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Autore: _armida    25/08/2015    1 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo I: Una giornata qualsiasi a Firenze
 
Firenze, 1477
 
Una sottile lama di luce filtrava attraverso le pesanti tende a motivi floreali che coprivano le ampie vetrate della camera.
Un raggio di sole andò a posizionarsi proprio sul suo viso, facendola ridestare da un sonno profondo.
Elettra aprì gli occhi a fatica.
La sera precedente aveva esagerato con il vino. Si tirò su a sedere, ripercorrendo mentalmente i fatti. Seppur offuscati dall’alcol, aveva parecchi ricordi. Solo una cosa le sfuggiva: come aveva fatto ad arrivare fino al suo letto?
Evidentemente qualcuno l’aveva accompagnata a casa, trasportata di peso, per essere precisi e, a quanto pare, l’aveva anche spogliata per metterla a letto. Il corsetto e i pantaloni appoggiati sulla poltrona ne erano la prova.
Un leggero rossore le si diffuse sulle guance.
Sapeva già chi avrebbe dovuto ringraziare: della sua compagnia di amici il giovane Nico era l’unico a rimanere sempre sobrio.
Tra un bicchiere e l’altro era anche riuscita a parlare con Giuliano de Medici… de Medici…!
Un’imprecazione le uscì fuori di bocca involontariamente.
Quel giorno aveva preso appuntamento con Lorenzo per parlare del suo nuovo progetto!
Si alzò di scatto e si diresse verso la finestra. Scostò il panneggio e guardò fuori: il sole era alto nel cielo ed aveva già passato la linea dello zenit.
Uscì di corsa dalla sua camera, in cerca di qualcuno che le dicesse un orario preciso. Fortunatamente Maria era nei paraggi, intenta a passare la scopa sulla scalinata di marmo bianco.
“Che ore sono?”, le chiese visibilmente agitata.
L’anziana governante le sorrise. “Le due, mia signora”.
Elettra si sentì morire. L’appuntamento era fissato per le due!
“Dite a Goffredo si sellare subito il mio cavallo”.
Avrebbe voluto fare un cenno d’assenso alla ragazza, giusto per farle capire che aveva recepito il messaggio, ma non ne ebbe il tempo: Elettra si era rimessa a correre per le scale, diretta in camera sua. Fece un lungo sospiro e la seguì.
Quando entrò nella stanza, la sua signora era intenta a lavarsi i capelli in un catino troppo piccolo per quello scopo; c’erano acqua e vestiti sparsi ovunque.
“Ieri sera qualcuno mi ha rovesciato un bicchiere di vino rosso sui capelli”, le disse a mo’ di spiegazione.
Maria storse il naso: per quanto volesse bene a quella ragazza, la sua condotta e i suoi modi di fare la lasciavano sempre perplessa.
“Desiderate mangiare qualcosa prima di uscire?”, le chiese.
“Berrò qualcosa dai Medici, sempre che Lorenzo non decida di giustiziarmi prima!”, per quanto tentasse di mantenere un tono serio, era chiaro che fosse divertita.
“Gentile Becchi non lo permetterebbe mai! Sappiamo bene entrambi che voi siete l’unica nipote rimastagli”, lo disse in tono scherzoso, ma per un attimo le parve che Elettra non fosse dello stesso parere.
Quello che le aveva appena detto era tremendamente vero: la gemella di Elettra era misteriosamente scomparsa quando era solo una bambina insieme con la madre dopo un agguato da parte di una banda di banditi; Elettra era miracolosamente rimasta illesa, mentre delle altre due non era rimasto neanche il corpo…
In poco meno di un quarto d’ora Elettra era pronta per uscire; l’unica eccezione erano i capelli ancora gocciolanti ma, nonostante fosse marzo inoltrato, la ragazza confidava che si sarebbero asciugati lungo il tragitto.
Maria, invece, era più preoccupata che le venisse un qualche accidente ad andare in giro così.
“A cosa vi serve il cavallo, se posso chiedere, Madonna?”, le chiese Goffredo appena uscita dal portone di casa. In effetti, per arrivare a palazzo, il cavallo serviva a ben poco, visto la vicinanza.
“Devo incontrarmi con Leonardo più tardi per un esperimento fuori città”.
Il nome di Da Vinci e la parola esperimento non promettevano mai nulla di buono pronunciati in frasi differenti, raggruppati nella stessa, poi, potevano significare solo guai. I due servitori si guardarono preoccupati mentre Elettra sorrise ad entrambi un’ultima volta, prima di salutarli ed uscire.
 
