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Autore: kissenlove    21/08/2015    2 recensioni
Sequel di “Dirci Addio”.
Sai Honoka..
Da quando te ne sei andata dall’altra parte del mondo, non ho fatto altro che pensare a ciò che mi hai detto, a quelle parole che non riuscivano a uscire dalle tue labbra, lo sfogo di un dolore immenso che tu hai dovuto combattere da sola. Mi sono sentita vuota, imperfetta, ho capito che in questi mesi che avevi più bisogno di me, io non ho fatto altro che girarti le spalle. Dio, mi sento così stupida ed egoista anche!
Ma sai Honoka..
[…]
sono successe tante cose da quando sei andata via. Hikari se ne è andata, mepple non vive più con me, e io ho rischiato la vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Honoka Yukishiro/Cure White, Nagisa Misumi/Cure Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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And I was made for You


Amici sono davvero contenta di essere tornata a raccontarvi delle avventure di Usui Yukishiro, il nostro bellissimo protagonista maschile, figlio come ormai saprete di Kiriya e Honoka, e della nostra new entry Kazumi Fujimura, figlia di Nagisa alias Cure Black e di Shogo. 
I nostri due ragazzi si sono conosciuti in circostanze strane, forse ci sarà una forma di antipatia o forse no, forse non si troveranno per niente come lo fu inizialmente per le loro mamme, o probabilmente tra loro scoccherà la famosa scintilla, non si sa.. 
Ciò che si sa con certezza è che il mistero sulla morte inspiegabile di Nagisa verrà prestissimo svelato, ma per sapere come Honoka verrà a sapere la verità dovrete seguire i prossimi capitoli! 
Io vi lascio al capitolo numero 6! 
Sequel di “Dirci Addio” - 



A volte, la suprema felicità della vita è sapere di essere amati per quelli che si è, e più precisamente, di essere amati nonostante quello che si è. Questa è una frase un po’ idilliaca di un famose autore, un certo Victor Hugo, ma insegna molto, bisogna credere in se stessi anche quando gli altri ti trattano male, ti dicono che non riesci a dare il meglio di te stesso, ma sopratutto insegna ad accettarsi e ad accettare la persona che è destino che ti ami. C’è una sorta di destino scritto, che ci porta ad essere quelli che siamo e ad amare determinate persone, perché a volte succederà che la persona che tu incontrerai in circostanze alquanto rare, magari quella persona riuscirà a farti sentire quello che tua madre ti ha ripetuto molte volte e che tu non hai mai compreso a fondo. 
Usui chiese molte volte ad Honoka “perché ti sei innamorata proprio di una persona che ti faceva soffrire?” potevi semplicemente rimuovere i sentimenti che provavi e gettarli chissà dove per impedire al tuo cuore di andarli a cercare, ma Honoka rispose che era impossibile che il suo cuore smettesse di provare quello che sentiva, quel fuoco che brucia dentro, che ti consuma poco a poco, quell’unica persona che ti rubava l’anima e non ti chiedeva nemmeno il permesso, poi continuava, quando sentirai il cuore vorticare su se stesso, quando ti accorgerai che le farfalle prendono il volo, quando ti specchierai negli occhi della tua lei, quando proverai imbarazzo, quando penserai a lei e la vedrai riflessa in ogni tua azione, quando vorrai immaginarla nella tua vita e non avrai fiato per respirare, quando cadrai e non saprai rialzarti senza la sua mano a guidarti, allora sarai completamente perso. Come mai prima di ora. 
Usui aveva risposto che tutto ciò non gli sarebbe mai accaduto, che non avrebbe mai visto una ragazza al centro della sua esistenza, ma da quando era giunto ai cancelli della Verone Accademy in compagnia di Kazumi si era accorto di essere cambiato totalmente. 
Il preside lo aveva presentato come alla giornata dell’Oscar quasi come un nobile in visita in Giappone, inchinandosi addirittura. 
-Benvenuto alla nostra prestigiosa Verone - aveva affermato il vicepreside, mentre Kazumi roteava gli occhi. 
