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Autore: Soe Mame    22/08/2015    1 recensioni
Se solo non avessi seguito lui...
Se solo non mi fossi ostinata a voler oltrepassare quella porta...
Se solo fossi tornata indietro quando ne ho avuta l'occasione...
...
... nah.
Genere: Demenziale, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Miku Hatsune | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incest, Incompiuta
Capitoli:
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Il fiore del male appassisce dolcemente
Nei colori più brillanti
~



La sera del ballo arrivò presto.
Soprattutto perché Rin l'aveva programmata per soli due giorni dopo - giusto per impedire che qualcuno accumulasse troppi risparmi esclusivamente per partecipare al ballo e fare cose inconsulte quali tentare di ucciderla.
Aveva messo il suo abito migliore: giallo e nero, rose rosse a decorarle i capelli intrecciati, il merletto delle maniche larghe quasi accecava tanto era bianco. Aveva persino indossato la corona. Si era ripromessa di starci attenta.
Era stata lei stessa a provvedere agli abiti per il Principe - e per la Guerriera Trucida, che lui aveva tanto insistito.
Era soprattutto per lui che aveva indetto quel ballo.
Forse, quella notte, sarebbe stata in grado di...
Deglutì, strinse il braccio di Len.
- Pronta? - un sussurro.
Lei annuì: - Non fare domande stupide. -.
Una risata leggera.
Il salone era pieno di coppie.
Soltanto coppie.
No, sul serio, perché erano venuti tutti in coppia?
Serrò la presa sul braccio di Len. Il cuore batteva talmente forte da farla tremare.
C'erano tantissime persone dagli altri Paesi, pochissime dal Paese del Giallo - le famiglie più facoltose.
- Non temere. - mormorò il suo accompagnatore: - Abbiamo messo cecchini ovunque. Nessuno potrà farti del male. -
- Chissene importa! - si strinse a lui: - Io... - deglutì, e desiderava tanto smetterla di andare a fuoco: - ... io stasera voglio... voglio chiedergli... - le parole rimasero nella gola. Più cercava di dirlo, più sentiva caldo.
- Stai tranquilla. - una carezza sulla schiena. Sentì la tensione sciogliersi appena. Annuì. E si pulì il sudore delle mani sulla manica gialla dell'altro.
Quando lui si ritrasse con un verso schifato, lei si fece avanti, sul piano rialzato della sala, attirando gli sguardi di tutti.
Il vociare che l'aveva accolta venne meno, fino a diventare silenzio.
- Benvenuti! - aprì le braccia, sorrise: - Che le danze abbiano inizio! - non c'era nient'altro da dire, in fondo.
L'orchestra iniziò a suonare, qualcuno iniziò a danzare.
La maggior parte della gente, però, ancora girovagava intorno ai tavoli del buffet.
- La Regina dovrebbe aprire le danze. - Len era riapparso al suo fianco.
Rin annuì, piano: - Fammi da cavaliere. -
- Sì. -
Le porse la mano, lei la prese, e scesero tra quei pochi che già danzavano.
"Tra poco danzerò con il Principe." lasciò che fosse Len a guidarla: "Dovrebbe essere lui a fare quasi tutto, ma non posso mostrarmi incapace!" riportò alla mente tutti i passi che conosceva, di qualsiasi danza: "E... staremo vicini. Tanto vicini. Terribilmente vicini." forse era diventata una fiamma turbinante.
Almeno non era vestita di rosso.
- Va tutto bene. -
La voce di Len.
Alzò lo sguardo.
Lui le sorrideva: - Va tutto bene. - ripetè.
Rin inspirò: - Lo so. Non c'è bisogno che tu me lo dica. -.
La musica rallentò.
Len non aveva la stessa corporatura del Principe. Sarebbe stato diverso, lo sapeva. Ma, almeno, soltanto per un poco...
Posò la testa sulla sua spalla, facendo anche lo sforzo di non ficcargli una punta della corona in un occhio.
Pensò a spalle più larghe. E mani più grandi, attorno alla sua vita.
Sentiva di star sorridendo. Non vedeva perché non farlo.
Tremava, il cuore batteva forte, davvero forte.
Era terribilmente agitata, non poteva negarlo.
Lo sentiva, il suo cuore, che non le dava pace, che-
Riaprì gli occhi.
Le sue mani non stavano tremando.
E quel battito impazzito non era in sincrono con quello che le perforava le orecchie.
Si scostò.
Len. Sembrava sconvolto.
- ... scusami. -
- Eh? -
Qualcosa di caldo attorno ai polsi. Abbassò lo sguardo: le mani di Len.
- Cosa- -
- Rin. -
Rialzò lo sguardo. Vedeva solo gli occhi di Len.
- Io- -
L'inizio della musica successiva la colpì ai timpani.
Si voltò, giusto in tempo per evitare una coppia vorticante.
"Quand'è finita la musica prima?"
- Allontaniamoci. - approfittò della sua stessa presa per trascinare Len fuori dalla gente, fino alla soglia della porta da cui erano entrati.
C'era persino meno caldo, lì. Forse era stata anche colpa della ressa. Si sentì un pochino sollevata, nel rendersene conto.
- Che hai? - si liberò delle sue mani.
Len non rispose. Né la guardò. Sembrava preso a guardare la gente che ballava, come se fosse la cosa più interessante che avesse mai visto.
Irritazione.
- Non puoi fare tutto lo strano e poi tacere! - gli afferrò il colletto della camicia e lo costrinse a guardarla: - Dimmi subito cos'hai. Non ho tempo da perdere. Non stasera. -.
Nessuna risposta.
Solo uno sguardo strano. Occhi sgranati, bocca schiusa, sopracciglia alzate. E le sembrava che tutto il suo corpo stesse tremando.
- Non... - lo vide deglutire, inspirare. Poi la sua espressione strana si sciolse in un sorriso: - ... non è lo stesso. Se pensi che danzare con me sia come danzare con lui, ti confonderai soltanto. -
Rin lo lasciò: - Lo so benissimo. - sollevò appena la gonna e lo superò: - E tu vedi di calmarti. Agiti pure me, così. -
- Sì. Scusami. -
- Almeno. -
"Ci mancava solo Len che si fa prendere da attacchi di panico." alzò gli occhi al soffitto: "Cos'è, ha visto qualcun'altra delle sue fangirls?".
In effetti, avrebbe dovuto prendere provvedimenti anche per loro. Ma ci avrebbe pensato poi.
Ora aveva tutt'altro problema: "... devo farmi invitare dal Principe.".
Non poteva certo essere lei ad andare a chiederglielo. Doveva sembrare una cosa del tutto casuale. E, allora...
"... devo farlo." le pesava, ma non vedeva altre alternative.
Se avesse mandato Len a dirgli di invitarla, sarebbe stato troppo ovvio il suo desiderio di danzare con lui. Quindi, doveva trovare qualcosa di meno troppo ovvio.
E il qualcosa era vicino al tavolo più grande del buffet, in un vistoso abito rosso, l'immancabile spadone al fianco.
- Devi dirgli di invitarmi a danzare. -
La Guerriera Trucida si voltò. Aveva le mani e la bocca piene di tramezzini di tutti i gusti disponibili. Inghiottì quel che aveva in bocca: - E non potete chiederglielo voi? -
"Ovvio che una persona tanto stupida faccia domande stupide." alzò gli occhi al soffitto: - Non sarei venuta a chiedervelo, nel caso. -
- Oh, se volete. - alzò le spalle, come se nulla fosse: - Ora è impegnato. -
"..." - Eh? -
Con un cenno, la Guerriera Trucida le indicò le coppie danzanti: - Cos'è, questa, la terza musica? -
