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Autore: Small Wolf    22/08/2015    0 recensioni
Nessuno si rese conto di ciò che accadde nel breve lasso di tempo in cui la voce di Andy si alternò all'assolo di Jake. In quel preciso istante, da un punto indefinito della folla, qualcuno tirò fuori una pistola e, presa velocemente la mira, premè il grilletto verso il palco...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A dire la verità, Andy non era tranquillo e neanche minimamente felice di poter tornare a casa fra qualche settimana. Era terrorizzato. 
Durante quel mese e mezzo dal suo risveglio era già stata abbastanza dura dover sopportare ciò che stava passando ed ora che iniziava ad abituarsi alla sua condizione, che stava cercando di prenderne consapevolezza, come diceva il signor Brown, adesso che i ritmi scanditi dell’ospedale incominciavano ad essergli quasi famigliari, proprio ora stava per abbandonare quel luogo. 
Da quando il capo reparto era entrato qualche mattina prima nella sua camera e glielo aveva detto, Andy aveva pensato che se chiunque avesse potuto entrare nella sua testa in quel momento, avrebbe pensato che oltre alla memoria doveva aver perso anche la furbizia. Eppure per lui quel posto era ormai una casa e la sola cosa che conoscesse. 
Dopo aver inizialmente odiato l’ospedale e il fatto di dover essere trattato come un infermo, aveva lentamente imparato a riconoscerlo come la propria casa visto anche che i suoi primi ricordi risalivano ormai al solo letto di quella stanzetta spoglia.
La sua vita aveva preso una piega talmente incomprensibile da aver ottenuto una normalità nuova e ora per lui sarebbe stato come riutuffarsi nel vuoto, in una nuova realtà e rompere quell’ equilibrio che tanto duramente aveva cercato di costruire.
D’altro canto, anche i suoi genitori e tutti gli amici non erano così sicuri del suo ritorno a casa. Infatti, lì all’ ospedale potevano contare sull' aiuto di medici valenti e soprattutto su quello di Beth che era sempre attentissima e amorevole con Andy (tanto da irritare Juliet che però per amore del suo ragazzo stava imparando a controllarsi), mentre una volta a casa sarebbero rimasti praticamente soli contro la malattia. Il clima in cui era cresciuto Andy era sempre stato il più sereno possibile, da parte della sua famiglia, ed erano stati suo padre e sua madre a sostenerlo in ogni sua scelta eppure adesso persino la positività dei signori Biersack pareva messa a dura prova. Fin ora era stato tutto incredibilmente difficile da affrontare: la sparatoria, il coma di Andy e poi la sua perdita di memoria con i relativi danni… tutto questo aveva profondamente sconvolto la vita di tutti e soprattutto la loro felicità. 
-Andy-la voce di CC lo scosse violentemente dai suoi pensieri-E’ mezz’ora che sono qui. Sai quante volte ti ho chiamato? A volte sembri in un altro mondo, amico.
Andy sospirò e poi sbuffò, mise il broncio come un ragazzino ma questo non parve impressionare il compagno di band. Fra tutti CC probabilmente era quello meno facile da incantare dopo Jinxx. Però a differenza del chitarrista, lui non era un tipo da affrontare le cose con freddezza e distacco, anzi, il più delle volte era il primo a tirare fuori dai momenti di imbarazzo o tensione con qualche battuta divertente o escamotage di altro tipo. 
La verità era che a CC non piaceva la tristezza, non era nella sua indole essere particolarmente riflessivo o quieto. Preferiva affrontare le cose in modo diretto e con ottimismo ed allegria per questo motivo, non aveva mai badato troppo alle lagne superflue del suo Bro, cercando invece di distrarlo con altro, come quella volta.
-So che sei pensieroso, Andy. Tutti lo siamo, ma non devi certo preoccuparti! Lo sai, la California è piena di cose troppo belle per non volerci andare subito. 
L’occhiolino che gli fece con aria complice parve bastare appena per suscitare nell’amico un vago sorrisetto forzato.