- Vi ringrazio. - rispose il diretto interessato. - E mi piacerebbe visitare la scuola, se non vi dispiace. - 
-Certamente! - esclamò il signor preside, guardando nella direzione dell’unica studente presente. - Alunna Fujimura. - 
Kazumi non aveva certamente intenzione di accompagnare quel signorino da una parte all’altra dell’istituto, aveva già dovuto sorbirsi abbastanza quel ragazzo, i cui capelli ricordavano un campo verde appena fiorito in primavera, mancavano solamente qualche fiore selvatico, mentre i suoi occhi si confondevano in un azzurro talmente chiaro, da sembrare cielo; non aveva solamente uno sguardo magnetico e profondo, o dei capelli lisci come la seta, ma anche un’altezza da invidiare e una moscolatura perfetta, che lei aveva intravisto dalla sua divisa scolastica. Era un bel tipo, alquanto fastidioso, Kazumi però continuava a sentire una strana sensazione, una sensazione che le aveva attraversato tutto il corpo dal momento in cui le loro mani, i loro polpastrelli, si erano sfiorati per un attimo, una sorta di scarica elettrica, due fulmini che prendevano a mescolarsi fra di loro, e quella sensazione continuava ad avere possesso su di lei. 
Kazumi non era per niente spaventata, ma si sentiva completamente cambiata anche lei.
Portò il suo sguardo un po’ annoiato su Usui, che le stava ancora accanto, cercando di scoprire che cosa celasse in quella sua corazza da duro, magari il suo comportamento così strafottente nascondeva invece qualcosa di più tenero, un cuore più buono e dolce, ma da quando lo aveva incontrato fino a quando loro erano arrivati a scuola, Kazumi non aveva dato risposte alle dovute domande che ancora le risuonavano nella testa, domande del tipo “perché quella sensazione? Per quale motivo quel ragazzo le provoca tutto quello?” domande che ahimé sarebbero rimaste in sospeso. Usui, dal canto suo, la osservava in silenzio, sguardi fugaci, sguardi fulmineii, le loro iridi si incontravano, e in ognuno di esse la loro immagine si rifletteva, in quella di lui la fragile essenza di quel corpicino gracile, in quella di lei la durezza di un uomo che ancora non ha scoperto la sua strada maestra. Anche se tra di loro c’era a dividerli molto di più i loro differenti caratteri, e anche una certa antipatia e diffidenza, in realtà la loro mente vagava per strade sconosciute alla ricerca del loro io, ma il cuore sapeva già, e li aveva già riconosciuti. Nonostante quella apparente diversità palpabile, essi avevano molto in comune.
Usui aveva bisogno di amore, di conforto, di sentirsi bambino anche se non lo era più, Kazumi sotto tutta quella coltre di coraggio nascondeva debolezza e viltà, sotto quella faccia da dura, un cuore ancora immaturo. Usui cercava risposte alle sue domande, Kazumi sapeva di averle trovate ma cercava di sminuirle; se Usui era convinto che il destino fosse scritto per tutti, Kazumi si affidava all’imprevisibilità della vita, una lunga strada piena di insidie, accidentata, come le vie del mistero. 
Se questi tratti potrebbero separarli, a prima apparenza, allo stesso modo essi hanno il potere di unirli e legarli. 
Anche se Usui e Kazumi sono così diversi, ricordiamoci che questa diversità li rende immuni dalle cose comuni, li rende speciali e forti, li distingue da tutti gli altri studenti, li rende partecipi di una leggenda, una leggenda che ha unito anche Nagisa e Honoka, ma in modo diverso, anche Nagisa e Honoka erano diverse, ma questo non ha di certo escluso una loro amicizia, e perché un sentimento simile all’amore... ma Usui e Kazumi non solo non si conoscevano affatto, ben presto tra di loro guerra aperta ci sarebbe stata...
La scarica elettrica provocato dallo sfioramento delle loro mani aveva fatto intendere che loro sarebbero stati protagonisti di una storia. 
Una grande storia.. 
Kazumi smise di chiedersi il perché di quell’incontro, il perché durante tutti quegli anni lei non avesse mai provato quella sensazione, e si concentrò solamente sulla faccia del preside, che la supplicava di mostrare al nuovo allievo l’intera scuola, richiesta che lei dovette accettare per forza, ma a malincuore. I tre se ne andarono, ognuno doveva tornare ai propri doveri, e presto sarebbero iniziate le lezioni. 
