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Autore: _browneyes    28/08/2015    4 recensioni
“Le paure superficiali sono facili, la paura del buio che hai quando sei bambino, solo perché temi che un mostro salti fuori dal tuo armadio, è facile.
Sai quando arriva il difficile?
Quando le tue fobie sono radicate dentro di te, quando la tua mente continua a farti rivivere le cose peggiori che ti sono capitate e ti tormenti, perché temi che possano succederti di nuovo, quelle cose.
E forse tu non lo capisci, ma è dannatamente difficile vivere in un mondo che ti sbatte in faccia le tue paure peggiori in continuazione, senza che tu possa fare nulla per impedirlo.
Vivere in questo mondo è come vivere in un incubo e il problema è che non puoi svegliarti."
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo Dieci.
 

Contatto.
 
 
 
Nirvana, ormai, sta chiusa in camera sua da almeno una settimana; è che forse è convinta che tenendo la porta chiusa, chiuderà lontano il mondo lì fuori. 
Che poi anche lei sappia che le cose non vanno così, è un’altra storia.
Ascolta musica, forte, di quella che messa ad alto volume è così violenta che ti impedisce di pensare; ‘chè lei non deve pensare, o almeno, non a quello su cui la maggior parte dei suoi pensieri vertono. Non ad Hayden, non a quello che le ha fatto. Né tantomeno a Luke, accidenti.
Sta buttata per terra la maggior parte del tempo, gli occhi fissi a guardare davanti a sé, che ogni tanto si concedono un segno di debolezza. Apatica.
Si sta sgretolando, piano piano.
È solo che non può reggere tutto, non di nuovo. Non è così forte, lei.
Però attorno non vuole nessuno, nemmeno Rain, che passa quasi tutti i giorni, nemmeno Krista che bussa alla sua porta almeno tre volte al giorno usando le più disparate scuse.
Via, tutti.
Non vuole nessuno, ha bisogno di stare da sola.
E l’unica persona che crede di poter tollerare, non è mai venuta. Luke non s’è fatto vedere ancora e non si stupirebbe, Nirvana, se si fosse stancato di lei. Lo capirebbe. Krista bussa alla porta, sa che è lei ‘chè bussa sempre con quei due tocchi vicini e leggeri seguiti da un terzo più rumoroso, ormai Nirvana l’ha capito. Sospira e scuote la testa, «Kris, non è un buon momento», mormora verso la porta.
«E’ una settimana che non è “un buon momento”, tesoro. È solo che c’è una persona che viene tutti i giorni e aspetta che ti passi», ribatte l’altra con un tono vagamente annoiato da dietro la porta.
«Dì a Rain che le voglio bene, ma che per ora è meglio che lasci perdere», mugugna Nirvana, tirandosi le ginocchia al petto e poggiandoci il mento sopra.
La porta cigola, segno che è stata aperta, e sente Krista sussurrare qualcosa per poi sbattersi la porta alle spalle.
«Forse Rain può lasciare perdere, io no».
E Nirvana, quasi, non ci crede di sentire quella voce. Si gira e sorride, sorride per davvero, «Luke». Mormora il suo nome, quasi come una parola magica e continua a tenere il sorriso sincero dipinto sulle labbra, gli occhi verdi che brillano. E si sente bene.
«Ciao», la saluta lui, lo sguardo fisso su di lei. Ed è bellissima, anche senza trucco e i capelli spettinati, secondo Luke. «Disturbo?».
Nirvana si affretta a scuotere la testa, «No, anzi, mi fa piacere che tu sia qui. Mi fa tanto piacere», risponde, invitandolo con un cenno della mano a sedersi accanto a lei, sul parquet. Lui scivola accanto a lei, facendo attenzione a non sfiorarla nemmeno per sbaglio.
«Scusami per il disordine, non mi aspettavo di vedere qualcuno», si scusa, imbarazzata quasi, facendo vagare lo sguardo per la sua camera, che non è esattamente nel suo miglior stato. A Luke, comunque, non potrebbe importare meno, delle condizioni della camera.
Infatti alza le spalle e scuote la testa, «Ma figurati, anzi scusami tu per l’intrusione». Adesso è Nirvana a scuotere la testa, «Ma no, te l’ho detto che mi fa piacere. A dire il vero, avevo proprio voglia di vederti», confessa in un sospiro. E non può notarlo, perché tiene lo sguardo basso, ma sul viso di Luke, a quell’affermazione, è spuntato un sorriso a trentadue denti.
«E perché non sei passata?»
Lei alza le spalle, «Non credo di piacere a Colleen, anzi, ne sono sicura. E credo che la stessa cosa valga per Ashton».
«A me piaci», ribatte Luke, senza togliersi il sorriso dal viso e senza nemmeno darsi il tempo di pentirsi per quello che ha appena detto. Nirvana lo guarda, uno sguardo che è a metà fra lo scettico e lo stupito.
«Dico davvero. Mi piaci un sacco», ripete lui, in risposta alla sua occhiata stranita. Nirvana arrossisce visibilmente, «E non capisco perché».
Luke la guarda, dritto negli occhi, «Se dovessi iniziare ad elencare i motivi, non so quando finirei», mormora.
 
