Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Venatrix    28/08/2015    0 recensioni
Roma, 753 a.C.
"Vattene via, non posso ucciderti. Va a nord, non voglio più vedere la tua faccia."
"Lo sai che, lasciandomi in vita, non finirà qui. Tornerò, fratello."
"Lo so benissimo, Remo, la nostra guerra non finirà mai."
Milano, oggi.
Camilla è una ragazza comune, ha sedici anni e frequenta il liceo scientifico. Non è a conoscenza che i discendenti di Romolo e Remo stiano ancora combattendo una guerra senza fine, ma un giorno cambia tutto. La ragazza si ritrova di fronte a un mondo completamente diverso da quello che conosceva, in cui Angeli e Cacciatori si affrontano senza esclusione di colpi. Angeli e Cacciatori -i primi dai poteri incredibili, i secondi dalla forza sovraumana- metteranno alla prova il coraggio di Camilla, che scopre di far parte di quella guerra. Si, perchè lei è un Angelo, perchè evidentemente sua madre ha mentito sulla sua identità. Come se non bastasse Camilla ha una cotta per un Cacciatore, lo stesso Cacciatore che non vede l'ora di farle la pelle. Gabriele, l'Angelo che le ha salvato la vita, cercherà di tenerla fuori dai guai, mentre i Cacciatori proveranno ad ucciderla. Ma nulla è quello che sembra...
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap5html

“Angel with a shotgun”

“A volte i ricordi diventano il presente

e il presente svanisce come un ricordo lontano”

Valerio Massimo Manfredi

 

<< Tesoro? Ti sei rincoglionito. >>

Zittii Brand con un gesto della mano. La ragazza di fianco a me, dopo avermi guardato, si diresse verso le Prede con le mani chiuse a pugno e uno sguardo parecchio incazzato. Intorno a noi non c’era nessun umano, probabilmente uno degli Angeli li aveva fatti allontanare con la manipolazione mentale. I lampioni erano saltati e le uniche luci provenivano dagli appartamenti.

<< Perché gli hai fatto dimenticare di me? >>

La voce della ragazza era spezzata e roca. Il corpo tremava a scatti irregolari, probabilmente per la stanchezza dovuta all’energia liberata.

<< E’ complicato. In primo luogo, avrai notato tu stessa, non sai controllare i tuoi poteri, protraesti far male, involontariamente, ai tuoi amici. Inoltre le nostre fazioni hanno diverse regole, una di queste è che, agli umani, non va fatto del male. Le cose cambiano nel caso in cui l’umano abbia un qualsiasi tipo di relazione con noi, in questa circostanza può essere ucciso o usato a proprio vantaggio. Infine quel cane aveva già provato a far ai tuoi amici del male, ma io l’ho fermato. >>

Gli lanciai un ringhio. Quel pezzo di merda stava mentendo, non gli avevo fatto male, li avevo solo spintonati e minacciati un pochino.

Forse, al ragazzo, il pugno in faccia aveva fatto un po’ male...

Camilla abbassò lo sguardo a terra, probabilmente stava decidendo se credere o meno a Bairo.

<< Il cuccio... ehm Daniele voleva solo chiedere informazioni, nessuno si è fatto male o almeno non troppo. >>

Ignorai il fatto che Brand aveva quasi pronunciato il mio soprannome davanti ai nostri nemici e gli tirai una gomitata.

Adesso siamo quattro contro due, idiota!

La ragazza si voltò verso di me, sembrava parecchio incazzata, tipo un cinghiale. Prima che potesse anche fare un solo passo, Bairo le afferrò il polso.

<< Non sei ancora pronta per questo, stai indietro e osserva. >>

Le porse una pistola e lei, indecisa, la prese con la punta delle dita. Io lanciai uno sguardo di intesa a Brand e lui annuì.

Iniziamo le danze.

Scattammo insieme verso le Prede, che non stavano prestando attenzione. Corsi verso il ragazzo biondo, Edoardo Draghi, e saltai. Si accorse troppo tardi del mio calcio, che lo colpì in testa, e cadde a terra, privo di sensi. Nel frattempo Brand aveva colpito al ginocchio il ragazzo moro, Roberto Palma, ma poi venne sbalzato in aria. Bairo stava per colpirlo di nuovo, ma lui fece una capriola in aria, atterrando elegantemente. Stavo per correre ad aiutare Brand, quando notai Camilla che stava correndo lontano dal combattimento.