- Sì. - "Credo."
- Allora quella è la terza che ha invitato. - azzannò un altro tramezzino, lo mandò giù quasi intero: - Posso dirglielo solo quando si degnerà di tornare qui.
Non so se verrà aggredito da qualche altra ragazza, nel tragitto. Con questa e la seconda è successo così. -.
Serrò la presa attorno al ventaglio, con entrambe le mani.
Lo sentì piegarsi in modo innaturale.
Si affrettò ad allentare la presa.
- Ditegli che lo aspetto dove si confà ad una Regina. - incenerì la poco di buono con cui lui stava danzando.
Era evidente che tutte quelle là l'avevano costretto.
Lui era buono e generoso, probabilmente erano andate lì con degli occhioni da cucciolo indifeso e l'avevano supplicato di far loro l'onore di averlo come cavaliere.
Tornò alla parte rialzata, sul surrogato di trono che era stato posto.
Lei avrebbe danzato solo con lui.
L'avrebbe aspettato.
Perché sarebbe stato lui a venire da lei - la Guerriera Trucida doveva solo dargli il via libera.
Era ovvio che anche lui volesse danzare con lei, ma non poteva certo osare invitare la Regina in persona. Quindi, si era premurata di fargli sapere, per vie traverse, che il suo invito sarebbe stato estremamente gradito.
Passarono i minuti.
Passarono le musiche.
Non distolse mai lo sguardo da lui. Lo vedeva danzare con tante donne, tanti manichini colorati, con abiti orrendi - perché erano state fatte passare? - e, di faccia o di fisico, non erano neppure questo granché.
Era ovvio che lo stesse facendo solo per gentilezza.
Quando finalmente lo vide parlare con la Guerriera Trucida, il suo cuore sobbalzò.
Mosse i piedi, ormai indolenziti. Forse era stata troppo rigida, per tutto quel tempo - tempo vicino all'eternità.
Vide entrambi guardare dalla sua parte.
Sperava non si fossero accorti della vampata che l'aveva circondata.
Poi lui s'incamminò verso di lei.
Premette le punte dei piedi a terra, pronta ad alzarsi. Sperava solo di non sputargli il cuore addosso. Non sarebbe stato carino.
E quella che era palesemente una meretrice si mise in mezzo.
"Cosa." li vide parlare un paio di minuti, poi lui, troppo buono e misericordioso, danzò con lei.
"Ti farò uccidere. E libererò il mondo dalla tua presenza.".
Trascorse un'altra eternità.
Le meretrici erano ovunque.
E tutta la sua aspettativa era crollata sotto i tacchi. Insieme all'ansia. Ora si stava solo annoiando.
Aveva perso il conto di quante ragazze fossero andate ad infastidirlo.
E non ricordava più neppure un volto.
Sospirò, le parve di buttar fuori una bolla d'aria pesantissima.
"... che noia." non pensava sarebbe finita proprio così: "Che diamine di ore sono...?". Si guardò intorno: "... dov'è finito Len?". Alzò gli occhi al soffitto, esasperata: "Ancora non gli è passato?".
Riabbassò lo sguardo.
Il Principe si era mosso.
Ma non nella sua direzione.
Si era mosso lui, da solo, senza che nessuno lo spingesse a farlo.
Si rimise seduta composta, lo seguì con lo sguardo.
Lo vide fermarsi davanti ad una macchia verde.
Una ragazza.
Era seduta, sembrava stesse cercando di farsi piccola piccola sulla sedia.
Parlarono, per qualche secondo.
Poi la ragazza si alzò, la mano nella sua, e i due andarono tra le altre coppie.
"... ora sta andando a recuperare anche la tappezzeria?" sbuffò: "... aspetta!" sgranò gli occhi: "Forse lo sta facendo per fare piazza pulita in modo da non avere più nessuno che possa darci fastidio!" annuì: "Sì! Deve essere senz'altro così!" sorrise: "Una persona tanto intelligente non può che aver fatto un ragionamento simile!".
Se era andato a recuperare anche la roba negli angoli, allora era ovvio che fossero gli ultimi controlli.
E dopo...
Dopo la musica finì, e Rin cercò di regolarizzare il respiro.
Era giunto il momento.
Era il suo turno.
Il suo turno, solo lei, solo loro due.
Seguì il Principe e la macchia verde con lo sguardo.
Ora si sarebbero separati, sì.
Come tutte le altre. Era ovvio.
Si erano allontanati dalle altre coppie, per non dar loro fastidio.
Parlavano, gli ultimi convenevoli.
E andarono verso il giardino.
"..."
Si alzò, piano.
Oltrepassarono la porta che dava al corridoio che avrebbe portato al giardino.
Scese, li seguì, lentamente.
- Rin! -
- Len. -
Avanzò, senza distogliere lo sguardo da quella soglia: - E' tardi. Rimanda tutti a casa. -
- E' mezzanot- -
- E' un ordine. -
- Sì, mia signora. -
Superò la porta, li vide in fondo al corridoio.
Sottobraccio.
Li vide sparire oltre le scale.
Non c'era bisogno di correre. Non ce n'era alcun bisogno.
Arrivò all'inizio delle scale.
Si appoggiò alla parete con una spalla.
Erano entrambi nel giardino.
Avevano fatto solo pochi metri, prima di girarsi l'uno verso l'altra.
Parlavano.
Non sapeva di cosa, ma parlavano.
Il Principe e quella ragazza in verde.
Abito verde, capelli lunghi e verdi, persino lo smalto era verde. Almeno gli occhi erano azzurri.
Che ragazza monotona.
La luna luccicò sulle perle intrecciate ai suoi capelli.
Addobbo ridicolo e inutile.
La vide ridere.
Cos'aveva da ridere?
Parlavano, parlavano.
Di cosa parlavano?
Poi il Principe le prese il volto tra le mani.
Rin si raddrizzò, il cuore si schiantava contro il petto.
E lo vide chinarsi su di lei, baciarle la fronte.
Il cuore fu fermato da una pugnalata.
Lei rideva.
Ovvio che rideva.
La Regina si voltò, tornò nella sala. Piano.
Sentiva il ventaglio tra le mani, aveva di nuovo una piega innaturale.
Serrò i denti.
Aveva caldo.
Troppo caldo.
Ma non era lo stesso caldo di prima.
E tutto era diventato improvvisamente sfocato.
Un colpo secco.
Non c'era più nessuna opposizione, tra le sue mani.
Lasciò la presa.
- Rin! -
- Vattene. -
- Rin- -
- Sparisci. -
Non aveva neppure idea di dove fosse.
La vista, a tratti, tornava limpida, per poi sfocarsi di nuovo.
Sentiva qualcosa scivolarle lungo le guance.
Ma non osava alzare le braccia. Le sentiva inchiodate lungo i fianchi.
- Mia signora! -
Il cuore sobbalzò - e perse tanto sangue, quando lo fece.
Chiuse e riaprì gli occhi, per avere di nuovo una vista limpida.
Ma non si voltò.
- Mia signora? -
Confuso. Sembrava persino confuso.
- Non volevate danzare con me? -
- Volevo danzare con voi al ballo. - sibilò: - Ma il ballo è finito. Siete arrivato troppo tardi. -
- Oh... -
Sentì il cuore incrinarsi.
- Perdonatemi. Avevo capito sarebbe durato per tutta la notte. E la notte finisce tra qualche ora... -
Era dispiaciuto.
Il cuore si spaccò.
- Va tutto bene. - sorrise: - Va tutto bene. Sarà per un'altra volta. -
- Sì! - stava sorridendo anche lui, ne era certa. E tutto era illuminato.
"Ma..." riprese a camminare, chissà dove: "... non posso chiedervelo... se voi... se c'è qualcun'altra che voi...".
Si fermò.
Sorrise, il cuore iniziò, pian piano, a ricomporsi: "... sono una sciocca. Non devo fare pensieri del genere." trasse un profondo respiro: "... basta semplicemente che non ci sia più quella qualcun'altra.".