-Hey!-esclamò-Non farmi quel muso lungo. Se io avessi una casa come la tua sulle colline di Los Angeles, non terrei certo il broncio. Sei ricco, fratello! Devo ricordartelo? Ti aspettano solo grandi cose una volta a casa, vedrai!
Andy gli sorrise questa volta in modo più sincero e riconoscente. Era bello avere accanto una persona come CC: lui non lasciava mai che nessuno si annoiasse o rattristasse ed era in grado di rendere ogni cosa più leggera. Era una di quelle persone capaci di affievolire qualsiasi dolore con il loro spontaneo modo di fare. Per dire il vero, inizialmente Andy sopportava appena le risate e la voce vivace ma adesso che stava cercando di affrontare le cose in maniera diversa, non poteva che ringraziarlo.
-Non sono sicuro di ciò che troverò una volta lì…-si lasciò sfuggire dalle labbra spesse mentre abbracciava le ginocchia, trascinando la coperta verso di sé come uno scudo.
-Anno nuovo, vita nuova, come si suol dire! Non essere così pessimista! Te l’ho detto, stai per andare in un posto da sogno. Vedrai che là non scenderà la neve e le spiagge saranno sempre a disposizione. Ash sa anche surfare, potresti imparare… rende gli uomini più sexy.
Andy scoppiò letteralmente a ridere davanti allo sguardo complice e un po’ ambiguo che gli lanciò l’amico e fu costretto a tenersi le costole ancora un po’ doloranti mentre singhiozzava di risate.
-Smettila con quelle espressioni, dai!- ridacchiò, tirandogli un cuscinetto che l’altro acchiappò prima che potesse colpirlo in fronte.
-Sembriamo una coppietta gay-ammise poi CC con le lacrime agli occhi mentre che la stanza si riempiva ancor più di risate.
-Ahahah… ah…-le risa si calmarono pian piano ed il biondo si lasciò cadere sui cuscini con le mani dietro la testa, respirando quell’aria viziata come se fosse in un campo di grano: si sentiva sollevato. Qualcosa nella testa gli sussurrava che con quelle persone al suo fianco non avrebbe dovuto avere paura e quando il disagio si ripresentò, lui cercò di scacciarlo via con altre risate e qualche battutina squallida nello stile del batterista.

Scout si mise a sedere alla piccola scrivania della camera degli ospiti che i signori Biersack gli avevano fornito come se fosse figlia loro e non un’estranea che per anni era uscita dalle loro vite appena avevano capito il suo enorme sforzo per tornare e la grande volontà d’animo che aveva dimostrato, volendo aiutare loro figlio. Non le avevano permesso di tornare al motel in cui aveva deciso di risiedere per quei giorni di sosta a New York, se non per permetterle di ritirare le sue cose e venire a stare da loro per tutta la durata della permanenza nella grande mela. 
Adesso, dopo giorni di racconti ai Biersack di quanto le era accaduto, senza censurare le crisi depressive né i piccoli furti e il suo ingaggio in una gang di strada durante i tempi più bui, si sentiva più leggera e anche più fiera di se stessa per essere riuscita a confessare a qualcuno tutto il marcio che aveva visto e di cui era stata partecipe. 
Ancora una volta Chris e sua moglie erano riusciti ad aiutarla prima che fosse lei a fare qualcosa di concreto per loro, semplicemente ascoltando le sue parole, sopportando le lacrime che qualche volta ancora le appannavano la vista, proprio come un padre ed una madre. Si sentiva al sicuro anche se si trovava in una appartamento con quelli che avrebbero dovuto essere due estranei e che forse avrebbero potuto provare risentimento nei suoi confronti. In fondo lei si sentiva come a casa e questo le bastava per eliminare ogni dubbio sul bene che i coniugi le avessero sempre voluto.