<< Vai, Daniele! >>

Io annuii, il mio amico era in grado di tenere a bada entrambi gli Angeli ancora in grado di combattere. Iniziai a correre, ma una forza mi trattenne. Notai, con la coda dell’occhio, Palma, con le mani puntate verso di me. Era sdraiato a terra, probabilmente il colpo di Brand gli aveva spaccato il ginocchio. Iniziai a spingere contro quella forza invisibile, per liberarmi. Strinsi i denti, bucandomi le labbra con i canini, e sentii i miei muscoli tirare e farmi male. Riuscii a liberarmi dalla stretta, quasi inciampato per lo slancio, e corsi verso la ragazza.

Lei svoltò verso un vicolo buio e, qualche secondo dopo, lo feci anche io. Ero molto più veloce di lei, l’avrei presa facilmente. Svoltato l’angolo, non vidi più nessuno, forse si era teletrasportata. Vedevo perfettamente al buio, ma di lei non vi era traccia. Bestemmiai e mi voltai per andarmene, quando sentii il battito veloce di un cuore.

Ovvio, lei non sa teletrasportarsi, deve essersi nascosta.

Cercai di escludere i diversi colpi di pistola che provenivano dal combattimento e calmai il mio respiro. Tentai di usare anche il mio olfatto, ma in quel vicolo c’era un odore nauseante. Iniziai ad addentrarmi lentamente nel buio, evitando un cassonetto.

Una porta alla mia destra si aprì e un uomo, con un grembiule sporco e una sigaretta in bocca, ne uscì. Portava con se un sacco nero della spazzatura e, una volta all’esterno, guardò verso il cielo, quando sentì un colpo di pistola.

<< Ehi, ragazzino, va a vedere i fuochi d’artificio, invece di star qui a bighellonare. >>

Io gli ringhiai addosso e lui, lasciando cadere il sacco, corse all’interno del ristorante, chiudendosi la porta alle spalle.

Dannato scocciatore.

Tornai a concentrarmi e sentii di nuovo il battito. Feci qualche passo avanti e quel rumore divenne più forte e concitato, mi stavo avvicinando.

<< E’ inutile che ti nascondi, so che sei qui. Vieni fuori e affronta la morte con coraggio. >>

La ragazza singhiozzò e si alzò da dietro un cassonetto poco più avanti. I capelli neri le coprivano il volto e le mani, tremanti, reggevano ancora la pistola. Camminai lentamente verso di lei, sorridendo.

<< Ti prego, non mi fare del male, non c’entro niente. >>

Io mi avvicinai ancora e alzai il pugno, pronto a colpirla.

<< Ti prego, non farlo. >>

Un ricordo terribile mi invase la mente.

Il volto terrorizzato e disperato di mia madre stava a pochi centimetri dal mio.

<< Daniele, sta qui dentro, non fiatare e non uscire finché non te lo dico. >>

<< Ma, mamma... >>

<< Fa quello che ti ho detto! >>

Mia madre mi accarezzò la testa e mi posò un bacio sulla fronte, lasciandomi una piccola macchia di sangue sulla pelle.

<< Andrà tutto bene, tesoro. >>

Mi chiuse dentro quello che doveva essere un baule e io mi avvicinai a un piccolo buco nel legno, per guardare fuori. La porta della stanza scoppiò e delle figure incappucciate entrarono. La stanza, lentamente, si stava riempiendo di fumo e mia madre, ferita gravemente, si mise fra loro e dove mi trovavo io.

<< Lena Zatti, è giunta la tua ora. >>

<< Si e anche la vostra. >>

Mia madre estrasse qualcosa dalla tasca e, con le sue ultime forze, si avventò contro le figure incappucciate.

La granata esplose e fece crollare parte del soffitto, uccidendo tutti i presenti nella stanza. Iniziai a gridare e a cercare di uscire, inutilmente.

Non saprei dire quanto tempo rimasi lì dentro in preda al panico.

Un dolore lancinante alla spalla sinistra mi riportò alla realtà. Camilla mi guardava con gli occhi spalancati e con ancora l’arma puntata su di me. Posai lo sguardo su di me e notai un buco nella mia felpa, color senape, che iniziava a dipingersi di rosso.

