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Autore: HZLNL_1D    22/08/2015    5 recensioni
Dopo aver avuto soltanto delusioni, tendi sempre a stare sulle tue, a mantenere una certa distanza dalle persona, qualsiasi rapporto ci sia, tendi a mantenere una certa distanza da tutto quello che potrebbe procurarti altro dolore.
Ti abitui alla solitudine, oltre a quella esteriore, anche a quella interiore, che è peggio.
Impari a fare affidamento solo tu stesso.
È così la vita: ti toglie e ti da.
Sta a te trovare un modo per sopravvivere.
Qualcuno, per cui sopravvivere.
_______________________________
Dicono che gli opposti si attraggono.
Ma se per una volta, fossero due persone apparentemente diversi ma così profondamente uguali ad attrarsi?
Dalla storia:
"Allora, vado così ti lascio sola."
"Tanto ci sono abituata."
"Ok, vado."
"Ho detto che ci sono abituata, non che mi piace."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Goodbye Hornsby.


Segreti e bugie.
Sono elementi costantemente presenti nella vita di ogni individuo.
Ci sono quelle bugie dette in fin di bene, quelle che preferisci dire anziché far del male a una persona a te cara, nonostante questo significa mentire. Poi ci sono quelle bugie che di buono non hanno proprio nulla. Quelle che danneggiano.
E i segreti. I segreti distruggono e basta. Sono un'arma a doppio taglio. Quelle distruggono tutti a lungo andare. Ti consumano dentro, oppure ti colpiscono quando ne vieni a conoscenza e alcune volte hanno la capacità di annullarti. 

Ashton si alzò di scatto, facendo così cadere la sedia su cui era seduto. Non poteva credere a quelle parole, o forse non voleva. Nonostante tutto, nonostante sapesse chi fosse in realtà suo padre, non voleva credere che fosse arrivato a tanto. Era troppo, non poteva crederci. 
"Non è così, vi sbagliate. Per forza." disse improvvisamente, fermandosi nel bel mezzo della stanza. Lo sguardo fissò sulle pareti ricoperte da una carta da parati ormai scolorita e malconcia. 
Braden sospirò dispiaciuto, passandosi una mano tra i capelli corvini. Non appena aveva saputo di Aaron e del motivo della sua fuga, aveva pensato che saperlo fosse un diritto di Ashton. 
"Mio padre non ha mai ucciso nessuno." Ashton interruppe il silenzio da lui stesso creato, chiudendo la mano in un pugno. 
"È andata così, Ashton. Quell'uomo stava per scoprire tutto su tuo padre e lui ha avuto paura." Braden si avvicinò al ragazzo, posandogli una mano sulla spalla "Quella notte tuo padre non era in sé."
"Questo non cambia niente" Ashton abbassò lo sguardo, ma la delusione nella sua voce trasparì chiaramente "Non è mai stato un gran padre. Non ha mai voluto bene a me e neanche a Lottie, altrimenti avrebbe smesso con quelle cazzate!" Diede un calcio alla sedia spostandola di qualche metro.
"Vedi Ashton, a volte le persone non sono tagliate per fare certe cose"
"Questo non giustifica il fatto che abbia ucciso un'intera famiglia, cazzo! Ha ucciso la famiglia della ragazza di cui mi sono innamorato!" Urlò Ashton, cercando di sfogare tutta la rabbia che aveva dentro. 
Non poteva crederci. Haley gli aveva raccontato della sua famiglia e lui aveva odiato quell'uomo misterioso che aveva cambiato per sempre la vita della ragazza. Ma mai, avrebbe pensato che quell'uomo fosse suo padre. Haley non aveva più una famiglia, e la colpa era di suo padre. Sentì i sensi di colpa arrivare nonostante lui non c'entrasse niente e ancora una volta odiò suo padre.
"Braden, perché  hai deciso di dirmelo?" 
"Perché è tuo padre, hai il diritto di sapere dove sia" affermò l'uomo e Ashton rise amaramente. Scosse la testa e con un sorriso amaro sul volto si avvicinò alla porta e la sua espressione mutò improvvisamente divenendo seria "Quell'uomo ha smesso di essere mio padre anni fa e adesso è meglio che non si faccia più vedere da queste parti."

Ashton uscì da quella casa con un peso in più sul cuore. Quella rivelazione era come un pesante macigno che adesso pesava sulle sue spalle, così pesante, che quasi gli impediva di respirare.
Sapeva chi aveva ucciso la famiglia di Haley e se solo non fosse stato per il fatto che l'assassino fosse suo padre, sarebbe già da lei. Sapeva che Haley desiderava più di ogni altra cosa sapere chi avesse causato quell'incidente. Voleva essere sincero con lei, non voleva nasconderle una cosa così grande. Il fatto che avesse dei segreti con Haley non era una novità, ma solo quando questi riguardavano lui. Adesso era della sua vita che si parlava, dei suoi genitori, di suo fratello. E lui non era nessuno per negarle una verità così grande. Ma stava provando una cosa che aveva smesso di provare da tempo: paura.