Usui era rimasto fermo, lo sguardo fugace dalla strada alla sua accompagnatrice non si era mai fermato, nonostante le parole tanto stimate sulla sua persona da parte del vicepreside lui continuava ad osservare e approfondire la ragazza accanto a sé. 
Adesso riusciva a scrutare meglio Kazumi, i suoi capelli vivacemente lasciati andare, trascinati dal vento, gli arrivavano sotto al naso, così che lui aveva l’opportunità di scoprirne l’odore, senza chiederle il permesso. Quando Kazumi si spostò di fronte a lui e piantò gli occhi nei suoi, il colore oro delle sue pupille risultò più splendente di mille tesori nascosti in una grotta, e la sua corporatura gracilina e incosistente da somigliare a un fuscello ancora più evidente. Un lieve strato di pelle a ricoprire le sue ossa, e quasi poteva avvertire il sussulto del suo cuore dalla camicetta fine e leggera, e il richiamo leggero della sua voce che lo costrinsero a guardarla dritto in quei pozzi chiari, - Andiamo, scalmanato! Ti devo mostrare la scuola, no? - fece la ragazza, come se fosse seriamente scocciata dalla presenza ossessiva di quel giovane, che continuava ad osservarla come un idiota patentato; lei li aveva visti, i suoi occhi blu cobalto frenetici non li aveva mai persi da quando avevano varcato il cancello, ed era convinta che fremesse dalla voglia di toccarle i capelli, o di osservare la rotondità del viso, oppure di sfiorare nuovamente quelle sue mani di un vivace colorito, rispetto alle sue, che sembravano essere talmente bianche e pallide da farlo somogiliare a un vampiro, un vampiro elegante e posato, pronto a succhiarti il sangue. La sua pelle di porcellana, fredda al tatto, ricordava il colore lunare, la luce della luna piena nelle notti di sereno. 
-Ti dispiace? - le domandò lui, rimasto deluso, adesso capiva perché non riusciva ad essere amico di nessuno, era troppo serio. 
A un certo punto vide lo sguardo del giovane oscurarsi, si sentì colpevole di quel suo cambiamento, in fondo lei non aveva ereditato solamente i capelli dal padre, la sua inteliggenza, la sua profonda bellezza, ma anche la pazzia di sua madre e una buona dose di stupidità, di certo non si poteva lamentare, visto che il coraggio era l’unica cosa buona che aveva in comune con sua madre. 
Kazumi si morse il labbro inferiore, e si avvicinò esitante. - Forse, ho esagerato. - e detto questo, con la mano tremante gli toccò il braccio destro, scuotendolo, ma il giovane rimaneva immobile, Usui si era rimproverato, per la sua serietà, per la sua timidezza, per la sua enorme idiozia, e per il fatto di non riuscire ad esternare ciò che provava, ciò che il suo cuore sentiva. Improvvisamente il suo corpo tremò come una foglia, si sentì nello stomaco un turbine di emozioni travolgerlo completamente, e si ritrovò ad osservare Kazumi più da vicino, visto che la ragazza lo stava osservando con sguardo colpevole. - Scusa - e questa semplice parola gli risuonò nelle orecchie. 
Nessuno gli aveva mai chiesto scusa. Nessuno, era la prima volta, e lui sentì il cuore perdere un peso da dosso; l’istante di improvvisa complicità scattata tra i due giovani fu portata via dal vento, Kazumi preferì lasciare il braccio, e proseguire lontano da lui, con le gote completamente in fiamme. - Guarda, non farci l’abitudine chiaro! - esclamò, riprendendo quell’atteggiamento di prima. 
-Sì, Kazumi - 
- Fujimura, ragazzo. Per te Fujimura, non siamo nulla di che, anzi meno di conoscenti. - 
Usui sentì il mondo precipitargli addosso, come una doccia fredda, credeva di essersi riuscito a conquistare la sua fiducia, ma a quanto pare sarebbe stata un’impresa dimostrare a quella ragazzina che lui poteva essere come lei. La ragazza si girò a guardarlo, e sospirando, gli si avvicinò nuovamente, permettendo un nuovo incontro più ravvicinato del primo, ma questa volta il cuore di Usui subì un forte scossone, nel vedere che la mano della ragazza incontrava la sua. - Andiamo scalmanato! - però il contatto durò poco, una forte scarica di due fulmini costrinse i due a slegare le mani, mentre Kazumi si toccò la mano spaventata. 