Mi portai una mano alla spalla e mi appoggiai, col fianco, al cassonetto aperto. Sentii in lontananza gridare il nome della ragazza e mi preparai a difendermi, ma qualcosa in me non andava. La mia vista era confusa e stavo iniziando a perdere sensibilità della parte colpita.

Dannazione, veleno.

<< Mi dispiace, mi dispiace, non volevo. >>

Una mano si posò delicatamente sulla mia spalla e io mi voltai verso la ragazza, la cui figura stava fluttuando davanti ai miei occhi. Le gambe stavano iniziando a tremarmi e entrambe le sue mani mi sorressero fermamente, mentre la voce che stava chiamando il suo nome si stava facendo più forte.

<< Nasconditi. >>

Camilla mi diede una spinta decisa e mi fece finire dentro il cassonetto. Lei portò le mani in alto, come per chiuderlo, e io la fermai con una mano.

<< Ti prego, no, non posso stare qui dentro. >>

Qualcosa nel mio sguardo, probabilmente terrore, la fece esitare, ma poi sfuggì dalla mia presa e chiuse con forza il cassonetto. Il mio respiro si fermò e cominciai a sudare freddo. Ero in uno spazio stretto e chiuso e l’unica cosa che mi stava impedendo di saltare fuori era il veleno che, ormai, aveva completamente intorpidito i miei muscoli. Il panico mi stava consumando, quando sentii arrivare dei passi veloci.

<< Camilla, stai bene? Sei ferita? >>

<< No, no, gli ho sparato, è il suo sangue. >>

La voce della ragazza era rotta da continui singhiozzi, probabilmente era sotto shock.

<< Forse è ancora qui vicino, la pallottola era piena di sedativo, cerchiamolo. >>

<< No, portami a casa, ti prego. >>

Non credo proprio, tesoro, non è da lui lasciare perdere.

<< Va bene, tranquilla. >>

Cosa?

Dopo qualche secondo sentii il rumore di uno schiocco, il tipico suono del teletrasporto. Ora rimanevo da solo col buio e con i miei fantasmi. Quel breve dialogo mi aveva distratto un attimo dalla mia situazione, ma ora stavo ricadendo nel panico.

<< Daniele, dove sei? >>

<< Brand, sono qui dentro. Tirami fuori, cazzo. >>

Non appena il mio amico aprì il cassonetto, mi sentii meglio e riuscii a riprendere il controllo del mio corpo.

<< Che cazzo ci fai qui in questo buco di merda? >>

Brand aveva una ferita sopra l’occhio, ma per il resto sembrava intero.

<< Fottesega, dammi un mano. >>

Lui mi prese per un braccio e mi aiutò a uscire. Le gambe erano tornate a funzionarmi bene, ciò voleva dire che il mio corpo da Cacciatore aveva già smaltito il narcotico. L’odore che avevo addosso era nauseante e la spalla stava ancora sanguinando.

<< E’ uscita la pallottola? >>

<< Non credo, adesso la tiro fuori. >>

Trattenni il respiro, mentre con le dita estraevo la pallottola, e poi la gettai, irritato, a terra.

<< Come ha fatto, quella troia, a beccarti? >>

All’improvviso mi ritornò in mente quell’orribile ricordo.

<< Mi sono distratto per colpa di un coglione che è uscito da quella porta. Lei mi ha sparato ed è scappata. >>

Indicai la porta sul retro del ristorante e pregai che credesse alla mia bugia.

<< E che diavolo ti ha spinto a nasconderti nel cassonetto? >>

<< Stava arrivando Bairo e io ero stordito dal narcotico della pallottola. Non potevo affrontarlo così. >>

Lui tirò un pugno al cassonetto, ammaccandolo. Iniziammo ad incamminarci verso la metropolitana.

<< Merda, sarebbe stato bello fare un’uccisione per la squadra. >>

Nel nostro mondo, sia per gli Angeli che per i Cacciatori, la maturità veniva raggiunta con i ventuno anni. Prima di quel momento non venivamo considerati adulti, ma venivamo addestrati e divisi in squadre, in modo da sviluppare un legame che sarebbe durato per tutta la vita. Le squadre erano composte al massimo da cinque persone e unicamente da elementi dello stesso sesso, in modo tale, così dicevano, da evitare distrazioni. La scuola superiore era il mezzo che ci permetteva di iniziare a conoscere i nostri nemici. 

