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Autore: LittleGinGin    24/08/2015    3 recensioni
La grande guerra ninja è terminata e una nuova pace sembra essere sbocciata dalle macerie di un sanguinoso scontro. Eppure qualcosa non quadra ...
Una nuova minaccia sorge da un passato sconosciuto.
Un nuovo pericolo insorge alle porte di Konoha.
Due innamorati separati dal destino avverso.
Riusciranno i due amanti a ricongiungere il filo rosso che li univa?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la serie
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Note dell'autore: Salveee! Finalmente sono tornata dalle vacanze e ovviamente non mi sono scordata di voi e della promessa che vi avevo fatto :) . Infatti ecco qui, fresco fresco di correzione ( sperando di aver corretto bene eheh ^^'' ), il nuovo capitolo, il 15esimo!, della storia " Gli amanti del destino " !
Beh penso sia finita l'ora delle chiacchiere e degli indugi, e direi di lasciarvi ad una, speriamo, buona lettura ~ 




Capitolo XV -Dottore-

Aprì gli occhi.
Un abbagliante e accecante bagliore le riempiva le iridi costringendola più volte a sbattere le palpebre mentre un suono sordo le invadeva il cervello in maniera confusa. Lentamente la luce giallastra si tramutò in una lampada scialitica posta a qualche metro dal suo volto. Cosa ci fa qui una lampada di questo genere? Si sarebbe chiesta Sakura se solo fosse riuscita a ragionare nel disorientamento dei suoi sensi, ma la confusione faceva ancora da padrone nel suo cervello, stordita, non riusciva a capire dove si trovasse e cosa la circondasse. Sentiva il proprio respiro, affannato e secco, grattargli la gola riarsa, le orecchie fischiare in sottofondo, tra i battiti accelerati del proprio cuore. Passò un aggrovigliato lasso di tempo prima che Sakura potesse riprendere il controllo, un po' arrancato, del proprio corpo.
Attirò la sua attenzione un suono già sentito milioni di altre volte e certamente inconfondibile per un medico: Il rumore del monitoraggio dei parametri vitali. Quel bip le straziava le orecchie.
Man mano che riacquistava sempre più capacità, sia cognitive sia motorie, scopriva con orrore numerosi macchinari di utilizzo medico, sacche piene di chissà quale fluido, cavi e fili e tubi di ogni genere, lunghezza e larghezza. Si sentì, al tempo stesso, a casa e sperduta; il luogo, o almeno, i macchinari, le erano familiari, oggetti che utilizzava ogni giorno, ma il dove si trovava non era catalogato dal proprio cervello come zona già vista o conosciuta.
La confusione aumentò ancor di più fin quasi a tramutarsi in panico, quando, per la prima volta, si accorse del proprio corpo: Una vestaglia vecchia e sgualcita racchiudeva un ammasso di ossa, carne e vasi sanguigni, disteso su di un lettino ospedaliero, nascondendo  numerosi elettrodi esploranti attaccati alla propria pelle insieme a qualche flebo.
Con quasi frenetica rabbia, scagliò lontano quella lampada insopportabile e, dolorante, si portò a sedere su quel lettino rigido e freddo come il metallo, ad osservarsi i piedi pallidi e leggermente olivastri, toccandosi con gli alluci come una bambina, e quelle gambe così ingrigite ricoperte in parte dalla vestaglia ormai logora.
La mente risuonava ancora di qualche rumore lontano, il corpo tenuto su con fatica, i capelli cadenti su quel viso smunto e morto, di un colore impoverito, le labbra secche, gli occhi spenti e persi. Un gusto impastato di sangue e saliva.