Aprì il cassettino sulla destra e alla luce della bajioure sollevò verso il viso una pagina ingiallita e odorosa di fragola, il suo profumo di quando era ragazzina. Si era ricordata di mettere nello zaino anche quel pezzo di carta prima di partire dall’Ohio e quando aveva disfatto la valigia, la prima cosa che aveva sistemato nel posto più sicuro che pensasse era stato quel foglio di molti anni prima, chiuso in una bustina da lettera.
Per la prima volta dopo anni vide la sua stessa calligrafia, tondeggiante e fine, ordinata e pulita come le avevano insegnato i suoi insegnanti privati e, fra quelle letterine precise d’inchiostro nero, anche tracce di vecchie gocce di lacrime.
Accarezzò la carta che allora le era apparsa di così tanto conforto a quelle parole che non poteva confessare a nessuno e iniziò a leggere sebbene non avesse mai dimenticato quello che c’era scritto.
“Ricorderò questo giorno, Giovedì 18 Settembre, come il giorno più triste della mia vita di diciottenne, Andy… Le parole che volevo dirti al parchetto sono rimaste congelate nella mia gola, pietrificate dalle tue, così inesorabili… ma spero che un giorno ci sarà l’occasione che tu sappia ciò che avrei voluto dirti.
Voglio che tu sappia che ogni istante passato in tua compagnia per me è stato come una boccata d’ossigeno dopo una nuotata in apnea in un mare troppo gelido in cui non ho mai imparato a nuotare… Voglio che un giorno tu capisca quanto ti ho amato e capisca che io avrei resistito a qualunque cosa pur di averti al mio fianco. A volte ho fantasticato di poterti sposare. Desideravo e desidero una vita al tuo fianco. 
Non sai quante notti, stringendomi contro di te in quei letti d’hotel ho pregato in silenzio che tu restassi per sempre così come in quel momento e che mi tenessi serrata fra le tue braccia, al caldo sotto le coperte tiepide del nostro calore dove mi sembrava che non potesse raggiungerci nessun dolore. 
Sappi che ho sempre cercato di fare di tutto per vederti sorridere e tu non puoi neanche immaginare la gioia che sentivo scoppiarmi dentro quando mi venivi in contro e mi baciavi, quando mi abbracciavi da dietro senza motivo. Non sai quante volte ti ho scansato solo perché desideravo sentire che tu non mi avresti lasciato scappare. Ho sempre amato tutto di te, anche quel silenzio in cui qualche volta cadevi e la malinconia che a volte ti attraversava lo sguardo è sempre stata la mia più grande nemica ma per te l’avrei combattuta all’infinito anche se avesse significato piangere credendo di non fare abbastanza.
Ho adorato questi tre anni e mezzo al tuo fianco, i nostri piccoli litigi e quei brevi allontanamenti che duravano troppo poco perché separati non abbiamo mai saputo stare… e adesso non so come sarà possibile prendere una strada diversa dalla tua e non camminare più mano nella mano. Non ho idea di come farò a tornare nella luce finta che circonda la mia vita senza i tuoi occhi che hanno illuminato il mio viso di dolcezza, senza quelle parole che sapevi dirmi e farmi accettare solo tu.
Non so come andranno a finire le nostre vite né quando ci rivedremo dopo oggi… voglio solo che tu sappia che ovunque sarai io ti sarò accanto. Una volta, un’anziana mi ha confessato che se qualcuno pensa intensamente e ogni giorno ad una persona e desidera il meglio per lei, quella persona sarà protetta da qualsiasi male ed è ciò che io farò per te: sarò il tuo angelo invisibile nei momenti di silenzio. Terrò il sentimento per te sempre in caldo nel mio cuore in cui ci sarà sempre uno spazietto per te, anche se adesso è a pezzi proprio per colpa tua e della tua paura di perdermi più avanti.
Ovunque andrai io ti troverò e ti difenderò dal male del mondo… e un giorno, Andy, ti salverò come tu hai salvato me.”

