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Autore: riccardoIII    25/08/2015    3 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, era certo che l’affetto per i suoi amici gli avrebbe dato la forza di sostenerli quando fossero stati a pezzi.

Come previsto, i professori non lesinarono ramanzine sull’importanza dei G.U.F.O. né valanghe di compiti; fin dal primo giorno di lezione si ritrovarono sommersi di temi da svolgere e Incantesimi su cui esercitarsi e, anche a causa del poco tempo a disposizione, non riuscirono a completare la trasformazione nei giorni che li separavano dalla prima Luna Piena di quel quinto anno. Remus tornò a lezione solo la seconda settimana di lezione, anche se i suoi tre amici gli avevano fatto compagnia per tutta la durata della sua convalescenza in Infermeria.
I giorni passarono e con la terza settimana di scuola arrivarono i provini per il Quidditch; una volta che James riuscì a cacciar via primini e ragazze che di quello sport sapevano solo che fosse il punto forte dell’affascinante Capitano, finalmente iniziarono le vere selezioni. Sirius riottenne il suo posto in squadra, Mary fu scelta nel ruolo di Cacciatrice e James riuscì a scovare un Cercatore niente male, un ragazzino del terzo anno di nome Shaklebolt. Gli altri giocatori vennero riconfermati e James era al settimo cielo, convinto di aver formato un team di fuoriclasse. Fissò gli allenamenti un paio di sere alla settimana, prima di lasciare il campo e avviarsi con Sirius, Remus e Peter verso una striscia di alberi piuttosto riparata al confine tra parco e Foresta Proibita. Avevano deciso di esercitarsi all’aperto temendo di essere scoperti se fossero rimasti nel Dormitorio, viste le dimensioni assunte ultimamente da James e Sirius, che avevano quasi completato la loro Trasfigurazione.
Remus si sedette sull’erba e tirò fuori un libro dalla borsa, lo stesso che aveva letto durante tutta la durata dei provini; aveva promesso a James che sarebbe sceso al campo con Peter, ma non che avrebbe prestato attenzione. Anche Pete si sedette per terra, chiudendo gli occhi e corrugando la fronte, mentre gli altri due rimasero in piedi e si scambiarono un sorriso prima di mettersi al lavoro. Un attimo dopo, un cervo maestoso e completamente formato raspava con gli zoccoli per terra, cercando di attirare l’attenzione degli amici; Peter era talmente concentrato che non lo sentì e Sirius si stava ancora sforzando per farsi spuntare anche le zampe anteriori, così Prongs dovette attendere un po’ prima che qualcuno si accorgesse della questione. Quando Sirius riuscì a raggiungere completamente la forma animale riaprì gli occhi e si ritrovò davanti il cervo che lo guardava con gli occhi nocciola maliziosi del suo migliore amico. Fece per parlare, ma invece dell’esclamazione che voleva esprimere, un delicatissimo “Cazzo!”, dal suo muso uscì una specie di guaito. Remus alzò finalmente lo sguardo dal suo tristissimo libro e vide i suoi amici; in un primo momento rimase spiazzato, poi si alzò in piedi.
-Ce l’avete fatta! Brutti bastardi, ci siete riusciti!- esultò, carezzando con le mani il pelo dei due animali. Sirius prese a scodinzolare, latrare e fare le feste all’amico e James bramì dolcemente, tanto che Remus cominciò a ridere come un pazzo. Tutto quel rumore risvegliò Peter dal suo stato contemplativo e anche lui posò gli occhi su Prongs e Padfoot, mentre una zampina con cinque piccole dita pelose e artigliate saliva a grattare le nuove ed ingombranti orecchie.
-Ragazzi, potreste evitare di  fare tanto rumore? Queste scodelle che mi ritrovo sulla testa sono piuttosto sensibili- disse, richiamando l’attenzione dei tre amici festanti. Tutti si voltarono verso di lui e spalancarono la bocca, ma fu Remus a parlare, probabilmente perché era l’unico ancora capace di farlo.
-Pete… Ti sei accorto che hai le orecchie, il muso, il pelo, le zampe e la coda, vero?- fece, titubante.