Ogni mese dovevamo presentare rapporto e, in base a quello che avevamo fatto, venivamo inseriti in una graduatoria. Più alta era la posizione più gli incarichi sarebbero stati difficili e di prestigio. Se invece la squadra era classificata nelle posizioni più basse, si veniva esclusi dalle missioni e i compiti si limitavano all’addestramento e alle questioni di ufficio.

Il mio gruppo si trovava a metà classifica poiché non eravamo mai riusciti a uccidere un Angelo. Anche per questo motivo, non potevo permettermi di raccontargli come erano andate veramente le cose.

<< Bo, forse no, visto che non è della loro squadra. Devo parlarne con Sam. >>

Cazzo, si arrabbierà tantissimo per stasera.

 

Stavo scendendo le scale centrali della scuola con una sigaretta in bocca. La notte prima, dopo essere tornato a casa ed essermi fatto una doccia, avevo chiamato Sam e avevo subito un cazziatone di mezz’ora. La ferita alla spalla era completamente guarita e ora portavo l’ennesima cicatrice.

Brand camminava di fianco a me con un’aria incazzata poiché il professore di matematica ci aveva annunciato che avremmo dovuto fare un corso di recupero pomeridiano. Neanche a me l’idea andava troppo a genio, visto che avremmo perso tempo inutilmente e che comunque le Prede non sarebbero state presenti. Uscimmo nel cortile e accesi la sigaretta con Jerry, l’accendino che avevo recuperato la sera prima. Quel giorno stava diluviando e tutti gli studenti si erano affollati sotto il piccolo portico, alcuni stavano mangiando, mentre altri stavano fumando le loro sigarette.

<< Che fine avevate fatto? >>

Michele se ne stava appoggiato a una colonna e teneva sotto il braccio una ragazza dai capelli rossi, davvero carina.

<< Il rompicazzo di matematica aveva qualcosa da dirci. >>

<< Ah, questi sono i tuoi amici ? >>

La ragazza puntò i suoi occhi marroni su me e Brand e fece un sorriso malizioso.

<< Si, sono loro e stasera verranno volentieri all’appuntamento. >>

Lui ci lanciò uno sguardo di intesa e io capii subito: io e Brand avremmo dovuto tenere a bada le amiche della ragazza mentre lui se la sbatteva.

<< Senti, ieri sera ho già avuto una serata di merda, non ho intenzione... >>

<< Dai, cucciolotto, non rompere le balle. Sarà divertente. >>

Brand mi aveva posato il suo pesante braccio sopra le spalle e io lo scrollai. Sbuffai sonoramente e gettai la sigaretta per terra.

<< Non mi interessa. Devo parlare con Sam, ci vediamo dopo in classe, Brand. >>

Mi voltai e me ne andai, comunque riuscendo a sentire le parole di Brand.

<< Tranquillo, Mike, lo convincerò a venire. Ha solo l’orgoglio ferito per ieri sera. >>

Io strinsi i denti. La balla che avevo raccontato mi aveva fatto fare la figura dell’idiota, ma non ero intenzionato a dire la verità. Trovai Sam appoggiato a un calorifero di fianco a uno dei distributori di merendine. Stava sorseggiando un tè caldo e mi stava osservando. Gli sorrisi e mi misi davanti a un ragazzino in coda per il caffè. Presi una cioccolata calda e andai ad appoggiarmi di fianco a Sam.

<< Da quand’è che sei diventato così stronzo, Dani? >>

Io sbuffai e gustai il primo sorso della bevanda dolce.

<< Sono di pessimo umore. >>

Lui mi scrutò un attimo e continuò a bere il suo tè.

<< Può darsi, ma sei anche turbato. >> io lo guardai e lui continuò. << Mangi sempre una gran quantità di cioccolata quando hai qualcosa che non va. Inoltre tu non sei un tipo che si distrae facilmente quando combatte, quindi sono abbastanza sicuro che tu abbia mentito su ieri sera. >>

Io spostai lo sguardo sulla bevanda calda e mi morsi le labbra.

<< Si, ma non ne voglio parlare. >>

Lui si passò una mano fra i dreadlocks e poi lanciò il bicchierino vuoto nel cestino. L’angolo delle macchinette si stava svuotando, probabilmente l’intervallo stava per finire.

<< C’entra qualcosa con quella ragazza? >>

Lo guardai indignato e gli risposi con un tono parecchio indispettito.

<< No, c’entra solo con me. >>

Lui mi sorrise e mi posò una mano sulla spalla.

