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Autore: Eneri_Mess    29/08/2015    2 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo XV -
[Arrembaggio]
 
 
 
A Gwyn,
che ci crede davvero.
A Giambo,
che ha letto qualcosa in anteprima
e ha detto la sua.
Ad Alexiel Mihawk,
che con una chiacchierata
ha rispolverato
tempi andati.
 
A me…
perché questa è la linea del traguardo.
 
 
 
 
 
Niente annunciò il loro arrivo.
Il brigantino circumnavigò l’isola disabitata di Nim a una velocità inimmaginabile per una nave normale. Scivolò sulle onde trasparenti oltre il profilo di palme e rocce perlacee come stesse eseguendo dello sci nautico, trainato da una Seal più agguerrita che mai.
Ci siamo… tra poco si accorgeranno di noi, rifletté la navigatrice, rivalutando ancora quel piano messo su in poco meno di mezzora dove non c’era stato tempo di dare peso alle incertezze. Quando avrebbero percorso tutta la costa dell’isoletta si sarebbero trovati a tagliare la strada ai Tori Rossi, e lì sarebbe scattato l’attacco.
« Pronti!? » chiese conferma a voce alta Sanji. Il vento gli frustava il viso, scompigliandogli i capelli biondi. Si trovava in piedi sul parapetto reggendosi alle sartie con Nami al suo fianco, armata del Clima Takt già montato.
Poco distante Usopp si calò gli occhialetti sulla fronte, tremando e deglutendo, e iniziando a votarsi a qualche altissimo protettore. Zoro non si espresse, colpendosi il palmo della mano con il pugno chiuso, ancora freddamente collerico per via della sconfitta e la perdita delle sue spade. Chopper in Jumping Point annuì, scambiando uno sguardo con l’archeologa che ricambiò sorridente e gli fece un cenno affermativo. Dietro di loro Brook batté la propria spada-bastone in terra, schioccando l’osso della mascella con una risatina più macabra del solito.
« Ohi! Ci siamo quasi! » annunciò Franky aggrappato al timone vibrante mentre manteneva fermamente l’equilibrio precario della curva che di lì a breve li avrebbe portati a stringere le tre navi di Oushiza con l’aiuto di Seal.
I Tori Rossi avevano cominciato a sentire uno strano rumore senza capire da dove provenisse, quando Rufy, ritto sulle griselle, si sbilanciò in avanti tenendosi il capello con espressione seria.
« Capitano! » lo richiamò il cuoco sotto di lui, e si scambiarono un’occhiata a cui il moretto annuì silenziosamente.
« Ragazzi questa volta non ci faremo battere! » affermò, squadrandoli rapidamente tutti con un lieve ghigno di sfida. « Oushiza è mio! »
Gli altri furono con lui. Poi il giovane con la cicatrice sotto l’occhio si rivolse alla vecchia Kamome, aggrappata all’albero maestro col fedele gabbiano ancorato in testa nel suo nido e infastidito dalle folate di vento. « Obacchan ci rivediamo stasera! »
« Riportami i miei nipoti! » gracchiò seria, ricevendo un assenso rassicurante prima che il futuro Re dei Pirati tornasse a concentrarsi, sgranchendosi distrattamente la caviglia ferita.
Vinci Figlio del Diavolo… dimostrami che quella D. può meritare ancora fiducia, si disse la vecchia, maledicendosi subito per quel pensiero di speranza.
« Fra dieci secondi! » urlò Franky sovrastando il rumore di onde e vento.
La ciurma era pronta, fremente, ognuno focalizzato sul proprio obiettivo o compito.
Mentre la parabola inclinava lo scafo pericolosamente verso l’interno, la polena della Sunny, per un gioco di luci e ombre, parve perdere quell’aria solare e giocosa per una velatamente inquietante.
Gli attimi scivolarono rapidi. Il brigantino raggiunse il picco della curva, il punto di non ritorno, piegandosi su un fianco quasi dovesse rovesciarsi. Sbucò da dietro Nim così rapidamente che sui tre velieri nemici rimasero inebetiti a fissare la manovra azzardata, dimenticandosi di dare l’allarme. Quando infine giunse loro il grido tonante del capitano dal Cappello di Paglia, fu davvero troppo tardi.
« ALL’ARREMBAGGIO! »
 
 
 
 
 