- Sì, mia signora? -
Sentì il suo servo inginocchiarsi alle sue spalle. Lei non si voltò. Continuava a rimanere davanti al trono, le spalle all'intera sala vuota.
- Desidero... - no: - ... esigo che la mia volontà venga esaudita. -
- Naturalmente, mia signora. -
- In un primo momento, ho pensato di convocare i ministri. Ma... - sorrise: - ... non lo farò. Non ce n'è alcun motivo. -.
Si voltò. Il suo servo era effettivamente inginocchiato ai piedi delle scale.
La Regina portò le mani in grembo.
E, con voce pacata, disse: - Distruggete il Paese del Verde. -.
- Cosa? - quegli occhi azzurri, sgranati.
La Regina rise: - Se l'avessi detto, nessuno mi avrebbe dato retta. - scese di un gradino: - E poi, perché dovrei distruggere uno dei miei domini? Nessuno accetterebbe mai di fare una cosa simile. Anche se è un ordine della Regina. - un altro gradino: - Esaudisci la mia volontà. -
- Mia signora. - lo vide serrare un pugno: - Io non posso distruggere il- -
- Non è il Paese del Verde che dovrai cancellare. - un altro gradino ancora: - E' una ragazza. -.
Quegli occhi sembravano quasi di vetro.
- Vai nel Paese del Verde. Là troverai una ragazza dai capelli verdi e dagli occhi azzurri. Era al ballo, ieri notte. Ho chiesto alle guardie il suo nome. -.

- Come desiderate, mia signora. -.



- Non trovi che oggi sia una giornata splendida? - uscì sul balcone, le braccia aperte.
Le sembrava ci fosse più luce del solito.
E il Paese del Giallo rifulgeva.
- Senza dubbio. - Len la raggiunse al parapetto, un sorriso ad incurvargli le labbra.
- Non c'è neppure una nuvola! - Rin indicò il cielo terso: - E' strano vedere il cielo completamente azzurro, vero? -
- Non del tutto. Succede. -
- Il cielo azzurro, sul Paese del Giallo. - inspirò l'aria impregnata di profumi: - Sembra quasi un buon augurio! - giunse le mani.
Trasse un profondo respiro. Un buon odore dolce le invase i polmoni: - Che buon profumo! -
- Oh, è l'ora della merenda! -
Len tornò dentro, Rin lo seguì con lo sguardo: - Torta al cioccolato? -
- No! - lui riapparve, con un piattino: - La merenda di oggi è una brioche. - la posò sul tavolino.
Rin si accomodò: - Uff. Speravo brioche al cioccolato. -
- Sei stata cristallina, a riguardo. - una caraffa. Len la piegò sopra la brioche, e una cascata di cioccolato vi piovve sopra.
- Sarà un po' pesante, e probabilmente metterai su qualche chilo. - lo sentì ridacchiare: - Ma senz'altro soddisferà la tua voglia di cioccolato. -.
Rin sbattè le palpebre.
Qualcosa all'altezza della gola, della bocca.
E scoppiò a ridere.
- Ti va un po' di the? -
Lei riprese fiato, un sorriso: - Sì! -.

- Sappiamo che sei stata tu! -
- Assassina! -
- Maledetta! -
Le guardie accorsero senza bisogno di dare ordini.
Le lance e le spade s'incrociarono sotto i volti urlanti di quelle persone, le braccia furono fermate dietro la schiena.
La Regina si sventolò, aggrottò la fronte: - Ammirevole l'avermi chiesto udienza per darmi dell'assassina. - sospirò: - Senza che neanche vi avessi ancora dato il permesso di parlare, tra l'altro. -
- Basta con i giochi! - urlò un uomo: - Sappiamo tutti che sei stata tu! -
- Davvero pensate che io abbia così tanto tempo libero da fare una scorribanda nel Paese del Verde solo per uccidere una ragazzina? - accavallò le gambe: - Perché non andate ad impiegare il vostro tempo in modo più proficuo? -
- L'hanno visto! - gridò una donna: - Hanno visto l'assassino! Aveva il pugnale delle guardie reali! -
- Con tutti i falsi che ci sono in giro... - sbadigliò, aprì il ventaglio davanti alla bocca.
- Tu saresti in grado di ordinare una cosa simile! - il primo uomo cercò di farsi avanti, ma le guardie lo trattennero: - Abbiamo sopportato troppo a lungo i tuoi deliri, Regina Pazza! Hai superato qualsiasi limite! -
- Hai distrutto la vita di una ragazza innocente! - la donna era in lacrime: - Perché? Perché hai fatto una cosa del genere? -
- E perché voi continuate a rivolgervi a me in modo tanto irrispettoso? - chiuse il ventaglio con uno scatto: - Come se non bastasse il vostro starmi accusando di omicidio. -
- Sei stata tu! -
- Assassina! -
- Come siete confusionari... - stava iniziando ad irritarsi.
- E' stato lui, vero? - un dito puntato contro il suo servo, al suo fianco.
Trasalì.
- E' stato lui ad obbedire al tuo ordine! -
- Sì, è stato lui! Gli hai ordinato di uccidere quella ragazza! -
"..."
- Sei stata tu ad ordinarlo! -
- E' colpa tua! -
- Ora basta, Regina Pazza! -
- La Regina è pazza! Pazza! Deve essere eliminata! -
- Farà di peggio, se rimarrà sul trono! -
- Toglietela di torno! -
"... il mio servo deve essere invisibile a chiunque. Soprattutto alla gente qualunque." serrò i pugni.
Si alzò.
Le voci scompavero.
Guardò quei volti, uno per uno.
Furiosi.
In lacrime.
Un dito sulla punta del ventaglio: - Tutto questo caos per una ragazza? - assottigliò lo sguardo: - Siete veramente patetici. -.
L'incrocio delle lance scivolò a terra.
Due uomini, sempre più vicini.
Delle urla, troppo vicine.
Le loro facce, i loro occhi.
Una massa di capelli biondi.
Delle urla, lontane.
Un tonfo.
Un battito rapido, violento.
Rin abbassò lo sguardo.
Le guardie erano riuscite a fermare quei due uomini che l'avevano aggredita.
Len era davanti a lei, le braccia aperte.
E lei era immobile, incapace di muoversi.
- Hanno cercato di uccidere la Regina! -
- Tradimento! Tradimento! -
Le voci dei servitori, delle guardie.
Doveva porre fine a tutto quello.
Recuperò tutta la voce che le era rimasta, la portò alle labbra: - In prigione. - un sussurro. Ne recuperò altra: - In prigione! - l'urlo le scheggiò la gola: - Portate tutti in prigione! All'istante! -.
Percepì la sala svuotarsi, velocemente.
Sentì tante urla.
Ripetevano sempre la stessa cosa.

Assassina! Assassina!


- Rin! -
Sbattè le palpebre.
Len, le sue mani strette sulle braccia: - Ti sei fatta male? -
Scosse la testa.
E Len sorrise: - Meno male. -
Non riuscì a non sorridere a sua volta.
- Ehi! Ehi! Len! -
- Sì? -
- Va tutto bene, vero? -
Quegli occhi azzurri sgranati.
Poi di nuovo il sorriso: - Sì. -.

- E' vero quel che dicono i prigionieri? - uno dei ministri sembrava seriamente preoccupato: - Che avete dato ordine di uccidere una ragazza? -
- La cosa non è importante. - la Regina non si degnò di guardarlo oltre: - La cosa che più mi preme, al momento, è che ci siano delle persone alquanto rumorose nelle celle. Persone che hanno cercato di farmi del male. -
- Questo è indubbiamente un problema. - disse un altro ministro.
- Dovremmo davvero eliminarle. -
- Cosa volete dire, vostra maestà? -
La Regina sorrise: - L'hanno detto loro stessi. Io sono un'assassina. Quindi, perché non accontentarli, almeno nel loro ultimo momento? -.
Silenzio.
I volti si erano congelati.
- Vostr- -
- Dovevano essere persone vicine a quella ragazza. - disse, piano: - Per questo sono venute fin qui. - inspirò: - Ho commesso un grave errore. Non ho pensato alla possibilità di rivolte. -
Il silenzio continuava.
- Bisogna eliminarli quando sono ancora pochi. - lo ricordava: - Impedire loro di diventare sempre di più. E soccombere sotto di loro. - serrò la presa sui braccioli: - I prigionieri sono condannati a morte. Così come le loro famiglie. -
- Le loro famiglie? - tre ministri si alzarono, le voci troppo alte.
Irritanti.
- Bisogna impedire qualsiasi rivolta. - spiegò, pacata: - Non vogliamo certo che qualche figlio cresca con la volontà di vendicarsi, no? E anche qualche genitore, o parente che non ha più nulla da perdere... - sventolò una mano: - Mandate i soldati nel Regno del Verde. Arrestino le famiglie dei prigionieri. Domani alle tre ci sarà l'esecuzione di tutti. -.
Si alzò e se ne andò.
Le parve di sentirlo, ancora.