 
Nate e Colleen hanno sempre avuto un buon rapporto.
Da quando si conoscono non hanno mai litigato e ci sono sempre stati l’uno per l’altra. Sono grandi amici e non c’è cosa che Nate non sappia o capisca di Colleen; e, infatti, adesso, guardandola, intuisce che c’è qualcosa che non va.
«Col, intendi dirmi cosa c’è che non va?», le chiede, con il tono più dolce che riesce a trovare, lo sguardo fisso su lei.
Lei tiene gli occhi sulla coppetta di gelato alla fragola e crema che, ormai, si sta sciogliendo. Non che avesse intenzione di finirlo, comunque. Alla domanda di Nate sospira, «E’ Luke», esala.
Nate annuisce ‘chè lo sospettava, in realtà, che c’entrasse Luke con tutto questo. «Vuoi parlarne?»
«E cosa c’è da dire? Che il mio ragazzo preferisce passare il tempo con Nirvana Harris piuttosto che con me? Che, forse, l’unico motivo per cui stiamo ancora insieme è che ha bisogno di qualcuno perché ha quella stupida paura di rimanere solo? Oppure che non solo non mi ama più, ma che forse non mi ha mai amata? Cosa c’è da dire, Nate? Lui è innamorato di Nirvana, punto».
Nate sospira, «Non dire così. Luke prova qualcosa per Nirvana, ti mentirei se ti dicessi che non è così, ma non è la stessa cosa. Se tu sei la sua ragazza, vuol dire che ci tiene a te».
Colleen nasconde il viso fra le mani, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. Cerca di concentrarsi sulle parole di Nate, ma non ci riesce. E sa che mentendo a sé stessa non otterrà proprio nulla, comunque. Scuote la testa, continuando a tenere il viso coperto, «Si, ci tiene a me. Mi vuole bene, forse addirittura gli piaccio. Però è Nirvana quella che ama», mormora con la voce che trema.
«Allora, se ne sei così convinta, lascialo!», sbotta Nate. ‘Chè vedere Colleen così gli da proprio fastidio, vorrebbe vederla felice.
Lei sposta una mano dal viso, concedendosi di guardarlo, «È una decisione importante da prendere e ho paura di fare la cosa sbagliata, capisci?».
E Nate annuisce.
 
