“Angel
with a shotgun”
“A volte i ricordi
diventano il presente
e il presente
svanisce come un ricordo lontano”
Valerio Massimo
Manfredi
<< Tesoro? Ti sei rincoglionito. >>
Zittii Brand con un gesto della mano. La ragazza di
fianco a me, dopo avermi guardato, si diresse verso le Prede con le mani chiuse
a pugno e uno sguardo parecchio incazzato. Intorno a noi non c’era nessun
umano, probabilmente uno degli Angeli li aveva fatti allontanare con la
manipolazione mentale. I lampioni erano saltati e le uniche luci provenivano
dagli appartamenti.
<< Perché gli hai fatto dimenticare di me? >>
La voce della ragazza era spezzata e roca. Il corpo
tremava a scatti irregolari, probabilmente per la stanchezza dovuta all’energia
liberata.
<< E’ complicato. In primo luogo, avrai notato tu
stessa, non sai controllare i tuoi poteri, protraesti far male,
involontariamente, ai tuoi amici. Inoltre le nostre fazioni hanno diverse
regole, una di queste è che, agli umani, non va fatto del male. Le cose
cambiano nel caso in cui l’umano abbia un qualsiasi tipo di relazione con noi,
in questa circostanza può essere ucciso o usato a proprio vantaggio. Infine
quel cane aveva già provato a far ai tuoi amici del male, ma io l’ho fermato.
>>
Gli lanciai un ringhio. Quel pezzo di merda stava
mentendo, non gli avevo fatto male, li avevo solo spintonati e minacciati un
pochino.
Forse,
al ragazzo, il pugno in faccia aveva fatto un po’ male...
Camilla abbassò lo sguardo a terra, probabilmente stava
decidendo se credere o meno a Bairo.
<< Il cuccio... ehm Daniele voleva solo chiedere
informazioni, nessuno si è fatto male o almeno non troppo. >>
Ignorai il fatto che Brand aveva quasi pronunciato il mio
soprannome davanti ai nostri nemici e gli tirai una gomitata.
Adesso
siamo quattro contro due, idiota!
La ragazza si voltò verso di me, sembrava parecchio
incazzata, tipo un cinghiale. Prima che potesse anche fare un solo passo, Bairo
le afferrò il polso.
<< Non sei ancora pronta per questo, stai indietro
e osserva. >>
Le porse una pistola e lei, indecisa, la prese con la
punta delle dita. Io lanciai uno sguardo di intesa a Brand e lui annuì.
Iniziamo
le danze.
Scattammo insieme verso le Prede, che non stavano
prestando attenzione. Corsi verso il ragazzo biondo, Edoardo Draghi, e saltai.
Si accorse troppo tardi del mio calcio, che lo colpì in testa, e cadde a terra,
privo di sensi. Nel frattempo Brand aveva colpito al ginocchio il ragazzo moro,
Roberto Palma, ma poi venne sbalzato in aria. Bairo stava per colpirlo di
nuovo, ma lui fece una capriola in aria, atterrando elegantemente. Stavo per
correre ad aiutare Brand, quando notai Camilla che stava correndo lontano dal
combattimento.
<< Vai, Daniele! >>
Io annuii, il mio amico era in grado di tenere a bada
entrambi gli Angeli ancora in grado di combattere. Iniziai a correre, ma una
forza mi trattenne. Notai, con la coda dell’occhio, Palma, con le mani puntate
verso di me. Era sdraiato a terra, probabilmente il colpo di Brand gli aveva
spaccato il ginocchio. Iniziai a spingere contro quella forza invisibile, per
liberarmi. Strinsi i denti, bucandomi le labbra con i canini, e sentii i miei
muscoli tirare e farmi male. Riuscii a liberarmi dalla stretta, quasi
inciampato per lo slancio, e corsi verso la ragazza.
Lei svoltò verso un vicolo buio e, qualche secondo dopo,
lo feci anche io. Ero molto più veloce di lei, l’avrei presa facilmente.
Svoltato l’angolo, non vidi più nessuno, forse si era teletrasportata. Vedevo
perfettamente al buio, ma di lei non vi era traccia. Bestemmiai e mi voltai per
andarmene, quando sentii il battito veloce di un cuore.
Ovvio,
lei non sa teletrasportarsi, deve essersi nascosta.
