le guance piene, l'ultimo tramezzino stretto tra le dita, nel momento in cui si accorge che qualcosa ha appena compiuto un movimento.
Si guarda attorno, cercando reazioni da parte dei suoi compagni, ma nessuno pare essersi accorto di quello che sta accadendo. Quindi, per lui, la soluzione è fin troppo semplice.
Sospira, per poi tornare alle proprie occupazioni senza altro interesse.

 

-Ti uniresti al club di nuoto?
Un'altra presenza, ben più ingombrante e fisica, con quella spazzolata di biondo sopra il capo e due occhi che sembrano grandi quanto metà viso e espressivi come un'emozione intera, si fa così vicina alla sua persona che non gli è proprio possibile ignorarla, neanche volendo o facendo finta. Ha un tono di voce piuttosto squillante, difficile da non sentire, penetrante quanto può esserlo un trapano non discreto.
Eppure, è poco più di un metro e mezzo di altezza, la stessa sua età e un sorriso solare, una divisa allacciata bene sul davanti e dei terribili pantaloni troppo appariscenti.
Se Aiichirou si trova a disagio, è più per il modo con cui l'altro si pone a lui, sconosciuto non solo ai più della scuola, ma anche e in specie al proprio interlocutore. Rimane quindi perplesso, fermo com'è stato raggiunto presso gli armadietti delle scarpe, con una stringa ancora slacciata e un calzino bianco esposto per la caviglia rialzata. Non può appellarsi alla pietà dei passanti, anche se sulle prime cerca con lo sguardo qualcosa con cui svicolare dall'altro – non lo trova, e allora è costretto ad affrontarlo in qualche modo, trovando le parole sul fondo della propria gola.
Dita strette attorno alla maniglia dello zaino, spalla che quasi tocca il metallo dell'armadietto.
-C-club di nuoto...?
La titubanza mostrata è genuina, ma non sembra affatto venire percepita dall'altro, che non si schioda dal proprio stato d'essere. Si protende, persino, con il busto nella sua direzione; ora ha gli occhi ancora più grandi, e gli angoli della bocca ben scavati nelle guance.
-Sì, esatto! La nostra scuola ne ha uno! Ti interessa?
Aiichirou si ricorda, più o meno all'improvviso, di quel ragazzo.
Lo ha visto quasi tutta la mattinata andare avanti e indietro per i corridoi della scuola, con dei volantini in mano, ad avvicinare ogni genere di ragazzo gli capitasse a tiro o avesse la sfortuna di incrociarlo lungo la propria strada. Non lo ha mai visto dubitare di se stesso neanche un secondo, e per un istante ha ben sentito una qual invidia dentro il petto, nonché una notevole pena per tutti quelli che venivano catturati.
-Io, ecc-
-Sai? È molto divertente! Siamo ancora in pochi, ma abbiamo già partecipato a diverse gare!
Non riesce a formulare alcuna parola, ma almeno gli rimane intatta la capacità di pensare e ricordare, ancora.
Giorno precedente, durante la cerimonia di apertura del nuovo anno. Aiichirou è stato troppo preso dai propri sentimenti per accorgersi davvero di quello che gli capitava attorno, preso dalla quantità di gente presente e confuso da toni e voci che non conosceva ancora; ha cercato di portare attenzione laddove pensava servisse, anche se il suo interesse scemava di tanto in tanto in cali dovuti a una mancanza di sonno per la troppa ansia e a troppi particolari messi assieme, datigli tutti in una volta.
L'esibizione del club di nuoto, però, se la ricorda a tratti.
Alza le mani, cercando di frenare in qualche modo l'entusiasmo di lui, ancora così sfavillante.
-Io non credo ch-
-Non fa niente se non sai nuotare! Rei-chan è bravo solo con lo stile farfalla, ma rimane comunque in squadra!
-Forse sarebbe il caso che io-
-Sei dei nostri, dunque?
Con la schiena contro l'armadietto, Aiichirou sente di dover troncare tutto ciò in quel momento esatto, prima di venire completamente catturato. Si fa serio, all'improvviso, tanto che il suo interlocutore rimane basito dal cambiamento repentino, e con parole fin troppo educate accenna un inchino in avanti, quasi contro di lui.
-Ci penserò, davvero!