Beth osservava la neve cadere lentamente dal cielo e la sentiva osarsi sulle sue esili spalle, sul cappello di lana da cui uscivano i boccoli ramati  e fin sulla pelle lattea. Il gelo dell’inverno le era sempre piaciuto molto, fin da quando era bambina: le faceva prevedere serate al  caldo nel lettone di suo fratello maggiore a mangiare caramelle e guardare film comici.
Anche se negli ultimi anni i suoi inverni erano stati terribili, passati da sola in quella soffitta fredda di un palazzo di periferia di New York, con la compagnia di una radiolina balbuziente e il riscaldamento al minimo, non aveva mai smesso di adorare il freddo sulla pelle che le donava, paradossalmente, l’idea del calore.
I fiocchi danzavano leggeri giù dal cielo scuro, evidenziati dalla luce giallognola dei lampioni del lungo viale che portava fuori dalla recinsione ospedaliera, così inesorabili… 



Era quasi giunto il momento di separarsi e Ashley lo sapeva bene.
Quando gli avevano confermato che fra poco meno di qualche settimana Andy sarebbe uscito dall’ospedale l’aveva investito un senso di sollievo subito susseguito dalla consapevolezza che tutti loro sarebbero tornati a casa, a Los Angeles, la quale distava miglia e miglia dall’enorme New York e quindi da Beth. Dalla sua rossa, come gli era sfuggito di chiamarla davanti a Jinxx un giorno alle macchinette nel corridoio della lungo degenza appena il compagno l’aveva nominata.
Lì per lì si era dato dello sciocco, specialmente di fronte al piccolo sbuffo divertito del chitarrista ma poi si era accorto di quanto gli fosse spontaneo definirla semplicemente così: la rossa. La rossa che con il suo fare timido, talmente diverso dallo stile provocante delle ragazze che aveva sempre frequentato, con quei suoi occhi innocenti e pieni di coraggio seppur fragili era riuscita ad abbattere la corazza che il perfetto e sexyssimo Ash si portava addosso.
Ora il pensiero di allontanarsi da lei gli provocava una sorta di vuoto nel petto e sentiva il bisogno di stringerla a sé con delicatezza e affetto perché presto gli sarebbero mancate la voce tenera di lei al suo orecchio, i caffè durante le pause pranzo. il  piccolo cd di alluminio e acciaio che gli aveva regalato per Natale da tenere appeso come un ciondolo alla catenina che portava al collo. Tutto di lei gli sarebbe venuto meno e la distanza non gli era mai piaciuta. Ashley aveva da sempre avuto il bisogno del contatto, degli odori e degli sguardi, aveva un bisogno fisiologico di sentire le persone accanto a sé, era quasi un’ ossessione. Come se il contatto fisico potesse colmare quel distacco affettivo in cui era un po’ cresciuto.
Quella sera sentiva di essere di pessimo umore e aveva declinato l’invito di CC di andare a prendere qualcosa da bere in un locale non troppo distante dal proprio appartamento: desiderava stare da solo, camminare un po’ sotto la neve che cascava placidamente da ore e tornare nella sua stanza d’hotel il prima possibile. Per questo quando, scendendo dalle scale dell’entrata principale, avvistò il giubbotto lungo e rosso acceso di Beth. Il suo cappello grigio topo e le calze troppo fini sopra gli stivali di gomma, desiderò sparire prima che lo vedesse.
Purtroppo per lui, nell’esatto istante in cui tentò di fare retro front la  testina ricciuta della ragazza si voltò indietro, quasi attirata da una forza invisibile verso di lui, e i loro sguardi si incrociarono.
Un sorriso tenero si dipinse sulle labbra fini dell’infermiera e Ashley si dimenticò per qualche secondo il motivo per il quale avrebbe preferito non incontrarla ed  accennò ad un saluto con la testa incappucciata.