Vostra Maestà! Vostra Maestà!
Basta così! Non chiamarla più!
La Regina è pazza!



- E' vero? -
Quante volte dovevano chiederglielo, ancora?
Guardò la Guerriera Trucida. Era più trucida del solito.
- Cosa? - non aveva neppure voglia di irritarsi.
- Lo sai benissimo. - e lei non aveva voglia di formalità: - La ragazza. -
- Quella che dicono io abbia fatto uccidere? -
- Rispondimi. -
- Che maniere. - sorrise: - Sarò costretta a cacciarti da Palazzo, se continui a mancarmi di rispetto in questo modo. -
- Tu non hai diritto ad alcun rispetto. - un sibilo: - Hai fatto uccidere una persona innocente. Perché? -
- Perché sei così certa che sia stata io a farla uccidere? -
- Se così non fosse, ti saresti già difesa, e con una certa foga. - la mano era attorno all'impugnatura della spada: - Non sei tipo che accetta le critiche. Figurarsi le accuse. -.
Rin la guardò.
E sorrise: - Cosa cambierebbe sapere il perché? Quella ragazza tornerebbe in vita? -
La vide stringere i denti. Forse si stava controllando: - Sei stata tu. -
- Non ha importanza. Quella ragazza è morta. E niente potrà riportarla indietro. -
- Se il suo assassino venisse punito, la rabbia dei suoi cari sarebbe placata. -
- La conoscevi? -
La Guerriera Trucida tacque. Poi scosse la testa: - Permettimi di riformulare la frase. Se il suo assassino venisse punito, la rabbia dei suoi cari e delle persone che hanno ancora un briciolo di giustizia sarebbe placata. -
- Dunque tu avresti un briciolo di giustizia? - ridacchiò: - Sei la paladina della giustizia? Rubi ai ricchi per dare ai poveri? Sei talmente brava da essere nel giusto? Così, a prescindere? Solo perché l'hai detto tu? -
- Io sono l'ultima al mondo a poter parlare di giustizia. Io stessa ho fatto cose orribili. - le nocche erano sbiancate: - Ma tu... tu da cosa sei stata spinta? Perché hai tolto la vita a quella ragazza? Che cosa ti aveva fatto? -
- Ho soltanto punito una ladra come era più giusto. -
Anche il volto sbiancò.
- La sua esistenza era un intralcio. Io mi sono limitata ad eliminarlo. -
Vide le sue labbra schiudersi, gli occhi scuri sgranati.
- E punirmi non la rimetterà dov'era prima. - sorrise: - Se ora volessi scusarmi... - sollevò la gonna e la superò.
- E pensi che lui sarà felice? -
Si bloccò.
- Pensi che lo avrai tutto per te, ora? -
- Certamente. -
- ... sei pazza. -
- Me l'hanno già detto. - riprese a camminare.
- Sei stata una brava ospite, finché è durata. -
Si fermò di nuovo.
- Ma temo non ci vedrai più da questa parte del Palazzo. -
- "Ci"? - si voltò.
Lei la stava guardando, lo sguardo fermo: - Sai cosa sta per succedere. -
La Regina sbattè le palpebre.
E sorrise: - Posso condannare a morte anche te, se lo desideri. -
- Non lo desidero, ti ringrazio. - un respiro profondo, senza distogliere lo sguardo: - Ma sentirai di nuovo questa frase. Non dalla tua bocca. E non sarà necessaria alcuna risposta. - si voltò e se ne andò.
"..."
Riprese a camminare: "... devo eliminare anche te, allora?".

