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Autore: ChelseaH    21/08/2015    1 recensioni
Dove Harry e Louis pensano di non poter essere più incompatibili di così, finché Louis non riesce a trascinare Harry nei proprio guai.
“Non rispondere. Dimenticati dell’erba. Aspetta, ho un’idea... ricominciamo da capo.”
Così dicendo uscì dal negozio, lasciò passare due minuti esatti di orologio e rientrò.
“Buongiorno, sono Louis Tomlinson, sono qui per un colloquio,” disse allungando una mano verso Harry dall’altra parte del bancone.
“Tu sei pazzo,” disse Harry guardandolo come se fosse un alieno. “E comunque da dove vieni con quell’accento così marcato?”
“Donny.”
Harry lo fissò interrogativo.
“Doncaster,” ripeté usando il nome completo della cittadina dalla quale veniva. “Non l’hai letto sul mio curriculum? Sono abbastanza sicuro di averci scritto ‘Doncaster, patria dei gloriosi Rovers’.”

[Harry/Louis]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DANCE INSIDE

What makes the one to shake you down?
Each touch belongs to each new sound
Say now you want to shake me too
Move down to me, slip into you

 
 
Prologo.
Quando Harry si era iscritto al corso di moda, non aveva idea che questo implicasse un minimo di quattro libri a corso, ciascuno di minimo cinquecento pagine e con la dicitura falsa e fuorviante di “illustrato”. Nel libro che stava studiando – o per meglio dire sfogliando svogliatamente – c’erano venti pagine illustrate che non seguivano nemmeno la numerazione canonica, lasciando così le 487 pagine di cui era composto il libro a 487 fitte fitte di righe su righe scritte in un font che era abbastanza sicuro fosse massimo 8 di grandezza. Ma proprio massimo. Quando si era iscritto al corso di moda aveva pensato che sarebbe andato in giro per la città vestito all’ultima moda, iPad alla mano con una lista infinita di siti e blog di moda fra i preferiti e con nello zaino enormi libri illustrati – veramente illustrati – pieni zeppi di quei modelli di vestiti che per il momento poteva solo sognarsi, ma che nei suoi sogni un giorno sarebbero stati suoi. Pensava che avrebbe scoperto tutto di Yves Saint Laurent, Coco Chanel, Balenciaga ma che l’avrebbe fatto con corsi interattivi in cui il compito più noioso sarebbe stato ‘ricrea questo look da passerella usando solo e soltanto quello che hai nell’armadio’ oppure ‘hai un budget di 100£ e due ore di tempo da Zara per sembrare pronto alla serata di gala più in dell’anno’, di sicuro non si immaginava che avrebbe passato interi corsi ad apprendere nel minimo dettaglio come una contadina del medioevo possedesse solo due vestiti – quello per tutti i giorni e quello da festa – e come non facesse altro che rammendarli da mattina a sera per poterli poi passare alle figlie, dopo che lei stessa li aveva ereditati dalla madre e chissà da quanto andava avanti questo circolo vizioso. Da tanto, troppo, a giudicare da alcune illustrazioni. Non che la lettura lo impaurisse, al contrario, era il tipo che leggeva Bukowski prima di andare a dormire ma... diciamo che quello non era esattamente ciò che si era immaginato quando aveva messo i suoi vestiti in una valigia e si era fatto accompagnare da sua madre alla stazione a due binari di Holmes Chapel, l’aveva baciata teneramente sulla guancia prima di salire sul treno che l’avrebbe portato a Londra dopo un cambio e due ore e un quarto di viaggio.
Scendere a Euston era stato già di per sé uno shock, insomma c’erano diciotto binari.
E no, non era mai stato a Londra.
No, non era decisamente preparato a tutto quel caos, a tutta quella frenesia.
Nessuno gli aveva detto che nella metropolitana di Londra se ti fermi sei morto, devi sapere esattamente dove vuoi andare, esattamente da quale parte girare, esattamente in quale punto preciso della banchina vuoi aspettare la metro. E così si era ritrovato a partecipare agli Hunger Games nell’esatto istante in cui aveva avuto la malauguratissima idea di fermarsi in mezzo a quello stretto corridoio sotterraneo indeciso su quale direzione prendere.
