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Autore: scrittrice in canna    24/08/2015    6 recensioni
Due agenti di polizia che lavorano per il bene della comunità e per cercare di colmare gli spazi vuoti nelle loro vite, mettendole a rischio ogni giorno senza il desiderio di sopravvivere, si scontrano e scoprono che i loro pezzi rotti combaciano più di quanto potessero immaginare.
IN PAUSA
Genere: Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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N.d.a: BPD sta per Boston Police Department.

 

 

Aveva, come altre persone, l'abitudine di sorridere esageratamente quando voleva trattenere il pianto.

- Carlos Ruiz Zafón, L'ombra del vento.

 

Il Capitano Jones della polizia di Boston non aveva mai creduto al destino, alle storie scritte nelle stelle e tutta quella robaccia lì. Nelle sue ore passate ad osservare il cielo dalla sua nave, non aveva mai visto nessuna scritta che dicesse che si sarebbe innamorato di un’agente federale quando era solo un novellino, non c’era scritto nemmeno che lei sarebbe morta o che lui avrebbe per sempre portato la cicatrice del giorno in cui cercò di salvarla intorno al suo polso sinistro; non c’era scritto che sarebbe diventato il capo del dodicesimo distretto della BPD, alla giovane età di trent’anni. Pressione e responsabilità erano cose con lui non andava molto d’accordo, per questo quand’era a casa prendeva la bottiglia di rum dal suo davanzale e beveva due bicchieri, quanto bastava per fermare gl’incubi di un marito geloso scappato all’arresto, di occhi grigi che si chiudevano; ma non abbastanza per impedirgli di essere vigile con una doccia e due pastiglie se mai il lavoro avesse chiamato ad un orario insolito come spesso accadeva.
La sua vita era un casino, la voce di suo fratello glielo ricordava ogni giorno (anche se sapeva che il Liam dei suoi ricordi era leggermente più duro di quello che l’aveva cresciuto per ben ventidue anni prima di morire) e lui annuiva, sospirava, si passava una mano sul viso e continuava a fare il suo lavoro.
Da quando era diventato capitano trattava solo i casi più importanti: serial killer, maniaci e psicopatici, bambini scomparsi, Gold. Il nome che rimbombava nella testa di Killian durante ogni minuto di lucidità, l’ex marito di Milah, quello che l’aveva ucciso nella loro vecchia casa – davanti ai suoi occhi – senza mostrare nessun segno di rancore prima di scappare.
Si malediva ogni giorno per non aver fatto qualcosa, per non essere stato in grado di resistere qualunque sostanza quel mostro gli avesse iniettato durante il loro corpo a corpo, quel miscuglio chimico che lo aveva paralizzato mentre la donna che amava esalava il suo ultimo respiro.
Era un uomo rovinato dalla vendetta, dall’alcol e dall’odio che provava a nascondere il suo cinismo dietro un lavoro onesto e passivamente violento. Dio solo sapeva cosa ne sarebbe stato di lui quando il suo tempo su questa terra sarebbe scaduto.

Emma Swan era un animo turbato, un fantasma senza sentimenti che girava per le strade di New York con tre mete precise ogni giorno: lavoro, bar, appartamento. In quest’ordine.
Ovviamente l’appartamento sopracitato non era sempre e per forza il suo, spesso si sarebbe ritrovata ad andare a casa con qualche ragazzo che preferiva guardarle la scollatura piuttosto che gli occhi, che le avrebbe tenuto compagnia per un po’ e che non avrebbe fatto nessuna domanda vedendola raccogliere le sue cose e andarsene senza un bacio d’addio.
Non aveva mai raccontato a nessuno della sua prima e unica relazione vera, parzialmente perché la prima e unica volta che si era svegliata la mattina dopo in un letto con qualcun altro quel qualcuno l’aveva lasciata in prigione qualche mese dopo, incinta e senza un posto dove andare o dei soldi con cui vivere una volta uscita; parzialmente perché non aveva nessuno a cui raccontarlo. E comunque, non l’avrebbe fatto.
Se ogni tanto si ritrovava a piangere pensando al bambino che aveva dato via quasi dieci anni prima – mi somiglia? Mi perdonerebbe? È felice? Mi ha mai cercata? – nessuno l’avrebbe mai saputo, Emma teneva le sue emozioni ben rinchiuse e nascoste dietro muri indistruttibili e il momento in cui li lasciava cadere era la notte, da sola nel suo letto con un cuscino come conforto e le stelle come testimoni.
L’unico aspetto della sua vita che le dava un po’ di soddisfazione era il suo lavoro da poliziotto, ma a volte era dannatamente difficile, come quando la trasferivano senza preavviso da una città all’altra. Di solito un trasferimento le avrebbe fatto piacere, spesso ne chiedeva uno lei quando cominciava ad attaccarsi ai posti, alle persone, ma fino a quel momento non aveva trovato nessun diner accogliente a New York e la città era abbastanza grande da poter cambiare bar ogni sera in modo da incontrare gente diversa. Stava bene, era tutto ok. Ma ok evidentemente non poteva essere in questione quando si parlava di lei così raccolse le sue cose – quattro scatole, messe nel retro del maggiolino – e si diresse verso Boston.