- Oh santo cielo! Togli la mano dalla corrente ragazzo, non voglio finire arrosto! - urlò. 
Usui si guardò la mano anche lui, un fulmine bianco accerchiava ancora le sue dita. 
- E tu? - 
- Io cosa? Mamma mia, credevo di finire abbrustolita, andiamo! - esclamò, ma questa volta si tenne a distanza di sicurezza, per evitare nuove scariche. I due iniziarono a camminare in avanscoperta della scuola, Kazumi conosceva bene la struttura, e durante il tragitto raccontava a Usui la storia della strana statua del Domani, una storia che si era tramandata, e che lei aveva appreso da sua madre, che aveva frequentato la Verone Accademy anni addietro. Usui ascoltava ben volentieri la magica storia, era abituato, e mentre chiacchieravano come due amici di vecchie data, Kazumi mostrò al nuovo arrivato il teatro, dove ogni anno si svolgeva il Festival. 
- Questo è il teatro, è stato rimodernato.. altrimenti sarebbe andato perduto con gli anni. - 
- Anche la mia vecchia scuola aveva un teatro... un tantino più vecchiotto, e ci facevamo gli spettacoli. - 
- Qui dentro vanno in scena sceneggiature scritte dall’amica di mia mamma, Shiho Kubota, è una regista, lavora a HollyWood insieme a suo marito, che è regista come lei, sono davvero una bellissima coppia, come i miei genitori d’altronde. - precisò Kazumi, fiera di essere il frutto di un amore tanto grande. Usui salì sul palco. 
- Mia madre frequentava questa scuola. - iniziò.
-Che coincidenza! - 
- Perché? - 
- Anche la mia frequentava questa scuola... - ma mentre stavano affrontando il discorso, la campanella suonò. -Bisogna andarcene Usui, vieni ti mostro le classi, sono al terzo piano. - 
Usui aveva seguito Kazumi in ogni dove, in palestra, tra i corridoi della Verone, nel campo della lacrosse e del calcio, negli spogliatoi dei ragazzi e delle ragazze, e infine sulla terazza della scuola, dove il loro giro era finito. Purtroppo a breve le lezioni sarebbero incominciate, Usui era molto triste di dover lasciare la sua nuova “amica” se la poteva definire così, ma da quel momento avrebbe dovuto provare a cavarsela da solo e ad essere un pochino più coraggioso ed estroverso, il destino volle che il vicepreside, preside e commissione, lo smistassero nella seconda A, classe ciliegio, e che si trovasse guarda caso a presentarsi proprio nella medesima classe di Kazumi. 
Quando entrò per presentarsi come nuovo compagno di classe, Kazumi riconobbe immediatamente lo sguardo magnetico del suo vecchio conoscente, e sotto gli occhi delle sue compagne divenne rossa come un pomodoro maturo, il fatto di arrossire era un tratto che aveva sempre ereditato da sua madre, che la prima volta che aveva visto il suo futuro marito, e padre di sua figlia, si era bloccata ed era arrossita, a un certo punto sembrò che quell’aula fosse troppo piccola per lei, e che aveva bisogno di aria. 
La professoressa Rina invitò il nuovo alunno, e Usui si presentò nel modo più introverso possibile, mentre alcune ragazze già commentavano il suo aspetto con gli occhi a cuoricini, aizzando la rabbia di Kazumi contro di loro che non sopportava gli strillini che le davano solo il mal di testa, visto che le sue compagne sbavavano come cagnolini proprio per tutti. 
Ran, la migliore amica di Kazumi, stava sospirando, e teneva la testa ciondoloni sul banco, mentre Usui accennava la sua presentazione. 
- Salve, ehm... vengo dalla Francia, sono il vostro nuovo compagno, Usui Yukishiro, piacere. - e fece un inchino, mentre le ragazze lanciavano urletti. Appena il ragazzo rialzò il suo volto, gli occhi dei due ragazzi si incontrarono, e i loro cuori sussultarono di nuovo. 
Rina Takashimizu, la migliore amica della mamma di Kazumi, ora diventata maestra disse vicino al nuovo arrivato. 