Cercai di escludere i diversi colpi di pistola che
provenivano dal combattimento e calmai il mio respiro. Tentai di usare anche il
mio olfatto, ma in quel vicolo c’era un odore nauseante. Iniziai ad addentrarmi
lentamente nel buio, evitando un cassonetto.
Una porta alla mia destra si aprì e un uomo, con un
grembiule sporco e una sigaretta in bocca, ne uscì. Portava con se un sacco
nero della spazzatura e, una volta all’esterno, guardò verso il cielo, quando
sentì un colpo di pistola.
<< Ehi, ragazzino, va a vedere i fuochi
d’artificio, invece di star qui a bighellonare. >>
Io gli ringhiai addosso e lui, lasciando cadere il sacco,
corse all’interno del ristorante, chiudendosi la porta alle spalle.
Dannato
scocciatore.
Tornai a concentrarmi e sentii di nuovo il battito. Feci
qualche passo avanti e quel rumore divenne più forte e concitato, mi stavo
avvicinando.
<< E’ inutile che ti nascondi, so che sei qui.
Vieni fuori e affronta la morte con coraggio. >>
La ragazza singhiozzò e si alzò da dietro un cassonetto
poco più avanti. I capelli neri le coprivano il volto e le mani, tremanti,
reggevano ancora la pistola. Camminai lentamente verso di lei, sorridendo.
<< Ti prego, non mi fare del male, non c’entro
niente. >>
Io mi avvicinai ancora e alzai il pugno, pronto a
colpirla.
<< Ti prego, non farlo. >>
Un ricordo terribile mi invase la mente.
Il
volto terrorizzato e disperato di mia madre stava a pochi centimetri dal mio.
<<
Daniele, sta qui dentro, non fiatare e non uscire finché non te lo dico.
>>
<<
Ma, mamma... >>
<<
Fa quello che ti ho detto! >>
Mia
madre mi accarezzò la testa e mi posò un bacio sulla fronte, lasciandomi una
piccola macchia di sangue sulla pelle.
<<
Andrà tutto bene, tesoro. >>
Mi
chiuse dentro quello che doveva essere un baule e io mi avvicinai a un piccolo
buco nel legno, per guardare fuori. La porta della stanza scoppiò e delle
figure incappucciate entrarono. La stanza, lentamente, si stava riempiendo di
fumo e mia madre, ferita gravemente, si mise fra loro e dove mi trovavo io.
<<
Lena Zatti, è giunta la tua ora. >>
<<
Si e anche la vostra. >>
Mia
madre estrasse qualcosa dalla tasca e, con le sue ultime forze, si avventò
contro le figure incappucciate.
La
granata esplose e fece crollare parte del soffitto, uccidendo tutti i presenti
nella stanza. Iniziai a gridare e a cercare di uscire, inutilmente.
Non
saprei dire quanto tempo rimasi lì dentro in preda al panico.
Un dolore lancinante alla spalla sinistra mi riportò alla
realtà. Camilla mi guardava con gli occhi spalancati e con ancora l’arma puntata
su di me. Posai lo sguardo su di me e notai un buco nella mia felpa, color
senape, che iniziava a dipingersi di rosso.
Mi portai una mano alla spalla e mi appoggiai, col
fianco, al cassonetto aperto. Sentii in lontananza gridare il nome della
ragazza e mi preparai a difendermi, ma qualcosa in me non andava. La mia vista
era confusa e stavo iniziando a perdere sensibilità della parte colpita.
Dannazione,
veleno.
<< Mi dispiace, mi dispiace, non volevo. >>
Una mano si posò delicatamente sulla mia spalla e io mi
voltai verso la ragazza, la cui figura stava fluttuando davanti ai miei occhi.
Le gambe stavano iniziando a tremarmi e entrambe le sue mani mi sorressero
fermamente, mentre la voce che stava chiamando il suo nome si stava facendo più
forte.
<< Nasconditi. >>
Camilla mi diede una spinta decisa e mi fece finire
dentro il cassonetto. Lei portò le mani in alto, come per chiuderlo, e io la
fermai con una mano.