-Oh… Mi ero accorto solo delle orecchie… Ma quindi ci sono quasi! Devo solo rimpicciolire!-
Padfoot gli saltò addosso e lo leccò per dimostrare tutto il suo entusiasmo, mentre gli altri due ridevano, per quanto un cervo possa ridere, ovvio. Quando il grosso cane nero si fu placato si scostò da un umido e divertito Wormtail e si gettò su Prongs, che subito fece finta d’incornarlo; i due presero e rincorrersi e giocare, inoltrandosi di poco nella Foresta, ma l’udito affinato dai sensi canini di Sirius gli permise di sentire chiaramente quello che Remus disse all’amico.
-Sei stato grandioso, Pete! Hai idea di quanto sia difficile questa Trasfigurazione? Questo dimostra che se credi in te puoi fare qualunque cosa! Sei un grande mago, ricordatelo la prossima volta che incontrerai qualche difficoltà a lezione!-

Probabilmente quelle parole servirono come spinta motivazionale, perché Peter riuscì a trasformarsi completamente un paio di giorni prima del successivo Plenilunio.
Dopo che Peter tornò normale i quattro ragazzi si rinchiusero ancora una volta in Dormitorio, dopo cena, per ripassare gli Incantesimi di Guarigione che sicuramente gli sarebbero tornati utili nei prossimi giorni.
-Sarà grandioso, Rem! Pensa al fatto che non sarai solo, che non ti farai più male!-
Lui prese un sospiro e chinò lo sguardo.
-Si, James, stavolta farò del male a voi-
James riavvolse la sua pergamena e si sedette accanto all’amico.
-Ehi, queste sono soltanto precauzioni, ok? È solo per non essere impreparati ed evitare di metterti nei guai. Non è detto che il Lupo ci ferirà e comunque non mi dispiacerà avere qualche cicatrice, fa molto macho!- disse, tentando di alleggerire la tensione. Ovviamente non gli riuscì.
-Rem, non ci importa di avere qualche graffio se possiamo aiutarti, lo sai. Abbiamo fatto tutto questo, pensi ci turberà un po’ di dolore? E poi, anche se fosse, non è colpa tua. Non puoi controllarti, non sei tu che decidi chi o cosa attaccare. Non dimenticarlo-
Remus alzò lo sguardo su Sirius, ma non sembrava del tutto convinto.
-Non mi piace l’idea di colpirvi, sapete; non è così che funziona tra amici. Ci si protegge, non ci si ferisce-
-Infatti noi saremo lì per proteggerti dal Lupo, Remus. Lasciaci fare qualcosa per te, ok?-
Remus sorrise a Peter, quasi commosso.
-Credi sul serio che riuscirei ad impedirvi di fare qualcosa dopo che ve lo siete messi in testa? Sono complice di un reato penale perché sono patologicamente incapace di dirvi “no”!-
Tutti risero, poi Sirius riprese la parola.
-Magari, col tempo, dopo che il Lupo ci avrà conosciuto, diventerà meno violento; ci accetterà come suo branco, tipo… E potremmo tutti divertirci, anche tu, Rem-
Lui scosse la testa.
-Dubito fortemente che riuscirò mai a trovare una Luna Piena divertente-
-“Mai” non è affatto una parola malandrina, Rem!-
Il giovane Licantropo sorrise, ma poi la sua espressione tornò seria.
-Ragazzi, capisco l’eccitazione, ma voi non avete idea di cosa vi troverete davanti… Un Lupo Mannaro è un essere spaventoso, terrificante… Per non parlare della trasformazione… Promettetemi che entrerete solo dopo che sarò mutato completamente. Non voglio che mi vediate in quelle condizioni, io sarò straziato dal dolore e non riuscirò ad evitare di dimostrarlo…-
-Remus, noi vogliamo essere lì per aiutarti, per starti vicino. Non credi che in questo concetto rientri anche non lasciarti solo nel momento peggiore della nottata?-
Il Licantropo si passò le mani tra i capelli castani.