 
«Amethyst dov’è?».
Ashton alza lo sguardo e scuote la testa, con l’espressione fin troppo seria, «Non è un buon momento, Calum» mugugna.
Calum aggrotta le sopracciglia scure, «Che cos’ha?».
«Lasciala stare, davvero. Dalle un paio di giorni e uscirà dalla sua stanza», mormora, con la voce stanca. Calum annuisce e si volta verso il corridoio, diretto evidentemente verso la stanza della ragazza e Ashton nemmeno prova a fermalo.
È davvero stanco, non ce la fa più, Ashton.
Sono anni che va avanti questa storia e lui, veramente, nonostante tutto il bene che vuole ad Amethyst, è stufo marcio di dover essere sempre lui a tenerla in piedi. È quello che fa da quando si sono conosciuti, il terzo giorno di liceo.
Amethyst è sempre stata debole, anche se ha sempre finto di essere il contrario e Ashton lo sa bene. Lo sa da quando lei gli è scoppiata a piangere tra le braccia mentre erano a teatro, a vedere Amleto, con l’insegnate di inglese. Sottovoce gli ha confessato che un anno prima i suoi genitori erano morti in un incidente; lei si era solamente rotta il braccio. Lui l’ha lasciata piangere fra le sue braccia fino alla fine dello spettacolo, poi lei è andata in bagno e quando è uscita il mascara era di nuovo al suo solito posto, esattamente come l’espressione strafottente. Non ne hanno mai più parlato, Amethyst non ha mai voluto.
La seconda volta che Ashton l’ha vista piangere avevano diciassette anni e una bottiglia di vino rosso che lui aveva preso, attento a non farsi scoprire dai suoi genitori, dal mobile del salotto. Lui le ha confessato la sua cotta per Euphemia Scott e le ha anche parlato di Rain e del fatto che fosse terribilmente di tutto il tempo che passava con un certo Michael Clifford, di cui Amethyst non aveva mai sentito parlare prima. Lei lo ha ascoltato per un po’, poi, quando lui non aveva più nulla da dire, è scoppiata. Gli ha raccontato della sua storia finita con Seth, di quello che era successo con Nirvana Harris; ha pianto e Ashton l’ha ascoltata tutto il tempo.
L’ultima volta che Ashton ha visto Amethyst piangere è stato ieri. Lui, adesso, è l’unico a cui lei permetta di entrare in camera sua mentre è in uno dei suoi periodi. Prima del suo litigio con Seth lo permetteva anche a lui.
Ieri hanno parlato di nuovo, lei gli ha raccontato di Calum. Di quanto lo odi, di come la fa sempre irritare, di come le gira sempre attorno; gli ha detto quanto non lo sopporta e del fatto che, nonostante questo, qualcosa è successo fra loro, una notte soltanto, ha sottolineato. Poi ha mormorato di nuovo che lo odia, perché sa che prima o poi tornerà a Melbourne e che lei non potrà fare nulla per impedirlo e che, fanculo, ormai tiene tanto a lui.
Ashton è sempre quello che ascolta Amethyst, quello che cerca di tenerla in piedi e che le ruba le sigarette ‘chè pensa che lei fumi un po’ troppo.
Però è stanco di vederla sempre così, è stanco di queste ricadute, è stanco del fatto che tutti i suoi sforzi non portino mai a nulla.
Pesca il telefono dalla tasca dei jeans e compone a memoria il numero di Rain. Lei risponde dopo due squilli.
«Hey, ancora non sono in ritardo per stasera, quindi che succede?» gli chiede tutto d’un fiato appena risponde.
«Ecco, a proposito di stasera, io non credo di farcela. Lo so che ci sarà Isaac e tutto, però è davvero una giornataccia».
«Cosa è successo?».
«Amethyst ha avuto un’altra delle sue ricadute e sono stato qui tutto il giorno e sono stanco da morire. Non ce la faccio, Rain, scusami davvero».
«Ho casa libera stasera. Che ne dici se per stasera mandiamo al diavolo Isaac e vieni qui? Una serata come ai vecchi tempi: film e pop corn abbracciati sul divano».
«Se è come ai vecchi tempi allora dovremmo chiamare Michael, no?»
«A dire il vero, preferirei se fossimo solo io e te» mormora Rain a mezza voce.
«Ancora non hai risolto con Michael?»
«Non è solo quello. Anche se non avessi discusso con Michael stasera vorrei te e basta»
«Inizia a fare i pop corn, arrivo fra venti minuti».
 