Lista delle cose da trovare una volta arrivata nella città nuova: un appartamento che costasse poco, la strada per la centrale di polizia, un bar vicino ad entrambi.
La seconda cosa nella lista si rivelò essere la più facile, arrivata alla stazione fermò uno dei ragazzi in divisa e chiese del Capitano del dodicesimo distretto, quello a cui era stata assegnata, lui le indicò una porta in legno ed Emma ringraziò con un sorriso forzato, si sistemò la giacca di pelle rossa e marciò verso la stanza a passo fermo.
Non si aspettava di trovare un uomo così giovane dietro la scrivania, o vestito in quel modo. Indossava un gilè di tessuto scuro sopra una camicia blu con le maniche arrotolate sopra i gomiti, una collana che lasciava penzolare due ciondoli sul suo petto ad ogni respiro.
Emma cominciò a farfugliare qualcosa quando lo sguardo del Capitano raggiunse il suo e – quello era eyeliner?
“Miss Swan, suppongo?” chiese indicando la sedia di fronte a lui.
Emma non si sedette, mise le mani nelle tasche posteriori dei jeans e annuì. “Potremmo fare una cosa veloce? Sono appena arrivata in città e devo ancora trovare un appartamento. Vi lascerò il mio numero così potrete-” il suo sguardo intenso la interruppe. La stava osservando da troppo tempo, Emma cominciò a spostare il peso da un piede all’altro e si inumidì le labbra. Quando i suoi occhi si spostarono a seguire il movimento, si bloccò e scosse la testa.
“Capitano Jones?” lo chiamò, incerta sul da farsi. Lui sbatté le palpebre un paio di volte. “Certo, lasci il suo numero di telefono e la chiamerò se ho qualche caso urgente” rispose velocemente prima di alzare un dito come ad indicare ‘un secondo’ e alzarsi per cercare qualcosa in un cassetto dell’archivio vicino alla sua scrivania, il che diede ad Emma la possibilità di notare la sua altezza e i suoi jeans e no, non aveva definitivamente immaginato di avere un capitano del genere.
Forse avrebbe dovuto chiedere il trasferimento più velocemente del previsto questa volta. Andare a letto con il proprio capo non era mai stata nella top ten delle sue cose preferite da fare.
Prese un post-it e una penna e scrisse il suo numero, lo attaccò su di una cartella e fece per andarsene quando Jones la chiamò e lei si girò di nuovo.
“Benvenuta al BPD, Swan” le disse con un sorriso allungandole un distintivo e una pistola d’ordinanza. Nel prenderle le loro mani si sfiorarono ed entrambi decisero che non avevano sentito nessuna scintilla.