- I vostri ospiti se ne sono andati. -
Rin annuì: - Me l'avevano detto. - congedò il domestico.
C'era una gran confusione, quella sera.
Davvero tanta.
E veniva tutta da fuori.
Trasse un profondo respiro.
Tornò in camera sua, aprì la finestra, uscì sul balcone.
E guardò di sotto.
- Eccola! Eccola! -
- E' la Regina Pazza! -
- Fate fuoco! -
- NO! - una voce femminile, incredibilmente potente: - Va catturata viva! -.
Rin guardò il Paese del Giallo.
I colori erano un po' sbiaditi, di notte.
E tutti quei profumi erano stati coperti dalla puzza di polvere da sparo e di ferro, di qualcosa di bruciato.
- ... cosa stanno facendo al mio regno? - strinse un pugno al petto: - ... stasera è orribile. Non è il mio regno. Len. - si voltò, lui era lì, al suo fianco: - Perché stanno rovinando così il mio regno? Perché stanno cercando di buttare giù il portone? Dove sono le guardie? -
- La maggior parte delle guardie ha disertato e si è unita ai rivoltosi. - spiegò lui, impassibile: - In realtà, praticamente tutti gli abitanti del castello si sono uniti ai rivoltosi. Nonché la totalità dei tuoi ministri. A ben vedere, i rivoltosi non sono ancora riusciti ad entrare soltanto perché ho sigillato tutte le entrate. -
- Non ho fatto in tempo. - la voce uscì, ma era soffocata: - Si sono moltiplicati. Ora sarò travolta. - sbattè le palpebre, la vista si stava offuscando: - Era solo una ragazza. Come può la sua sparizione aver provocato una cosa simile? -
- Non è stata la sua "sparizione". - quella voce era atona: - E' stato il tuo desiderio di vederla sparire. E il tuo desiderio di strappare altre vite. Sempre di più, sempre di più. - chiuse gli occhi: - Stanno solo proteggendo loro stessi. E le persone a loro care. -
- E quelle con un briciolo di giustizia, sì. - strinse i denti: - L'ho detto che le famiglie sono una seccatura. Guarda quanti problemi! - il cuore batteva forte.
Troppo forte.
- Hai superato un limite che non avresti mai dovuto superare. - la voce di Len si era abbassata: - Ora il tuo popolo sta riversando il suo odio su di te. -
- Quale insolenza! - serrò i pugni: - Ingrati, e insolenti! - tornò nella sua camera, sentì Len seguirla: - Devo andarmene. Almeno finché non si saranno dati una calmata. -
- Temo che non potrai farlo. -
"..." - ... eh? - si voltò, piano.
Len era rimasto sulla soglia: - L'unico modo per placarli è che tu finisca nelle loro mani. -
"..."
Rin scosse la testa.
- Ti cercheranno per sempre. Ti inseguiranno. -
Scosse di nuovo la testa.
- E il tuo stesso desiderio ti si rivolterà contro. -
- No! - indietreggiò, le braccia e le gambe tremavano, tremavano, tremavano: - L'hai visto anche tu! L'hai visto! L'hai visto! - sentì l'armadio contro le spalle: - Mi hanno aggredita! Hanno cercato di uccidermi! Se finissi nelle loro mani, loro- -
- Condividerai la stessa sorte di quella ragazza. - un sorriso: - Non l'hai ancora capito? E' questa l'unica cosa che placherà quell'odio. -
Rin scosse la testa. Il collo le faceva male. La testa le faceva male.
- Se davvero avessero voluto... - inspirò: - Se davvero avessero voluto, invece di disertare, mi avrebbero catturata quando ne hanno avuta l'occasione! -
- Ma tu sei andata verso il Paese dell'Arancione. -
- Cosa? -
Len si avvicinò. Ancora sorrideva: - Di certo non sigillo le entrate con i rivoltosi ancora dentro. -
- Len... -
Le gambe cedettero.
E cadde a terra.
- Len, tu... -
Continuava a sorridere.
E, dalla cintura, estrasse qualcosa. Luccicò alla luce della lampada.
- ... è il pugnale con cui l'hai uccisa? -
- Sì. -
Faticava a vedere. Era tutto sfocato.
E faticava a parlare. Sembrava che la voce non volesse uscire.
- ... vuoi dare in pasto al popolo la tua Regina? -
- Sì. -
S'inginocchiò davanti a lei.
Rin chiuse gli occhi.
Doveva pensare ad una soluzione.
Ma non le veniva in mente niente.
Sentiva solo troppo caldo, e troppo freddo.
Sentiva la pelle rovente, eppure le ossa e il sangue si erano congelati.
E nella sua mente c'era solo una nebbia fitta. Tanto fitta.
Ho sigillato tutte le entrate.
I rivoltosi non sarebbero entrati.
E lei non sarebbe potuta scappare.
Ma andava bene così.
Se era Len, sarebbe andato bene.
Qualcosa di freddo sulla mano destra.
Riaprì gli occhi, qualcosa scivolò lungo le guance e la vista tornò chiara.
Il pugnale.
Un fruscìo.
Alzò lo sguardo.
Len si stava sbottonando la camicia.
Sbattè le palpebre, sentiva i pensieri troppo lenti: - Cosa- -
- Su, ti do i miei vestiti. - un sorriso. Il sorriso di Len: - Indossali e scappa. -
- ... cosa? - le labbra si mossero da sole.
Il freddo si fece più intenso.
Una mano di Len sulla sua guancia.
Il freddo scomparve quasi del tutto.
- Va tutto bene. - mormorò, con la sua voce gentile: - Siamo gemelli. Nessuno se ne accorgerà. -
Tremò.
Rin tremò.
- Non posso scappare. -
- La Regina non scapperà. - si tolse la camicia: - Ma il suo servo sì. - guardò dietro di lei.
Rin si voltò, piano: l'armadio.
Tornò a guardare Len.
- Andrà tutto bene. - sussurrò quella voce gentile: - Fidati di me. -
- Non ho mai smesso di farlo. - si slacciò il vestito.
Dovette rimettersi in piedi per poterselo togliere.
Len la aiutò, le gambe erano ancora troppo deboli.
Era caldo anche lui. Chissà se stava sentendo così freddo anche lui.
Anche se meno di prima. Molto meno di prima.
I rumori da fuori erano sempre più forti.
- Stanno per sfondare il portone. - notò Len: - Dobbiamo fare in fretta. -
- Cosa facciamo? - prese la camicia che le stava porgendo.
- Quando se ne saranno andati tutti, tu fuggi. Usa l'entrata principale. Nessuno si aspetterebbe mai che qualcuno fugga dall'entrata principale. E, semmai, ti crederanno me. Loro ce l'hanno con te, non come me. Ti lasceranno andare, se anche ti vedessero. Fuggi lontano. Vai in un altro Paese. Cerca di tingerti i capelli, di cambiare identità. -
Rin annuì, piano: - E tu? -
- Mi fingerò te. Quando ti saprò al sicuro, rivelerò loro la verità. Mi lasceranno andare, e io ti cercherò. - sorrise: - Se mi vorrai di nuovo al tuo fianco. -
- Certo che lo voglio! - lo colpì al petto con un pugno, ma lui non parve neppure sentirlo: - Vedi di raggiungermi presto! -
Il suo sorriso si accentuò: - Sì. E giocheremo ancora insieme. -
- Sì! -
Il cuore leggero, le parve di ritrovare di nuovo tutte le sue forze.
Si allacciò la cintura, la mano di Len ancora dietro la schiena, a sostenerla.
- Riesco a reggermi in piedi. - lo informò.
Un boato, là fuori.
Len si era quasi del tutto vestito, lei si stava abbottonando la camicia.
- Non muoverti, quando sarai nell'armadio. -
- Non lo farò. -
- Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa tu senta. -
Rin annuì.
Len le sorrise. Ma era un sorriso strano. Sembrava quasi... amaro?
Non aveva tolto la mano dalla sua schiena.
La sentì risalire, le dita tra i suoi capelli sciolti.
- Diventerai una donna bellissima. -
- Cos- -
Le labbra di Len sulle sue.
Il cuore era impazzito.
Anche il suo.
Lo sentiva.
Chiuse gli occhi, piano.
Se li avesse tenuti aperti, la sua mente avrebbe pensato al presente.
E non voleva.
Voleva ridurre il presente a quel piccolo spazio.
Solo per un istante.
Aria fredda, sulle labbra.
Riaprì gli occhi.
Len si era scostato.
- Vai. -
Annuì.
Aprì l'armadio ed entrò.
Sentì Len richiuderlo alle sue spalle.
E lo sentì uscire dalla camera.
Giunse le mani: "Ci reincontreremo presto. Ci reincontreremo presto. Ci reincontreremo presto." inspirò: "Andrà tutto bene. Andrà tutto bene.".

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato.
Era tutto buio.
Era tutto nero.
Non si era mossa.
Rannicchiata contro una parete dell'armadio, le mani in grembo, la testa bassa.
Non sapeva neppure se l'alba fosse sorta.
O se fosse ancora notte.
I rumori erano smessi da tempo, ma non riusciva ad uscire.
Sarebbe bastato poco: aprire l'armadio, mettere i piedi a terra, scappare.
Si sentiva intrappolata nel suo stesso corpo.
Neppure il più minuscolo movimento.
Si chiese come facesse a respirare.
Non sapeva neppure se avesse gli occhi aperti o chiusi, era tutto nero.
"... no." inspirò, le parve di sentire la sua gabbia spezzarsi: "... devo scappare. O quel che ha fatto Len non avrà senso.".
Inspirò di nuovo, alzò la testa.
Si sentiva intorpidita.
Forse si era addormentata.
Forse, in realtà, era svenuta.
Allungò un braccio, spinse l'anta dell'armadio.
Quella si aprì, con un cigolìo.
E il sole le fece male agli occhi.
Li richiuse in fretta.
Li riaprì, piano, abituandosi a quella luce.
Il sole era basso, la luce quasi bianca. Il mattino.
Mise un piede fuori, si assicurò di essere stabile. Allora mise fuori l'altro, e riuscì a mettersi in piedi.
Si strinse nel mantello: "Sono in ritardo. Len avrà pensato io sia scappata ore fa. Forse ha già detto tutto. Devo fare attenzione!".
Gettò un'ultima occhiata alla sua stanza: era esattamente come l'aveva lasciata.
Non erano neppure entrati, lì. Len doveva averli fermati prima.
Trasse un profondo respiro.
Uscì dalla camera.
Camminò a passo veloce, senza correre. Sarebbe rimbombato.
"Potrei prendere Josephine...?" scosse la testa: "Sono sicura che l'hanno sequestrata. Dovrò andare a piedi.".
Il Palazzo era deserto.
Non c'era nessuno, né rivoltosi, né guardie, né servitori, né ministri, né niente.
"Hanno catturato la Regina..." capì, e sentì il cuore stringersi in una morsa: "... a loro non interessa questo posto. E, se è ancora vuoto, allora Len non ha ancora parlato." si tirò su il cappuccio, si affrettò a raggiungere il portone principale.
Che, ovviamente, era chiuso.
Premette entrambe le mani.
Il portone si aprì.
"Nessuna porta si chiude più tanto bene, da quando ho punito il Duca del Paese del Viola." sbirciò fuori. Neppure lì c'era nessuno.
Non sentivano neanche il bisogno di fare la guardia.
Uscì, si premurò di richiudere il portone - o, almeno, di rimetterlo come l'aveva trovato.
Percorse la strada, fino a ritrovarsi nelle vie bianche che aveva visto tante volte dall'alto.
Si aggiustò il mantello e rallentò il passo, fingendosi più tranquilla possibile.
C'erano persone. Popolani. Magari quelli che le erano appena passati accanto erano quelli che, la sera prima, avevano sfondato il portone.
Si voltò a guardarlo: non le sembrava l'avessero sfondato. Forse erano solo riusciti ad aprirlo.
"... devo scappare." inspirò: "... ma dove?" alzò lo sguardo.
Il cielo era azzurro.
Le sfuggì un sorriso: "Il Paese dell'Azzurro!" se fosse passata nella parte più interna, sarebbe arrivata in pochissimo tempo - e, se solo avesse avuto Josephine, sarebbe arrivata in ancora meno tempo.
Ma era già in ritardo, quindi doveva sbrigarsi.
Forse avrebbe dovuto prendere del cibo, ma non aveva né soldi né fame. Ci avrebbe pensato poi.
Doveva arrivare al Paese dell'Azzurro.
Era già in ritardo.
Era tardi.
Era tardi.
Voci, intorno a lei, che chissà cosa dicevano.
Doveva scappare, doveva arrivare al Paese dell'Azzurro.
Len l'avrebbe raggiunta.
Forse avrebbe persino capito subito, e l'avrebbe raggiunta quella sera stessa.
Accelerò il passo.
Era in ritardo.
Era tardi.
Era tardi.

