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Autore: Matih Bobek    25/08/2015    3 recensioni
Il cosmo nel caos è una raccolta di poesie che racchiude le esperienze emotive dell'ultimo anno (2014/2015). Si toccano tematiche differenti: il senso di colpa e la ricerca dell'io, l'essere e il divenire, la rassegnazione in campo amoroso e l'inquietudine sociale, il tutto raccolto in contorni naturalistici ( che richiamano la poesia cinese). Segna una nuova tappa nel mio percorso di maturazione.
La raccolta presenta prevalentemente poesie in versi liberi, ma anche quartine brevi in quattro o cinque parole ( anche qui, sulla base di una struttura metrica appartenente alla poesia cinese).
Questi componimenti sono pensati per raccogliere in un microcosmo di parole due mondi distanti, : l'occidente e l'estremo oriente. Perciò sono frequenti i riferimenti al mondo letterario e culturale cinese, in particolar modo, e giapponese, nonché alla filosofie orientali.
Il cosmo nel caos appare senza la minima coesione interna. In realtà fa del suo caos il cardine per erigere un cosmo poetico.
Spero che la mia seconda raccolta sia di vostro gradimento. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Il mondo mio si sfascia;
Ansante si sgretola in un
guizzo vertiginoso e precipita
confuso in un angolo di nulla;
intanto, appena sotto la finestra
azzurra ed enorme
spalancata, piomba
uno svirgolio di ponentino.
Mi spargo scomposto
con il dorso bagnato e disteso
su una riga discontinua di ciottoli e granelli
per sentirmi dardeggiare dalla canicola:
Il fragore spumoso della risacca
si disperde col vigore dell'estate
sul lembo dorato ove io
muto miro i flutti.
Pare che persino la falce oblunga,
che sogghigna chiara appesa al giorno,
la possa udire.



Le ceneri morenti e spente
di questo mio caotico cosmo
sfrecciano remote in un turbinio
condannato a non terminar mai.
La mia realtà è un adesivo
applicato nell'incavo dei miei occhi.
Che la brezza notturna non sia altro
se non l'affanno morente d'un drago ferito?
e che quei sinuosi pendii adamantini 
che sfolgorano dall'alto della volta
non siano che lo sguardo socchiuso
di un demone dormiente?
Che il grido stridente della civetta
non sia che il lamento impenitente
di una distante Anguana 
venuta giù dalle vette?


E che importa ormai...
Volteggia intrepido ora,
in spirali briose, l'ebbro abbraccio
velato delle schegge 
di questo mondo mio che
balugina stentoreo
nella mia litania funerea.
E ora io,
scisse le pastoie alienanti
e esorcizzate le risa atroci
delle schiere di pesti spettri,
mi libero a viaggiare silente
in un disgiunto percorso 
senza né fine né affetti
aldilà delle via lattea. 
   
 
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