Ricordava pochi momenti in cui aveva avuto particolarmente paura e uno di essi risaliva a due anni fa, quando nel bel mezzo della notte il suo telefono aveva iniziato a suonare. Ricordava di essersi svegliato di soprassalto e senza neanche leggere chi fosse, rispose. Quando sentì la voce di Kimberly il suo cuore riprese a battere normalmente. Aveva avuto tanta paura,  quando l'idea che al posto di Kimberly sarebbe potuta essere la madre della ragazza per dargli la peggior notizia. Ricordò quanto, da quella sera, ogni notte aveva paura di andare a dormire e il mattino dopo svegliarsi e non trovare più la sua Kim. Aveva provato quella stessa paura ogni sera, fino a quella mattina in cui Kimberly era morta. 
Sentì quella paura farsi spazio e venire a galla, facendolo sentire fastidiosamente debole. Perché la verità era questa: poteva respingere qualsiasi tipo di sentimento, annullarlo o ignorarlo, ma era come tutti gli essere umani. Affezionarsi a qualcuno rende deboli ed era per questo che per molto tempo aveva deciso di spegnere i suoi sentimenti, perdendo così una parte di sé. Ma preferiva quello, perché di essere debole ne aveva abbastanza. E ora invece era lì, terribilmente spaventato all'idea di perdere Haley.
Salì sulla Harley e senza aspettare ancora accese il motore e partì, diretto verso l'unica persona che avrebbe potuto sostenerlo in quel momento. Calum.

La tensione presente nella stanza era tanta e facilmente percepibile. Ashton in piedi, con le spalle al muro e il viso rivolto al soffitto ma lo sguardo perso nel vuoto. Calum, seduto sulla poltrona di fronte alla scrivania, i gomiti sulle ginocchia e il viso tra le mani. Entrambi con il pensiero rivolto ad una sola persona: Haley.
"Non possiamo dirglielo ora, lo sai questo Ashton?" Calum spezzò il silenzio, per poi fare un brusco sospiro. Entrambi erano consapevoli di non avere nessun diritto nel decidere cosa Haley dovesse o meno sapere, ma entrambi sapevano quanto debole fosse la ragazza. E non erano ancora sicuri di come avrebbe potuto reagire, o per lo meno, fingevano di non esserlo. Calum conosceva troppo bene Haley e non voleva darle altri problemi. I cambiamenti, i miglioramenti tra lei e Ashton, sarebbero andati persi. Calum lo sapeva, ma non lo disse. Non voleva dire una cosa del genere al suo migliore amico, nonostante pensava che Ashton fosse già al corrente di ciò ed era per questo che ora era lì, a fissare insistentemente il soffitto come se potesse magicamente iniziare a parlare e dare una risposta ai loro problemi, una soluzione per uscire tutti illesi da quella storia. Il ché era impossibile ed era più che ovvio.
"Credi che sarei venuto da te altrimenti?" sbottò Ashton, voltandosi di scatto e sbattendo entrambe le mani chiuse in un pugno contro la parete della camera "Non deve saperlo, Calum."
"Ashton, deve saperlo."
"Sai cosa significhi? Sai a cosa porterà tutta questa merda?" urlò Ashton, scagliando un pugno contro il muro.
"Ashton, ascoltami" Calum si avvicinò a lui e posò una mano sulla sua spalla "Non glielo diremo, non oggi. Ma è una cosa che va fatta. Le staremo vicino." Ashton si rilassò, voltandosi verso il moro. 
"Adesso vado a casa, le avevo detto che sarei passato a prenderla tra non molto." disse passandosi una mano tra i ricci disordinati. Calum annuì, in parte contento del fatto che i due passassero del tempo insieme. Ma non riusciva a non pensare al fatto che, forse prima o poi, avrebbe dovuto raccogliere i pezzi di quelli che reputava i suoi migliori amici. Scacciò via quel pensiero soffocante e doloroso, per poi fermare il biondo prima che si chiudesse la porta alle spalle. 
"Ashton, non la perderemo." 