-Tu non capisci, James! Le mie ossa si spezzeranno e si allungheranno per poi riformarsi, i miei muscoli si stracceranno e cresceranno prima di compattarsi, dalle gengive mi spunteranno zanne lunghe dieci centimetri! La Stamberga Strillante si chiama così per un motivo! Perché le mie urla riecheggiano per tutta Hogsmade! Sei pronto a vedere un amico fatto a pezzi e plasmato di nuovo?-
-Lo sono, se quell’amico può trarre giovamento dal fatto che io non lo lascerò solo-
-Lo siamo- rincarò la dose Sirius, fingendo decisione. In realtà non aveva mai pensato a cosa avrebbe provato vedendo Remus trasformarsi, non si era mai concentrato troppo sul pensiero del suo amico stravolto dal dolore. Come aveva potuto trascurare un simile dettaglio? Era davvero pronto a tutto quello?

No, non lo era affatto, concluse quando sbucò all’interno della Stamberga due sere dopo.
Remus era steso a terra, avvolto in una coperta lacera e per il resto completamente nudo. Spasmi tremendi scuotevano il suo corpo tanto da far tremare il pavimento e dalla sua bocca venivano fuori gemiti sommessi e per questo ancor più spaventosi. Aveva gli occhi serrati nel tentativo di trattenere le lacrime che impunemente scendevano sul viso straziato dalle cicatrici, memorie di troppe altre notti come quella, e deformato da una sofferenza talmente totalizzante da essere sconvolgente per chi lo osservava. Se Sirius aveva pensato che stesse male quando lo accompagnavano in Infermeria, da quattro anni a quella parte, ora doveva ricredersi. Come era possibile tollerare un supplizio come quello? Come era possibile non impazzirne, non rimanerne ucciso?
Certo, anche la trasformazione in Animagus era in un certo senso dolorosa, perché il processo della metamorfosi di ossa, muscoli e organi era simile; anche loro dovevano spezzarsi per ricomporsi in quelle dell’animale, ma la magia e la volontarietà dell’atto attutivano il colpo, riducendo il tutto ad una sensazione di torpore e di fastidio. La Maledizione, invece, sembrava accentuare lo strazio della deformazione di ogni singola cellula del corpo di Remus.
-Remus, siamo qui con te-
James si era fiondato al fianco dell’amico, accucciandosi accanto alla sua testa; gli prese la mano nella sua, poi posò con la massima delicatezza il capo di Remus sulle sue gambe, come ad offrirgli un cuscino, un appiglio, un supporto. Sirius vide nei suoi occhi sbarrati la stessa angoscia che albergava dentro sé, eppure, se per lui era stata paralizzante, per James si era trasformata in una spinta a tendere la mano. Era così, James; sarebbe morto volentieri per aiutare chi amava e Sirius sapeva che in quel momento il suo migliore amico avrebbe dato qualunque cosa possedesse per prendere sulle sue spalle la condanna di Remus.
Peter era ammutolito, al suo fianco; sapeva che se l’avesse guardato l’avrebbe sorpreso scosso da brividi di terrore. Venne distratto da un debole sussurro.
-Jam… James… Andate… Via…-
-Non andiamo da nessuna parte, Rem. Staremo qui con te fino alla fine, abbiamo promesso-
Sirius aveva affiancato James; le parole sussurrate del Licantropo lo avevano scosso. Non poteva fare nulla per alleviare quella tortura, ma non lo avrebbe abbandonato. Mai.
-Sta… Sta per succedere… Mi… Mi dispiace che… Dobbiate vedermi… Così… Dovete… Trasformarvi… Ora… Prima che… Cominci-
Appena finì di parlare un urlo squarciò l’aria, un urlo pieno di tormento e disperazione e impotenza. James strinse ancora di più la mano di Remus.
-James, dobbiamo trasformarci ORA!-
Sirius lo trascinò via dall’amico e aspettò che comparisse il cervo prima di mutare. Wormtail era già pronto, in un angolo della stanza, scosso dai brividi.