"... oh... no..." rimase nascosta dietro l'edificio, il cuore che minacciava di spaccarsi.
La frontiera.
Non l'avrebbero mai fatta passare, in quanto cittadina del Regno del Giallo.
Non poteva neppure mentire.
E non avrebbero mai fatto passare il servo della Regina.
- Len... - mormorò: - Che cosa facciamo? Quelli non mi lasceranno mai- - si bloccò.
Si guardò intorno.
Len non era lì.
Non l'aveva seguita, silenzioso.
Era da sola.
Completamente sola.
- Len... - strinse i pugni. Tremavano: - Len... - trasse un profondo respiro: "No, devo calmarmi. Andrà tutto bene. Me l'ha detto lui. Lui sa cosa sta facendo. Devo essere forte! Devo riuscire a passare!" occhieggiò la frontiera: "Devo trovare un modo per passare!".
Qualsiasi cosa pensasse, nessuna idea sembrava buona.
Non poteva neppure provare un altro Paese: le frontiere erano tutte intorno al Paese del Giallo. Qualsiasi Paese avesse scelto, sarebbe stato inutile.
Il sole era alto nel cielo.
Quanto tempo era trascorso?
- E' alle tre! E' alle tre! -
Una voce colpì il suo orecchio. Guardò in quella direzione.
- Facciamo in tempo ad arrivare? -
- Oh, sì! Dobbiamo solo correre un po'! -
Tre donne, alquanto esagitate, con grandi sorrisi.
- Sono anni che aspetto questo momento! -
- Finalmente la Regina Pazza avrà ciò che si merita! -
- E tutto finirà! -
- Sì, finalmente! -
"Cosa...?" il cuore batteva troppo forte, nel petto, nella gola, nelle orecchie.
- Forza, sbrigatevi! Sbrigatevi! - urlò una delle donne: - E' quasi ora dell'esecuzione della Regina Pazza! -
"..."
Gli occhi facevano male, tanto li aveva sgranati.
- Non vorrete perdervela! -
- Quella sua testa folle rotolerà fino a finire nelle nostre mani! -
- Chi sarà il fortunato a poterla avere? -
Risate.
- No... - portò le mani alle labbra, tremavano: - Non... non è possibile... Len... Len... Len... -
Un singhiozzo la scosse.
Le mani andarono alle orecchie: - E' una bugia! Len ha già parlato, ormai! Ormai tutti sanno che... che... -
Dovette coprirsi la bocca.
Le viscere si stavano contorcendo.
- No... no... -
Non poteva accettare quel pensiero.
Non poteva.
Non era vero.
La vista era di nuovo offuscata.
Faceva troppo freddo.
Non ha mai avuto intenzione di-
"BUGIARDO!" cadde in ginocchio: "SEI UNO SCHIFOSO BUGIARDO! BUGIARDO! BUGIARDO! TI ODIO!" quel battito impazzito la stava soffocando: "COME HAI POTUTO? COME HAI POTUTO FARE UNA COSA SIMILE? COME HAI POTUTO?".
Si asciugò gli occhi.
"NON TE LO PERMETTERO'! NON HAI NESSUN DIRITTO DI FARE UNA COSA SIMILE!" si alzò, corse da dove era venuta.
Richiamò tutte le sue forze, strinse i denti.
"Come puoi anche solo pensare di fare una cosa simile?" tirò su col naso: "Non te l'ho ordinato! Non hai nessun diritto di fare quello che vuoi! Perché non posso darti ordini? Perché non posso decidere del tuo destino come per gli altri? Perché? Perché, allora, tu hai sempre fatto qualunque cosa, per me?" un gemito, dovette fermarsi, aprì la bocca per riprendere aria: "Perché mi sei sempre stato vicino? Perché non mi hai mai rifiutata? Perché non ti sei mai allontanato? Perché hai sempre fatto tutto quello che ti dicevo? Perché hai sempre realizzato qualsiasi mio desiderio?"

- Ti va un po' di the? -


"Perché non mi hai fermata? Perché non mi hai impedito di fare tutto questo? Perché hai permesso che le cose arrivassero fino a questo punto? Perché hai sempre dato retta ad un'egoista come me?" riprese a correre: "Perché hai permesso che ti dessi tutti questi problemi? E perché stai facendo una cosa del genere? Non potrai scappare, così! Non pensare che, così, potrai scapparmi! Tu non hai il diritto! Anche se io non posso trattarti come gli altri, tu appartieni a me! Mettitelo in testa! Non puoi fare quello che vuoi! Non puoi lasciarmi sola!".

La piazza era piena.
La ghigliottina che avrebbe dovuto giustiziare i prigionieri e le loro famiglie era ancora pulita.
I prigionieri - ex prigionieri - erano sul palco.
Uno di loro era accanto alla ghigliottina.
Il Principe era dall'altro lato, in un angolo.
Il cuore trasalì, ma solo un poco.
Rin cercò con lo sguardo, ma non vide nessuno. Si fece largo tra la folla, una mano a stringersi il mantello, il cappuccio.

Assassina! Assassina!
La Regina Pazza avrà quel che si merita!