A volte capita, a chi nella vita ha ricevuto più brutte sorprese che belle, di temere la tranquillità. Capita di temere quel silenzio, quella piccola e ingannevole pausa dal dolore. Alla fine si sa, la felicità sta negli attimi. Il problema è quello che c'è prima o dopo quegli attimi di felicità. 
Haley non sapeva bene come interpretare quell'apparente calma. Niente era al suo posto, tutto ciò che era accaduto nella sua vita sembrava preso da un film, eppure per la prima volta dopo tanto le sembrò di riavere un po' di quella calma presente nella sua vecchia vita. Nonostante ciò, non poteva del tutto ignorare quella strana sensazione allo stomaco: forse paura, forse agitazione, o entrambe. Sembrava quella calma che precede la tempesta. 
Sbuffò sentendo l'arrivo di un mal di testa e allontanò quei pensieri. Tra non molto Ashton sarebbe passato a prenderla, così decise di smetterla, di darsi un po' di tregua dai soliti pensieri e di prepararsi. 
Era una semplice uscita con Ashton, non aveva motivo di mettersi in tiro, non sapeva neanche cosa avrebbero fatto o dove sarebbero andati. Così prese il primo paio di skinny neri che le capitò a tiro e un maglioncino bianco con una scritta stampata davanti. 
Non aveva molta voglia di truccarsi, così prese il suo telefono e scese al piano di sotto, indossando le sue adorate Vans mentre tentava di non rotolare giù dalle scale.
Non poteva dire di essere particolarmente di buon umore, ciò che Ashton le aveva raccontato era ancora nitido nella sua mente, il ché le trasmetteva ancora una strana malinconia. Ma il fatto che da lì a poco avrebbe rivisto Ashton, le dava quella forza che le serviva per non farsi abbattere da tutto ciò che ci fosse di negativo nella sua vita. Seppur molte volte Ashton si era rivelato il suo problema, adesso era l'unica cosa che le stesse trasmettendo forza.
Arrivò in salotto, mentre saltellando sul piede destro finiva di indossare la scarpa sinistra. 
"Ehi, tanto lavoro?" Disse attirando l'attenzione di Josh, troppo impegnato a cercare probabilmente una scheda tra le pile di fogli sistemati sul tavolino in vetro.
"Troppo, davvero troppo" Sbuffò lui, portandosi le mani sul viso e lasciandosi andare contro il morbido schienale del sofà "Tu invece ti prepari per uscire?" le chiese, dopo averla squadrata dalla testa ai piedi.
Haley annuì, gettandosi anche lei sul sofà. 
"Con Calum o Abbie?" Le chiese ancora e lei si limitò a scuotere la testa in segno di negazione. "Con Ashton?" disse Josh, con un tono quasi afflitto.
"Sì Josh, con Ashton" sbuffo anche lei, gettando indietro la testa e lasciando cadere sulle sue gambe il telefono "Ti prego, risparmiati la solita lamentela per questa sera"
Josh non disse nulla e il suo silenzio quasi infastidì Haley, che rimase ad osservarlo di soppiatto mentre lui tornava a sedersi con la sua solita postura composta. Proprio quando stava per pensare che l'avrebbe infastidita di meno qualche parola su Ashton che quel silenzio, Josh prese parola.
"Hal, trovo giusto dirti una cosa a questo punto."
"Dimmi" disse seria, improvvisamente turbata dal cambiamento di Josh e interessata da ciò che da lì a poco sarebbe uscito dalle sue labbra.
"Ecco, riguardo quella sera... non ti ho proprio detto tutto" Josh prese un momento di pausa e non appena aprì la bocca per continuare, il display del telefono di Haley si illuminò accompagnato da una breve suoneria, che l'avvisò dell'arrivo di un messaggio.

Sono fuori, sbrigati. -A

Quasi sorrise istintivamente alla vista del messaggio e in fretta balzò, letteralmente, via dal sofà. 
"Haley aspetta, prima fammi finire" Josh tentò di fermarla, ma lei era giù sull'uscio della porta. 
"Josh ora non posso o farò tardi, appena torno finiremo la nostra conversazione." lo salutò velocemente e quel sorriso smagliante che gli rivolse, gli fece dimenticare quale pessima notizia stesse per darle.
Buttò nuovamente la schiena contro il morbidissimo sofà, afflitto e dispiaciuto. Ritrovandosi con un conflitto interiore, indeciso se svelare l'informazione più cauta riguardo l'incidente in cui la sua famiglia rimase uccisa.

Haley sì fermo sul vialetto cercando di vedere dove Ashton si fosse fermato con la sua moto.
Il cielo era ormai scuro e la scarsa presenza di luce rese più difficile ad Haley notare che Ashton si fosse fermato qualche metro distante da lei, in un angolo piuttosto buio.
Lo vide appoggiato alla sua moto, i soliti skinny jeans neri alle gambe, una maglia grigia e il suo giubbotto nero di pelle. Sorrise, pensando quanto apparentemente potesse sembrare sempre lo stesso, ma non era così. Non che ogni parte del vecchio Ashton fosse sparita, era ancora lì. Solo che ora Haley conosceva anche l'altro lato. Quello che lui preferiva tenere nascosto a tutti, anche a sé stesso.
Attraversò la strada e camminò fino al punto in cui Ashton era fermo. 
"Ciao" Haley gli rivolse un sorriso e Ashton le cinse la vita con un fianco, stringendola a sé. Con l'altro braccio le circondò le spalle, mentre Haley nascondeva il suo volto tra la spalla e il viso di Ashton, beandosi del suo profumo e della serenità che quell'inaspettato gesto le stesse trasmettendo. 
Rimasero abbracciati per un tempo a loro sconosciuti, non curanti di nient'altro che non riguardasse quell'abbraccio.
Fu Ashton a interrompere quel silenzio che si era creato.
"Non sentirai freddo vestita così?" Il suo tono di voce duro era in netto contrasto con la preoccupazione che Haley gli lesse negli occhi. Ma in quegli occhi vide altro. La guardava quasi con terrore, come se potesse scivolargli tra le dita da un momento all'altro come granelli di sabbia. Non capì la sua preoccupazione, forse era solo turbato da altro. Così decise di non porgli nessuna domanda.
"Starò bene" gli sorrise "Prima di partire mi dici dove si va?"
"Vedrai" disse Ashton accennando un mezzo sorriso mentre le faceva segno di salire.