Usopp sparò con la fionda una trafila di biglie dai contenuti esplosivi più improbabili, cercando al contempo di non perdere di vista Zoro che avanza nella calca nemica come fosse stato lui stesso un toro, mandando i pirati a gambe all’aria con la sola furia della rabbia.
Per il cecchino fu inutile gridargli dietro anche un misero « Aspettami! » poiché lo spadaccino guardava solo avanti, e si rassegnò al proprio errore di calcolo in quel piano arrabattato. Pensare di essere finito con il marimo l’aveva rassicurato all’idea di ritrovarsi nuovamente nella mischia dei Tori Rossi. Col senno di poi aveva capito che Zoro aveva in testa solamente di ritrovare le sue spade e nient’altro.
Fu così che sfoltirono le prime file cercando di raggiungere la sottocoperta e da lì la cabina di Kameoshi. Usopp avrebbe dovuto aiutarlo a non perdersi, così era stato deciso da Nami.
Nami, pensò, e per una volta il nasone non seppe se mandarla a quel paese per come li aveva suddivisi o avere pena per lei. In fondo, la navigatrice probabilmente non se la sarebbe vista meglio, nonostante fosse con Sanji. Usopp ancora rammentava il potere di Kazuka, ma il piano proposto dal cuoco, con l’aiuto della rossa, probabilmente avrebbe funzionato.
Nel frattempo, era di nuovo stato lasciato indietro.
« Zoro! » si sgolò piagnucolante, accelerando con uno scatto ed evitando una sciabolata che gli mise ancora di più la tachicardia addosso, soprattutto quando si accorse che lo spadaccino aveva irrimediabilmente sbagliato direzione. Non c’era speranza, pensò, un attimo prima di sfracellarsi con la fronte a terra strillando. Mugugnò per il dolore al naso, non capendo in cosa fosse inciampato, quando avvertì qualcosa di viscido lasciargli andare la caviglia ed ebbe un brivido. Una di quelle pessime sensazioni che ti portano a congiungere le mani senza voltarti perché sai che ormai è finita ed è inutile guardare realmente in faccia il pericolo. L’ex Principe Distruttore gracchiò sillabe inconcludenti, avendo intuito che dietro di sé doveva esserci il Vice di Oushiza descrittogli da Zoro. Kameoshi… con la sua spada taglia-cavalli.
« Fuori il primo » sibilò seccato e profetico il camaleonte, calando la spada.
Ma Usopp rimase tutto d’un pezzo, più o meno, nonostante fu calciato via da sotto la metaforica ghigliottina. Un clangore forte quasi quanto uno schianto lasciò più di un pirata attonito di fronte alla nuova scena.
Lo spadone di Kameoshi tremava, bloccato da due lame anch’esse pericolosamente instabili. Zoro tese i muscoli delle braccia, il petto bloccato in un respiro stroncato dall’attimo, ma non cedette. Non era in una posizione propriamente comoda, avendo salvato il compagno di volata. La micidiale potenza del suo avversario gli gravava addosso richiedendo ogni briciolo di concentrazione per non soccombere. Le spade non avrebbero retto a un secondo attacco, forse neanche alla prolungata pressione.  
« Ancora tu, Roronoa » sibilò in una smorfia Kameoshi, gli occhi camaleontici fissi su di lui con biasimo. « Siete dei suicidi » commentò con sprezzo, cercando di aumentare il carico della sua taglia-cavalli, ma il ragazzo coi capelli verdi non glielo permise.
Zoro sogghignò appena.
« Forse, Linguone » ringhiò, stringendo le else delle spade sottratte e riuscendo ad allontanarle di un poco, insieme al nemico. « O forse no »
Con un ruggito allargò le braccia, facendo indietreggiare di colpo il vice di Oushiza. La grossa arma dondolò e il proprietario perse in parte l’equilibrio. Il volto di Kameoshi si chiazzò di squame verdi e divenne livido per la sfrontatezza dello spadaccino.
La mascella scattò, spalancando la bocca e il Mugiwara vide saettare verso di sé la lingua appiccicosa. Ma prima che potesse afferrarlo per il collo di nuovo, qualcosa la beccò nello slancio, in più punti, facendola istintivamente ritirare fulminea com’era uscita. Una pessima mossa.
Zoro lo fissò guardingo, senza capire, ma non avvertì più l’aura minacciosa. Il volto dell’uomo-rettile sfumò gradatamente in una tonalità rossa e poi violacea. Si strinse la gola con dita irrigidite come a volersela strappare, cercando di mandare giù un groppo che gli impediva di respirare. Finì con l’eruttare fiamme, spaventando i più di fianco a lui mentre gli lacrimavano gli occhi.
« Corriamo via prima che mi ammazzi davvero! » gemette Usopp afferrando il compagno e filando verso la loro meta intanto che i Tori Rossi sbigottiti facevano capannello intorno al loro capo, riverso sulla schiena con la schiuma alla bocca.
Zoro unì i puntini immaginari dell’accaduto, scoppiando a ridere ignorando il cecchino che scongiurava di non essere inseguiti. Le sue Stelle al Tabasco Triplicato avevano rallentato a dovere il vice di Oushiza, certo, e forse avevano guadagnato abbastanza minuti per trovare le spade del marimo. Ma Usopp era conscio di aver firmato la propria condanna a morte.
« Hai una vaga idea di dove possa essere la stanza di quel camaleonte!? » gracchiò ancora il cannoniere mentre scendevano di volata le scale che portavano all’interno della nave, evitando per un soffio i proiettili dei Tori che si erano ammucchiati all’ingresso, bloccandolo nel litigare su chi avesse la precedenza.
« Nessuna » rispose Zoro ancora sulla scia delle risate e facendo definitivamente deprimere l’amico.
« La prossima volta vado io con Sanji! » gemette quando si ritrovarono davanti un lungo corridoio dove affacciavano almeno una trentina di porte.
La ricerca delle katane ebbe inizio.
 