Proprio come aveva detto loro Remus, la trasformazione cominciò; fu rapida, eppure a Sirius sembrò che il tempo scorresse a velocità dimezzata. Sentì scricchiolii sinistri e vide le ossa riposizionarsi sotto la pelle che si copriva di peli ispidi come setole di spazzole, vide i muscoli cambiare posizione e crescere, avviluppando il corpo sottile e gracile dell’amico e rendendolo forte e imponente. Crebbe in altezza, i piedi si allungarono e diventarono quelli di una belva, con i talloni sollevati; le mani si trasformarono in zampe e lunghi artigli presero il posto delle unghie. Il viso divenne un muso da lupo, le zanne spuntarono facendo sanguinare le gengive copiosamente, le orecchie diventarono a punta e una coda e ciuffi, tratto distintivo dei Mannari, sbucò al termine della sua schiena. L’ultima cosa a mutare, mentre l’urlo si trasformava in ululato, furono gli occhi; da umani, piangenti, caldi, sofferenti e preoccupati si congelarono, diventando semplicemente gelidi occhi di una fiera piena di furia. In un ultimo sprazzo di lucidità e nel tentativo di proteggere i suoi amici, Remus voltò il capo lontano da Prongs e Padfoot, schierati davanti a Wormtail, per evitare che Moony  si rendesse subito conto di avere compagnia e li attaccasse senza che loro fossero pronti.
Il diversivo non durò a lungo: appena l’ululato si spense, il Lupo cominciò a fiutare l’aria attorno a lui, rendendosi subito conto della presenza di altri animali; sorpreso, voltò il capo nella loro direzione e si bloccò mentre li scrutava senza muovere un muscolo, imitando inconsciamente i tre amici, altrettanto paralizzati. Piegò la testa leggermente di lato, come a volerli studiare, valutare. Non ebbero il tempo di prepararsi, perché in meno di un secondo Moony era passato dall’immobilità, alla posa d’attacco, al balzo. Istintivamente Padfoot si lanciò sulla sua traiettoria, impedendogli di arrivare a Prongs. I due finirono a terra, rotolandosi, ognuno che cercava di assumere il controllo; il Lupo non si faceva scrupoli a tentare di ferire cane, ma lui non aveva intenzione di fargli del male a meno di non essere costretto. Voleva guadagnarsi la sua fiducia dimostrandogli che non erano un pericolo, che erano amici. Forse sperava addirittura di riportare a galla Remus. Si lasciò sovrastare, mostrandosi arrendevole, e per un attimo Moony parve stupito da quel suo comportamento e si immobilizzò di nuovo. Padfoot colse l’occasione per leccargli il muso, giocoso, e sbattere la coda, come a festeggiarlo, ma il piano non funzionò: infastidito, il suo avversario lo graffiò sul collo con un altro mezzo ululato e a lui sfuggì un guaito. Stava per tentare di ribaltare le posizioni, ma proprio mentre il Mannaro calava sulla sua gola un paio di corna sbucarono all’improvviso nel campo visivo di Padfoot e colpirono Moony con decisione, ma senza intenzione di ferire. Questi rotolò via, confuso, e Padfoot si rialzò mentre Prongs gli dava una lappata sulla ferita nel tentativo di arginare il sangue, facendola bruciare. Il cane gli diede un colpo sul muso, invitandolo a concentrarsi sul Lupo che si era rialzato e li fissava, incerto; probabilmente non era sicuro di riuscire a sopraffare entrambi, oppure era stato il gesto di Prongs nei confronti di Padfoot a stupirlo. Prima che Sirius riuscisse ad impedirlo, proprio il cervo si diresse con passi cauti e lenti verso Moony, ancora fermo, nel tentativo di non spaventarlo. Lo raggiunse e ripeté la lappata sul collo dell’altro, per dimostrargli amicizia; il Mannaro non si spostò, continuò ad osservare l’animale che, fiero e regale, lo fronteggiava con la testa alta a sottolineare l’assenza di paura e la fiducia. Un lento piegarsi del capo di lato, di nuovo, un lampo negli occhi e poi artigli guizzanti impattarono sul petto di Prongs che, colto alla sprovvista, indietreggiò bramendo, dolorante. Con un balzo Padfoot fu davanti a lui, a ringhiare contro Moony in difesa dell’amico; non sortì alcuno spavento nell’altro, solo curiosità, ma l’odore del sangue del cervo che scendeva copioso sembrò risvegliare il Lupo dalla sua strana trance. Certo, avrebbe preferito assalire un umano, ma il richiamo del sangue era troppo forte per rimuginare sul fatto che fosse un animale.
