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Autore: garrett    24/08/2015    1 recensioni
Il seguente testo, incentrato sul ritorno di Harry, Ron, Hermione a scuola dopo la Battaglia, è, dal punto di vista compositivo, qualcosa di insolito, soprattutto per me. Il racconto che inizia ora e non so per quanto ancora è da prendere per quello che è: un semplice racconto scritto sul momento e con poca preparazione dal sottoscritto, che rispetta l'opera originaria. Ben vengano critiche e suggerimenti da coloro che leggeranno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Il vapore avvolgeva la rossa locomotiva,

sfrecciante tra i campi sempre più selvaggi,

ricolma di fanciulli e fanciulle – maghi e streghe – che,

chi sopito chi elettrizzato,

sedevano sui morbidi sedili del treno rosso e fiero.

Harry, Ron e Hermione,

nel loro scompartimento,

si lasciavano alle spalle la grigia,

ma pur sempre attraente,

capitale dell'Inghilterra,

diretti,

per l'ultima volta nel luogo che li aveva cullati,

nutriti e,

soprattutto,

fatti crescere: Hogwarts.

Di vecchi compagni neanche l'ombra,

già diplomati nonostante la Guerra,

mentre i Tre scappavano,

lottando,

dal dominio di Voldemort,

che aveva conquistato il potere e,

inevitabilmente,

perso la vita,

portando avanti le idee di purezza e superiorità che lo avevano contraddistinto per tutta la sua dannata esistenza.

I seguaci in fuga o in catene avrebbero pagato per la loro codardia o la loro arroganza dimostrata nel seguire l'Oscuro Signore sconfitto.

Poca cosa era per chi,

sopravvissuto,

aveva perso i cari durante il conflitto.

Il vuoto incolmabile pesava e avrebbe pesato per il resto della loro esistenza.

E i più,

disperandosi,

avrebbero voluto unirsi alle vittime cadute,

seguendoli nell'Ignoto,

piuttosto che vivere assieme al dolore che portavano sèco ogni giorno,

dall'alba al tramonto,

nei loro cuori.

Ma la vittoria,

per quanto sofferta,

è pur sempre vittoria,

se pensate un attimo al Male che ancora colpirebbe (ammantando e corrompendo i luoghi innocenti con i suoi miasmi e stringendosi intorno a chi, solerte, si oppone ad esso) se militi coraggiosi e mai dimenticati non si fossero immolati credendo in qualcosa di giusto.

 

Così Harry, Ron e Hermione,

fermi eppur in movimento,

tornavano là,

dove tutto era iniziato.

L'estate piena di impegni aveva maturato in loro il desiderio di terminare gli studi,

rifiutando le varie possibilità offerte loro,

ritenute dai Tre immeritate.

Nello scompartimento,

Leotordo tubava e Grattastinchi,

con gli occhi gialli,

acciambellato sul sedile,

godeva delle amorevoli carezze della padrona.

Hermione,

seduta accanto al finestrino,

leggeva il Cavillo (cosa un po' strana per lei, non trovate?) e sollevava,

di tanto in tanto,

il capo,

cercando di acciuffare con gli occhi il paesaggio che scappava veloce fuori dal treno.

Harry e Ron parlavano di Quidditch e di scuola,

o meglio di cosa fare dopo la scuola,

e,

all'arrivo della vetusta vecchietta,

che con la forza delle sue nodose braccia adempiva al compito di spingere il carrello (traboccante di Calderotti, Gelatine, Cioccorane, Zuccotti e chi più ne ha più ne metta),

tutto sembrava identico agli anni passati.

Montagne di dolci trovarono posto sui sedili,

sgomberati dai libri (quasi tutti di Hermione) e qualche manciata di zellini,

offerta gentilmente da Harry,

andò a ingrossare il contenuto della cassetta della vecchietta,

fattasi sorridente.