"Buongiorno." Il rumore metallico di una porta che si apriva; il suono rauco di una voce sconosciuta. Sakura si agitò cercando di ritrarsi a quell'ombra nascosta, cercando di scovarla nell'oblio della stanza.
Fu il rumore di ruote a delibera il suo percorso.
"Come ti senti?" Un uomo in camice bianco, ormai ingiallito e sporco, sedeva di fianco a lei, intento ad indossare guanti in lattice verde. Sakura non rispose, troppo scossa e ancora troppo disorientata.
L'uomo era sulla quarantina, di pelle scura leggermente macchiata. I capelli, color seppia, unti, erano lasciati alla posizione che più desideravano incorniciando due grandi occhi acuti, di un giallo vivo e fluido, che la squadravano curiosi, carichi del desiderio di conoscenza, sotto la montatura di un paio di vecchi occhialoni. Con le dita si pizzicò la barba incolta di un tenue rossiccio scuro.
"Ti senti confusa? Frastornata?" Sakura annuí deglutendo a fatica. Aveva la gola tremendamente secca e impastata. L'uomo si spostò con decisione verso un ripiano lontano. Il suono stridulo delle ruote che si spostavano.
"Bevi." Le porse un bicchiere. Sakura l'afferrò tremante con le mani rinsecchite e pallide osservandolo diffidente. "Puoi berlo. É semplice acqua."
Indugiò qualche secondo, osservando quel liquido trasparente che le era stato offerto. Le dolevano le braccia, la flebo le faceva un po' male, le tirava la pelle. Poi si decise, troppo assetata per rifiutare, e bagnò, prima, le labbra violacee, poi, trangugiò con smania quel fluido incolore.
L'ombra annotava con una vecchia penna masticata su alcuni fogli ingialliti. Sakura lo guardò curiosa.
"Cosa scrivi?" Domandò a fatica porgendo il bicchiere di plastica per chiederne ancora. Aveva molta sete.
Scrollò le spalle. "Appunti." Porse nuovamente il bicchiere pieno d'acqua, che subito la giovane konuichi afferrò con desiderio.
"Di che genere?" Chiese tra un sorso e l'altro.
"Medici."
"Su di me?"
"Su di te."
Ci fu un momento di silenzio, calcato dallo sfregare frenetico della punta  metallica della penna sul foglio di carta sottostante.
"Hai mal di testa? Vomito? Vertigini?" Chiese con il volto sempre abbassato, scrutandola da sotto le lenti opache. Sakura non rispose subito, tenendo con forza quell'unico oggetto sicuro in quel momento, il bicchiere di plastica bianca.
"Disorientata." Sbuffò flebile tra le labbra, stanca. L'uomo mugugnò un mmm continuando a scrivere parole.
"Dove mi trovo?" Non rispose. "Perché sono qui?"
Continuò a scrivere ignorando le domande. La mente, seppur in minor modo, era ancora circondata da quella tenue nebbia, la quale ti permette di vedere senza capire concretamente. Poi, all'improvviso, si alzò ricurvo dallo sgabello, sospirando a gran voce e sistemandosi la vecchia penna nel taschino a sinistra e sbatacchiando la cartellina sulle proprie ginocchia. Sakura si ritrasse immediatamente, spaventata, lui appoggiò una delle sue grosse mani, ruvide e rugose, sul lettino, guardandola.
"Presto arriverà qualcuno. Ti dovremo sistemare."
"Chi?"
"Ti dobbiamo sistemare." Ripeté melanconico dirigendosi verso la porta metallica - o cosí credeva, non potendola vedere a causa del buio -.
Quello che seguì al silenzio improvviso, fu il rumore violento e sgraziato delle informazioni che con violenza cercavano a tutti i costi di penetrare e essere catalogate nel cervello di Sakura, già molto disorientata e spaventata.
Cosa doveva aspettarsi? Chi sarebbe arrivato?
Ma già a quegli interrogativi se ne aggiungevano altri.
Dove mi trovo? Perché sono qui? Chi era quell'uomo? Perché scriveva annotazioni su di me? E questi cavi? Queste macchine? A quale scopo? Non ricordo nulla.
 