Stringeva il mantello, il cappuccio, e premeva il pugno contro la gola, per non far uscire il cuore impazzito.
"Len..." si morse un labbro, con violenza: "Io non... non...".
- ECCOLA! -
Sussultò.
- E' LEI! E' LEI! -
Si voltò.
- VENDETTA! -
La folla si era aperta.
La Guerriera Trucida, la spada sguainata, più a tenere lontana la gente che a minacciare la persona che le camminava davanti.
La Regina camminava piano, la testa alta, un sorriso per tutti coloro che la guardavano.
Un sorriso di puro disprezzo.
"E' così che apparivo...?" parlare al passato. Che cosa strana. Ma non le importava più di tanto: "Len...".
Passarono a qualche metro da lei, Len non diede segno di averla vista.
E giunsero sul palco.
"Len, perché...?" si premette una mano contro la bocca: "Perché non hai parlato? Perché?" tremò: "Cosa posso fare? Come posso fermarli?" un singhiozzo: "Se mi svelassi ora, potrebbero ucciderci entrambi!".
La ghigliottina fu alzata.
Un vociare eccitato.
"Devi pensare in fretta! Pensa in fretta! In fretta!" la nebbia si faceva sempre più fitta: "Non farò in tempo! Sarà troppo tardi!".
Quella donna lo fece inginocchiare davanti alla ghigliottina.
"Pensa pensa Rin ti prego pensa" talmente fitta da non vedere più niente: "No no devi pensare ti prego un'idea qualcosa non posso è tardi è troppo tardi non è tardi devo pensa pensa qualcosa una soluzione è tardi non è tardi sto perdendo tempo non ce n'è più"
Le voci attorno a lei erano più alte.
Non sentiva altro.
Non distingueva le parole.
"LEN!"
Il suo volto, i suoi capelli biondi, tra le assi di legno.
Non vedeva i suoi occhi.
"LEN!" spintonò la folla, cercò di avvicinarsi il più possibile.
Aprì la bocca: "LEN!" non ne uscì alcun suono: "LEN! LEN!" allungò il braccio, ma affondava nella marea di persone: "LEN!".
Sorrideva, Len.
E la sua vista si era fatta di nuovo sfocata.
"LEN!".
Il sibilo della lama.
- LEN! - la gola si spaccò.
- FERMATEVI! -
Un boato.
Le ferì le orecchie.
Si portò le mani a coprirle, sentì diversi gemiti.
Sbattè le palpebre, la vista tornò normale.
Il volto di Len.
La lama della ghigliottina a pochi centimetri.
La lama della spada della donna tra di loro, conficcata nel legno.
- Cosa...? -
- Cos'è successo? -
- Ha fermato...? -
Rin sbattè le palpebre, le orecchie facevano troppo male, per il suono, per il cuore: "Cosa sta...?"
- Ho detto... - un sibilo, ma lo sentì benissimo: - ... "fermatevi". -
L'uomo che aveva lasciato la lama della ghigliottina indietreggiò, intimorito.
Con un gesto rapido, la donna rialzò la ghigliottina con la spada e liberò Len, gettandolo di lato.
Riportò la spada al fianco.
Zac.
Rin trasalì.
E vide chiaramente Len, sul palco, fare altrettanto.
I suoi occhi, finalmente.
Erano di puro orrore.
Il suo volto era pallido.
La Guerriera Trucida lo afferrò per un braccio, lo tirò su senza troppa delicatezza: - Allora! - guardò il Principe, il tono seccato: - Mi spieghi perché mi hai detto di fermarli? -
Il vociare della folla. Sempre più alto, sempre più confuso, sempre più indignato.
- SILENZIO. -
Nessun suono.
Rin si sentì come se qualcuno le avesse premuto una mano contro la bocca.
- Allora? - incalzò lei, facendosi avanti.
Il Principe la guardò. Poi guardò Len.
Rin trattenne il respiro.
Lui alzò una mano, ad indicarlo: - Non è la Regina. -.
Un brusìo, voci sconvolte.
- ... ah? - la Guerriera Trucida era rimasta a bocca aperta, un sopracciglio inarcato. Scosse Len: - Ma certo che è la Regina! Guardala! - lo indicò, come se l'altro non lo vedesse.
Il Principe scosse la testa: - No, non è la Regina. -
- E' questo che volete? -
La voce di Len.
Sentì gli occhi bruciare.
- Volete farmi avere una morte lenta e dolorosa? - Len serrò i pugni: - Volete farmi morire dalla paura? - si fece avanti, verso il Principe: - E' questo che volete? - quasi gridò.
"Len... dovresti negare..." si strinse nel mantello.
Il Principe scosse di nuovo la testa: - Non parlare così. Non sei la Regina. -
- Sì che sono la Regina! -
"Len..."
- Certo che è la Regina. - la Guerriera Trucida lo scosse, come se questo dimostrasse la sua identità: - Chi altro dovrebbe essere? -
- Lui non è la Regina. - disse il Principe, pacato: - Lui è il suo servo. -.
Silenzio.
"..."
- ... - la Guerriera Trucida si allontanò di un passo, lasciò andare Len, lo guardò dall'alto in basso, dal basso verso l'alto, la bocca aperta: - ... no, dai. -
- Smettetela! - tuonò Len, fendette l'aria con una mano: - La vostra tortura è ridicola! Giustiziatemi e facciamola finita! -
"No!"
- Ti prego... - la donna trasse un profondo respiro, si vedeva lo stava facendo per riprendersi: - ... smettiamola di perdere tempo. A quest'ora avremmo già fatto. -
Un brivido lungo la schiena.
- Non mi credi! - il Principe sembrava contrariato: - Allora te lo dimostrerò! -
"Cosa?"
Lo vide afferrare Len per un braccio - lui emise un verso di protesta - e trascinarlo giù dal palco. Li seguì con lo sguardo, fino a vederli sparire in un vicolo.
Quando tornò a guardare sul palco, notò come la Guerriera Trucida avesse fatto lo stesso.
Il suo sguardo scuro, confuso, andò alla folla.
Sembrava quasi stare chiedendo: - E ora che dovrei fare...? -.
Guardò il vicolo, la folla, il vicolo.
E scelse di seguire il Principe e Len.
Con un salto, fu giù dal palco e con poche falcate, di corsa, li raggiunse.
Il brusìo si fece più intenso.
"Len..." approfittò di quel momento per farsi strada, riuscì quasi ad arrivare fino al limite della folla più vicina al vicolo. Ma neppure da lì si vedeva niente.
- MA COSA CAZ- - la voce della Guerriera Trucida, di colpo, la fece trasalire.
Un grido.
Un suono di straccio bagnato contro il pavimento.
La folla ammutolì.
Len uscì dal vicolo di corsa, il volto completamente rosso.
La Guerriera Trucida apparve dietro di lui, una mano contro il viso abbassato, l'altra al fianco.
Il Principe fu l'ultimo ad uscire, anche lui con una mano al viso, contro una guancia, contro una guancia rossa grande il doppio del normale.
- Non potevi tirargli fuori le orecchie? - la Guerriera Trucida abbassò le braccia. Sembrava reduce da una lunga giornata faticosa.
- Oh! - il Principe sorrise: - Ma le orecchie sarebbero potute essere finte! -
- Brutto maniaco pervertito sporco impuro osceno disgustoso traviato orrido essere! - Len ringhiò, si era fermato ad almeno tre metri dai due.
- La tua conoscenza dei sinonimi è ammirevole. - riconobbe la Guerriera Trucida.
Poi, parve ricordarsi dell'esistenza del popolo: - D'accordo, ragazzi. - alzò le braccia: - Questa non è la Regina, è il suo servo. Pace. -
- COSA? -
- STA SCHERZANDO! -
- NON E' POSSIBILE! -
- Oh, se volete, possiamo far toccare la verità anche a voi- -
- Sono circondato da maniaci pervertiti! - Len afferrò la gonna, come se temesse potessero alzargliela - di nuovo - da un momento all'altro: - Più del solito! -.
- E allora la Regina dov'è? - chiese qualcuno.
"..."
- E' quello che dovremo scoprire. - la Guerriera Trucida era tornata seria. Si rivolse a Len: - Dov'è la Regina? -
- Non- -
- Eccomi. -
Le persone accanto lei scattarono indietro.
La via fu libera.
Si abbassò il cappuccio, camminò fino a raggiungere i due.
- RIN! -
Qualcosa di caldo, all'altezza del petto. Il cuore non faceva più così male.
Era di nuovo al suo fianco.
- Cosa ci fai qui? - la sua voce era furiosa: - Ti avevo detto di scappare! - un sussurro.
- Mi avevi anche detto che mi avresti raggiunta. -
Len non rispose.
- Ora fatti da parte. -
- No. -
- Fatti da parte. -
- No. -
Lo guardò. Lui la stava guardando, furioso, determinato.
- Non ti permetterò di morire. -
- Sì che me lo permetterai. -
- Non ti permetterò di morire al mio posto. - serrò i pugni: - Per cose che io ho fatto. -
- Sono stato io ad ucciderla! - sgranò gli occhi: - E' colpa mia! -
- Sono stata io ad ordinarlo. - inspirò: - Altrimenti, tu non l'avresti mai fatto. -
- Non datele retta! - Len si mise davanti a lei, davanti ai due: - Sono sempre stato io! Ci siamo sempre scambiati i posti! Lei è la vera Regina, la vera erede al trono e, per proteggerla, sono sempre stato io a fingermi la Regina! Lei si è sempre finta il mio servo- -
- Ehi. - la Guerriera Trucida aveva gli occhi a mezz'asta: - Non è credibile. -
Il Principe scosse la testa, a darle ragione.
Rin trasse un profondo respiro. E spinse Len da parte.
"Realizzare le proprie colpe..." fece un passo avanti: "... succede sempre dopo che è tutto finito." un altro passo: "Non voglio. Non voglio che sia così. Questa è un'altra occasione. E non ho intenzione di ripetere i miei errori.".
Aprì le braccia: - Sono qui! Sono la Regina che cercate! - guardò la folla, tutti quegli occhi su di lei, tanto vicini, vicini come non erano mai stati: - Sono la Regina Pazza che vi ha torturato per anni, sono la Regina Pazza che ha fatto uccidere una ragazza per gelosia, sono la Regina Pazza che stava per sterminare intere famiglie per capriccio, sono la Regina Pazza che stava per far morire suo fratello al suo posto! - inspirò, riprese aria: - Sono qui, e non fuggirò! Tutto quello che vi ho fatto, restituitemelo! Ciascuno di voi! - strinse i denti, urlò: - Fatemi a pezzi! E distruggete quei pezzi, come volete, ciascuno di voi! Soltanto... - di nuovo la vista offuscata: - Soltanto... - un singhiozzo: - ... vi prego, non fate del male a mio fratello. - un altro singhiozzo: - Siamo due eredi al trono gemelli, ma non ci sarà più alcun presagio di sventura. Non fategli del male! Non ce ne sarà più bisogno! - cercò di sorridere: - Io non ci sarò più. E lui non avrà più una gemella. -
- Non pensarci neanche! -
- Restituitemi tutto! - un passo verso la folla, un altro, un altro: - Ora! -.
"Un'altra occasione. Posso sistemare tutto. Per sempre."
Si voltò verso Len: - Grazie. - sorrise, stavolta davvero: - Per tutto. -
- No! -
Un abbraccio, il suo calore.
- Non pensare che possa permetterti una cosa del genere! -
- Mi hai permesso cose ben peggiori! -
- Non m'importa. -
Aveva le guance bagnate.
Anche lui...?
- A me sì! -
- Non m'importa. -
- Finiamola. -
Rin si voltò verso la Guerriera Trucida. Sentì Len fare altrettanto.
Era calato il silenzio.
- Tu sei stata una pessima sovrana. - la donna si fece avanti, lo sguardo nel suo: - Hai tormentato il tuo popolo per anni. E hai commesso il più grande dei peccati. - la mano andò alla spada: - Meriteresti solo che ti venga fatto quanto tu hai fatto. -
- E' ciò che voglio! -
- No! -
- E tu... - lei si avvicinò, il passo deciso: - ... saresti disposta ad andare incontro al tuo destino, anche più cruento di quanto dovrebbe essere. E il tuo unico desiderio è che non sia fatto del male a colui che era disposto a sacrificarsi per te? - le girò attorno, senza distogliere lo sguardo: - Ho capito il vostro piano. Tu saresti dovuta fuggire. Ma sei tornata non appena hai scoperto che lui ti aveva ingannata. - si fermò davanti a lei: - Hai preferito andare dalla morte piuttosto che vivere libera e lasciare che le tue colpe morissero con lui. -
- Le mie colpe non potranno mai morire con lui! - un sibilo: - Sarà solo con me che moriranno! -
- Indubbiamente. - il suo sguardo scuro era freddo: - Ma... questo mi sembra già molto. -
- Cosa? - schiuse le labbra.
- Dovrai essere punita per la tua colpa. - disse la donna: - Ma non sarà con la morte. -.
Qualcosa di caldo su una mano. La mano di Len, stretta nella sua.
- Imprigionata. -
Quella parola la fece trasalire.
- In un luogo dove non c'è bisogno di tenere conto del tempo che passa. - un sorriso attraversò il suo viso: - Siete arrivati in tempo. Entrambi. -.
Rin guardò Len.
Il cuore era leggero, grande quanto tutto il petto.
- La tua condanna entrerà in vigore al tramonto. - annunciò la donna: - Puoi rimanere con il tuo servo, fino ad allora. Non potrete scappare. Lo saprei. -
- Non ho intenzione di farlo. - mormorò Rin: - Accetterò la mia punizione. -
- Non sai neppure cosa sarà esattamente. -
Scosse la testa: - Non m'importa. - sorrise, ma continuava a guardare Len: - ... non m'importa niente. - lo abbracciò, con forza.
Dove non c'è bisogno di tenere conto del tempo che passa.
Sapeva benissimo cosa significasse.
Ma non le importava.
Non le importava niente.
Era viva.
Len era vivo.
Gli restituì quello che le aveva dato la notte precedente, prima di farla entrare nell'armadio.
Sarebbe stata un'altra lunga notte, non in un armadio, chissà dove, per chissà quanto.
Ma non le importava.
Erano vivi, e si sarebbero reincontrati.
Era l'unica cosa che le importava.