 
 
 
 
 
Nami scosse appena la testa. Le erano fischiate le orecchie fastidiosamente, ma ignorò la sensazione, rimanendo concentrata. Sanji non le aveva chiesto un favore impossibile, ma non certo facile. Distrarsi avrebbe fatto rischiare il collo a entrambi, così continuò a tenere sotto controllo la bolla climatica che stava pian piano creando a bordo della Storming.
La maggior parte dei Tori Rossi su quel bel veliero erano stati scaraventati fuori bordo dal cuoco che non aveva voglia di perdere tempo. Il restante era stato spedito via dallo stesso Kazuka a dare man forte sulla Conqueror per terminare in pace la sfida del giorno prima.
« Ti sei portato la donna per avere qualcuno che ti pianga, stecchino? » cinguettò il guerrafondaio, sgranchendosi le dita e lanciando una lunga occhiata lasciva a Nami, che ricambiò con cinico sdegno. Lui sogghignò, passandosi la lingua sulle labbra sottili. « Tesoro con te mi ci diverto appena finisco qui » le promise strizzandole l’occhio, ma fece a malapena in tempo a finire la frase che avvertì il pericolo formicolargli addosso. Levò veloce le braccia, parando un calcio del biondino.
« Non osare rivolgerti così alla dolce Nami » sibilò iracondo, aumentando la forza della gamba tesa.
L’ufficiale di Oushiza non si lasciò spaventare, nonostante i polsi indolenziti. Con un paio di pop due copie di sé spuntarono ai lati del cuoco.
« Non hai imparato! Non hai i numeri! » abbaiò, sferrando l’attacco su entrambi i fronti, ma Sanji si ritrasse per un pelo, saltando indietro e mettendo una certa distanza tra di loro, parandosi davanti alla navigatrice. Lo sguardo del biondo si assottigliò, per poi esibire un sorrisetto scaltro al mormorio di Nami dietro di lui. La donna roteò un’ultima volta il Clima Takt, soddisfatta.
Kazuka non apprezzò lo scambio sottovoce tra i due compagni e avvertì un brivido addosso, di freddo. Insieme a quello, per un secondo, le figure dei due pirati di Cappello di Paglia vacillarono e lui perse la pazienza.
« Chiudiamola subito, moscerini! » ringhiò, e cinque delle sue copie li circondarono. Godette delle loro espressioni allarmate, del tentativo del cuoco di frapporsi a proteggere la ragazza, ma non gli lasciò scampo. In un baleno il quintetto picchiò senza esitare… e i colpi li attraversarono.
Deformati per lo spostamento dell’aria, i profili di Sanji e Nami si dissolsero tra le dita chiuse dei fantocci, lasciando confusi loro ma primo fra tutti il possessore del Frutto del Diavolo.
« Sono d’accordo. Passiamo direttamente al dessert… » mormorò sagace il cuoco alle spalle di Kazuka, che tempo di voltarsi si ritrovò una ginocchiata sotto lo sterno senza alcun preavviso. Boccheggiando, l’uomo cadde in ginocchio penosamente, strappando un ghigno al biondino che godette tra sé nell’aver cancellato l’arroganza da voltastomaco su quel volto sporco di grasso militare.
« Non sei abituato a prendercele eh? » lo schernì, accendendosi una sigaretta mentre l’altro era ancora carponi.
« Ti spezzo le gambe stecchino! » ululò il nemico, avvertendo ancora quella carezza fresca che gli fece perdere la testa. Quattro copie di sé spuntarono bloccando tutti i fronti del biondo, ma calci e pugni andarono solo a colpire l’uno l’altro, dissolvendosi in un teatrino di illusioni insieme alla figura in camicia gessata e pantaloni eleganti che se la rideva.
L’arroganza oppressiva del toro rosso fece la stessa fine, trasfigurandosi per un secondo in una maschera di incertezza.
« Magia » bisbigliò sadicamente il cuoco riapparendo e rifilandogli una scarpata in faccia tale da rompergli il naso e spedirlo contro la paratia della Storming. Sanji abbandonò la sua aria divertita per una maschera di serietà e ira repressa, togliendosi la sigaretta tra le dita e puntandola contro l’avversario. « Questo era per ciò che avete fatto alla mia ninfa del mare e al suo villaggio, animali » lo apostrofò, perforandolo con lo sguardo. « Anche se non basterebbe spezzarti tutte le ossa per come avete macchiato la sua anima » aggiunse freddamente.