***
 
"Che vuol dire ... ?" Disse con labbra tremanti Naruto; si passò una mano tra i capelli. "S-Sakura ... Lei ... La missione ..."le parole uscivano disconnesse.
"Non capisco di cosa tu stia parlando Naruto e non ho tempo da perdere con simili bambinate." Tsunade riprese a leggere e firmare carte di ogni genere mentre Naruto, impassibile, immobile, rimaneva lì nel bel mezzo della sala, a non fare nulla né a pensare nulla. Poi, come riscosso, gridó:
"Non sto dicendo nessuna stupidata! E se lei non sa niente della missione allora Sakura non so che fine abbia fatto!" Aveva il fiato corto, smorzato, il cuore batteva a un ritmo irregolare e se non si fosse calmato al più presto, avrebbe rivissuto una vecchia esperienza crollando al suolo inerme - parlo dell'attacco di panico dopo la falsa dichiarazione -.
Riprese fiato. "Non le sembra strano che Sakura non sia più venuta a lavoro? Certo, lei pensa che si sia presa un po' di riposo, ma non é da lei non avvertire nessuno!"
Finalmente riacquistò l'attenzione dell'Hokage, la quale incrociò le mani sotto il mento.
"Quello che dici torna, ma non capisco cosa significa la fantomatica missione per la quale dovrebbe essere partita."
"Beh adesso non torna nemmeno a me! Sakura mi aveva detto che le era stata assegnata una missione di ben quindici giorni ed io ero venuto qui, apposta, per capirne di più."
"Ti ha detto questo?" Annuí serio, gli occhi ceruli lucidi.
"Io non le ho assegnato proprio niente. Se anche me ne fossi dimenticata, cosa impossibile, - ed iniziò a rovistare tra le missioni già assegnate e in quel momento in fase di svolgimento -, ecco! come pensavo non esiste nessuna missione di tale durata e lei non è registrata in nessun’altra."
"Forse tra quelle di livello S?" Ma Tsunade scosse la testa, non aveva ricevuto nessun incarico speciale e scarseggiavano anche quelli di livelli maggiori.
"Quando hai detto che é partita?" La tensione si faceva sentire sempre più forte, un senso di smarrimento e confusione li avvolgeva soffocante.
"Cinque giorni fa."
Sakura-chan ...
Sakura, la sua Sakura. Era chissà dove e chissà per quale motivo. Non dava notizie di se e, a quanto pareva, le notizie che gli aveva fornito erano false. Perché? Non era un comportamento da lei. Non gli avrebbe mai mentito.
Ti odio!
Quelle parole tornarono dolorose, in una ferita aperta. Forse gli aveva mentito e se n'era andata in vacanza, come diceva Nonna Tsu. Forse aveva mentito a lui, proprio perché non voleva che sapesse dove andasse e cosa facesse. Perché ormai il loro rapporto era rovinato. Aveva sbagliato. Aveva sbagliato in tutto. Si era comportato da idiota da Sasuke, quando, in preda all'istinto e ai desideri repressi, l'aveva quasi baciata, e si era comportato da idiota anche dopo, quella sera di cinque giorni fa, nel bosco, quando aveva dato sfogo a tutta la rabbia repressa senza pensare a ciò che diceva, senza ritegno. Aveva ignorato gli occhi di lei, spenti e tristi, ricolmi di lacrime trattenute, quando lui l'aveva freddata dopo che l'aveva allontanato per impedire un disastro, l'aveva guardata scappare infreddolita per la strada, scalza, con addosso un vestito da sera che puzzava di alcool e fumo, stropicciato, l'aveva osservata quella notte mentre la rabbia cresceva in loro, l'aveva osservata mentre essa sfociava in un impeto violento e senza freni e infine l'aveva osservata, per l'ultima volta, mentre pronunciavano all'unisono quelle tremendi parole.
Tsunade rovistava ancora tra le carte, sovrappensiero.
"Forse si é veramente presa un po' di riposo."
"Ma non avevi detto della missione?"
"Sí, ma ... - abbassò lo sguardo - forse mi ha mentito. Quel giorno abbiamo litigato e probabilmente ... Forse non voleva che sapessi dove andasse." Tsunade si rasserenò. Quella supposizione le era molto più gradevole.
"Chiederò ai suoi genitori." Ed uscì, più cupo di prima.
 