 
23.34
“Euphemia?”
23.42
“Ehy Michael, dimmi”
23.43
“Mi dispiace per l’ora, ti disturbo?”
23.43
“Assolutamente no, tranquillo”
23.45
“Menomale, mi sarei sentito in colpa altrimenti”
23.46
“Addirittura? Comunque, dovevi dirmi qualcosa?”
23.47
“Sarebbe troppo patetico se ti dicessi che ti stavo pensando e che avevo solo voglia di sentirti?”
23.47
“No, proprio per niente, Michael”
23.48
“E, comunque, ti stavo pensando anche io”
23.50
“Questa non me la aspettavo proprio”
23.51
“Perché mai?”
23.51
“Non so. Non credo di essere all’altezza di essere nei tuoi pensieri”
23.53
“Michael…”
23.54
“Si?
23.54
“Questo è esattamente uno dei motivi per i quali sei nei miei pensieri spesso”
23.54
“Spesso?”
23.55
“Anche più di quanto mi piacerebbe ammettere, suppongo”
23.57
“Oh. Comunque anche tu ci sei spesso”
23.57
“Nei miei pensieri intendo”
23.59
“Ne sono onorata”
00.00
“A che ora stacchi domani?”
00.01
“Non dovresti saperlo, capo? Comunque alle 18”
00.05
“Mi è sfuggito, accidenti! Ti andrebbe di uscire a cena?”
00.08
“Si, volentieri, Michael”
00.08
“Fantastico”
00.09
“Buonanotte, Michael”
00.09
“Buonanotte a te, Euphemia”
 
01.30
“Michael, ti dispiacerebbe uscire dalla mia testa e lasciarmi dormire?”
 
 
 
