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Autore: rowiel    25/08/2015    4 recensioni
(IN REVISIONE)Aly è sempre stata innamorata di Alex, ma non ha mai fatto niente per conquistarlo. Per lei lui è bello e irraggiungibile come il sole, eppure i loro universi sono destinati ad avvicinarsi inesorabilmente. Cosa accadrà quando si scontreranno?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il momento giusto
CAP

Non riuscivo a respirare. Non potevo muovermi. Non riuscivo a pensare lucidamente.
Un maremoto di emozioni mi aveva travolta, spazzando via tutto.
Alex. Solo lui era rimasto. Dovevo andare da lui, dovevo vederlo.
Mi precipitai fuori dalla stanza stringendo ancora i fogli in mano. Stavo tremando.
“Aly, stai bene?”, fece Kay venendomi incontro.
Cosa dovevo risponderle? No, non stavo bene. Ero felice ma sconvolta, completamente sotto shock.
Il mio amore mi amava, ancora non ci credevo. Lui, che aveva passato l'inimmaginabile e mi aveva confessato di non riuscire a sentirsi amato, amava me e anche se questo non cambiava ciò che era successo, in qualche modo lo rendeva più accettabile.
“A-Alex...”, blaterai.
“Hai l'aria sconvolta. Siediti.”
Feci cenno di no indietreggiando. Non avevo tempo. Dovevo andare da Alex.
Era di nuovo quel bisogno, lo stesso che mi aveva portato in ospedale a giugno. Era un imperativo assoluto.
Io. Dovevo. Andare. Da. Alex.
“Cosa c'è scritto?”, mi chiese Ryler guardando la lettera.
Mi portai i fogli al petto. Non potevo dirglielo. Era una cosa tra me e Alex. Mi aveva aperto il suo cuore, ora era mio compito proteggerlo.
Scossi la testa più decisa.
“Dov'è Tom?”, chiesi notando l'assenza di mio fratello.
“Fuori. Si è dimenticato una cosa o roba del genere.”, rispose Ryler con un'alzata di spalle.
“No. No, no, no,no. Io devo andare da Alex. Ora.”
L'urgenza che mi animava ruggì più forte il bisogno di correre da lui. Non riuscivo a respirare tanto opprimente era il desiderio.
Ryler e Kailyn si lanciarono un'occhiata confusa.
“Vuoi andarci così?”
Abbassai automaticamente lo sguardo verso i pantaloni della tuta logori e le pantofole a forma di cane. Mi limitai ad annuire.
“Avanti, io mi procuro un passaggio e nel frattempo ti tiriamo a lucido!”, disse Kay afferrandomi per un gomito e trascinandomi, insieme a Ry, in camera mia.
“Hai già deciso cosa gli dirai?”, mi chiese la mia amica intenta a realizzare uno chignon laterale non troppo ordinato.
Scossi la testa per la millesima volta. Non sapevo niente. Se possibile ero ancora più confusa del solito. Di una cosa però ero sicura: dovevo raggiungere Alex il prima possibile.
Dentro continuavo a sentire le emozioni divorarmi. Non mi importava più di quello che era successo, dei dubbi, delle angosce e di tutte le insicurezze. Volevo Alex e questo non sarebbe mai cambiato. Se c'era una cosa che questa brutta storia mi aveva fatto capire chiaramente era questa. Nonostante il caos dilagante ero certa che avrei saputo cosa fare quando me lo sarei trovato davanti, o almeno lo speravo.
“Non vuoi dirci proprio niente.”, piagnucolò Ry facendomi gli occhi dolci.
Non potevo. No, anzi non volevo, ma anche se avessi voluto non sapevo come esprimere ciò che provavo. Ancora non riuscivo a credere a tutto quello che il mio povero Alex aveva dovuto sopportare.
Ora si spiegavano tante cose. Ora tutto aveva decisamente più senso. Come biasimarlo per aver chiuso il suo cuore? Io ero disposta a farlo per il tradimento di un'amica, non potevo nemmeno immaginare cosa aveva provato con sua madre. E se pensavo a lei mi veniva fuori una rabbia furiosa. Come si faceva a lasciare il proprio figlio? Come si poteva non amare un ragazzo come lui?
Doveva essere una donna fredda e cattiva e Alex non se lo meritava. Nessun bambino si sarebbe meritato una mamma così.
Tra tutte le paranoie che per anni mi avevano ossessionato, l'idea che l'amore potesse far paura non mi aveva nemmeno sfiorata. Per me era associato al batticuore, alle farfalle nello stomaco, a quella dolce euforia che mi faceva sentire viva e non avevo mai pensato che per qualcuno potesse essere diverso. Eppure Alex, il mio Alex, era cresciuto evitando di amare e temendo di essere amato. La solitudine doveva essere stata insopportabile, la lettera ne era intrisa in ogni parola, in ogni spazio, in ogni virgola. Alex era stato un bambino solo, un ragazzo solo ed un uomo solo.
Tra quelle righe avevo scoperto un ragazzo diverso da quello che immaginavo nelle mie fantaromanticherie, diverso da quello che conoscevo, o che credevo di conoscere, eppure proprio per questo ancor più speciale. Quella lettera era una finestra sul mondo meraviglioso della sua anima. Leggendo quelle righe mi ero innamorato di Alex per la seconda volta.
Gettai ancora una volta lo sguardo su quei fogli che mi avevano dato il più grande dei regali, quello che non avevo osato chiedere. Sospirai sopraffatta dall'immensità del nuovo sentimento.
Presi la busta per riporre quel prezioso tesoro e sentii un fruscio. C'era qualcos'altro all'interno.
Il cuore mi balzò in gola. Con mano malferma l'aprii meglio e tirai fuori un foglio tutto stropicciato e un bracciale. Era molto semplice e delicato. La catenina dorata era interrotta solo dal simbolo dell'infinito su cui erano incisi i nostri nomi.
Un'ondata di calore dal petto mi risalì fino alla testa. Era la cosa più bella che avessi mai visto. Con la vista appannata guardai il foglio e rimasi sorpresa nel riconoscere la mia calligrafia. Era il mio tema su Icaro.
Sul fondo della pagina, sotto le parole piene di veleno, astio e amarezza, Alex aveva aggiunto poche righe.