<< Ti prego, no, non posso stare qui dentro. >>
Qualcosa nel mio sguardo, probabilmente terrore, la fece
esitare, ma poi sfuggì dalla mia presa e chiuse con forza il cassonetto. Il mio
respiro si fermò e cominciai a sudare freddo. Ero in uno spazio stretto e
chiuso e l’unica cosa che mi stava impedendo di saltare fuori era il veleno
che, ormai, aveva completamente intorpidito i miei muscoli. Il panico mi stava
consumando, quando sentii arrivare dei passi veloci.
<< Camilla, stai bene? Sei ferita? >>
<< No, no, gli ho sparato, è il suo sangue.
>>
La voce della ragazza era rotta da continui singhiozzi,
probabilmente era sotto shock.
<< Forse è ancora qui vicino, la pallottola era
piena di sedativo, cerchiamolo. >>
<< No, portami a casa, ti prego. >>
Non
credo proprio, tesoro, non è da lui lasciare perdere.
<< Va bene, tranquilla. >>
Cosa?
Dopo qualche secondo sentii il rumore di uno schiocco, il
tipico suono del teletrasporto. Ora rimanevo da solo col buio e con i miei
fantasmi. Quel breve dialogo mi aveva distratto un attimo dalla mia situazione,
ma ora stavo ricadendo nel panico.
<< Daniele, dove sei? >>
<< Brand, sono qui dentro. Tirami fuori, cazzo.
>>
Non appena il mio amico aprì il cassonetto, mi sentii
meglio e riuscii a riprendere il controllo del mio corpo.
<< Che cazzo ci fai qui in questo buco di merda?
>>
Brand aveva una ferita sopra l’occhio, ma per il resto
sembrava intero.
<< Fottesega, dammi un mano. >>
Lui mi prese per un braccio e mi aiutò a uscire. Le gambe
erano tornate a funzionarmi bene, ciò voleva dire che il mio corpo da Cacciatore
aveva già smaltito il narcotico. L’odore che avevo addosso era nauseante e la
spalla stava ancora sanguinando.
<< E’ uscita la pallottola? >>
<< Non credo, adesso la tiro fuori. >>
Trattenni il respiro, mentre con le dita estraevo la
pallottola, e poi la gettai, irritato, a terra.
<< Come ha fatto, quella troia, a beccarti?
>>
All’improvviso mi ritornò in mente quell’orribile
ricordo.
<< Mi sono distratto per colpa di un coglione che è
uscito da quella porta. Lei mi ha sparato ed è scappata. >>
Indicai la porta sul retro del ristorante e pregai che
credesse alla mia bugia.
<< E che diavolo ti ha spinto a nasconderti nel
cassonetto? >>
<< Stava arrivando Bairo e io ero stordito dal
narcotico della pallottola. Non potevo affrontarlo così. >>
Lui tirò un pugno al cassonetto, ammaccandolo. Iniziammo
ad incamminarci verso la metropolitana.
<< Merda, sarebbe stato bello fare un’uccisione per
la squadra. >>
Nel nostro mondo, sia per gli Angeli che per i
Cacciatori, la maturità veniva raggiunta con i ventuno anni. Prima di quel
momento non venivamo considerati adulti, ma venivamo addestrati e divisi in
squadre, in modo da sviluppare un legame che sarebbe durato per tutta la vita.
Le squadre erano composte al massimo da cinque persone e unicamente da elementi
dello stesso sesso, in modo tale, così dicevano, da evitare distrazioni. La
scuola superiore era il mezzo che ci permetteva di iniziare a conoscere i
nostri nemici.
Ogni mese dovevamo presentare rapporto e, in base a
quello che avevamo fatto, venivamo inseriti in una graduatoria. Più alta era la
posizione più gli incarichi sarebbero stati difficili e di prestigio. Se invece
la squadra era classificata nelle posizioni più basse, si veniva esclusi dalle
missioni e i compiti si limitavano all’addestramento e alle questioni di
ufficio.
Il mio gruppo si trovava a metà classifica poiché non
eravamo mai riusciti a uccidere un Angelo. Anche per questo motivo, non potevo
permettermi di raccontargli come erano andate veramente le cose.
<< Bo, forse no, visto che non è della loro
squadra. Devo parlarne con Sam. >>
Cazzo,
si arrabbierà tantissimo per stasera.