Londra era una grande città.
Peccato che nessuno si fosse preso la briga di dirglielo.
Sua madre si era fatta una risata genuina quella sera, quando l’aveva chiamata disperato per raccontarle quanto fosse stato difficile raggiungere l’appartamento di sua sorella a Shoreditch.
“Certo che Londra è una grande città, Harry” gli aveva detto con tono divertito.
Be’, visto che pareva saperlo così bene avrebbe potuto avvertirlo prima di abbandonarlo in stazione. Anche sua sorella che abitava lì da due mesi pareva saperlo bene e anche lei aveva evitato di renderglielo noto e si era fatta una bella risata quando l’aveva trovato seduto sugli scalini di ingresso del condominio abbracciato al suo trolley blu come se fosse il suo solo e unico amico in tutto l’universo.
Gemma – sua sorella – si era offerta di ospitarlo a tempo indeterminato ma lui aveva immediatamente deciso di trovarsi un’altra sistemazione nell’istante in cui aveva scoperto che Gemma... be’, Gemma conviveva con un tale di nome Charles. Sua madre lo sapeva? Sapeva che la sua unica figlia femmina era scappata da Holmes Chapel dicendole che era giunto il momento di cercare la propria strada nel mondo solo per correre dietro a un uomo? Era abbastanza sicuro che no, non lo sapesse o lui l’avrebbe saputo.
“Non sono scappata da Holmes Chapel per correre dietro a un uomo, Harold” l’aveva zittito lei levandogli il cellulare di mano e impedendogli di raccontare seduta stante tutto alla madre. “È semplicemente successo.”
Sì, peccato che la ragione per la quale lui fosse a sua volta scappato da Holmes Chapel si chiamasse proprio Charles – un altro tipo di Charles ovviamente – e che fosse il suo ex ragazzo nonché amore della sua vita. Holmes Chapel non era Londra dove puoi girare in tondo per almeno due ore senza trovare l’appartamento di tua sorella nonostante i suggerimenti di google maps sulla strada da fare, Holmes Chapel era il posto in cui volente o nolente incrociavi tutti quelli che conoscevi – che erano pari all’intera popolazione del paese - un minimo di dieci volte al giorno, perfino quando ti chiudevi in camera tua deciso a non uscirne per il resto dei tuoi giorni. Quando la cosa si era fatta insostenibile aveva deciso di essere stufo di lavorare nella panetteria locale e di volersi iscrivere a questo stupido corso di moda, il tutto perché il corso si teneva a Londra e Londra era lontana due ore e un quarto di treno da Holmes Chapel e a Charles non sarebbe mai venuto in mente di trasferirsi così lontano. E poi lui amava la moda no? Stava iniziando a pensare che amare vestiti alla moda che non si poteva permettere e amare la moda non fossero esattamente la stessa cosa, e comunque lui non si sarebbe mai messo un vestito rattoppato di suo padre che prima apparteneva a suo nonno e che a sua volta aveva ereditato dal suo bisnonno. Non che fosse uno snob, ma seriamente la gente viveva così un tempo?
Sbatté con frustrazione il libro sul tavolo e guardò l’orologio che segnava quasi mezzogiorno. All’una attaccava a lavorare in panetteria – sì, non c’erano molte altre cose che sapesse fare, così anche a Londra era finito col fare quello, dal momento che gli serviva un lavoro – ed era il caso che iniziasse ad avviarsi visto che dopo il suo primo assaggio infernale della metropolitana londinese, aveva deciso che da quel momento in poi si sarebbe servito solo e soltanto di quei meravigliosi autobus rossi a due piani che sembravano così sicuri e confortevoli e avevano perfino la vista panoramica.
Sua madre aveva riso genuinamente anche di questo quando le aveva comunicato la propria decisione.
 