 

Buio, di notte.
Chiude gli occhi, e c'è nero. Apre le palpebre, e continua a imperare attorno a lui un'ombra scura duratura, che avviluppa ogni singola cosa. Ne ha avuto paura, da piccolo, prima di imparare a conviverci esattamente come ogni altra cosa della vita – il contrasto con la luce, per Aiichirou, ha un significato diverso che per tutti gli altri.
O quasi: per quello che sa e può ricordare, soltanto un'altra persona è stata in grado di percepire e comunicare con gli spiriti o con i fantasmi, ed è stata la sua defunta nonna materna. Oltre lei, al suo vecchio villaggio, nessuno riusciva a comprendere la sua capacità, e questo è stato solo uno dei tanti motivi per cui, fin da piccolo, non ha avuto molte persone attorno a sé definibili come amici.
Riesce a stento a far finta che gli importi relativamente. Quando i suoi occhi capitano all'incrocio di una strada, per lui è normale intravedere una scia opalescente, ancora più rarefatta di una boccata di fumo appena uscita dalle labbra di un vivo, che ha le sembianze e le fattezze più o meno precise di un giovane una volta così tanto vitale da andare a schiantarsi contro un muro o un lampione per via di un eccessivo amore per la velocità e la vita. Oppure, passando davanti a un giardino ben tenuto, la schiena curva di signori anziani e paffuti, intenti ad accarezzare con polpastrelli non più senzienti la fogliolina verdastra di una pianta cresciuta con cura e dedizione, che nonostante tutto è sopravvissuta ai suoi anni e persino alla sua mancanza.
C'è malinconia, negli sguardi di tutti loro, e rimpianti così forti da non poter essere superati. Solo alcune anime riescono ad ascendere al cielo, e sono beate proprio per questo.
Aiichirou non ha mai creduto nell'esistenza dell'inferno o del paradiso, né come minaccia o come ricompensa soltanto morale né come luogo fisico dove le anime vengono risucchiate per qualche motivo, perché la sensibilità di tutte loro è l'unica benedizione e l'unica maledizione con cui il creato può toccarle. Crede però in un sonno perenne, e molto calmo: l'assoluta negazione dell'esistenza e del movimento è un ghiacciato sogno infinito.
L'unico desiderio che lo lega all'idea di morte è la volontà di trovarsi nella propria ultima ora senza rimpianti o rimorsi in mano o nel proprio petto, in modo da attenuare il dolore.
Non può toccare il buio, come non può toccare la notte o il peccato. Può sentire, però, perché quel qualcosa che accomuna lui e tutti i fantasmi che ha potuto incontrare risiede proprio nell'intensità del sentimento. Sua nonna ha potuto parlargli degli spiriti rancorosi, che vagano più nella propria disperazione che in un luogo prettamente fisico, e investano con la loro negatività tutto ciò che gli si rivolge. Allontanarsi, scappare, rifiutare l'incontro: sono le uniche vere armi per quelli come loro, incapaci di combattere l'essenza invisibile.
Si volta, girandosi nel letto, appoggiando quindi la guancia alla federa fresca del cuscino. Socchiude gli occhi e intravede nel silenzio della stanza forme di oggetti che gli ricordano la normalità del suo essere adolescente. Uno zaino pieno di libri, una scrivania e un tappeto morbido. Butta fuori in un sospiro gli ultimi rimasugli di coscienza, con la testa sempre più pesante e la razionalità che si fa fioca, come una favola raccontata male.
Fuori da quella finestra che non è ancora riuscito ad avvicinare, pare battere qualcosa. Ma sarà soltanto il vento, e poco altro.

 

If I could fall
Into the sky
Do you think time
Would pass me by
'Cause you know I'd walk
A thousand miles
If I could
Just see you
Tonight

[Vannesa Carlton – A thousand miles]

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club / Vai alla pagina dell'autore: Rota