***
 
Ancora nessuno si era fatto vedere. Pian piano la mente si rischiariva, ma donandole solo dubbi che prima non aveva e non vedeva. Non aveva né un orologio né nessun tipo di riferimento per capire quanto tempo fosse passato dall'uscita di quell'uomo. Poi, di nuovo quel rumore metallico e improvvisamente le luci si accesero accecandola. Istintivamente Sakura si strinse a se parandosi il volto con le braccia indebolite. Erano di un color smorto, in alcuni punti risaltavano vividi ematomi violacei.
"Povera creaturina." Squittí una voce sconosciuta.
"La vestaglia é squallida." Intervení una voce più ferma e profonda.
"Dobbiamo sistemarla al più presto." Né intervenne un'altra che sembrava tutto naso.
"Per questo vi ho chiamate." Eccolo! Era lui! L'ombra!
Sakura abbassò le braccia. La luce era intensa ed illuminava tutto; dovette strizzare gli occhi. Quattro figure le si paravano d'avanti, tutte ombre sconosciute, meno una, tutte ancora non ben definite. Portó timorosa le braccia in avanti, verso l'unica voce che riconosceva. L'uomo la comprese e si affrettò a stringerle la mano. Tremava.
"Povera cucciola, trema tutta." Squittí nuovamente quell'ombra che, or ora, iniziava ad acquistare forma e colore.
"Vattene e lasciaci lavorare Dottore." Sputó acida una spaventando Sakura. Forse affidarsi ad uno sconosciuto non era la cosa più saggia e sicura da fare, non sapeva nulla di lui, ma in quel momento era l'unico appoggio sicuro che sentiva di avere, l'unica cosa conosciuta che aveva.
"Cagna! Non vedi che la spaventi?"
"Come ti permetti insolente! Sudicio!"
"Bada a come parli! Lo sai che posso-"
"Calmiamoci tutti quanti. Non vedete come trema impaurita? Non combineremo nulla così. E lui sta arrivando." Tutti si calmarono, accordando una sorta di tacida tregua. Sakura non aveva capito nessun discorso pronunciato, cercava solo di focalizzare quelle figure, prima sfocate.
Si trattava di tre donne:
La prima, quella dalla voce nasale, era una donna sulla trentina, di carnagione olivastra, i capelli rossi legati in un confusionario crocchio, piccoli occhi verdi sbucavano sopra un naso aquilino.
La seconda, quella che si trovava in mezzo, era la voce squittente. Aveva corporatura minuta, lunghi boccoli color miele le ricadevano con delicatezza sulle spalle, aveva due occhi da cerbiatto marroni e un nasino all'insù.
La terza, aveva ciglia folte e nere, aggrottate, che rimarcavano la piccola fossetta che si formava in mezzo a segno di v, due occhi aggraziati e di un profondo blu intenso regalavano a quel volto rude una deliziosa armonia fatta di contrasti, i capelli neri come la pece erano legati, unti, in una lunga e bassa coda.
Tutte indossavano una mascherina e un camice, di colore diverso per ognuna, in fila: celeste, rosa, viola.
Sakura guardò nuovamente l'ombra al suo fianco, che ancora teneva stretta la sua mano smorta in quella vigorosa e grande di lui. Con gli occhi chiedeva risposte e aiuto.
"Adesso ci pensiamo noi a te." Disse la seconda donna, appoggiando delicatamente le sue mani su quelle di Sakura. Ebbe un tremito.
L'uomo, il cosiddetto Dottore, se ne andò dalla stanza a passo lento e cadenzato mentre subito, quelle che parevano infermiere, le si accerchiavano attorno.
Un ultimo sguardo, poi uscì.
 
 
 
Le luci si accesero, l'aria divenne pesante, il cuore batteva violento, il respiro accelerava, il corpo fremeva. Era il momento. Strinse le labbra rosse vermiglio. Trattenne il respiro.
Alzó lo sguardo.













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