La notte, per Nirvana, è stata sempre strana, almeno negli ultimi anni.
La notte per lei era, almeno fino a qualche mese prima, il momento dei baci fino a farsi screpolare le labbra, dei morsi fino a sanguinare, della passione e di quell’amore che, in realtà, non era altro che perdizione; e lei, in quello che considerava essere amore, ha letteralmente perso tutta se stessa. Si è lasciata quasi cancellare, quasi annientare da quello che Hayden chiamava amore.  E lo sapeva, Nirvana, lo ha saputo dal primo istante, che quello non poteva essere davvero ciò che il ragazzo millantava ‘chè chi ti ama, non ti tratta in quel modo, non ti chiede di rinunciare praticamente ad ogni cosa; ma il problema è che, se ti innamori per davvero, non sei capace di dire di no a nulla. E Nirvana, non ce l’ha fatta. Si è lasciata illudere da tutte quelle notti, da tutte quelle carezze deliziose, da quei baci senza fine, da quei morsi leggeri sul suo collo, da tutti quei tocchi e da tutte quelle piccole parole.
Ma poi, all’arrivo del mattino, tutto cambiava. E quelle mani, fino a poche ore prima delicate su di lei, diventavano pesanti e quelle che prima era carezze diventavano schiaffi; quella voce calda e un po’ roca che durante la notte le sussurrava parole dolci all’orecchio, diventava aspra e tagliente, un coltello contro il petto. E Nirvana se li vedeva addosso, quei lividi, e si sentiva urlare nella mente a ripetizione tutte quelle parole astiose e giurava a sé stessa che sarebbe finita, che l’avrebbe fatta finita appena Hayden sarebbe tornato. Ma non lo faceva mai, quando al suo arrivo lui le sorrideva e le chiedeva semplicemente scusa, lei crollava. E quando arrivava la notte, erano di nuovo a letto, i loro corpi intrecciati l’uno all’altro e la speranza vana di un cambiamento che non sarebbe mai avvenuto.
Nirvana, fin’ora, dopo Hayden, non era mai rimasta una notte con un ragazzo, il pensiero non l’aveva nemmeno attraversata. Certo, Luke Hemmings, però, non l’aveva proprio preso in considerazione. Si è addormentato, mentre guardavano il Signore degli Anelli, e non ce l’ha fatta a svegliarlo per mandarlo via. Non voleva che se andasse via.
Lui, ha un effetto su di lei che Nirvana proprio non riesce a capire.
È strano, Luke, ma forse è solo perché è l’esatto opposto di Hayden. Lui si preoccupa sempre, per lei, quasi più di quanto si preoccupi per se stesso e non la forza mai, non insiste come avrebbe fatto Hayden, non la sfiora nemmeno per sbaglio. Lui, a differenza di Hayden, la rispetta. E poi il modo in cui la guarda, Nirvana non riuscirà mai a capirlo, perché la guardi in quel modo; non capisce come faccia, solo con uno sguardo, ma la fa sentire come se valesse qualcosa.
Ora è steso accanto a lei, con un’espressione così pacifica in viso che Nirvana non può evitare un sorriso che le corre spontaneo sulle labbra. E poi, quasi senza pensarci, allunga il braccio destro, arriva a sfiorare la sua guancia con i polpastrelli. Una carezza, spontanea, ‘chè se c’avesse pensato non l’avrebbe mai fatto. Infatti, appena si rende conto del gesto, appena a quel contatto le tornano in mente immagini che vorrebbe solamente dimenticare, ritrae la mano, veloce.
Scende dal letto, cercando di far piano per non svegliarlo.
Deve allontanarsi.
Non capisce.
«E’ inutile che fai piano, sono sveglio» biascica Luke, interrompendo il silenzio quasi angosciante della notte e facendo voltare la ragazza.
«Pensavo dormissi» mormora quest’ultima, arrossendo leggermente al pensiero che, quindi, lui ha sentito sicuramente quel contatto che l’ha sconvolta tanto.
Luke si alza, poggiando la schiena contro la testiera del letto e rivolge lo sguardo verso la figura minuta della ragazza, che ora è ferma al centro della stanza, «Ti stavo ascoltando respirare» le dice semplicemente, senza sforzarsi nemmeno di nasconderlo.
Nirvana quasi sente le gambe cedere ‘chè non può proprio concepire come faccia ad essere così, ad interessarsi così tanto a lei ‘chè, infondo, per Hayden lei non è mai stata davvero importante, «Perché?» sussurra, senza capire.
«Mi piace sapere che sei accanto a me».
Nirvana, a quella rivelazione, torna a letto, silenziosa e veloce come s’era alzata; cerca di nascondere il sorriso, ma non ci riesce.
«Buonanotte, Luke», mormora.
«Buonanotte, Nirvana».
Sente la mano di Luke sfiorare piano la sua ma, stavolta, non si ritrae.
 
 
 
 
Writer’s wall.
Ehilà.
Lo so, faccio schifo, non aggiorno questa storia da tre mesi e non ho assolutamente giustificazioni. Il fatto è che quest’estate, tra viaggi, uscite e i lavori, sono stata a casa poco e niente e quel poco che ci sono stata non avevo la forza di prendere il computer e mettermi a scrivere.
Adesso che sono tornata a casa, però, gli aggiornamenti saranno nuovamente regolari ovviamente.
Però, forse, potete perdonarmi per il mio tremendo ritardo perché Nirvana ha toccato (finalmente!) Luke!
Prima di lasciarvi, vorrei ringraziare tanto tutti quelli che seguono e leggono questa storia; grazie infinite a chi l’ha aggiunta tra preferite, seguite e ricordate e grazie a chi si ferma a lasciarmi una recensione, significa davvero molto per me.
A N. che ha reso speciale quest’estate.
A G. senza di lei probabilmente mi sarei annoiata tantissimo.
Sempre a G. per le sue consulenze su questa storia.
A New York, che mi è rimasta nel cuore.
Grazie mille per aver letto fin qui, alla prossima.
Un bacio,
-Mars
  
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