Quando entrambi furono sulla Harley, Ashton accese il motore e partirono.
Non era la prima volta che Haley salisse sulla moto con Ashton e dovette ammettere a sé stessa, che iniziava a piacergli. Non aveva più paura di quella velocità, le piaceva. Strinse la presa, tenendosi più stretta ad Ashton, mentre osservava da sopra la sua spalla come tutto intorno a loro passasse così velocemente. 
Dieci minuti dopo, vide che Ashton stesse prendendo la Hills Motorway.
A quel punto non aveva la benché minima idea di dove fossero diretti. 
Solo dopo trenta minuti più tardi, sapeva dove si trovassero ma non ancora dove fossero realmente diretti. Il grande cartellone segnaletico con la scritta 'Sydney', la lasciò per pochi secondi senza respiro. Era a casa. 
"Ashton, perché siamo qui?" Dovette alzare la voce per far in modo che Ashton riuscisse a sentirla e a quanto pare ci era riuscita. Ashton le posò una mano sul ginocchio, lasciato scoperto dalla spacca dei jeans.
"Ti dirò tutto tra poco."

Tamarama Beach.
Una tra le spiagge più belle di Sydney, protetta da due scogliere. Era lì che l'aveva portata. Haley ricordava bene l'ultima volta che si era trovata lì, insieme alla sua famiglia. Era stata una di quelle belle giornate passate in famiglia, lontani da qualsiasi problema. Sorrise a quel ricordo e Ashton la vide, nonostante la scarsa presenza di luce. 
"Perché sorridi?" le chiese, restando ad osservare il suo profilo. La trovava davvero bella, dovette ammetterlo.
"Amo questo posto, era una delle spiagge in cui io e la mia famiglia eravamo soliti frequentare in estate" disse sorridendo, ma Ashton percepì nostalgia nella sua voce e il pensiero di suo padre gli tornò in mente insieme ai sensi di colpa.
Cercò di non far notare ad Haley il suo improvviso turbamento, la prese per mano e si incamminarono sulla spiaggia.Si fermarono a pochissimi metri di distanza dalla riva e si misero seduti sulla sabbia. 
"È davvero molto bello qui in questo periodo" disse Haley, godendosi il panorama. Amava il mare in quel periodo dell'anno. La spiaggia era praticamente deserta, loro erano gli unici due presenti. E entrambi amavano quel silenzio, spezzato talvolta solo dalle loro voci. 
"Sono contenta che tu mi abbia portata qui" disse ancora Haley, voltandosi verso di lui. Lo vide preso a fissare il mare. Aveva qualcosa di strano quella sera. Non che solitamente sprizzasse gioia o sorridesse continuamente, ma quella sera era praticamente assente e qualcosa lo turbava fastidiosamente. 
"Ashton" lo chiamò, facendolo voltare verso di lei "Cosa succede?" 
Ashton rimase a fissarla senza dire nulla inizialmente, poi sospirò abbassando lo sguardo. Haley si chiese se glielo avesse mai visto fare. Probabilmente no.
"Nulla, niente di importante" le disse poi tornando a guardarla "Vieni qui."
Haley non credeva a quella risposta, ma gli diede ascolto. Si spostò quel tanto che bastasse per essere più vicini. Voleva godersi quel momento, quell'aria piacevolmente fredda, il mare e il cielo ricoperto di stelle. La spiaggia era illuminata dal bagliore della luna. 
Ashton continuava a guardare lei, che ora disegnava strane forme sulla sabbia. 
Era abbastanza vicina a lui così da poter cingerle le spalle con il braccio. Le sfiorò il viso e sentì quanto fosse fredda. 
"Hai freddo Haley?" le chiese, ma lei negò continuando a smuovere i granelli di sabbia con la sua esile mano. Ashton si tolse ugualmente la giacca di pelle, mettendola sulle spalle di Haley.
"Ti ho detto che stavo bene" disse, pulendosi da qualche granello di sabbia che le era rimasto tra le mani per poi togliere anche quelli rimasti sui jeans. 
Ashton rimase a fissarla, come incantato. Haley sollevò lo sguardo, sentendosi osservata. Si lasciò scappare una piccola risata, segno che si sentisse in imbarazzo. Ashton rise con lei, per poi fermarsi di colpo e tornare a guardarla in quel modo.
"Perché mi guardi così Ashton?" gli chiese a quel punto. Lui sentì l'irrefrenabile impulso di baciarla e non si tirò indietro. Le posò una mano sul volto e si avvicinò, fino a far in modo che la distanza tra di loro fosse quasi nulla. 
"Perché credo di essere caduto nella tua trappola, piccola." le sussurrò e senza darle tempo di rispondere posò le labbra sulle sue. 