<< Bene, allora ho un compito per te. >>

Io sbuffai, oggi tutti volevano qualcosa da me.

<< Pedina Bairo e cerca di scoprire se lui è attratto da lei. >>

<< Cosa? Mi prendi per il culo? >>

Questo era un compito semplice e stupido, mi sarei annoiato tantissimo.

<< No, sei stato tu a dire che lui ha avuto un comportamento strano nei confronti della ragazza, quindi sarai tu a verificare. E poi di certo non posso mandare Brand, è un idiota. >>

Lui iniziò a incamminarsi con le mani in tasca e un ghigno sulle labbra.

<< Perché allora non mandi Mike o Bastian? O perché addiritura non ci vai tu stesso? >>

<>

Mi lanciò un’occhiataccia e iniziò a salire le scale ormai deserte.

Ok, è ancora incazzato.

<< E lei? Secondo te la possiamo uccidere? >>

Lui rise.

<< Daniele, i Cacciatori prima uccidono e poi fanno le domande. >>

 

 

I giorni successivi si susseguirono lentamente, l’unica nota positiva era che ero riuscito a mandare, al posto mio, Sam alla serata con Michele e Brand. Passavo le mie giornate a spiare Bairo sia a scuola che a casa. Molto spesso con lui c’era anche Camilla, infatti tutti i pomeriggi si trovavano a casa di lui. Bairo stava cercando di insegnarle ad usare i poteri angelici, senza successo. Lui sosteneva che fosse solo questione di liberare la mente e concentrarsi. Ovviamente non si rendeva conto che quella ragazza aveva mille pensieri per la testa.

Eppure quell’idiota è in grado di leggere nel pensiero delle persone.

Anche quel venerdì pomeriggio ero seduto a terra sul terrazzo della camera di Bairo. Ero immerso fra numerose piante e usavo uno dei loro vasi come posacenere.

La cenere fa bene alle piante, no?

Ero appoggiato al muro e mi tenevo abbastanza lontano dalla portafinestra, in modo tale che non potessero vedermi. Anche quel giorno la lezione sui poteri continuava senza successo. Bairo, stranamente, si era sempre comportato in modo gentile e paziente con lei. Non avevo una minima idea di come capire se fosse attratto da quella ragazza o meno.

<< Tranquilla, presto riuscirai a far volare quella pallina. >>

<< Non credo, Gabri. >>

<< Si, invece. Preparo qualcosa da mangiare, tu rilassati. >>

Sentii una porta chiudersi e io sbuffai.

Per quanto deve ancora andare avanti questa tortura.

La portafinestra sbattè e io girai lo sguardo di scatto. Camilla era uscita con una sigaretta in bocca e si era lasciata scivolare contro una parete fino a sedersi. Non mi aveva notato grazie ai grossi vasi che avevo intorno. Si mise delle cuffie e iniziò a canticchiare una canzone che non conoscevo.

Ascolta musica di merda ed è pure stonata.

Teneva in mano una pallina da giocoliere e la fissava intensamente.

Speri davvero che succeda qualcosa, imbranata?

All’improvviso essa iniziò a levitare e io mi morsi la lingua per il disappunto. Una sensazione di sorpresa e gioia illuminò il suo volto. Stava per alzarsi quando la sfera prese fuoco e ricadde sulla sua mano. Scattai, trasformandomi, verso di lei e le strappai l’oggetto incandescente.  Sentii un dolore fortissimo al palmo e lanciai oltre il parapetto la pallina ormai quasi carbonizzata. Spostai lo sguardo sulla ragazza che si era alzata e che mi guardava sorpresa.

Merda.

Avevo appena fatto saltare l’appostamento e lei si sarebbe messa sicuramente urlare, peggiorando la situazione.

<< Ti sei bruciato? >>

La guardai indispettito dalla sua reazione oltremodo tranquilla.

<< Scusa perché non stai urlando e implorando pietà? >>

Lei aggrottò le sopracciglia e imitò la mia voce.

<< Scusa perché non mi stai uccidendo? >>

Io le ringhiai contro e la spinsi contro il muro, mostrandole bene i miei canini appuntiti.

<< Non scherzare con me. >>

<< Ok, comunque ha chiamato Edward Cullen, rivuole indietro il suo costume. >>

Risi e mi allontanai di alcuni passi. Questa era buona, non si poteva negarlo. Andai a recuperare il mio zaino dietro ai vasi, ero pronto ad andare.