Stavo scendendo le scale centrali della scuola con una
sigaretta in bocca. La notte prima, dopo essere tornato a casa ed essermi fatto
una doccia, avevo chiamato Sam e avevo subito un cazziatone di mezz’ora. La
ferita alla spalla era completamente guarita e ora portavo l’ennesima
cicatrice.
Brand camminava di fianco a me con un’aria incazzata
poiché il professore di matematica ci aveva annunciato che avremmo dovuto fare
un corso di recupero pomeridiano. Neanche a me l’idea andava troppo a genio,
visto che avremmo perso tempo inutilmente e che comunque le Prede non sarebbero
state presenti. Uscimmo nel cortile e accesi la sigaretta con Jerry,
l’accendino che avevo recuperato la sera prima. Quel giorno stava diluviando e
tutti gli studenti si erano affollati sotto il piccolo portico, alcuni stavano
mangiando, mentre altri stavano fumando le loro sigarette.
<< Che fine avevate fatto? >>
Michele se ne stava appoggiato a una colonna e teneva
sotto il braccio una ragazza dai capelli rossi, davvero carina.
<< Il rompicazzo di matematica aveva qualcosa da
dirci. >>
<< Ah, questi sono i tuoi amici ? >>
La ragazza puntò i suoi occhi marroni su me e Brand e
fece un sorriso malizioso.
<< Si, sono loro e stasera verranno volentieri
all’appuntamento. >>
Lui ci lanciò uno sguardo di intesa e io capii subito: io
e Brand avremmo dovuto tenere a bada le amiche della ragazza mentre lui se la
sbatteva.
<< Senti, ieri sera ho già avuto una serata di
merda, non ho intenzione... >>
<< Dai, cucciolotto, non rompere le balle. Sarà
divertente. >>
Brand mi aveva posato il suo pesante braccio sopra le
spalle e io lo scrollai. Sbuffai sonoramente e gettai la sigaretta per terra.
<< Non mi interessa. Devo parlare con Sam, ci
vediamo dopo in classe, Brand. >>
Mi voltai e me ne andai, comunque riuscendo a sentire le
parole di Brand.
<< Tranquillo, Mike, lo convincerò a venire. Ha
solo l’orgoglio ferito per ieri sera. >>
Io strinsi i denti. La balla che avevo raccontato mi
aveva fatto fare la figura dell’idiota, ma non ero intenzionato a dire la
verità. Trovai Sam appoggiato a un calorifero di fianco a uno dei distributori
di merendine. Stava sorseggiando un tè caldo e mi stava osservando. Gli sorrisi
e mi misi davanti a un ragazzino in coda per il caffè. Presi una cioccolata
calda e andai ad appoggiarmi di fianco a Sam.
<< Da quand’è che sei diventato così stronzo, Dani?
>>
Io sbuffai e gustai il primo sorso della bevanda dolce.
<< Sono di pessimo umore. >>
Lui mi scrutò un attimo e continuò a bere il suo tè.
<< Può darsi, ma sei anche turbato. >> io lo
guardai e lui continuò. << Mangi sempre una gran quantità di cioccolata
quando hai qualcosa che non va. Inoltre tu non sei un tipo che si distrae
facilmente quando combatte, quindi sono abbastanza sicuro che tu abbia mentito
su ieri sera. >>
Io spostai lo sguardo sulla bevanda calda e mi morsi le
labbra.
<< Si, ma non ne voglio parlare. >>
Lui si passò una mano fra i dreadlocks e poi lanciò il
bicchierino vuoto nel cestino. L’angolo delle macchinette si stava svuotando,
probabilmente l’intervallo stava per finire.
<< C’entra qualcosa con quella ragazza? >>
Lo guardai indignato e gli risposi con un tono parecchio
indispettito.
<< No, c’entra solo con me. >>
Lui mi sorrise e mi posò una mano sulla spalla.
<< Bene, allora ho un compito per te. >>
Io sbuffai, oggi tutti volevano qualcosa da me.
<< Pedina Bairo e cerca di scoprire se lui è
attratto da lei. >>
<< Cosa? Mi prendi per il culo? >>
Questo era un compito semplice e stupido, mi sarei annoiato
tantissimo.
<< No, sei stato tu a dire che lui ha avuto un
comportamento strano nei confronti della ragazza, quindi sarai tu a verificare.