La raggiunse anche se avrebbe voluto far finta di essere di fretta e quando le fu davanti e provò a parlare, lei gli poggiò la mano guantata sulla bocca e lo fissò con le profonde iridi scure. Aveva certamente saputo della notizia di Andy e anche se dentro di sé era felice per lui, il pensiero di Ashley l’aveva attraversata come una lama.
-Ti prego, Ash… non anticipiamo gli addii.
Il ragazzo si sentì colto di sorpresa e non seppe subito cosa rispondere se non deglutire e distogliere lo sguardo da lei.
-Hey…
Beth capì che doveva essere forte e gli voltò lentamente il capo verso di sé. Gli sorrise con dolcezza ed in modo rassicurante tanto che lui si sciolse e si lasciò quasi cadere fra le braccia della ragazza, la quale lo accolse e lo premè contro il suo scarso petto.
Lo tenne stretto mentre lui, con le braccia a ciondoloni, affondava il viso fra i soffici capelli della ragazza e inspirava profondamente il profumo di lampone che emanavano.
-Voglio farti conoscere qualcuno-gli sussurrò all’orecchio, scoccandogli un veloce bacio sulla mascella.
-Andiamo dove vuoi-le mormorò per la prima volta rosso in viso. Così, mano nella mano, si incamminarono verso l’uscita per chiamare un taxi.
L’auto seguì le indicazioni di Beth fino a fermarsi davanti ad un’alta e lugubre cancellata in ferro battuto il cui aspetto faceva pensare in tutto e per tutto ad un cimitero. La conferma Ash la ebbe una volta sceso dall’auto e viste fra le sbarre i rettangoli e le croci di pietra.
Beth pagò mentre lui era distratto e nonostante le sue insistenze non volle che la risarcisse almeno della propria parte.
-Ti ho trascinato io fin qui… pagare il conto mi sembra il minimo.
Per l’ennesima volta il bassista rimase sorpreso dell’onestà di quella timida ragazza. Beth doveva essere una di quelle persone dall’anima troppo pura e buona, troppo giusta per poter essere infangata persino da anni di difficoltà. Non aveva nulla di una ventitrèenne a parte il vago aspetto da adolescente e la nota di timore che le si scorgeva, a tratti, nelle espressioni pulite.
Quando varcarono il cancello, la neve aveva smesso di cadere da un po’, lasciando un manto candido su tutta la città e ovviamente su quel luogo che, essendo immerso nel silenzio e nelle luci soffuse di canele e lampioncini, aveva un’aria magicamente tetra.
Una folata di vento lo fece rabbrividire e stringere maggiormente la mano di lei che però non appariva affatto intimorita dal luogo insolito in cui si trovava anzi, iniziò a percorrere i vialetti ghiaiosi con estrema sicurezza, svoltando ora a destra di un angelo di pietra, ora a sinistra dopo due piccoli cespugli spogli e poi di nuovo a destra, appena prima di giungere ad un incrocio e ritrovarsi al bordo di uno dei tanti campi santi.
Sembrava un dannato labirinto e Ash iniziava a provare una sorta di soggezione a camminare in mezzo alle lapidi mentre rompeva il silenzio con gli anfibi scricchiolanti fra la neve. Lo stupì che Beth non si fosse mai girata a controllare come stesse o per lo meno la sua espressione e capì solo quando giunsero alla meta che probabilmente per lei doveva essere stata dura portarlo lì e mostrargli ciò che doveva essere parte integrante delle sue emozioni, parte del suo dolore.
-Lui è Dennis-sussurrò e una nuvola bianca le si formò davanti alle labbra per poi disperdersi verso l’alto come qualcosa di irraggiungibile-Mio fratello maggiore.
Come accadeva ogni volta in cui si trovava in una situazione emotiva troppo forte, Ash riuscì appena ad emettere un piccolo sospiro di sorpresa e malinconia ed a odiarsi subito dopo per quel suo assurdo blocco interiore.
Beth non parve farci molto caso e si piegò sui talloni per spolverare via la neve che si era depositata sulla foto incastonata nel marmo bianco.