Haley avrebbe voluto che il tempo si fermasse, che la serata non fosse finita e che loro adesso non si trovassero fuori casa sua. Erano le due del mattino e non poteva essere più felice di così in quel momento. Si sentiva bene ed era grazie ad Ashton. Erano rimasti tutto il tempo in quella spiaggia e tra carezze e abbracci il tempo era come volato. 
"Dovresti entrare, è davvero tardi" le sussurrò Ashton all'orecchio, mentre la teneva stretta a sé. Haley annuì borbottando qualcosa a voce bassa, ma non osò spostarsi. Stava bene, tra le sue braccia. Pensò che le sarebbe piaciuto restarci per un altro po' di tempo. 
"Resta con me stanotte." disse di getto, senza pensarci troppo su. Anche Ashton rimase quasi sconvolto da quella proposta e le spostò leggermente il viso, per guardarla negli occhi.
"Josh non gradirebbe la mia presenza nella tua stanza" disse duramente, in parte risentito per il disprezzo che l'agente Bennet avesse nei suoi confronti.
"Voglio che tu resti con me stanotte." disse ancora Haley, questa volta più decisa "Sempre se ne hai voglia."
Ashton sciolse l'abbracciò, guadagnandosi uno sguardo confuso da parte della ragazza ma non se ne curò molto. Si voltò verso la moto e prese le chiavi, posandole nella tasca posteriore dei jeans. 
"Andiamo allora." le disse, prendendola per mano e dirigendosi verso la porta. 

Il tempo è quella cosa che a volte può farti davvero paura. Passa senza che neanche tu te ne accorga e con lui passano tante cose, o cambiano. Solo in certi momenti ci si ferma a pensare a ciò però. 
E adesso Haley, ferma davanti al suo letto, pensava a quanto tempo fosse passato dal suo arrivo e quanto le cose fossero cambiate. Guardò Ashton, seduto sul suo letto, ed ebbe la risposta: tanto. 
Era passato davvero tanto tempo.
"Cosa c'è?" le chiese Ashton, distogliendola dai suoi pensieri. 
"Nulla, pensavo." 
"E a cosa?" le chiese ancora, mentre posava la maglia grigia sul mobile affianco al letto. 
"Al tempo." disse distrattamente Haley, mentre si sedeva di fronte a lui "A quanto tempo sia passato e a quante cose siano cambiate." 
"Noi compresi?" le chiese, fissandola negli occhi.
"Noi compresi." confermò lei, ricambiando lo sguardo. 
"Vieni qui." Ashton aprì le braccia e Haley non ci pensò due volte ad accoccolarsi tra le sue braccia. Dopo essersi messi comodi sotto le coperte, Ashton interruppe il silenzio. 
"Non me lo sarei mai aspettato." 
"Cosa?" chiese Haley, con gli occhi che cominciavano ad appesantirsi. 
"Tutto questo." rispose semplicemente Ashton, stringendola di più a sé "Adesso dormi, buonanotte Haley." le lasciò un bacio sulla fronte e Haley mugugnò qualcosa, addormentandosi subito dopo.

Il giorno arrivò, forse, troppo presto. La luce del giorno entrava dalla finestra illuminando quasi l'intera stanza. Haley aprì gli occhi, sentendosi davvero riposata. Un sorriso le aleggiò sul volto non appena i ricordi della sera precedente le tornarono in mente. Ma non appena sentì un vuoto accanto a sé, si rabbuiò. Non c'era più Ashton, ma un bigliettino.
 

Ho sentito Josh camminare per casa, così ho pensato fosse bene andarmene. 
Ci vediamo a scuola. Buongiorno piccola.
-Ashton