E poi di certo non posso mandare Brand, è un idiota. >>
Lui iniziò a incamminarsi con le mani in tasca e un ghigno
sulle labbra.
<< Perché allora non mandi Mike o Bastian? O perché
addiritura non ci vai tu stesso? >>
<
Mi lanciò un’occhiataccia e iniziò a salire le scale
ormai deserte.
Ok,
è ancora incazzato.
<< E lei? Secondo te la possiamo uccidere? >>
Lui rise.
<< Daniele, i Cacciatori prima uccidono e poi fanno
le domande. >>
I giorni successivi si susseguirono lentamente, l’unica
nota positiva era che ero riuscito a mandare, al posto mio, Sam alla serata con
Michele e Brand. Passavo le mie giornate a spiare Bairo sia a scuola che a
casa. Molto spesso con lui c’era anche Camilla, infatti tutti i pomeriggi si
trovavano a casa di lui. Bairo stava cercando di insegnarle ad usare i poteri
angelici, senza successo. Lui sosteneva che fosse solo questione di liberare la
mente e concentrarsi. Ovviamente non si rendeva conto che quella ragazza aveva
mille pensieri per la testa.
Eppure
quell’idiota è in grado di leggere nel pensiero delle persone.
Anche quel venerdì pomeriggio ero seduto a terra sul
terrazzo della camera di Bairo. Ero immerso fra numerose piante e usavo uno dei
loro vasi come posacenere.
La
cenere fa bene alle piante, no?
Ero appoggiato al muro e mi tenevo abbastanza lontano
dalla portafinestra, in modo tale che non potessero vedermi. Anche quel giorno la
lezione sui poteri continuava senza successo. Bairo, stranamente, si era sempre
comportato in modo gentile e paziente con lei. Non avevo una minima idea di
come capire se fosse attratto da quella ragazza o meno.
<< Tranquilla, presto riuscirai a far volare quella
pallina. >>
<< Non credo, Gabri. >>
<< Si, invece. Preparo qualcosa da mangiare, tu
rilassati. >>
Sentii una porta chiudersi e io sbuffai.
Per
quanto deve ancora andare avanti questa tortura.
La portafinestra sbattè e io girai lo sguardo di scatto.
Camilla era uscita con una sigaretta in bocca e si era lasciata scivolare
contro una parete fino a sedersi. Non mi aveva notato grazie ai grossi vasi che
avevo intorno. Si mise delle cuffie e iniziò a canticchiare una canzone che non
conoscevo.
Ascolta
musica di merda ed è pure stonata.
Teneva in mano una pallina da giocoliere e la fissava
intensamente.
Speri
davvero che succeda qualcosa, imbranata?
All’improvviso essa iniziò a levitare e io mi morsi la
lingua per il disappunto. Una sensazione di sorpresa e gioia illuminò il suo
volto. Stava per alzarsi quando la sfera prese fuoco e ricadde sulla sua mano.
Scattai, trasformandomi, verso di lei e le strappai l’oggetto incandescente. Sentii un dolore fortissimo al palmo e
lanciai oltre il parapetto la pallina ormai quasi carbonizzata. Spostai lo
sguardo sulla ragazza che si era alzata e che mi guardava sorpresa.
Merda.
Avevo appena fatto saltare l’appostamento e lei si
sarebbe messa sicuramente urlare, peggiorando la situazione.
<< Ti sei bruciato? >>
La guardai indispettito dalla sua reazione oltremodo tranquilla.
<< Scusa perché non stai urlando e implorando
pietà? >>
Lei aggrottò le sopracciglia e imitò la mia voce.
<< Scusa perché non mi stai uccidendo? >>
Io le ringhiai contro e la spinsi contro il muro,
mostrandole bene i miei canini appuntiti.
<< Non scherzare con me. >>
<< Ok, comunque ha chiamato Edward Cullen, rivuole
indietro il suo costume. >>
Risi e mi allontanai di alcuni passi. Questa era buona,
non si poteva negarlo. Andai a recuperare il mio zaino dietro ai vasi, ero
pronto ad andare.
<< Che ci fai qui? >>
Mi guardai la mano bruciata, stava già guarendo senza
lasciare segni.
<< Dovevo capire una cosa. >>
La ragazza si mosse nervosamente sul posto e si strinse
le mani l’una nell’altra.