Kazuka, rimessosi a sedere col sangue che gli colava su bocca e mento, sorrise sghembo cogliendo la palla al balzo, una nuova luce a brillargli nello sguardo.
« Chissà come se ne starà prendendo cura il capo mentre chiacchieriamo » fischiò provocatorio con voce nasale.
Il biondino scattò ancor prima di registrare del tutto.
« Sanji no! » strillò Nami, riapparendo dall’altra parte del ponte, cadendo in trappola. Si accorse subito di essere stata puntata dall’avversario, ma non le fu d’aiuto. Decine di pop la attorniarono, famelici, e lei si posizionò in difesa, staccando uno dei tubi del Clima Takt e ragionando alla svelta.
« Non avvicinatevi » sibilò, sapendo di dover prendere tempo.
« Mi hai fatto passare la voglia di divertirmi, strega » dissero le voci all’unisono, facendola rabbrividire ma senza perdere il sangue freddo. Sanji si era ritrovato imprigionato tra almeno una dozzina di copie, e più ne faceva sparire più queste tornavano triplicate.
La rossa, con una goccia di sudore a scivolarle a lato del viso, si giocò il tutto per tutto. Facendo un passo indietro e guadagnando spazio, finse di essere preda del terrore, balbettando un « Ti prego, risparmiami! » che andò a segno. Kazuka si sentì di nuovo padrone della situazione e abbassò la guardia l’attimo che alla navigatrice servì per ricombinare la sua arma. In un baleno, Nami volteggiò il bastone colpendo quattro sagome e ricondensò a sufficienza l’aria circostante, per bloccarsi il secondo successivo in cui il toro rosso si riebbe e cercò di attaccarla. Ma tornarono in una condizione di stallo quando un pericoloso sfrigolio dorato brillò dall’estremità rotonda del Clima Takt.
L’incredulità e la confusione sul volto di Kazuka fu più sufficiente di qualsiasi parola e Nami lo salutò con la linguaccia, prima di scatenare la sua Thunder Ball. I fantocci rimasti intorno a lei evaporarono, lasciando segni bruciati sul legno della nave.
« Nami-swaaaan, sei stata formidab- » ma il complimento cuoriforme di Sanji fu stroncato dallo stesso bastone menatogli in testa.
« Non farti più provocare così, scemo! Quello parla per distrarti! » gli strillò lei inferocita, mentre tornava a destreggiarsi con i vari segmenti della sua arma. « Se perdi di nuovo la concentrazione la prossima volta aiuto Zoro! » aggiunse con falsa leggerezza.
Colpito nell’orgoglio, il biondastro si incendiò, riempiendo d’insulti a distanza il marimo e giurando di non farla più preoccupare.
A interrompere il teatrino fu il ringhio rancoroso e febbrile di Kazuka, che rimessosi in piedi li fissava trucemente.
« Vi state divertendo con me, eh? Adesso vedrete! » urlò puntandogli contro l’indice.
La Storming vibrò pericolosamente, dondolando appesantita. Il legno gemette e il tonfo dei piedi apparsi fu così forte che Nami esibì una smorfia contrariata. Più di cento paia d’occhi iniettati di sangue li squadrarono, ma nessuno dei due Mugiwara fece una piega.
« Ora gioco io! » gridarono battagliere tutte le voci in una stereofonia dissonante.
« Non penso proprio! » replicò la rossa. « Mirage Tempo: Fata Morgana! »  
Le moltiplicazioni di Kazuka si arrestarono prima ancora di caricare un qualsiasi attacco. Con una leggera brezza simile a seta sulla pelle, di fronte a ognuna delle copie faceva ora mostra un ghigno del cuoco biondo.
In un sincrono agghiacciante, tutti i Sanji sollevarono la sigaretta, spirando il fumo in faccia all’avversario.
« Ora siamo pari, toro arrogante » sentenziò con sussiego, e lo scontro prese il via.
 
