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Autore: Soly_D    26/08/2015    4 recensioni
#01. «Siamo una famiglia, ora, ed io voglio che tu ti senta a casa. Sempre. Partendo dalla colazione».
#02. «Non mi capita mica tutti i giorni di entrare nella doccia e trovare la mia bellissima navigatrice ad aspettarmi!».
#03. «Io volevo stare con te, il rum mi ha solo fornito il coraggio per fare il primo passo».
#04. «Hai quella maledetta aria vissuta che ti rende ancora più affascinante di quando eri giovane!».
#05. «Nami-swaaan, sono così felice di essere ospite del tuo bellissimo corpo!~♥».
#06. «Se solo ti soffermassi a guardarmi un minuto di più, capiresti che sono sincero quando ti dico che ti amo».
#07. «È finita, Sanji-kun. Niente più travestiti, d’ora in poi solo donne in carne ed ossa. Donne vere».
[Raccolta SaNami partecipante alla "OTP Challenge" indetta da Emanuela.Emy79]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Sanji/Nami
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pairing: Sanji/Nami
Genere: commedia, slice of life
Rating: giallo
Tabella: Sentimentale
Prompt: confessare
Note: questa fanfiction partecipa alla OTP Challenge indetta da Emanuela.Emy79 sul forum di EFP.

Blackleg & Cat burglar
[when a cigarette smells like tangerines]



#07. Only real women, from now on

«...Non è vero, Sanji-kun?».
Nami aveva l’abitudine di ripeterlo spesso, a tavola. Si voltava verso il cuoco, seduto rigorosamente accanto a lei, e gli chiedeva conferma delle proprie parole, certa che Sanji avrebbe approvato in qualunque caso. Nami avrebbe potuto chiedergli perfino “Gli asini volano. Non è vero, Sanji-kun?” e lui le avrebbe risposto “Ma certo, Nami-swan!~♥” con tanto di occhi a cuore.
Anche quella sera, a cena, Nami glielo chiese.
«...Non è vero, Sanji-kun?». Si voltò con un grosso sorriso verso il cuoco, in attesa di conferma, ma inaspettatamente non vide alcuna zazzera bionda, né occhi languidi e copiosi sanguinamenti. La sedia di Sanji era vuota.
Nami si guardò intorno perplessa, ma vide solo Rufy che si ingozzava di carne, Zoro che si scolava una bottiglia di sakè e il resto della ciurma coinvolta in chiacchiere e risate. Di Sanji nemmeno l’ombra. Era sparito dalla cucina senza nemmeno terminare la cena. Non era da lui.
«Chopper, sai che fine ha fatto Sanji-kun?», chiese Nami alla piccola renna, che a quelle parole smise di ridere per una battuta di Usop e abbassò lo sguardo intriso di dispiacere. «È andato in camera da letto a riposare. Deve ancora riprendersi del tutto...».
Nami indugiò per qualche secondo. Non avrebbe mai creduto che l’amore che Sanji provava per le donne si sarebbe trasformato in una... malattia.
«Vado a vedere come sta», annunciò con determinazione.
«No!», esclamò Chopper scattando in piedi sulla sedia, gli occhi sgranati in un’espressione di puro terrore. «Lo faresti solo stare peggio! Se dovesse guardarti troppo a lungo, tutte le nostre fatiche per farlo tornare quello di prima risulterebbero vane!».
Nami annuì con un sospiro. «Va bene, va bene... Vorrà dire che me andrò anche io a riposare».
E si alzò da tavola sotto lo sguardo ingenuo e sollevato di Chopper.


