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Autore: 5inque    19/08/2015    3 recensioni
Louis, 23enne annoiato, conosce in una chat Har, una ragazza dagli occhi verdi. All'inizio i due non si sopportano, ma col tempo cominceranno ad apprezzarsi. Har però è sempre molto vaga e Louis capisce che non è del tutto sincera. Ma su cosa? Non sa niente di lei, non sa nemmeno com'è il suo viso. Sa solo che ha gli occhi più belli che abbia mai visto.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sempre più distanti

 

 

Stavo odiando tutti, in quel momento: Harry, il 'capitano' che mi aveva dato quegli stupidi indizi senza senso, ma soprattutto me stesso. Mi stavo odiando per non capire cosa stesse succedendo.

Misi in tasca il telefono e decisi di fare una passeggiata nel parco, per chiarirmi le idee. 

Qual era il primo indizio? 

"Lei" non è ciò che credi che sia. 

Perché aveva messo lei tra virgolette? Un dubbio pesante si fece spazio tra i miei pensieri, ma preferii analizzare le altre parti dell'indizio prima di arrivare a conclusioni affrettate. 

Devi prestare molta attenzione a quello che ti ha scritto e a come lo ha scritto, niente è stato lasciato al caso nei messaggi, né da "lei" né da me in questo momento. 

Ancora lei tra virgolette e, evidentemente, non era affatto un caso. Stavo tremando. 

Solo due volte ha "sbagliato" e tu solo una volta lo hai notato!

Cosa e quando avrebbe sbagliato? E cosa avrei notato? Ero troppo confuso e arrabbiato in quel momento per poter pensare razionalmente, quindi passai al secondo indizio.

Ricorda tutte le foto che hai guardato e tutti gli stati/domande strane che hai letto: le prime le hai viste con i tuoi occhi dal vivo, i secondi ti aiuteranno a capire che buona parte di ciò che ti è successo non è stata solo una pura coincidenza. 

Sbuffai e pensai alle foto che aveva messo come profilo, ormai le sapevo a memoria: occhi verdi, ragazzo misterioso, stivali dorati, ancora occ- 

No. No, no e ancora no. Il dubbio di prima si stava facendo enorme e stava quasi diventando una certezza. Mi rifiutavo di accettare una cosa del genere, non poteva avermi fatto davvero tutto questo. 

Eppure, la mia voce interiore continuava a urlarmi che avevo sbagliato a fidarmi, avevo sbagliato ad affezionarmi, avevo sbagliato a dire tutte quelle cose su di me, così private e personali, ad uno sconosciuto. Sconosciuto che ometteva continuamente dettagli su di sé, che non pubblicava mai sue foto intere, che non parlava mai di sé stesso né al femminile né al maschile, ma che cercava di rimanere sempre neutro (tranne due volte, quando aveva scritto "sono curioso" e io lo avevo preso in giro chiedendogli quanto ce l'avesse lungo - quanto posso essere cretino e ingenuo?) e che, ormai ne ero sicuro al 100%, mi aveva pedinato per Londra cercando di essermi amico.

Tutto improvvisamente trovò una spiegazione, ogni cosa mi stava diventando sempre più chiara. 

Le iniziali prese in giro nei miei confronti, quando, nell'indovinare il suo nome, mi aveva paragonato ironicamente a Sherlock Holmes.
Il divieto di flirtare con lei - o meglio, con lui.
Il continuo chiedermi cosa ne pensassi del ragazzo che aveva come foto del profilo - che stupido ero stato a non riconoscerlo?
Il fatto che prima pensava gli piacessero le ragazze e che poi si era resa - uhm, reso - conto che preferiva i ragazzi, venendo addirittura picchiato dai soliti bulli stronzi e omofobi.
Per non parlare poi degli stivali che avevo visto in foto. Nonostante mi fossi accorto che Styles portasse stivali decisamente femminili, non mi era nemmeno passato per la mente che potessero essere simili a quelli della foto di Harry. 
Avevo ignorato che aveva scritto uno stato in cui diceva "Non preoccuparti, Occhi Blu, ci scontreremo ancora" e che il giorno successivo, dopo avermi chiesto in che bar mi trovassi, ero andato letteralmente a sbattere contro Styles.
Avevo notato le loro somiglianze nel modo di fare e di pensare,  ci ero già praticamente arrivato, ma avevo preferito credere alle menzogne piuttosto che accettare la verità.
Avevo persino dimenticato il fatto che Styles avesse gli occhi identici a quelli di Harry.