<< Mi dispiace per la spalla, non volevo spararti.
>>
I suoi occhi erano puntati a terra e io mi avvicinai a
lei.
<< Ah non volevi? Guarda mi hai lasciato una
cicatrice che durerà per sempre. >>
Mi tirai su la maglietta fino a mostrarle il segno del
colpo di pistola. Il suo viso divenne color cremisi e lei si schiacciò sempre
di più contro al muro. Io iniziai a ridere di gusto.
<< Oddio la tua faccia, scommetto che non hai mai
fatto sesso con nessuno. >>
<< E io scommetto che non riesci a stare in un
ascensore senza cagarti sotto. >>
Abbassai la maglietta, feci una smorfia, ma mantenni
comunque il controllo. La guardai bene e sorrisi compiaciuto dalla sua
reazione.
<< Io ti piaccio, non è vero? >>
<< No! >>
Io sorrisi di nuovo, soddisfatto. Lei riprese a guardarsi
i piedi mentre il rossore scemava lentamente dalle sue guance. Era bassa, mi
arrivava a malapena al petto, e il suo trucco la faceva sembrare un panda. Non
era attraente e non aveva nulla di speciale. Non ero mai stato gentile con lei,
eppure mi aveva salvato comunque la vita.
<< Comunque sia, grazie per domenica sera. Ti devo
la vita. >>
Lei puntò gli occhi su di me e una nota di stupore
illuminò il suo viso.
<< Di nulla. >>
Le sorrisi e lei, per la prima volta, timidamente,
ricambiò.
<< Ok, allora ricominciamo da capo. Io sono Daniele
Zatti, Cacciatore. >>
Le porsi la mia mano destra. Lei mi guardò indecisa,
probabilmente si stava chiedendo quali fossero le mie intenzioni.
<< Camilla Aleri, Angelo. >>
Lei strinse delicatamente la mia mano con la sua.
<< Ah Angelo? Mi dispiace, fra di noi non può
funzionare. Penso che ti ucciderò. >>
La tirai verso di me, facendola voltare, e le misi un
braccio attorno al collo. Lei scoppiò a ridere, aveva capito subito che stavo
scherzando.
<< Me lo sarei dovuta aspettare. >>
Se fosse stata un ragazzo e non fosse stata una Preda,
saremmo potuti diventare facilmente amici. Invece avrei dovuto ucciderla prima
o poi. Le annusai i capelli, sapevano di dolce.
<< Penso che per ucciderti ti mangerò. >>
<< Sul serio? Se mangi un cetaceo diventi come lui,
non lo sai? >>
Prima che potessi risponderle, una forza invisibile ruppe
la vetrata. Subito mi buttai a terra cercando di proteggere entrambi. Lei
strinse compulsivamente le sue mani al mio braccio che la teneva stretta.
<< Capisco che i miei muscoli ti facciano
impazzire, ma non è il momento adatto. >>
<< Idiota! >>
Mi tirò una gomitata che io bloccai facilmente. Intanto Palma
mi stava fissando iroso e teneva le mani puntate verso di me. Arrivò anche
Bairo tramite il teletrasporto e guardò immediatamente nella nostra direzione.
<< Scusami, dolcezza, mi sa che devo levarmi dai
coglioni. >>
Palma tentò di colpirmi, ma Bairo lo fermò.
<< C’è anche Camilla, fermati. >>
Interessante,
devo scoprire di più.
Approfittai del momento e mi alzai in piedi, tirando su con
me la ragazza.
<< Comunque sei una pessima bugiarda. Io ti piaccio
un sacco. >>
Le diedi un pizzicotto sulla guancia e saltai oltre il
parapetto.
Angolo
autrice
Ecco il nuovo capitolo, anche se un pochino in
ritardo. Sono davvero curiosa di sapere se vi sia piaciuto o meno, quindi spero
davvero tanto che recensiate.
D’ora
in poi cercherò di pubblicare un capitolo ogni settimana e, se nel caso dovessi
avere degli impegni, vi farò sapere in anticipo ^^.
Detto
questo vi saluto, un abbraccio
Vena
P.S.
Il titolo del capitolo deriva dall’omonima canzone The Cab - Angel With A Shotgun