Nami si scusò mentalmente con il medico per averlo preso in giro e bussò alla porta della camera dei ragazzi, ottenendo in risposta un mugolio da parte del cuoco. «Sanji-kun, sono io». Ci furono pochi attimi di silenzio, poi Nami udì nuovamente la voce di Sanji, bassa e ovattata, e immaginò che avesse sotterrato la testa sotto il cuscino.
«Nami-san, non puoi immaginare quanto vorrei farti entrare, ma ti prego, ti scongiuro di non farlo».
Nami non lo stette ad ascoltare e spalancò all’improvviso la porta.
La stanza era al buio e Sanji se ne stava raggomitolato sotto le coperte. Nami accese la luce.
«No!», urlò il cuoco, coprendosi il viso con le mani. «Spegni la luce, sai cosa succede se ti vedo!».
Con un sospiro rassegnato, Nami premette nuovamente l’interruttore della luce e la stanza precipitò un’altra volta nel buio.
Le parve quasi di sentire un sospiro di sollievo provenire dal letto di Sanji.
Quella faccenda stava cominciando a diventare insopportabile. Se all’inizio vederlo spinto in aria dai fiotti di sangue che fuoriuscivano dal suo naso era una cosa tanto stupida da risultare buffa, ora la irritava non poco perché faceva preoccupare l’intera ciurma e rallentava il viaggio.
Camminò silenziosamente verso il letto di Sanji e si sedette sul materasso. Il cuoco sussultò, ma non volle riemergere da sotto le coperte.
«Perché te ne sei andato nel bel mezzo della cena?».
Sanji si mosse impercettibilmente. «Nelle condizioni in cui mi trovo sono solo un peso per voi. E meno tempo vi sto accanto, meglio è».
Nami rimase sorpresa. Non si aspettava affatto una cosa del genere. Era uno di quei momenti in cui Sanji abbandonava l’abito da gentiluomo pervertito e indossava quello che lo faceva apparire serio e riflessivo.
«Cosa ti è successo negli ultimi due anni per ridurti in queste condizioni, Sanji-kun? A me puoi confessarlo».
Il singhiozzo del cuoco la lasciò basita.
«Sono stato all’nferno, Nami-san. Non augurerei di finire in un posto del genere nemmeno al mio peggior nemico».
A Nami si strinse forte il cuore. Forse i motivi per cui Sanji perdeva tutto quel sangue erano più seri di quanto pensasse. Allungò una mano verso la testa del cuoco e gli scostò un lembo della coperta dal viso per potergli accarezzare la fronte.
«E dov’è l’inferno, Sanji-kun?».
Sanji non si mosse. Prese un respiro profondo. «A Kamabakka, l’isola dei...».
Nami attese con il cuore in gola.
L’isola dei mostri.
L’isola dei fantasmi.
L’isola dei pericoli.
L’isola dei... cannibali!
Si sarebbe aspettata di tutto, ma non quello che le riferì Sanji non voce addolorata.
«...l’isola dei travestiti».
Nami avrebbe voluto trattenersi, ma proprio non ce la fece. A nulla servì coprirsi la bocca con una mano, perché la risata trovò ugualmente il modo di uscire e riecheggiare tra le pareti della stanza, forte e chiara. Rise Nami immaginando Sanji circondato da uomini truccati pesantemente e avvolti in vestiti succinti, che lo chiamavano con voce stridula e lo rincorrevano per tutta l’isola.
«Ora capisco», convenne asciugandosi una lacrimuccia. «Tu, tu che più di tutti ami le donne, sei finito sull’isola dei travestiti. Questo è il colmo! Dev’essere stato un incubo per te, Sanji-kun».
Nami rideva ancora quando la testa di Sanji emerse da sotto le coperte.
Erano al buio, ma la navigatrice poteva immaginare perfettamente la sua espressione offesa.
«Nami-san, io ci soffro davvero».
«Oh, ma certo che ci soffri! Il mio povero Sanji-kun...», lo sbeffeggiò.
«N-non è affatto divertente!».
Nami si ricompose dandosi un contegno. «Scusa, scusa. Vieni qui...».
Allungò le braccia verso il cuoco e gli cinse il collo fin quando non sentì la sua testa premere contro il proprio petto. Poggiò una mano sulla sua schiena, mentre con l’altra gli accarezzava dolcemente i capelli.
«È finita, Sanji-kun. Niente più travestiti, d’ora in poi solo donne in carne ed ossa. Donne vere».
«Donne vere...», cantilenò Sanji con voce melliflua. «Donne... vere...».
Nami credette di aver appena alleviato il malessere di Sanji, ma quando lui cominciò a strofinare la guancia contro il suo seno emettendo mugolii soddisfatti, la navigatrice sentì un liquido denso e caldo bagnarle il petto, e capì di essersi profondamente sbagliata.
«Nami-swaaaan! Tu... una donna vera... così morbida... così profumata~♥».
Il fiotto di sangue fu talmente forte da spingerlo indietro e inchiodarlo alla spalliera del letto.
Nami sospirò rassegnata, dandosi una manata in faccia, poi urlò.
«CHOOOOPPER!».
In cuor suo, però, fu contenta di sapere che in quei due anni Sanji non era cambiato per nulla.
Il solito adorabile maniaco di un cuoco.












Note dell'autrice:
Lo so, torno dopo interi meeesi con la cosa più stupida che io abbia mai scritto, ma capitemi... dovevo scrivere qualcosa su Sanji e la sua epistassi cronica da post-timeskip! XD Spero vi abbia almeno strappato un sorriso. Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi e recensirmi, grazie davvero per il vostro supporto ♥ al prossimo capitolo, che spero venga più serio \o/

Soly Dea

  
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