- Benvenuto Usui. - e alla classe aggiunse. - Ragazzi, trattatelo bene. Allora dove vuoi sederti, caro? - 
Usui gettò uno sguardo sulla classe intera, non c’era nemmeno un posto libero. 
- Non saprei, professoressa. - 
Rina indicò un posto vuoto. 
- Guarda caso c’è un posto vuoto lì caro, prendi posto e segui la lezione. - 
Usui vagò fino al posto libero, e si accorse che il posto di cui parlava la professoressa era proprio vicino a Kazumi, c’era il posto proprio vicino a Kazumi Fujimura, e lui non ci pensò nemmeno una volta, e con passo elegante e ben posato, andò verso il banco e ci piazzò la cartella sopra. Kazumi faceva finta di non vederlo, continuando a sbirciare nel suo libro, rimasto aperto sul banco, mentre Usui si sedeva proprio affianco a lei e le sussurrava nell’orecchio. - Ciao, di nuovo. - ma lei non rispose, e continuò a leggere attentamente la sua lettura, anche se tutto ciò le risultava faticoso, visto che adesso non solo non riusciva a respirare, ma la sua vista iniziava persino a perdere consistenza delle cose. Ran, dietro di lei, le urlava che fortuna, il tipo più bello vicino a te amica, fortunata sei, ma Kazumi non la pensava così, averlo vicino le faceva salire la pressione a mille, e il cuore sembrava volerle uscire dal petto da quanto tamburellava. 
Non era una bella cosa sentirlo così vicino. 
Rina si mise a spiegare la storia cinese, ma lei da perfetta studente no grazie faceva finta di ascoltare la lezione, e si metteva a leggere manga di nascosto; Usui che non aveva smesso un attimo di fissarla da quando si era seduto, si aggiustò meglio sulla sedia, e si avvicinò, portandosi più su di lei. - Mi fai vedere dal tuo libro? - le sussurrò ancora nell’orecchio. 
Kazumi cercò di spostarsi, sentiva un peso sul cuore, voleva il suo spazio, ma se si fosse spostata ancora di più sarebbe caduta dalla sedia, così rigirandosi le sue scarse ciocche fra indice e pollice, passò il libro più verso a Usui, dicendogli. - Contento? - 
- Certo, però tu come segui la lezione? - 
- Tranquillo, ho i miei modi. Mi faccio passare da Ran tutto ciò che ha detto la professoressa Rina. - 
- Male Fujimura. - disse lui, spostando la mano sulla sedia della ragazza. - Avvicinati così segui anche tu. - 
- Non ci penso proprio, Yukishiro! - esclamò, sperando che la professoressa non avrebbe distolto l’attenzione dalla sua lezione. 
- Come vuoi, ma poi non dare la colpa a me se poi ti va male il compito! - 
Kazumi ricordava i suoi precedenti compiti, tutti le erano andati male, aveva sempre preso negatività, e di certo non poteva non ricordare le sgridate di sua madre, sua madre che poi era stata la prima a fare una pessima carriera scolastica, una volta suo padre, che non era mai stato severo con lei, le rifiutò un’uscita con gli amici obbligandola a studiare tutta la notte, e sua madre per punizione le aveva sequestrato i suoi manga preferiti sulle Pretty Cure. Kazumi fin da bambina aveva adorato le avventure delle leggendarie guerriere, e l’aspetto di Cure Black le ricordava un po’ quello di sua madre, ma lei non ci aveva mai fatto troppo caso, perché probabilmente Cure Black era stata inventata e quindi era soltanto una coincidenza no? Comunque quel giorno fu il più brutto della sua vita, tutto male, scuola, casa e sopratutto famiglia. I suoi stavano vivendo una profonda crisi coniugale, che non dipendeva da suo padre, bensì da sua madre, che stava diventando leggermente isterica per colpa della gravidanza. Sì, sua madre era incinta, e suo padre doveva acconsentire a tutto, anche ai più piccoli sifizi altrimenti il suo fratellino sarebbe nato con una voglia di un qualsivoglia frutto. 
Lei era passata in secondo piano, ma era normale, tra poco sarebbe stata una sorella maggiore. 