«Non sono mai stato sicuro che la morale della storia di Icaro dovesse essere: "Non tentare di volare troppo in alto", come viene intesa in genere, e mi sono chiesto se non si potesse interpretarla invece in un modo diverso: "Dimentica la cera e le piume, e costruisci ali più solide".
(Stanley Kubrick)»

Scattai in piedi come una molla “Ragazzi devo andare da lui. Non posso più aspettare.”
“Bene. Cambiati al volo perché tra cinque minuti arriva il nostro autista.”, fece Kay ammiccando.
Non chiesi niente. Non mi importava come avremmo fatto, mi interessava solo arrivare dal mio Alex nel modo più veloce possibile. Tuttavia, davanti al maggiolone scassato che ci aspettava, rimasi un po' basita. Mi girai automaticamente verso Kay che mi sorrise arrossendo.
“Ragazzi, questo è Elijah.”, disse indicando il ragazzo alla guida.
Io e Ry ci guardammo. Lui sghignazzava compiaciuto. Di certo era la miglior vigilia di Natale che avesse mai passato. Aveva abbastanza informazioni da darci il tormento per almeno un anno.
“Piacere di conoscerti.”, lo salutai accomodandomi sul sedile posteriore, “E grazie per l'aiuto.”
“Figurati. K ha detto che era un'emergenza.”, fece guardandomi dallo specchietto retrovisore e strizzando l'occhio.
K? Ma davvero?
Guardai subito Ry. Anche lui non aveva gradito il nuovo soprannome, ma al momento era troppo compiaciuto per l'inatteso scoop per dispiacersene troppo. Qualcosa mi diceva che d'ora in avanti non sarei stata io l'oggetto del suo interesse.
Una sensazione pungente mi prese lo stomaco per qualche istante. Mi stavo comportando di nuovo come una pessima amica, me ne rendevo conto, ma promisi a me stessa che nell'anno nuovo mi sarei riscattata. Prima però avevo bisogno di questo ultimo momento di egoismo.