Forse aveva ragione Stan nel dire che ero troppo egocentrico. Ero sempre così concentrato su me stesso e sui miei problemi che avevo ignorato la verità che era praticamente sotto i miei occhi.

Il terzo indizio non avevo nemmeno più bisogno di analizzarlo, avevo già capito tutto.

Harry era Styles, Styles era Harry. Harry Styles, ragazzo di 21 anni, gay, single, occhi verdi stupendi, modo di vestire stravagante, cantante e autore di canzoni, lavorava in una panetteria e studiava al college, bullizzato dai suoi compaesani per la sua sessualità, con una cotta per me ed un'accentuata indole da stalker e con un amico, il 'capitano' Niall Horan, che non si faceva gli affari propri nemmeno sotto tortura. Questo era il suo identikit, decisamente più completo di quanto fosse quello singolo di Harry o quello singolo di Styles. Tutto tornava, tutto aveva senso, tutto era incredibilmente sbagliato.

Mi sedetti sul prato umido, prendendomi la testa tra le mani. Ero deluso, triste e arrabbiato con tutti - con lui, con "lei" e soprattutto con me stesso. Come potevo essere stato così stupido? E con che cazzo di coraggio Horan mi aveva chiesto di non arrabbiarmi e di perdonare Harry? Mi sentii come tradito, ma forse me lo ero meritato. 
Liam mi aveva avvertito sin dall'inizio: mi aveva detto di far attenzione, perché altrimenti poi qualcuno ne sarebbe rimasto ferito, ma non pensavo che quella persona potessi proprio essere io.

Io, Louis Tomlinson, solitamente immune ai sentimentalismi, ero stato fregato - e da un ragazzo, tra le altre cose.

Non avevo assolutamente intenzione di perdonarlo, per quanto potessi tenere a lui e lui potesse tenere a me, mi aveva mentito sin dall'inizio, fingendosi un'altra persona e ingannandomi. Se i presupposti erano questi, come potevo anche solo sperare di avere una relazione - che fosse d’amicizia o altro - sincera con lui? E, in ogni caso, non avrei comunque saputo come contattarlo, dato che ormai era sparito dalla chat e non avevo il suo numero né sapevo dove abitasse.

Mi ripromisi di non pensarci mai più, per nessun motivo al mondo. Fine della storia, Harry Styles era definitivamente e assolutamente un capitolo chiuso della mia vita.

___

Dieci giorni. Passarono dieci giorni da quando feci la promessa di non pensare più a Harry Styles e fino a quel mattino grigio e nuvoloso ci ero riuscito senza problemi, accecato dall'ira e dal risentimento verso quel bastardo.

Poi, tutto ad un tratto, mi ritrovai Eleanor nel negozio. Era da qualche settimana che non la vedevo né la sentivo, quindi fu una sorpresa trovarla nuovamente di fronte a me.

"Uhm... ciao?" le dissi titubante.

Mi fece un sorriso rassicurante. "Non ti preoccupare tesoro, non sono venuta qui per riconquistarti, ho voltato pagina... come te, a quanto pare" rispose con un filo di malizia nella voce.

A cosa si stava riferendo?

"Non ti seguo. Hai bisogno di qualcosa? Perché sei qui?" chiesi scocciato. 

Non mi andava di parlare con lei, non mi andava di parlare con nessuno, a dir la verità. In quei giorni mi ero isolato dal mondo e trattavo tutti malissimo, come se non mi fidassi più delle persone. E in parte era davvero così, per colpa di Harry Styles, ovviamente.

"No, grazie, non ho bisogno di niente. Sono venuta qui soltanto perché ho incontrato questo ragazzo molto carino in centro che mi ha chiesto di te. Non sapeva dove poterti trovare, così l'ho accompagnato fin qua" disse lei sempre con quel tono che insinuava cose di cui non ero però al corrente.