 
 
 
 
Chopper e Robin atterrarono sul ponte della Supremacy sulla scia della risata riecheggiante di Brook e le grida superlative di Franky. I pirati sulla nave sguainarono le armi, buttandosi a capofitto su di loro.
« Dov’è Rufy!? » domandò la renna, occupandosi di alcuni con i suoi zoccoli. Il piano prevedeva che tutti e tre si dirigessero sulla nave di Oushiza per salvare i due ostaggi e sistemare il Toro Rosso, ma il capitano si era defilato appena messo piede sul fronte nemico.
L’archeologa si guardò intorno, ma scosse la testa e i lunghi capelli mori, tirati su in una coda per l’occasione, a far intendere che non ne vedeva traccia. Entrambi sospirarono, continuando a sfoltire gli avversari avanzando verso il castello di poppa. Se Rufy si fosse cacciato di nuovo nei guai per via dell’Aqua Morphos di Matt nessuno, dei due sarebbe potuto intervenire, non all’ultimo almeno.
« Quell’incosciente! » si lasciò sfuggire Chopper frustrato, ripensando a quanto accaduto a malapena un giorno prima e alla paura che aveva messo addosso a tutti.
« Isha-san » lo richiamò Robin, liberando la strada per dov’erano diretti. « Proseguiamo col piano e poi torneremo a cercarlo »
Fu più semplice a dirsi che a farsi. Il loro compito consisteva nel mettere al sicuro Mizu e suo figlio Matt. Dopo il resoconto di Rufy, Chopper si era preoccupato delle condizioni in cui doveva versare la mezza-sirena. Se Oushiza si era accanito su di lei pur di ottenere la collaborazione del bambino, la ferita al fianco si era di certo aggravata. E dubitava che su quelle navi qualcuno fosse in grado si prendersene cura adeguatamente.
Guadagnatisi l’ingresso per la sottocoperta a suon di ossa rotte, i due cercarono di orientarsi. Avevano tre possibilità piuttosto varie a cui puntare: le celle, l’infermeria o la cabina persona del capitano.
« Qualche traccia? » chiese Robin, mentre le sue mani erano impegnate a sbarrare la porta con tutto quello che c’era di disponibile, mentre al di là di essa i colpi dei tori rossi erano intervallati da irriverenti imprecazioni.  
Chopper tornò in formato mignon, aggrappandosi allo zaino con l’occorrente medico, e saggiò l’aria, rizzando anche le orecchie. Una smorfia gli si disegnò sul muso. Il sentore di sangue era indelebile, come l’olezzo di sudore e polvere la sparo. Però non demorse, affacciandosi sul corridoio e ritentando. In lontananza avvertì odori più famigliari, tra cui mercurocromo e simili.
Fece un cenno a Robin e si incamminarono svelti, cercando di lasciare meno tracce possibili agli eventuali scocciatori che prima o poi li avrebbero raggiunti.
Zizzagarono nei corridoi, tra casse e barili, difendendosi senza battere ciglio e riuscendo a farsi dire da uno dei pesci piccoli dove si trovasse l’infermeria. Col dubbio che ci fosse da fidarsi, corsero comunque nella direzione indicata, col rimbombo della battaglia tutto intorno a loro. Di tanto in tanto il legno della nave scricchiolava e dondolava, nonostante i galeoni fossero stati fermati dopo l’arrembaggio.
Cadendo accidentalmente per via di uno di questi scossoni, Robin e Chopper evitarono mezza dozzina di piccole lame lanciate contro le loro teste. Ansanti e allerta dopo lo scampato pericolo, tornarono repentinamente indietro nascondendosi nel corridoio.  
« Ojos Fleur » sussurrò l’archeologa, e alcuni dei suoi occhi azzurri si aprirono lungo le pareti per scorgere l’avversario. Ebbe una fugace visione, prima di richiuderli per istinto quando furono minacciati da altre lame che si conficcarono nel muro con uno schiocco secco e vibrante.
« Sono… bisturi » si accorse Chopper con un singulto, fissando le lame usurate e affilatissime.