Adesso era più tranquilla e trovò facilmente la forza per alzarsi dal letto e scendere al piano di sotto.
Entrò nella cucina, ancora leggermente assonnata, ma non trovò Josh seduto al tavolo a fare colazione come invece si aspettava. C'erano altre pile di fogli e tante cartelle. 
"Josh?" urlò, mentre si avvicinava al tavolo, ma non ottenne risposta. 
Così si avvicinò al bancone della cucina per versarsi un po' di caffè in una tazza. Doveva andare a scuola, erano giorni che si assentava. Doveva recuperare molto. 
Tornò al tavolo e dopo essersi seduta, cominciò a sorseggiare lentamente il suo caffè. Iniziò a curiosare tra le cartelle sparse sul tavolo, ognuna apparteneva ad un caso diverso. Le osservava distrattamente, una alla volta, fino a quando non ne vide una diversa dalle altre. Sopra di essa non c'era nessun nome, niente di niente. La curiosità la spinse a prenderla ed aprirla. 
Quando vide il contenuto, desiderò di tornare indietro di soli dieci minuti e prendere una decisione diversa da quella che aveva preso. Dentro quella cartella c'erano un sacco di foto che ritraevano la scena dell'incidente della sua famiglia. Sentì il cuore cominciare a battere sempre più forte, in preda alla confusione. Mise da parte le innumerevoli foto che non osava guardare, le avrebbero fatto troppo male. Scartò diversi fogli pieni di leggi a lei sconosciute e poi trovò delle schede. Una in particolare la colpì, su di essa c'erano scritti i nomi di diversi sospettati. Li lesse tutti, uno per uno, ed erano tutti dei completi sconosciuti per lei fino a quando non lesse quel nome: Aaron Irwin.
Il suo cuore perse un battito. Aaron, il padre di Ashton. A quel punto prese un'altra scheda, dedicata completamente a quell'uomo. Sopra c'erano scritti tutti i reati da lui commessi. Erano tanti, troppi per un solo uomo. 
Quindi c'era la probabilità che il padre di Ashton avesse ucciso la sua famiglia?
Non ebbe il tempo di cercarsi altre risposte tra quei fogli, perché Josh entrò nella stanza. Si arrestò di colpo, notato il viso sconvolto di Haley. Poi guardo cosa avesse davanti e corse vicino a lei.
"Haley.." 
"E' lui? E' davvero stato lui?" gli chiese con voce tremante e lo sguardo fisso davanti a lei. 
"Sì, Haley. E' stato lui." 
Haley sentì come se qualsiasi cosa intorno a lei avesse smesso di muoversi, come se il tempo si fosse fermato. E poi lo sentì. Sentì qualcosa dentro di lei rompersi in mille pezzi, ma non sentì dolore. Non sentì niente. Era come se si fosse annullata nel momento stesso in cui Josh aveva dato conferma ai suoi pensieri.
Si alzò dalla sedia e ignorando i richiami di Josh, tornò al piano di sopra. Ma non si diresse nella sua camera, bensì nel bagno. Era come se non fosse cosciente in quel momento,  si muoveva ma il suo sguardo era completamente spento, nessun emozione traspariva da essi. 
Entrò nella doccia e dopo aver aperto il getto d'acqua, si fece piccola piccola in quello spazio ristretto, lasciando che l'acqua le scivolasse addosso. 

Calum e Ashton erano fuori da scuola, che aspettavano Haley. Ashton aveva insistito perché si fermassero lì un altro po', perché mentre Calum pensava che Haley avesse semplicemente deciso di saltare un altro giorno di scuola, lui pensava che ci fosse qualcosa sotto. 
"Ashton, smettila di farti paranoie" lo pregò il moro, sbuffando.
"Prova a chiamarla di nuovo" gli ordinò, ignorando la sua affermazione. Calum prese nuovamente il telefono e controvoglia digitò il numero della sua amica. A differenza delle prime due volte, questa volta non ci fu nessuno squillo. Il telefono era irraggiungibile. A quel punto anche Calum si insospettì.
"Ha chiuso il telefono, provo a chiamare al numero di casa?" Ashton annuì, cominciando ad innervosirsi. Prese le sue Lucky Strike e ne estrasse una, portandola alle labbra. Si appoggiò al muretto, poco lontano da Calum. Lo vide parlare al telefono e sperò fosse Haley, ma ben presto le sue speranze furono spazzate via da Calum, che gli fece segno di seguirlo, con un'espressione all'armata in volto. 
Solo quando furono entrambi dentro la macchina di Calum, il biondo gli chiese cosa fosse successo.
"Era Josh. Ha detto che Haley è chiusa in camera sua da ormai due ore e non vuole uscire e non risponde quando la chiama. " 
"Cosa significa? Questa mattina quando me ne sono andato da casa sua stava bene! Cioè dormiva, ma la serata è andata benissimo! Cosa le prende?" Chiese Ashton, perdendo la calma.
"Sei rimasto a dormire a casa sua?" Calum distolse per un momento lo sguardo dalla strada, per rivolgere uno sguardo perplesso ad Ashton, che lo incenerì con lo sguardo "Ok, non è il caso. Non mi interessa al momento. Voglio solo sapere una cosa: gli hai detto di tuo padre?"
"No Calum, avevamo detto che non glielo avrei detto ieri!" urlò Ashton, confuso. Voleva sapere cosa le stesse prendendo così all'improvviso.
"Lo ha scoperto da sola." 