"L'avrai perso per strada, allora, perché io qui non vedo nessuno a parte te" la presi in giro.

Mi lanciò un'occhiataccia e continuò. "Non aveva il coraggio di entrare, così mi ha lasciato questa lettera. E' per te" disse frugando nella borsa, porgendomi poi una busta stropicciata.

Guardai il mittente e quasi mi sentii male.

Per Lou, da H.S.

"Lou, eh? Nemmeno io ti chiamavo così, all'epoca..." scherzò ancora Eleanor.

Non feci nemmeno in tempo a pensare che mi fiondai verso la porta del negozio. Avevo il cuore a mille.

"Ehi, Louis! Dove stai andando?" chiese la ragazza, sconvolta.

"Devo parlarci. Da che parte è andato?" le domandai velocemente.

"Verso la stazione, se non sbaglio. Ma - ehi! - non puoi lasciare il negozio vuoto!" protestò, per farmi ragionare.

Le sorrisi angelicamente. "Non sarà vuoto, se ci rimani tu. Divertiti" detto questo misi in tasca la lettera e corsi il più velocemente possibile verso la stazione, maledicendomi per non essere andato al lavoro in auto.

Non sapevo cosa stavo facendo e soprattutto perché lo stavo facendo, sapevo soltanto che dovevo rivederlo, almeno un'ultima volta. Che poi fosse per picchiarlo o per perdonarlo, ancora non l'avevo deciso.

Mi fermai un attimo a pochi metri dall'entrata per prendere fiato, quando da lontano vidi una chioma di capelli familiare su una figura longilinea che non pensavo di poter più rivedere. Il cuore, se possibile, cominciò a battere ancora più forte. La mia parte razionale mi stava suggerendo di lasciar perdere, di non raggiungerlo e di strappare la lettera che mi aveva scritto, per dimenticare del tutto lui e tutte le sue bugie. Il mio istinto, però, non voleva darle ascolto. 

Sospirai rassegnato e ricominciai a correre. Ma dov'era finito? L'avevo perso di vista per mezzo secondo ed era già sparito. Controllai i treni in partenza e constatai che ce n’erano soltanto due che sarebbero partiti da lì a pochi minuti. Potevo ancora fare in tempo a rivederlo per un’ultima volta, dovevo solo essere veloce e, soprattutto, fortunato.

Raggiunsi il primo binario, dove c’era il treno diretto a Leeds. Guardai dentro ogni finestrino, mentre camminavo di passo spedito, ma non vidi nessuno che potesse anche solo minimamente ricordarmelo.

Porca puttana.

Ritornai indietro, per recarmi al quarto binario, dove c’era l’altro treno in partenza. Col fiato rotto e i battiti a mille per l’agitazione e la fatica, arrivai vicino al primo vagone appena in tempo per vederlo. Era lì dentro, di fronte a me che fissava il vuoto, seduto vicino al finestrino con un’aria pensierosa e triste.

Mi bloccai, non sapendo più cosa fare. Avrei dovuto urlargli contro, chiedergli spiegazioni, ma ora che l’avevo ad un passo da me, non riuscivo nemmeno a muovere un muscolo.

Ad un certo punto, mi vide anche lui. Il suo sguardo prese improvvisamente vita, la sua espressione era sorpresa e felice, le fossette - quelle adorabili fossette che tanto avevo osservato in quel famoso weekend - si erano formate prepotentemente sul suo volto. Si alzò di scatto e fece per raggiungere le porte del treno, quando questo partì.

Feci in tempo a vedere la sua rabbia e la sua delusione, mentre pian piano veniva portato sempre più lontano da me. Fece un cenno con la mano, al quale risposi con un mezzo sorriso che sicuramente non poté vedere, ormai troppo distante.

L’avevo incontrato per la prima volta in una stazione e lo stavo vedendo per l’ultima volta sempre in una stazione, con zero risposte e una lettera in mano.

Che fosse quello il nostro destino?

 

   
 
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