***
 
Louis odiava prendere l’autobus e odiava prendere l’autobus perché nel traffico londinese l’autobus impiegava letteralmente il triplo del tempo rispetto alla metropolitana per fargli fare esattamente lo stesso tragitto. Si era ritrovato seduto in quella scatola rossa solo perché era uscito tardi di casa, si era ricordato dei lavori sulla District quando ormai il treno stava ripartendo da Earl’s Court, ovvero l’ultima fermata buona per fare il cambio con la Piccadilly, e quindi si era ritrovato a West Kensington costretto a scendere e con due alternative: prendere la metro in direzione opposta, tornare sui suoi passi e fare un altro giro oppure salire in superficie e prendere l’autobus. Stupidamente aveva optato per la seconda, il tutto perché così avrebbe avuto il tempo di fumarsi una sigaretta e nemmeno il cielo sapeva quanto avesse bisogno di una sigaretta.
Ora però era bloccato nel traffico, chiuso nella scatola rossa, senza poter fumare un’altra sigaretta per allentare la tensione e stava accumulando minuti su minuti di ritardo.
Zayn l’avrebbe ucciso.
Ammesso che Jawaad non uccidesse Zayn prima ancora che lui arrivasse.
Jawaad era il cugino di Zayn e il loro spacciatore ufficioso – nel senso che lui comprava da quello ufficiale e poi rivendeva a loro due. Non si trattava di chissà cosa, era solo erba, ma il tizio al vertice della catena si fidava di Jawaad quanto bastava per accettare pagamenti posticipati ma pretendeva comunque di vedere i suoi soldi all’ora esatta in cui Jawaad li prometteva e Jawaad di solito portava la roba a Zayn e Louis e poi, per non avere conti in sospeso, li rigirava quasi istantaneamente a chi di dovere.
Il fatto che Louis fosse in ritardo, significava che Jawaad sarebbe arrivato in ritardo al suo appuntamento e non che a Louis importasse più di tanto di Jawaad ma gli sarebbe scocciato parecchio se per colpa di quegli stupidi lavori sulla District avessero perso il loro fornitore di fiducia.
E poi – cosa per la quale avrebbe dovuto essere ancora più nervoso – il fatto che fosse in ritardo all’appuntamento con quei due, significava che avrebbe dovuto decidere fra il far tardi al lavoro per portare a casa la roba oppure rischiare che gliela trovassero addosso, come quella volta che aveva dato le chiavi del suo armadietto a un collega che cercava solo una sigaretta e aveva quasi trovato ben altro. Non poteva permettersi di perdere il lavoro perché al momento era l’unico a portare a casa un minimo di soldi – divideva un appartamento con due suoi amici d’infanzia, entrambi a piedi – ma se fosse arrivato tardi avrebbe ricevuto un’altra ammonizione e probabilmente avrebbero potuto cacciarlo, se gli avessero trovato l’erba nell’armadietto sarebbe finita pure peggio.
Decise di chiamare Zayn, erano amici e avrebbe sicuramente capito.
“Dove cazzo sei?!” gli rispose l’amico. Okay, forse non era così sicuro che avrebbe capito.
“Senti, avrei bisogno che mi anticipassi tu i soldi con Jawaad, è tardissimo e non posso arrivare al lavoro in ritardo di nuovo.”
“Col cazzo, amico. E Jawaad è già abbastanza nervoso per cui muovi il culo e vieni qui,” e così dicendo gli riappese in faccia.
Louis sospirò.
Non sapeva cosa avrebbe dato per potersi fumare un’altra sigaretta e quel mezzo infernale a quattro ruote sembrava andare più piano di una tartaruga in letargo.
Quando finalmente giunse a destinazione Jawaad gli saltò praticamente al collo, e di certo non con fare affettuoso.
“Non voglio più avere a che fare con lui, capito? È già la seconda volta in un mese che mi manda nei casini,” urlò a Zayn puntando il dito contro Louis.
“L’altra volta ho avuto un’emergenza, mia sorel-“
“Non me ne frega un cazzo di tua sorella, questi sono affari seri. Un altro ritardo Tomlinson e sei fuori dal giro,” così dicendo gli diede una spallata per poi allontanarsi.
“Ha ragione lui, amico,” fece spallucce Zayn.
In quel momento Louis sentì il cellulare vibrargli nella tasca dei pantaloni e si ritrovò a sospirare nuovamente quando vide il numero che illuminava lo schermo.
“Tomlinson, sei in ritardo. Di nuovo.
La voce spietata della sua responsabile al negozio di giocattoli nel quale lavorava.
“Sto arrivando, ci sono i lavori sulla District e-“
“Fai pure con calma Tomlinson. Tanto hai tempo fino alla fine del tuo turno per svuotare l’armadietto e riconsegnare la divisa.”
Louis fissò sconsolato Zayn che nel mentre si era acceso una sigaretta fra le labbra, gli si avvicinò, gliela tolse di bocca e si avviò mestamente verso la fermata dell’autobus. Non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello di prendere la metropolitana, giunti a quel punto più ritardo accumulava e più si allontanava dal momento in cui avrebbe dovuto affrontare i propri problemi.

NOTE.
Tadaaaaaaan! 
Qualche tempo fa in una delle mie notti insonni ho iniziato a scrivere questa storia, che al momento conta cinque capitoli e che non ho idea di dove andrà finire (cioè, ce l'ho un'idea ma ogni volta che mi metto a scrivere poi si aggiungono cose, ne cambiano altre e blablabla xD).
E insomma, ho deciso di iniziare a pubblicarla e non ho molto altro da aggiungere... tranne che il titolo "Dance Inside" è preso dalla canzone omonima dei The All American Rejects, così come il testo quotato all'inizio che non è altro che il ritornello della canzone in questione, come al solito I own nothing!
   
 
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