Quattro mesi dopo Emma era ancora a Boston. Lavorava ancora nel distretto dodici ed era andata più di una volta a casa di Killian Jones, ma – stranamente – non aveva mai passato più di dieci minuti nella sua camera da letto. Le sue visite si limitavano a un bicchiere di liquore, una pizza e un film dopo una giornata particolarmente stressante per lei. Lui non aveva mai bisogno di aiuto dopo un caso, almeno così diceva, anche se quelli a cui lavorava lui erano sempre quelli più difficili.
Spesso e volentieri si ritrovavano a lavorarci insieme – lei era quella con più esperienza e si fidavano l’una dell’altro – quindi nel caso in cui gli eventi lo avessero scosso, formulava il suo arrivo davanti casa di Emma come un desiderio di volerle stare accanto perché “Volevo assicurarmi che tu stessi bene, Swan.” Ma lei sapeva leggere dietro le righe e si rendeva sempre conto della sottile differenza di significato nelle sue parole. A volte era lui ad avere bisogno di conforto. La prima sera durante la quale Killian si ritrovò a bussare alla porta della sua partner con una bottiglia di vino in mano, era stata dopo un particolare appostamento di due giorni di fila. Due giorni passati in un appartamento piccolo e remoto, passando il tempo a fare turni per osservare la strada sotto di loro; mentre uno dormiva o si allontanava l’altro prendeva posto alla finestra, ben nascosti da vetri oscurati. All’occasione uno dei due sarebbe andato al locale più vicino per procurarsi del cibo d’asporto, ma avevano saltato più pasti di quanto fosse consigliabile.
Il problema principale si era presentato durante la notte che avevano passato rinchiusi lì dentro, lui non si era lasciato scappare la possibilità di fare uno dei suoi soliti commenti e lei aveva roteato gli occhi e ignorato le sue parole – non avrebbero dormito contemporaneamente in ogni caso e dato che lui era “sempre un gentiluomo” non le avrebbe permesso di stare sveglia, avevano litigato per cinque minuti prima che Emma si convincesse a sdraiarsi.
Finalmente la mattina dopo avevano visto il loro uomo lasciare il monolocale dove era rimasto nel corso dell’ultima settimana. Non appena furono sicuri della sua identità, Emma si tolse la giacca di pelle che non aveva sbottonato durante gli ultimi giorni – principalmente perché era febbraio e la casa sicura non aveva un sistema di riscaldamento – e si mise a camminare a passo svelto verso la porta, fermandosi solo quando il suo collega la chiamò dalla sedia girevole: “Swan?! Dove stai andando?”
Lei alzò un sopracciglio e si mise le mani ai fianchi: “Ti porto Widmore su un piatto d’argento” disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Non dovrebbe essere difficile. Conosco il suo tipo.”
Quando Killian capì le sue intenzioni si alò di scatto e la prese dal polso: “Non puoi andare da sola, vengo con te.”
“Non riuscirò a portarlo qui se mi vede con un altro accanto a me, non credi?” Jones si arrese, consapevole che Emma sapeva badare a se stessa, le diede la sua pistola e cercò d’ignorare la voce nella sua testa che continuava a dirgli che anche Milah sapeva quello che faceva eppure ecco il risultato: un Capitano della polizia distrutto solo il peso delle sue responsabilità.
Fu costretto ad osservarla flirtare con Widmore da lontano, stringendo i pugni e digrignando i denti, costringendosi a rimanere seduto per il suo bene.
Neanche dieci minuti dopo, il ragazzo era arrivato alla porta della loro casa sicura pensando di avere la possibilità di una notte di divertimento con la ragazza freddolosa incontrata giù in strada, ma ritrovandosi invece faccia a faccia con un poliziotto arrabbiato e le sue manette.
Quella sera Emma programmava di fare una doccia con dell’acqua calda, mettere il suo pigiama preferito e dormire nel suo letto finché il suo cerca-persone non l’avesse svegliata – anche se in cuor suo sperava che Killian le desse il giorno libero. Come se i suoi pensieri l’avessero attirato, il rumore del campanello rimbombò in tutta la stanza proprio quando Emma stava per andare a dormire. Grugnì frustrata e aprì la porta.
“Buonasera, tesoro.” Oh, no. Non sapeva che sarebbe venuto, aveva addosso i suoi ridicoli pantaloni con le paperelle e di sicuro non aveva pensato di mettere un reggiseno dato che l’unico che l’avrebbe vista sarebbe stato il letto, se solo i suoi piani fossero andati a dormire. Per coronare il tutto, i suoi capelli erano legati e indossava una canottiera bianca. Sperava solo di non essersi bagnata lavandosi i denti, altrimenti avrebbe cominciato a scavarsi la tomba in quel preciso momento.
“Che ci fai qui?”
Killian alzò la bottiglia che aveva in mano e le fece leggere la targa. Era in francese, non il suo meglio, ma era vino e qualunque cose ci fosse scritto andava bene. “Sono venuto per festeggiare!”
Emma annuì, anche se pensava che avesse dei secondi fini lo fece entrare perché alla fine era un amico e si fidava di lui quindi cosa sarebbe potuto succede di così brutto?

 

 

 

 

 

Scrittrice in canna's corner
Doveva essere una os ma verrà divisa in due parti, forse anche tre. Sta venendo fuori una cosa lunga - più di quanto immaginassi. Doveva essere una storia piena di fluff per farmi perdonare da @itsdangeer su twitter per averle arrecato un danno morale con la mia ultima drabble, ma invece è diventata un'altra cosa per colpa di Hannibal (nel prossimo capitolo troverete degli accenni alla serie se guardate bene) e poi ho sempre voluto scrivere questa AU! Potrei dover aggiungere "violenza" tra gli avvertimenti per i prossimi due capitoli.
La seconda parte è già scritta a metà, dovrei riuscire a postarla già domani.
Vostra,
Scrittrice in canna.
   
 
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