-Dennis Jonson…-sussurrò fra sé e sé, percorrendo con l’indice le lettere dorate che indicavano il nome del bel ragazzo nella foto.
-Assomiglia ad Andy…-disse più a se stesso che a lei mentre si accovacciava accanto alla ragazza.
-E’ vero. A parte i capelli rossi si potrebbe dire che abbiano quasi lo stesso viso…
Ashley non riusciva a crede alla combinazione che gli era capitata: quel ragazzo di 20 anni era quasi identico ad Andy tolta la capigliatura e le labbra, lievemente più fini di quelle del suo Bro.
-Quando Andy è arrivato… ho subito notato questa somiglianza incredibile… per questo ho sempre visto Andy come qualcosa in più che un paziente… non avrei mai voluto suscitare la gelosia o i sospetti della sua fidanzata…
La voce le tremò in gola e Ashley non poté fare a meno che portare quella testina rossa contro la sua spalla larga e lasciare che lei si accoccolasse al suo fianco.
-Ora è tutto chiaro ma tu non devi giustificarti di nulla, Beth. Hai agito in buona fede, tu lo fai sempre…
Puntò nuovamente i suoi occhi verso di lui che aggiunse:
-Siamo noi altri che pensiamo in modo cattivo… ma solo perché non siamo come te.
Aveva pronunciato quelle frasi in modo veloce ma estremamente sincero, per la prima volta in vita sua, aveva sputato i suoi reali pensieri senza timore che potesse essere giudicato. Accanto a Beth percepiva di essere al sicuro ma soprattutto compreso. Uno spirito delicato e discreto come quello di lei non avrebbe mai potuto ferirlo e non avrebbe mai deriso nessuno dei suoi pensieri.
-Saresti piaciuto a Dennis…-gli disse con la guancia premuta contro il giubbotto di lui-Era un ragazzo speciale, sai? Riconosceva la bontà negli altri e vedeva sempre il lato buono delle persone. L’ho sempre ammirato per questo oltre al fatto che fosse il mio fratellone, lui è sempre stato un esempio per me… 
Si chiuse la bocca per evitare che un singhiozzo le scappasse e fu Ash ad allontanargliela piano piano dal viso.
-Io credo che sarebbe fiero di te… per come sei, intendo.
-No, non credo… non sono rimasta accanto a mia madre quando era il momento, ho sempre pianto senza saperle dare una vera consolazione… non sono mai stata alla sua altezza, Ash, mai!
-Ora basta-le intimò, facendosi scuro per un attimo-basta dire sciocchezze…
La prese per le braccia e la costrinse a girare il busto verso di lui e a guardarlo in viso.
-Ascoltami Rossa… io non so perfettamente cosa sia accaduto, non so molto della tua vita a dire la verità ma.., so di come sei ora e credimi, sei l’unica ragazza che mi abbia davvero sorpreso e colpito in questi ultimi anni. Se tu ammiravi Dennis per come si comportava, beh, sappi che ora sono io a farlo con te. Sono io ad ammirare tutto di te e ad ascoltare con attenzione ogni cosa che dici. E da ciò che ricordo io… non ho mai ascoltato o badato a nessuno.
Beth sentì il cuore riempirsi di qualcosa di dolce ed estremamente delicato, un’emozione indescrivibile che, contemporaneamente, le fece perdere il fiato e la fece respirare come mai aveva fatto. Percepì di aver raggiunto il massimo che qualsiasi persona potesse raggiungere: l’essere accettata e capita, veder riconosciuti i propri sforzi. 
In un impeto che non riuscì a controllare, prese il viso di Ash fra le mani e portò le proprie labbra contro quelle del giovane ancora frastornato dalle sue stesse parole.
Il bacio fu breve ma intenso. Ash la prese per la piccola vita e la appiccicò a sé e si sentì come rinato. Fu diverso da qualsiasi altro bacio che avesse mai dato in vita sua… questo era spontaneo e sentito, pieno di parole troppo potenti per essere dette.
  
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