***  
 
Lasciò il cavallo ad uno dei servitori prima di entrare nel cortile interno del palazzo. Le campane vicine suonarono le due e mezza.
Elettra sospirò. Trenta minuti di ritardo non erano poi molti.
“Alla buon’ora!”, le disse una voce famigliare alle sue spalle. Elettra si voltò e sorrise a Giuliano.
“Porto buone notizie”, continuò il giovane, “ho fatto ritardare il tuo appuntamento con mio fratello”.
A quel punto la ragazza gli saltò al collo abbracciandolo con tutte le sue forze e gli diede un sonoro bacio sulla guancia.
“Sei il migliore”, gli sussurrò ad un orecchio.
“Visto le condizioni in cui la mia migliore amica versava ieri sera, ho pensato che questo fosse il minimo che potessi fare. Non so se ti sei resa conto che hai una pessima cera”.
“Anche tu non sei messo meglio”, gli rispose ridendo.
“Lorenzo ti aspetta per le tre. Hai ancora mezz’ora per rimetterti un po’ in sesto” detto questo la prese sotto braccio e la condusse verso le cucine dove un infuso caldo alle erbe l’attendeva.
 
Quella tisana aveva effetti miracolosi! Quando Elettra entrò nello studio del Magnifico si sentiva come rigenerata; ed il suo sorriso raggiante ne era la conferma.
Si salutarono amichevolmente; in fondo, si conoscevano da sempre.
Nella stanza, oltre ai due de Medici, c’era anche suo zio, Gentile Becchi, consigliere fidato della Signoria.
Becchi difficilmente lo avrebbe detto ma, più il tempo passava, più si sentiva fiero di quello che la sua nipotina stava diventando.
Per il suo diciottesimo compleanno Elettra non solo aveva ricevuto in dono quella splendida casa in cui ora abitava sola e che tanto adorava, insieme all’agognata indipendenza, ma anche il suo primo ruolo importante all’interno di Firenze.
“Allora, cosa ci racconta la nostra curatrice artistica?”, chiese Lorenzo sedendosi alla sua scrivania.
Alla corte del Magnifico il compito di Elettra consisteva nel curare al meglio l’immagine della Signoria; se necessario organizzando anche feste, spettacoli e carnevali.
“Vorrei parlarvi del mio nuovo progetto”, gli rispose lei porgendoli alcune carte.
Anni e anni presso la bottega del Verrocchio stavano dando i suoi frutti.
“Questi disegni rappresentano un edificio”, constatò il Magnifico.
Elettra sorrise. Lo aveva lasciato a bocca aperta. Prima di dare ulteriori spiegazioni spostò lo sguardo su suo zio che le sorrise a sua volta. Era stato il primo a cui aveva parlato di quel progetto e ne era sempre più entusiasta. Anche Giuliano ne era a conoscenza.
“Tra poco sarà l’anniversario di morte di vostro nonno Cosimo”, disse Elettra a Lorenzo, “Quindi ho pensato al modo migliore con cui rendergli omaggio”
Fece una piccola pausa teatrale ed aggiunse “Quale modo migliore se non quello di costruire un luogo dove conservare al meglio quella cultura a cui tanto teneva?”.
Prese un foglio più grande dal mazzo che aveva posto sulla scrivania e, con tono solenne, disse: “Signori, vi presento la Biblioteca Cosimo de Medici, la prima biblioteca pubblica sul suolo di Firenze”.
A Lorenzo il progetto piacque molto e le diede subito il suo benestare. Avrebbe presentato il suo progetto anche ad altre illustri personalità fiorentine, per cercare degli investitori che affiancassero i Medici nelle spese, ma disse ad Elettra di procurarsi tutto il necessario per far avviare i lavori il prima possibile.
Per Elettra quella era una magnifica giornata.
 