Questa volta il cane era pronto, in posizione di guardia. Gonfiò il pelo per sembrare più imponente e continuò a ringhiare sempre più forte quando il suo avversario tentò di scavalcarlo per raggiungere la sua preda. Non aveva altra scelta, non avrebbe mai voluto far del male a Remus, ma non poté evitarlo: morse una delle sue zampe e quello ululò, furioso, concentrando le sue attenzioni sul cane che aveva osato attaccarlo. Cominciarono una strana danza, fatta di salti e rincorse, di latrati e ululati; Padfoot lo stuzzicava andandogli vicino e poi balzava indietro all’ultimo minuto. Ben presto il loro diventò un gioco e il Lupo si rassegnò a non ferire, a rincorrere soltanto. Gli occhi del cane brillavano di eccitazione, divertimento e conquista. Quando si fu ripreso, Prongs prese parte al gioco e Moony non colpì nemmeno lui, comunque pronto a dargli una bella incornata; perfino Wormtail riuscì a venir fuori dalla sua tana e il Mannaro lo trovò talmente strano che non provò nemmeno a graffiarlo, lo annusò soltanto mentre tremava terrorizzato.
Il tira e molla durò per tutta la notte; ogni tanto i tre Animagus esageravano e Moony si innervosiva, finendo per attaccarli di nuovo. Wormtail se la cavò un paio di volte grazie alla sua rapidità nello sgusciar via, ma un graffietto superficiale sul dorso toccò anche a lui; Padfoot e Prongs presero i colpi peggiori, cercando sempre di rispondere con la forza solo lo stretto necessario e tentando piuttosto di riconquistare la fiducia del Lupo.
Alla fine, quando anche Moony fu esausto, si sdraiarono a terra, vicini, continuando a darsi colpetti giocosi con le zampe e con i musi. Gli occhi del Lupo non erano più freddi come quando si era risvegliato, avevano una strana sfumatura che Sirius non riuscì ad identificare, ma che gli piacque.
Nonostante le finestre fossero sprangate Padfoot colse con precisione il momento in cui la notte divenne più buia, un attimo prima dell’alba; un po’ di luce riuscì a penetrare nella stanza squallida e rovinata quando sorse il sole e lentamente gli occhi di Moony, ancora posati su di loro, vennero nascosti dalle palpebre. Il pelo e la coda si ritirarono nella pelle e le zanne nella bocca, le orecchie rimpicciolirono e tornarono tonde, i capelli si allungarono, castani come sempre, il corpo si accorciò e con rumori  poco rassicuranti le ossa si ridisposero per formare gambe, braccia, piedi e mani da cui si ritrassero gli artigli per lasciar posto a semplici unghie; i muscoli diminuirono di volume come se si sgonfiassero e il muso rimpicciolì, permettendo la ricomparsa del viso gentile del loro Remus, ancora con le palpebre calate.
I tre si guardarono un istante e poi ripresero la forma umana. James e Sirius estrassero le bacchette e cominciarono a curare le ferite che avevano provocato a Moony, troppo differenti da quelle del Lupo per passare inosservate. Quando terminarono il loro lavoro Peter coprì l’amico con la coperta lacera in cui era avvolto quando erano entrati, assicurandosi che fosse ben infagottato, dopodiché, a turno, ognuno si occupò dei tagli degli altri, facendoli rimarginare. Probabilmente Madama Chips sarebbe stata in grado di fare un lavoro migliore, ma erano comunque ferite maledette e quindi i segni non sarebbero mai scomparsi del tutto. Si passarono del Dittamo per favorire la cicatrizzazione completa e Sirius se ne stava facendo giusto scivolare qualche goccia sul graffio sul collo quando Remus cominciò a riprendere conoscenza.
-Ehi…- mormorò con voce impastata. James fu subito al suo fianco.
-Ciao, amico! Come ti senti?-
Quello fece una smorfia dopo aver tentato di muoversi e Peter si affrettò a sorreggerlo.
-Grazi, Pete… Sto uno schifo, ma considerato che in genere mi risveglio in una pozza di sangue va molto meglio. Voi? State tutti bene? Qualcosa è andato storto?-
Li scrutò con attenzione in cerca di risposte, ma trovò solo sorrisi.
-Siamo in ottima forma, Rem, non preoccuparti- disse James, ammiccando.