Venti minuti più tardi eravamo sotto casa di Alex. Lo stile di guida di Elijah era piuttosto disinvolto, per usare un eufemismo. Sembrava che per lui segnali stradali e semafori fossero elementi decorativi piuttosto che oggetti funzionali, ma non obiettai visto che mi fece arrivare velocemente dove dovevo essere.
Il problema fu che una volta lì non riuscii a muovermi. Dov'era finito il mio coraggio?
“Bé che fai ora, non ti precipiti fuori?”, mi domandò Ryler.
“Cosa gli dico?”, domandai impanicata.
“Io ti avevo detto di prepararti un discorso.”, mi apostrofò Kay.
“Stronzate.”, si intromise Elijah, “Va' e segui l'istinto.”
Kay si portò le mani al volto. Era decisamente uno 0 su 10 e la cosa mi strappò un sorriso. Capii da come mi guardava che anche lei stava pensando lo stesso.
“Aspetti questo momento da una vita! Su forza! ”, mi incoraggiò.
“Va' a prenderlo tigre!”, mi esortò anche Ry spingendomi letteralmente fuori dalla macchina.
Salutai i miei amici e ringraziai ancora una volta Elijah.
Avevo il cuore a mille. Tremavo e sentivo le gambe pesanti e al tempo stesso molli come gelatina.
“Aly se non muovi il culo giuro che vengo lì e ti prendo a calci fino a farti arrivare davanti alla sua porta, chiaro?”, mi minacciò Ry puntandomi il dito contro.
Quando faceva così era tale e quale a sua sorella. Il pensiero di Roxy, così vicino a quello di Alex mi fece male, ma non era il momento per farsi prendere dalla malinconia.
Sfiorai con le dita il braccialetto che mi aveva regalato, cercando un po' di coraggio. Mi voltai verso il maggiolone vedendo quattro pollici in su.
Scossi la testa davanti all'idiozia della scena e, preso un bel respiro, entrai nel palazzo. Era il momento, ora o mai più.

Rimasi cinque minuti di buoni a guardare il campanello cercando di riordinare i pensieri. Magari farsi un'idea di cosa dire non era poi una cosa così tremenda. Alex aveva la capacità di incasinarmi il cervello, che, allo stato attuale, era già abbastanza sconvolto di suo.
Prima di tutto dove dirgli che l'amavo. Dovevo dirgli che amarlo era la cosa più semplice del mondo e che cercare di dimenticarlo era stata una follia. Dovevo dirgli cosa significava e quanto importante fosse la sua esistenza per me. Lui, che non era capace di sentirsi amato, era il centro del mio universo da tutta una vita. Volevo che capisse che non era solo. Però più pensavo a come trasformare tutto questo in parole meno ne trovavo.
Alla fine suonai e basta. Il cuore batteva come le ali di un colibrì. Aspettavo questo momento da tutta la vita e non potevo credere che alla fine fosse davvero arrivato.
Attesi due lunghissimi ed interminabili minuti, ma la porta non si aprì.  Suonai di nuovo. Ancora niente. Provai a bussare, mentre una strana inquietudine si faceva strada.
Poi me lo ricordai.
Alex aveva detto di voler andar via. Il sangue mi si gelò nelle vene.
Cominciai a bussare freneticamente chiamando il suo nome, ma nessuno mi rispose.
Scivolai lungo la porta fino a ritrovarmi seduta a terra. Tirai le ginocchia al petto e scoppiai in un pianto disperato. Se n'era andato. Ero arrivata tardi.


Devo darmi alla fuga? Devo aspettarmi una folla inferocita con torce e forconi ad aspettarmi sotto casa? No, vero? XD XD
Una piccola curiosità (probabilmente non interessa a nessuno): tutta l'idea della storia è nata dalla citazione di Kubrick. Trovo che il messaggio che mandi sia davvero stupendo. Voi che ne pensate?

Vi lascio il link alla pagina facebook di Icarus dove posterò entro breve la foto che mi ha ispirato il regalo di Aly.

https://www.facebook.com/pages/Icarus/844699902233730?ref=aymt_homepage_panel


Il link anche all'articolo che ho scritto sul mondo delle Fanfiction (a cui presto ne seguirà un'altro)

http://www.caffebook.it/societa/item/198-fanfiction-un-universo-da-scoprire.html

Un abbraccio grande!!
A presto!!!! ;)
   
 
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