***
 
Arrivò al luogo prestabilito per l’incontro con Leonardo in notevole ritardo, tanto per cambiare. L’artista era intento a ritrarre Vanessa che, dal canto suo, era molto più interessata a scoprire cosa si celasse nell’animo di Leonardo.
Elettra sorrise. In tanti anni di amicizia, non riusciva sempre a capire cosa gli passasse per la testa; le volte in cui aveva anticipato le sue mosse si potevano contare sulla punta delle dita.
“E la tua Elettra, qual è la tua paura più grande?”, le chiese Vanessa.
Non fece in tempo a rispondere che un Nico tutto di fretta li raggiunse correndo; sembrava parecchio affannato.
“Verrocchio vi sta cercando”, disse rivolto a Leonardo.
“Dovrà aspettare”, gli rispose l’altro indifferente, “Abbiamo un esperimento da fare. E tu rivesti il ruolo principale”.
Nico sembrava parecchio preoccupato.
E la sua espressione parve farsi ancora più cupa, dopo che Da Vinci rimosse il lenzuolo che copriva un grosso carro, rivelandone il contenuto.
“Ci abbiamo lavorato parecchio, Nico, non puoi rovinare tutto adesso facendotela addosso”, gli disse Elettra ridendo.
Il loro duro lavoro consisteva in due grandi ali collegate ad un imbracatura; l’avevano studiata in modo che si adattasse perfettamente al povero Nico.
“Indossa l’imbracatura”, gli disse Leonardo.
“Cosa?”, vi era un misto di stupore e terrore nella sua voce.
“Oggi cercheremo di appurare se effettivamente queste ali offrono abbastanza resistenza all’aria da sollevare il tuo peso”, Da Vinci, dal canto suo, era parecchio eccitato.
“E se non funzionassero? Zoroastro l’anno scorso si è rotto una gamba per i vostri folli esperimenti!”
“Lo hai detto tu stesso, è successo l’anno scorso. Ora ci siamo parecchio migliorati”, gli rispose Elettra con il sorriso più convincente che riuscì a fare. 
Mentre un riluttante Nico veniva aiutato da Elettra ad indossare l’imbracatura, Leonardo osservava i nastri tra i capelli di Vanessa: in questo modo avrebbe dedotto la forza e la velocità del vento.
Una volta sistemato tutto, dopo una velocissima occhiata al retro del carro, Leonardo fece partire al galoppo i cavalli.
Alle sue spalle Nico lo supplicava di slegarlo.
“E se i vostri calcoli fossero sbagliati? Maestro vi prego! No!”, urlò mentre cominciava ad alzarsi in aria.
Elettra, che si era posizionata sul retro del carro, sorrise guardando i loro ottimi risultati. Leonardo, dopo aver posizionato le briglie in modo che i cavalli continuassero a galoppare dritti senza il bisogno di nessuno, le si mise di fianco, sorridendole e ridendo.
“Stai volando, Nico!”, urlò di gioia Vanessa.
“Sono perfette!”, fu la risposta dell’artista.
Proprio quando tutti stavano cominciando a rilassarsi, Nico compreso, la complicata carrucola, a cui erano legate le corde collegate alle ali, cedette.
Nico cominciò a salire pericolosamente in alto nel cielo.
Leonardo tirò alcune leve, che aveva previdentemente installato per bloccare il tutto in caso di bisogno. Niente. La corda continuava a scorrere.
Da Vinci guardò per un attimo Elettra negli occhi. A lei le parve di scorgere una piccola scintilla di paura, nelle iridi castane dell’amico. Si guardò intorno in cerca di qualcosa di utile.
Con un gesto fulmineo estrasse la spada che Leonardo teneva legata in vita e la conficcò al centro del meccanismo.
Il tutto si fermò.
Anche Nico da lassù si tranquillizzò: “Maestro, funziona!”, urlò stupefatto.
Quando lo tirarono finalmente giù aveva un sorriso a trentadue denti.
 
***
 
“Io odio questo posto!”, disse Nico mentre percorreva, insieme a Leonardo ed Elettra, Ponte Vecchio.
“Cosa?!”, gli rispose Da Vinci contrariato. Per una volta Elettra era d’accordo con l’artista. Adorava Firenze. Non c’era nessun’altra città così al mondo e lei ne era certa. Con la scusante di dover accompagnare suo zio in qualche viaggio diplomatico, aveva potuto ammirare e scoprire parecchi altri luoghi, anche fuori dall’Italia. Ma nessuno era come Firenze.
“Dove potremo sperimentare il volo se non a Firenze? In qualunque altra città finiremo sul rogo. Qui, invece, sono soltanto un altro eretico libero pensatore. Cultura. Caos… tutto trova accoglienza fra queste mura”, continuò a filosofeggiare Leonardo.
Elettra non poteva fare altro che dargli ragione: in quale altra città una ragazza avrebbe potuto frequentare la bottega di un artista? Oppure indossare un paio di pantaloni? O vivere tranquillamente senza essere sotto la tutela di nessun uomo? Per non parlare del lavoro che faceva…
Se avesse accettato di andare a vivere con suo fratello Aramis a Roma due anni prima, probabilmente ora si ritroverebbe a bruciare su una pira… con Leonardo al suo fianco, ovviamente.
Da Vinci, nel frattempo, continuava la sua orazione .
“Firenze chiede una sola cosa a coloro che ospita, d’esser sempre desti…”, si bloccò un attimo, come incantato, mentre un’elegante dama con un mantello color prugna gli passò di fianco. “…per angeliche visioni come quella”.
“Attento a ciò che dite, maestro. È Lucrezia Donati”, lo rimproverò Nico.
“La favorita di Lorenzo de Medici. So benissimo chi è.”, gli rispose l’artista.
“Finirete sulla ruota se vi coglie a guardarla”, continuò Nico.
“Posso confermare. Lorenzo è parecchio geloso delle sue cose”, si intromise Elettra.
“E se cogliesse lei a guardare me?”, disse con aria sognante.
Elettra alzò gli occhi al cielo. Leonardo sapeva essere davvero cocciuto a volte!
Mentre erano ancora occupati a discutere della nuova amante del Magnifico, passò un cavaliere al galoppo; sembrava andare parecchio di fretta.
“Cattive notizie da Milano”, proferì Da Vinci.
Per una volta Elettra sperò che il suo geniale amico avesse sbagliato. Ma avrebbe presto scoperto il contrario.


Nda
Non c'è molto da dire su questo capitolo... come si intuisce già dalle prime righe, Elettra è una persona che non si annoia molto facilmente.
Scusate se ho rovinato così le scene originali della serie inserendo battute a caso ma mi diverto troppo a farlo. 
 
   
 
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