Arrivarono a casa dell'agente Bennet in pochi minuti, forse anche troppo poco. Ma né a Calum, né ad Ashton, interessava dei limiti di velocità in quel momento. Haley aveva scoperto tutto. Era l'unica cosa a cui Ashton riusciva a pensare. Si impose di restare calmo, ma era davvero al limite. 
Saltarono entrambi fuori dall'auto, camminando spediti verso la porta. Bussarono, forse troppo forte, e Josh aprì loro la porta.
"Cosa ci fa lui qui?" chiese Josh, indicando Ashton. A quel punto, il biondo sentì di non poterne più.
"Haley ha bisogno di me. Mi creda agente Bennet, io stesso odio mio padre. Lo odio per avermi rovinato la vita e per aver rovinato anche quella di Haley, ma io non sono come lui. Io tengo a quella ragazza e voglio solo il suo bene. Mi faccia andare da lei, per favore." Quelle frasi uscirono di getto dalla sua bocca, ma le pensava davvero. Credeva ad ogni singola parola che aveva pronunciato.
"E' di sopra." disse Josh, facendosi da parte. 
I due salirono di fretta al piano di sopra, fermandosi davanti la porta ancora chiusa della camera di Haley. Bussarono alla porta più volte, senza ottenere mai risposta. 
"Haley, sono Ashton. Apri." Cercò di farla apparire più come una richiesta che come un ordine, ma aveva una voglia matta di buttare giù quella porta e entrare. 
Sentirono dei piccoli passi sempre più vicino e poi la porta si aprì. Quella che trovarono davanti non era Haley, era una ragazza completamente distrutta. Gli occhi inespressivi e scuri, il volto tirato e la labbra serrate. Quella non era Haley.
"Calum" Anche il tono della sua voce era diverso. Era freddo. "Ti dispiace se parlo un attimo con Ashton?" 
"No, tranquilla Hal." disse Calum, che poi fece cenno ad Ashton di entrare nella stanza. Ashton non perse tempo e la seguì.
"Tu lo sapevi?" disse improvvisamente Haley, fermandosi nel mezzo della stanza. Gli dava ancora le spalle.
"Haley.." la chiamò dolcemente. Aveva bisogno di guardarla negli occhi.
"Rispondi, Ashton." disse Haley. Ashton quasi non ci credette. Il suo tono di voce era così diverso dal solito.
"Lo sapevo.." disse infine. Haley si voltò di scatto e lo guardò con gli occhi spalancati, come se le avesse appena dato una pugnalata al cuore.
"Non me lo hai detto." disse in un sussurro, mentre continuava a guardarlo dritto negli occhi. Lui sapeva, e non le aveva detto niente. 
"L'ho saputo da ieri, Haley. Te lo avrei detto." Provò ad avvicinarsi, ma Haley arretrò di qualche passo. 
"Ieri. Dovevi dirmelo." 
"Avevo paura della tua reazione, Haley." le confidò, ma questo non sembrò cambiare la situazione. Vedeva ancora la delusione sul volto della ragazza.
"Mi hai guardato negli occhi ieri e mi hai detto che non era niente di importante, Ashton!" 
"Haley, cerca di capire.." le chiese, tentando di avvicinarsi ancora. Ma Haley indietreggiò ancora una volta. Ad ogni metro di distanza che Haley metteva tra di loro, Ashton sentiva un dolore al petto. 
"Vattene, Ashton."
"Haley"
"Devi andartene." disse duramente, distogliendo lo sguardo da quello di Ashton. Il biondo annuì debolmente, per poi fare qualche passo indietro e uscire dalla stanza. 

 

Calum lo vide uscire con gli occhi rossi da quella stanza. Camminava troppo veloce e non ebbe la possibilità di capire se fosse a causa della rabbia o delle lacrime.
Avrebbe voluto corrergli incontro e fermarlo, ma non ne ebbe il tempo. Ashton uscì fuori da quella casa come una furia. Così Calum si avvicinò alla porta della stanza di Haley e la vide seduta a terra, nel mezzo della stanza.
Si avvicinò a lei, aspettando di trovarla in lacrime, ma lei non stava piangendo. Fissava il pavimento, ignorando persino la sua presenza.
"Haley" le alzò il volto e quello sguardo vuoto lo colpì in pieno. Avrebbe preferito un pugno in pieno volto. 
"Ha ucciso la mia famiglia e lui lo sapeva." disse all'improvviso, senza nessun emozione nella voce. 
"Voleva proteggerti, Haley.." le disse dolcemente, ma era come se non lo stesse neanche ascoltando. Allora Calum non aggiunse nient'altro, l'abbracciò solamente. La strinse forte tra le sue braccia, stringendola forte a sé.
"Supererai anche questa Haley. Ci sono io con te." le sussurrò dolcemente, mentre la cullava tra le sue braccia.