<< Che ci fai qui? >>

Mi guardai la mano bruciata, stava già guarendo senza lasciare segni.

<< Dovevo capire una cosa. >>

La ragazza si mosse nervosamente sul posto e si strinse le mani l’una nell’altra.

<< Mi dispiace per la spalla, non volevo spararti. >>

I suoi occhi erano puntati a terra e io mi avvicinai a lei.

<< Ah non volevi? Guarda mi hai lasciato una cicatrice che durerà per sempre. >>

Mi tirai su la maglietta fino a mostrarle il segno del colpo di pistola. Il suo viso divenne color cremisi e lei si schiacciò sempre di più contro al muro. Io iniziai a ridere di gusto.

<< Oddio la tua faccia, scommetto che non hai mai fatto sesso con nessuno. >>

<< E io scommetto che non riesci a stare in un ascensore senza cagarti sotto. >>

Abbassai la maglietta, feci una smorfia, ma mantenni comunque il controllo. La guardai bene e sorrisi compiaciuto dalla sua reazione.

<< Io ti piaccio, non è vero? >>

<< No! >>

Io sorrisi di nuovo, soddisfatto. Lei riprese a guardarsi i piedi mentre il rossore scemava lentamente dalle sue guance. Era bassa, mi arrivava a malapena al petto, e il suo trucco la faceva sembrare un panda. Non era attraente e non aveva nulla di speciale. Non ero mai stato gentile con lei, eppure mi aveva salvato comunque la vita.

<< Comunque sia, grazie per domenica sera. Ti devo la vita. >>

Lei puntò gli occhi su di me e una nota di stupore illuminò il suo viso.

<< Di nulla. >>

Le sorrisi e lei, per la prima volta, timidamente, ricambiò.

<< Ok, allora ricominciamo da capo. Io sono Daniele Zatti, Cacciatore. >>

Le porsi la mia mano destra. Lei mi guardò indecisa, probabilmente si stava chiedendo quali fossero le mie intenzioni.

<< Camilla Aleri, Angelo. >>

Lei strinse delicatamente la mia mano con la sua.

<< Ah Angelo? Mi dispiace, fra di noi non può funzionare. Penso che ti ucciderò. >>

La tirai verso di me, facendola voltare, e le misi un braccio attorno al collo. Lei scoppiò a ridere, aveva capito subito che stavo scherzando.

<< Me lo sarei dovuta aspettare. >>

Se fosse stata un ragazzo e non fosse stata una Preda, saremmo potuti diventare facilmente amici. Invece avrei dovuto ucciderla prima o poi. Le annusai i capelli, sapevano di dolce.

<< Penso che per ucciderti ti mangerò. >>

<< Sul serio? Se mangi un cetaceo diventi come lui, non lo sai? >>

Prima che potessi risponderle, una forza invisibile ruppe la vetrata. Subito mi buttai a terra cercando di proteggere entrambi. Lei strinse compulsivamente le sue mani al mio braccio che la teneva stretta.

<< Capisco che i miei muscoli ti facciano impazzire, ma non è il momento adatto. >>

<< Idiota! >>

Mi tirò una gomitata che io bloccai facilmente. Intanto Palma mi stava fissando iroso e teneva le mani puntate verso di me. Arrivò anche Bairo tramite il teletrasporto e guardò immediatamente nella nostra direzione.

<< Scusami, dolcezza, mi sa che devo levarmi dai coglioni. >>

Palma tentò di colpirmi, ma Bairo lo fermò.

<< C’è anche Camilla, fermati. >>

Interessante, devo scoprire di più.

Approfittai del momento e mi alzai in piedi, tirando su con me la ragazza.

<< Comunque sei una pessima bugiarda. Io ti piaccio un sacco. >>

Le diedi un pizzicotto sulla guancia e saltai oltre il parapetto.

 

 

Angolo autrice

 Ecco il nuovo capitolo, anche se un pochino in ritardo. Sono davvero curiosa di sapere se vi sia piaciuto o meno, quindi spero davvero tanto che recensiate.

D’ora in poi cercherò di pubblicare un capitolo ogni settimana e, se nel caso dovessi avere degli impegni, vi farò sapere in anticipo ^^.

Detto questo vi saluto, un abbraccio

Vena

P.S. Il titolo del capitolo deriva dall’omonima canzone  The Cab - Angel With A Shotgun

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Venatrix