-Dovreste andare, ora. Madama Chips sarà qui a momenti-
-Ci nascondiamo sotto il Mantello finché non sarete andati via, poi vi seguiremo. Non ti lasciamo solo, Remus-
-Ci vorrà parecchio tempo perché io raggiunga il Castello, Madama Chips deve aiutarmi a camminare. Si potrebbero accorgere che non ci siete. Vi prego, andate-
-No, Rem, Sirius ha ragione. Dobbiamo aspettare oppure rischiamo di incontrare la Chips nel tunnel e non potremmo passare inosservati, è troppo stretto-
Remus si arrese e si riadagiò sul pavimento, stremato.
-Perché non dormi un po’, adesso? Hai bisogno di forze- gli suggerì Peter. Senza nemmeno rispondere, l’amico chiuse gli occhi di nuovo.
I tre si ritirarono in un angolo e James tirò fuori il Mantello, coprendo tutti. Non si azzardarono a dire una parola per non disturbare Remus e dopo poco udirono uno scalpiccio provenire dal tunnel. L’infermiera entrò nella stanza e si avvicinò al ragazzo sul pavimento, estraendo la bacchetta; senza svegliarlo, scostò la coperta in cerca di ferite che avessero bisogno di cure immediate, ma non ne trovò e parve stupita. Evocò un pigiama e svegliò Remus dopo averlo ricoperto, in modo che non si sentisse in imbarazzo all’idea che lei l’avesse visto nudo. Con l’aiuto della donna lui si rivestì e si sollevò, riuscendo a mantenersi in piedi solo grazie al braccio di Madama Chips a cui si era ancorato.
-Dev’essere stata una notte tranquilla, Lupin; non ha nessuna delle solite ferite che si infligge. Probabilmente riuscirà a riprendersi più in fretta del solito, questa volta-
Remus si sforzò di sorriderle.
-Meglio così, Madama; non sarà costretta a tollerare le mia presenza e quella dei miei amici troppo a lungo-
Anche la donna sorrise, per poi aiutarlo a calarsi nel tunnel e seguirlo.

Quando furono ragionevolmente sicuri che fossero lontani, James scostò il Mantello e se lo ficcò in tasca.
-Beh, è stata una strana notte- disse, quando il silenzio si fece troppo pesante.
-Suppongo che ci abitueremo, col tempo- affermò Sirius.
-È stato spaventoso, non è vero? Vedere Remus ridotto così…-
Sirius e James abbassarono la sguardo, sapendo che quella domanda non aveva bisogno di risposte.
-E poi, quando ho visto il Lupo… È davvero impressionante… Insomma… Ero terrorizzato-
Ancora una volta nessuno dei due si espresse. James disse che ormai era il caso di avviarsi e gli altri due furono d’accordo, così presero la via del ritorno verso il Castello.
Mentre proseguiva piegato in due nel tunnel, Sirius si rese conto che in realtà non aveva avuto affatto paura del Lupo al termine della trasformazione. Era stato così straziato dalla sofferenza che Remus aveva provato e così sconvolto per la violenza inaudita che l’amico era costretto a subire, condannato a perdere ragione e umanità senza nessuna possibilità di scampo, che non c’era stato spazio in lui per altro orrore. Si chiese cosa avesse provato James e seppe, oltre ogni razionalità, che per lui era stato lo stesso.
Ma sarebbe stato capace di sopportare quello scempio ad ogni Luna Piena? Come era possibile vedere un amico dilaniato in quel modo senza morire dentro? Come si poteva resistere al dolore sapendo che quel quindicenne subiva quella sorte orrenda da ormai più di dieci anni, “da quando non aveva nemmeno cinque anni, per Merlino”, e che quella Maledizione non l’avrebbe abbandonato fino alla morte?  

Non sarebbe mai riuscito a scendere a patti con un’ingiustizia così profonda e sconvolgente, ma se aveva il potere di fare qualcosa per lui era stargli vicino; perciò, promise a se stesso, finché avrebbe avuto fiato in corpo non avrebbe passato un Plenilunio soltanto senza essere accanto a Remus. Era proprio dall’affetto per i suoi amici, si disse, che avrebbe tratto la forza per superare i tormenti che la vita gli avrebbe messo davanti. E che fossero i propri o quelli degli altri Malandrini poco importava, perché in ogni  caso sarebbero stati insieme a lottare.
   
 
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