(Una visita dal dentista non le farebbe male, fu il commento di Hermione quando la donna li lasciò).

Ma questa illusione che andavano raccontandosi a loro stessi era invero debole e un po' infantile:

la Morte,

l'Amore

e la crescita avevano cambiato i tre ragazzi molto più profondamente di altri.

Riguardo all'Amore poi,

Harry e Ginny si stavano allontanando,

ma forse,

Ron e Hermione non si erano neppure incontrati.

Il rapporto costruito su strutture danneggiate e,

come chi vede un danno da riparare ma lascia correre il tempo sperando scioccamente che quest'ultimo aggiusti tutto,

ignorate avevano fatto crollare il castello di carte costruito in anni di liti e riappacificazioni.

Dal canto suo,

Harry amava sempre meno Ginny,

se di amore si trattava,

intrappolato in un passato doloroso e impietoso nei confronti di un bambino, ragazzo e ora (forse) uomo;

e già si convinceva della sua impossibilità di trovare la pace tra le braccia di una donna.

Ron,

accettato il fallimento con Hermione,

non era certo di quell'idea: ogni volta che un'ombra passava davanti al vetro dello scompartimento,

il suo sguardo si sollevava,

e con attenzione guardava ogni fanciulla che intravedeva,

abbandonando la conversazione con l'amico.

Harry se ne accorgeva e,

di sbieco,

lanciava l'occhio su Hermione,

trovandola sofferente per il comportamento di colui che forse amava ancora un po'.

La ragazza,

però,

per scorno dei due ragazzi,

convinti dei troppi impegni che si accollava la ragazza,

era tornata a fare il prefetto e questo di certo deve essere annoverato tra le cose rimaste identiche agli anni passati.

 

Il treno rallentò e,

fermandosi alla stazione di Hogsmeade,

fu accolto dalla fitta pioggia,

ormai una consuetudine per i vecchi studenti.

Nel buio della notte,

una voce tonante raccoglieva gli smunti novizi per condurli,

con il battesimo dell'acqua,

al castello: il viaggio sul Lago Nero li attendeva,

e anche il vento tagliente!

La fiumana di ragazzi si aprì,

una luce rischiarò il cammino e Hagrid (lanterna in mano),

seguito da bambini intirizziti e spaventati,

si allontanò.

Il mastino,

Thor,

chiudeva il buffo corteo,

e chi dei bambini era rimasto in fondo,

gettava occhiate preoccupate al cane dietro di loro,

ignari della natura pigra e affettuosa, e per niente aggressiva,

dell'animale.

 

Dall'interno delle carrozze,

trainate da creature legate ad essa ma anche alla Morte,

perché solo con essa si mostrano a chi la Morte ha visto,

gli anziani studenti,

nonostante consci dello spettacolo che si sarebbe parato loro davanti,

non poterono non esimersi dall'orgoglio nascente,

nato alla vista del castello,

ora sempre più vicino,

dalle cui finestre,

migliaia e migliaia di luci illuminavano l'altura dove,

aggrappato con le sue fondamenta,

il grandioso edificio se ne stava,

pronto ad accogliere,

sfamare ed educare tutti i giovani che ora si apprestavano a raggiungerlo.

Anche sul vetro della carrozza,

lo sfavillio di luci e le ombre di torri e torrette che giocavano con i riflessi,

aumentava lo stupore,

mentre i mezzi procedevano sulla strada fangosa e bagnata,

tra gli alberi imponenti che orlavano il viale.

La vista di tutto ciò,

scaldò gli animi di Harry, Ron e Hermione,

dimentichi per un istante dei sentimenti maturi e contrastanti che lottavano dentro di loro.

 

Presero posto al tavolo dei Grifondoro,

una volta arrivati,

e il calore della Sala li rincuorò dal tempo piovigginoso che impazzava all'esterno.