Era passata ormai una settimana da quel giorno. 
Haley era tornata a scuola, ma non era più lei. Calum le stava costantemente accanto, proprio come le aveva promesso. Era l'unico con cui sembrava tornare ad essere lei stessa a volte. 
Ashton invece aveva smesso di andare a scuola. Aveva provato a fare finta che niente fosse successo, che quei mesi non fossero mai esistiti, che quella ragazza non fosse mai entrata a far parte della sua vita, che non lo avesse mai cambiato. Si alzava al mattino e sembrava riuscirci, ma ogni volta che incontrava quei occhi azzurri nei corridoi della scuola, tutto crollava. Come i muri che tentava inutilmente di ricostruire. Haley riusciva sempre a romperli, ma questa volta in un modo completamente diverso da come aveva fatto mesi prima. 
Lei non ne voleva più sapere di lui, e quanto pare di nessun'altro. Non era più la sua Haley, quella. Era un Haley persa nel buio completo. Sapeva però che con lei, ci fosse Calum. Ed era un sollievo. Avrebbe voluto esserci lui, certo. Ma lui l'aveva persa, per sempre ormai. Per questo aveva preso una decisione.
Prese le ultime cose essenziali e le posò nel grande zaino nero, che chiuse successivamente. Si fermò un attimo, prendendosi del tempo per osservare quella stanza. Forse quelle quattro mura gli sarebbero mancate. Tirò un sospiro e dopo un ultimo veloce sguardo alla stanza, scese al piano di sotto. Sua madre e Lottie lo aspettavano davanti alla porta, entrambe in lacrime.
Non appena scese l'ultimo gradino, Lottie gli saltò in braccio cingendogli il collo con le sue esili braccia.
"Devi farlo per forza?" gli chiese con quella piccola vocina rotta dal pianto.
"Sì, Lottie. Ma tornerò presto. Tu devi prenderti cura della mamma, va bene piccola?" le disse dolcemente, stringendola forte a sé. Le sarebbe mancata da morire, lo sapeva bene. Lottie annuì e dopo qualche minuto Ashton la fece scendere dalle sue braccia, per avvicinarsi alla madre.
"Non piangere, sai che non mi piace" le disse sorridendo e asciugandole una lacrima. Sua madre gli sorrise dolcemente, asciugandosi il volto. 
"Mi mancherai, Ashton." 
"Anche tu mamma. Ti voglio bene." le disse, per poi stringerla in un forte abbraccio. "Tornerò presto, voi prendetevi cura di voi stesse." Sciolse l'abbraccio con sua madre e prese il suo zaino. 
Uscì di casa e si avvicinò alla sua Harley. 
"Ci vediamo presto." disse ancora a sua madre e a Lottie, che lo guardavano ferme sull'uscio della porta. Entrambe in lacrime. Rivolse loro un caloroso sorriso, uno di quelli che non faceva da tantissimo tempo, prima di sfrecciare via.

Aveva ancora un'ultima tappa prima di partire. 
Parcheggiò la Harley sul ciglio della strada e spense il motore. Superò il vialetto di quella casa che ormai conosceva fin troppo bene e si fermò davanti quella porta bianca. 
Bussò e poco dopo la porta venne aperte.
"Sono passato a salutare" disse Ashton, accennando appena un sorriso.
"Quindi sei sicuro della tua scelta, parti?" 
"Sì, Calum. Non posso restare qui. Lo sai." gli disse, senza però far sparire quel sorriso appena accennato "Come sta?" 
"Non è cambiata molto" rispose Calum, sapendo che si stesse riferendo ad Haley "Non vuoi salutarla?" 
"Vorrei tanto farlo" ammise Ashton e quel sorriso svanì "Ma lei non vuole vedere me."
"Ashton.."
"Amico, va bene così." disse dando una pacca sulla spalla al moro "Allora? Che ne dici di un abbraccio? Non ci vedremo per un po' di tempo" disse accompagnando quella frase maledettamente triste ma vera, con una risata.
Calum annuì e senza farselo ripetere due volte, abbracciò l'amico. Passarono minuti, forse troppi, ma a nessuno dei due importò. Sarebbe stato il loro ultimo abbraccio per un po' di tempo. 
"Adesso devo andare." disse Ashton, sciogliendo l'abbraccio.
"Abbi cura di te Ashton, e ricordati che io ci sono. Lo sai." disse Calum, rivolgendogli un sorriso. Ashton annuì per poi voltarsi e tornare lentamente alla sua moto. 
"Calum" urlò per farsi sentire dal moro, che era distante qualche metro "Prenditi cura di lei, ti prego." 
Detto questo, accese il motore e sfrecciò via da quella casa. 

 

Il vento sul viso, la velocità, la sua moto, la libertà.
Aveva tutto, eppure sentiva ancora quel vuoto nel petto. Ashton sapeva che quel vuoto non sarebbe stato mai più riempito, perché quella parte di sé adesso apparteneva a quella ragazza dagli occhi azzurri. A quella ragazza che aveva deciso di restare al suo fianco anche quando era un completo stronzo. A quella ragazza che lo aveva cambiato. A quella ragazza che gli aveva fatto ricordare cosa significasse essere amato. A quella ragazza che gli aveva ricordato come si ama. 
E si allontanò così, per sempre, dalla sua città nativa. Abbandonò Hornsby, con il pensiero rivolto alla ragazza che amava e che probabilmente non avrebbe mai più rivisto.









[Spazio autrice]
Ultimo capitolo.
Già, è arrivata la fine, purtroppo. Anche se manca ancora l'epilogo.
Questo capitolo è particolarmente lungo, lo so. Ma essendo l'ultimo ho voluto fare le cose per bene e spero di esserci riuscita. Spero con tutta me stessa che questo capitolo sia di vostro gradimento. Spero mi farete sapere cosa ne pensate, di tutto. Della storia, del capitolo, della fine che ho scelto. Non dimenticatevi che manca l'epigolo ancora eh.
Detto questo, ringrazio tutte. Davvero grazie. Per aver letto la mia storia, averla recensita e soprattutto avermi sostenuto. Siete fantastiche.
A presto.
Baci,
Giada

  
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