In ogni caso, lei ingoiò il suo nervosismo e prese ad avanzare verso Usui; il cuore iniziò a battere nel suo petto, lo avvertiva chiaramente, mentre giocherellava con il suo manga, stropicciandone la pagina. Cambiando le pagine, Usui sfiorò la sua spalla, e lei prese ad arrossire tutta, non era una che si perdeva nel romanticismo, ma stava seriamente male; Usui spostò lo sguardo dalle righe del libro, e prese un foglietto tutto stropicciato scrisse. - Lo sai che sei così bella quando sei nervosa? - e glielò passò. 
Lei appallottolò il messaggio dopo averlo letto e gridò. - Piantala Yukishiro, io e te non abbiamo niente da dirci. Zitto e segui! - 
Usui sorrise, continuando a guardarla, mentre lei appuntava velocemente ciò che diceva la professoressa, e anche se nascondeva tutto con quelle parole da dura, lui sapeva che in realtà lei era capace di sciogliersi come un gelato in piena estate. 
Riusciva a percepire il suo cuore, che batteva a mille, solo avvicinandosi un pochino di più a lei, al suo corpo gracile, sentiva la sua agitazione vibrare nell’aria delle dieci, che lei tentava inutilmente di sopprimere, ma che lui sapeva che esisteva, come se da sempre la conoscesse. La lezione era quasi a metà, e Usui era attaccato completamente a Kazumi, tanto che per Ran era difficile visualizzare la cattedra da dietro, Usui si rese conto improvvisamente di quanto la sua aria da strafottente e latin lover avesse ceduto il posto a un’inspiegabile timidezza, si sentiva andare a fuoco, era difficile seguire la storia dei cinesi con lei di fianco; Kazumi si toccava quei suoi capelli, se li spostava da una parte a un’altra delle spalle, li rigirava vicino alla penna, e poi ricadevano vicino al viso e alla bocca. 
Una bocca così teneramente intagliata, che stava a tratti chiusa a tratti aperta. 
Kazumi stanca di essere fissata come un monumento si girò e incontrò i suoi occhi cobalto, illuminati mai come prima. 
- Allora, vedo che te lo devo di nuovo ripetere: non fissarmi come un baccalà! - 
- Che ci posso fare? Sei bella da guardare. - fece lui, coraggioso come non lo era mai stato. 
- Ma fammi il piacere! Se io sono bella tu sei un principe. - 
Lui la guardò negli occhi, e lei sentì il bisogno di rimpicciolirsi, però qualcuno aveva smesso di parlare e li stava fissando. 
- Fujimura, Yukishiro cosa state facendo? - 
- Niente, professoressa! - si affrettò a reclamare la ragazza. - E visto che non stavo seguendo la lezione, vado in punizione col suo permesso! - detto questo e sotto lo sguardo perplesso di Rina, la ragazza uscì fuori, chiudendosi la porta alle spalle. 
- Professoressa! - la chiamò Usui. 
- Yukishiro... - 
- Posso andare anche io in punizione? - 
- Se è una scusa per sfuggire alla lezione... - continuò Rina, ma Usui fu pronto a controbbattere. - No, puliremo i vetri della scuola. - 
- Va bene! - concluse la professoressa, esortando a recuperare secchio e spazzola per dare una ripulita ai vetri, su cui vi era un leggero strato di polvere. Quando Usui si presentò fuori, Kazumi cercò di andarsene, - No, anche qui no eh! - 
- Aspetta, Fujimura. - e le corse incontro con il secchio. 
- Cosa vuoi! Sei un ossessione, Yukishiro-san! - 
Il ragazzo le mostrò il secchio. - Dobbiamo scontare la nostra punizione, no? - 
- Eh! - esclamò la ragazza, seriamente perplessa; adorava stare in punizione perché non faceva nulla, ma adesso. 
- Dobbiamo pulire i vetri, ho promesso alla professoressa che non ce ne saremmo stati con le mani in mano! - 
- Bene, lo fai tu! - 
- Cosa? Dobbiamo farlo insieme, Kazumi. - 
- Chi lo dice? - 
- Io! -
- Perfavore, io voglio stare in pausa non lavorare. - 
- Volevi per caso che le dicessi che stavamo perdendo tempo ad osservarci e che quando ci interrogherà non sapremo niente? - 
Kazumi fece segno di sì con la testa. 