« Ha un grembiule insanguinato… e dietro c’è la porta dell’infermeria » lo mise al corrente la mora, accostata al limitare del muro e intenta a vagliare la situazione.
« Venite fuori! Vi porterò come trofeo al capo! » berciò il toro rosso ghignante, mentre in sottofondo lo si sentiva affilare una lama più grande di quelle già lanciate.
« Stiamo cercando Mizu » parlò Robin in tono abbastanza alto da sovrastare i rumori di fondo. Chopper la fissò allarmato e confuso, non capendo perché stesse rivelando le loro intenzioni.
Il macellaio si fermò instupidito.
« La mezza-sirena? L’ho ricucita ore fa ma non si sveglia! È un povero bocconcino mal ridotto » commentò con sprezzo, rigirandosi la mannaia affilata tra le mani. « Il capo ha ordinato di lasciarla stare, quindi poche chiacchiere e poco chiasso » sibilò.
I due Mugiwara si scambiarono un cenno di intesa, pronti ad agire. La Figlia del Mare doveva essere lì a pochi passi e Chopper fu preoccupano più che mai dopo quelle parole.
« Allora!? Devo venire io!? Stupida donna e stupido koal- » ma il macellaio dei tori rossi non finì la frase.
Una gigantesca palla di pelo rotolò fuori dal corridoio, rimbalzando su un muro e poi sull’altro. L’uomo rimase interdetto con la mannaia a mezzaria, fissando il cespuglio lanuginoso senza capire nulla.
Affacciatasi appena dal suo riparo quel tanto che bastava per vedere dove fosse il nemico, Robin sfruttò i pochi secondi di disattenzione guadagnati da Chopper per imbrigliare il toro rosso tra le sue mani e piegarlo  all’indietro con un poco pietoso clutch.
Entrati in infermeria e sigillata di nuovo la porta, i due trovarono subito Mizu. Nel sonno si era inconsapevolmente rannicchiata in posizione fetale sotto il lenzuolo, che si alzata e abbassava seguendo il suo respiro irregolare. Muovendosi piano per non allarmarla, medico e archeologa scostarono la stoffa fino a scoprirla. La maglietta che le aveva prestato Nami era macchiata di sangue all’altezza della ferita e la Figlia del Mare ne teneva i lembi abbassati, quasi tirati, anche in quel momento di incoscienza. Sul viso e sulle braccia aveva graffi e lividi, come anche sulle gambe, coperte dalla stoffa dei pantaloncini sotto il ginocchio.
Su richiesta della renna, Robin aprì delicatamente i pugni in cui l’altra serrava la maglia, permettendo al medico di visionare il taglio. Una smorfia di disapprovazione per il lavoro fatto dal macellaio si espresse chiara sul suo musetto.
« Devo fare qualcosa, ma non qui. Ha bisogno di un luogo tranquillo e sterile » spiegò, sentendo sopra di loro e non molto lontane le grida dei sottoposti di Oushiza che li stavano cercando.
Robin annuì, per voltarsi di scatto quando sentì una debole stretta sulle proprie dita.
« V-voi… » balbettò la mezza-sirena, con le palpebre semi chiuse, tentando di metterli a fuoco.
« Mizu! Siamo venuti a salvarti! Dobbiamo portati via alla svelta! » proruppe il piccolo medico tutto d’un fiato, felice che si fosse ripresa.
La giovane annuì appena, fiacca, le labbra secche che si umettò per parlare di nuovo.
« Matt…? »
« Non sappiamo ancora dove sia » ammise Robin.
La presa sulla sua mano si irrigidì mentre Mizu chiudeva gli occhi, traendo due respiri faticosi. Quando lì riaprì, cercò di tirarsi su, aggrappandosi ai due e mordendosi un labbro per soffocare un lamento di dolore.
« Oushiza avrà Matt con sé… » soffiò in un singulto represso, gli occhi color lapislazzuli scuritisi e annebbiati. « Lo userà di nuovo… contro Rufy »
« Allora saranno sul ponte. Ma non possiamo tornarci passando da dove siamo arrivati » constatò la moretta, visto che lo scalpiccio dei pirati era sempre più vicino. Si volse verso la paratia con gli oblò, grandi abbastanza da…
 