Note:
* Ci sono svariate citazioni ad Aku no Musume / Daughter of Evil [ Traduzione Scritta ]:
- "Il fiore del male appassisce dolcemente / Nei colori più brillanti"
- "E, con voce pacata, disse: / - Distruggete il Paese del Verde. -"
- "Oh, è l'ora della merenda!"
- "Quale insolenza!"
* Ad Aku no Meshitsukai / Servant of Evil [ Traduzione ]:
- "La merenda di oggi è una brioche."
- "Su, ti do i miei vestiti. / Indossali e scappa. / Va tutto bene. / Siamo gemelli. Nessuno se ne accorgerà."
- "E giocheremo ancora insieme." (Giochiamo ancora insieme.)
* E a Regret Message [ Traduzione ]:
- "Realizzare le proprie colpe... / ... succede sempre dopo che è tutto finito."
* In generale, ci sono anche svariate citazioni non letterali - e anche questo capitolo è basato sulle prime due canzoni.




E così si conclude il flashback della ex-Regina. U.U
La storia è andata come tutti si sono ben potuti immaginare: la Regina Rin, gelosa, che ordina al suo servo Len di uccidere "una ragazza in verde", la rivolta del popolo, guidata dalla "guerriera trucida in rosso", lo scambio di persona e- Rin e Len che si salvano. Pace.

Confesso che la scena del vicolo (!) fu una delle prime a venirmi in mente.
Nessuno, NESSUNO capirà mai qual è la coppia shounen-ai Vocaloid che più gradisco!
Tuttavia, c'è una cosa che ci tengo a dire: Kaito il misteriosissimo Principe non ha di quelle mire su Len. U__U E' solo... particolare di suo. E più avanti si capirà ancora meglio. (!?)
Dall'altra parte, Meiko la misteriosissima Guerriera Trucida ha finalmente avuto un pochino di spazio! *O*/
(Ora, a me Meiko piace, ma mi sono tragicamente accorta di non averne mai scritto se non come comparsa o personaggio molto secondario. Spero di riuscire a renderla in modo decente. °^°)

Per il resto...
... avevo annunciato un cambio di tono nella narrazione, e così è stato. Spero di essere stata in grado di gestirlo. °^°
*Vorrebbe dire qualcosa di più a riguardo, ma non sa proprio cosa. (!)*

Fino all'ultimo sono stata indecisa sulla possibilità di inserire, più avanti, un flashback di Len riguardo questa vicenda.
Che stolta.
Ovvio che la risposta sarebbe stata affermativa. Ancora non sono arrivata a scriverlo, ma gradirei molto che non arrivasse a otto capitoli / metà fanfiction - specie perché la storia di per sé è già stata ampiamente sviscerata da Rin e non c'è alcun bisogno di ripeterla.
Quindi, quel che successe nel Paese del Verde non rimarrà segreto.
E della misteriosissimissimissimissimissima "ragazza in verde" se ne riparlerà già nel prossimo capitolo - e si torna al presente!

Spero che questo (allegrissimo) capitolo (basato su una ancora più allegra saga) sia stato di vostro gradimento ^^
Anche in questo caso, se ci sono consigli o critiche, dite pure ^^
  
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