- Spiacente! - esclamò il ragazzo. - Prendi il secchio e puliamo i vetri! - le ordinò, e la ragazza senza dire una sola parola iniziò.
I vetri della Verone erano grandi e molto sporchi, Kazumi stava pulendo i vetri da circa due ore, e non immaginava altro che schiuma e vetri da pulire, se fosse andata a casa e sua madre le avesse ordinato di dare una rassettata ai vetri giurava che le avrebbe detto di no, anche se con quel pancione le era difficile fare qualsiasi movimento. La colpa era di lei che si era fidata di Usui, visto che era stata sua l’idea di dare una ripulita ai vetri della scuola, ma almeno il vicepreside sarebbe stato contento di loro, visto che diceva che gli alunni di quella scuola erano sempre impegnati a sporcare e a non ripulire, quando dimenticavano di cambiare le scarpe al loro ingresso, ed era lui che puliva tutto il fango dai corridoi. Kazumi era immersa nella schiuma, e mentre puliva la decima anta, si fermò per riposarsi, e in quel breve minuto di pausa il suo sguardo vagò fino al suo compagno di sventure, che come lei era intento a rimuovere la schiuma. 
Usui era bello anche se sudato. I suoi capelli gli si attaccavano in fronte, ma lui con un veloce gesto li rimetteva al proprio posto, e con infinita eleganza, sciacquava tutta la schiuma, mantenendo sempre quella sua bellezza frencese e quel suo atteggiamento da mistero. 
Quando smise di lucidare il vetro, la guardò, e lei sentendosi in completo imbarazzo, colpì il secchio e tutta l’acqua si rovesciò per terra. 
- Oh Dio, che disastro! - 
- S-scusa è colpa mia! - urlò lei, mentre entrambi si inginocchiavano. - Pulisco io! - 
- No, io - e le loro mani si sfiorarono di nuovo. - Se vuoi. - 
I loro occhi si scontrarono, blu nel caramello, e le loro figure rimasero inchiodate sul pavimento, era come se nessuno di tutte e due volesse abbandonare quella posizione per non perdere quel loro unico momento di complicità, il caldo abbraccio della lontananza e gli gesti incompresi che valevano più di mille parole. Kazumi spostò la mano, e se la portò al petto. 
-Mi dispiace! - e gli consegnò lo straccio. - Pulisci tu, poi andiamo a casa che si è fatto tardi. - 
- Come vuoi, Fujimura-san - 
-Bene. - 
La ragazza prese il secchio, e finì di ultimare il lavoro, mentre Usui asciugava il pavimento pieno di acqua. Quando i due giovani conclusero la punizione erano ormai le cinque, il sole stava lentamente calando fra gli anfratti delle montagne, e sicuramente i genitori si sarebbero preoccupati non vedendoli tornare. Kazumi ricevette un messaggio da suo padre che le chiedeva di passare prima in ospedale e poi a casa, visto che lui stava per smontare, e sarebbe quindi tornati insieme. Quindi Kazumi fu costretta a salutare il suo compagno. 
- Mio padre è in clinica e devo andarlo a prendere, ho fatto promettere a mamma che non avrebbe più preso una macchina, durante il suo stato interessante. - spiegò Kazumi, - Ti dispiace se torni a casa da solo? - 
- No, assolutamente. Ti prego, stai attenta tu Fujimura-san. - 
- Non preoccuparti, so badare a me stessa. - la ragazza ciondolò su un piede, voleva salutarlo, ma era troppo imbarazzata, così avvicinandosi a lui, e alzandosi con le punte fino al suo viso, gli lasciò un bacio sulla guancia destra, e gli sorrise. - Notte Yukishiro-san - 
Poi Usui la vide sparire su per la scarpata, mentre lui prendeva la strada opposta. 
Era così che era passato velocemente il suo primo giorno alla Verone... 



Angolino della Love! 

Punizioni... punizioni... per i nostri due protagonisti! 
Sembra che ci sia un pochino di imbarazzo, voi che dite è amicizia o qualcosa di più? 
Ringrazio la mia oneee-chan e Rosanera per l’affetto, e tutti quelli che seguono, recensiscono e tengono nei preferiti la mia storia, e perché no, anche chi la apre soltanto! bacioni <3

La vostra #Lovechan


 
   
 
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