I loro sguardi spaziarono sui lunghi tavoli,

sempre più affollati,

in cerca di qualche volto conosciuto,

invano,

e si resero conto della triste cappa che era scesa su di loro,

memori di avventure che avevano cementato la loro amicizia e che mai più sarebbero state.

E al sol pensiero,

un po' di ottimismo penetrò tra le nuvole nere

(uguali a quelle che coprivano il soffitto incantato sopra di loro)

che ottenebravano i loro cuori,

gli occhi scivolarono sul tavolo posto all'estremità della Sala Grande e videro i loro vecchi professori.

Al centro,

sul trono appartenuto a Silente,

sedeva la McGranitt,

saggia e amorevole e severa,

attorniata dalla Sprite e dalla Chips.

Poi venivan Vitious,

Lumacorno,

la Cooman,

Madama Bumb

e tutti gli altri,

chi più importante chi meno,

riuniti al desco di Benvenuto.

Solo quando,

sgocciolando acqua dal suo pastrano,

reduce dal viaggio sul Lago Nero,

Hagrid prese posto al tavolo,

i tre ragazzi si sentirono a casa.

E ci fu un tacito benvenuto quando tutti i professori,

intenti a scrutare per intero la Sala,

in attesa di dar inizio al lauto pasto,

si soffermarono un po' più del dovuto su di loro e le loro labbra si aprirono in un sincero sorriso,

subito ricambiato con affetto.

 

Il letto caldo e comodo e le pance sazie furono,

di certo,

i motivi che indussero Harry e Ron a dormire come ghiri,

non appena le loro membra toccarono i lenzuoli che avvolgevano i loro materassi;

le guance affondate nei morbidi cuscini freschi e al tempo stesso caldi.

I loro nuovi compagni avevano imitato ben presto i due ragazzi,

un po' scontenti della freddezza con cui i due si erano presentati a loro.

Di Harry Potter e Ron Weasley avevano visto e sentito,

soprattutto da Colin,

morto da eroe nella Grande Battaglia di Hogwarts,

le avventure,

gli scontri

e l'azione contro il Male e la Bigotteria del Ministero della Magia.

Tempo però ci sarebbe stato per ricoprire i loro quaderni delle firme dei loro beniamini e per allietare le loro orecchie con le storie e le avventure del Trio Dorato,

in fuga durante il dominio di Voldemort,

l'Oscuro Signore.

E ben presto il russare fu l'unico rumore che riempiva la stanza.

 

Ma avvolta tra le coperte,

sul divano della Sala Comune,

Hermione stava,

con le mani tese verso le fiamme del camino.

Il tenue calore le saliva lungo le braccia,

fino alle spalle.

Se ne stava lì,

pensando.

Ma neppure chi,

della Legilmanzia era esperto,

avrebbe potuto dire quale pena pesava dentro di lei.

Così gli elfi domestici la trovarono durante la notte,

quando il compito di pulire il castello gravava sulle loro piccole e scarne spalle

(anche se nessuno di voi li sentirà lamentare per il lavoro assegnatoli, ritenendolo anzi un dovere e un vanto),

e così la lasciarono,

quando tolsero l'ultimo e più piccolo granulo di polvere uscendo dal buco del ritratto,

silenziosi e svelti come solo loro erano capaci di fare.

La testa ricciuta della ragazza era scivolata di lato,

posandosi dolcemente sul bracciolo del divano,

e il volto,

rischiarato dalle braci morenti,

tranquillo e rilassato appariva,

mentre delicatamente le narici si allargavano e si stringevano nel quieto respiro del sonno.

E se qualcuno avesse deciso di interrompere il proprio dormire e di scendere giù in quel momento,

nella penombra,

un essere etereo,

avrebbe scorto,

perché Hermione Granger,

non sapendolo (e forse non ammettendolo a se stessa),

bella era davvero.

E presto,

qualcuno,

del mutamento che tutti subiscono prima o poi nell'età dell'adolescenza,

si sarebbe accorto.

 

 

   
 
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