 
 
 
 
Un velo d’acqua ricopriva il ponte della Supremacy. Il riverbero del sole prossimo allo zenit gettava riflessi tremolanti sui due principali avversarsi, ritti in silenzio l’uno di fronte l’altro.
La maggior parte dei tori rossi si era fatta indietro; alcuni erano caduti fuori bordo dopo che le fruste gommose di Rufy avevano tentato di raggiungere Oushiza, altri erano troppo esterrefatti per reagire, consapevoli che il loro capo si stava arrabbiando. Se fosse successo sul serio ci sarebbe scappato il morto, indistintamente da quale delle due parti.
Cappello di Paglia strinse di nuovo i pugni, divaricando le gambe e studiando il Toro Rosso. L’acqua gli scivolò tra la pianta del piede e il sandolo, in una leggerissima carezza in cui avvertì subito la pizzicante debolezza.
Matt tremava e piagnucolava sottovoce. Con una mano Akai se lo teneva stretto al petto, per la gola, ordinandogli seccato di ricreare lo stesso serpente d’acqua del giorno prima, ma fino a quel momento il bambino era riuscito a dare vita soltanto a miseri schizzi d’acqua con cui aveva infradiciato il moretto.
La situazione si era bloccata dopo che Rufy aveva tentato di colpire il Toro Rosso ma questi si era fatto scudo col bambino, facendo rotolare il pirata dal Cappello di Paglia a destra e sinistra simile a una trottola impazzita per evitare all’ultimo di coinvolgere chi avrebbe dovuto salvare.
« Vuoi che faccia portare qui tua madre e la prenda a calci di nuovo, stupido ragazzino? Se non fai come ti dico sarà lei a pagarla » sibilò l’uomo dai capelli cremisi nell’orecchio del figlio singhiozzante.
« Matt non dargli retta! La mia ciurma la sta cercando! Il mio medico si prenderà cura di lei! »
Se l’odio aveva un volto, era quello di Oushiza, ma fu un lampo. L’aria si fece ancora più tesa mentre i due capitani si fissavano, il primo con un astio che la diceva lunga su quanto quei dilettanti lo stessero infastidendo, dall’altra una determinazione che più volte aveva avuto la meglio. E alla quale lo stesso piccolo Matt guardò col lacrime e moccio che si mescolavano, senza conoscerlo ma preferendolo alla stretta intorno al proprio collo.
« Mi chiamo Rufy! Ho incontrato la tua mamma e la tua nonnina qualche giorno fa, siamo venuti a salvarti » rispose il Mugiwara alla sua muta domanda, alzando il pugno verso di lui. « Sai che sei davvero forte Matt? Ieri hai fatto prendere un colpo ai miei compagni con quel serpentone d’acqua! Non lo rifare però, perché questa battaglia è tra me e il Toro… » finì, e la sua espressione tranquilla e spensierata tornò seria. I suoi occhi neri si piantarono in quelli di Oushiza in un segno di sfida a cui l’avversario rispose levando il mento con superiorità.
« Cosa ti fa credere che i miei uomini non si siano già liberati dei tuoi? »
« La mia ciurma è più forte della tua »
« … ti senti tanto sicuro Cappello di Paglia? »
« Certo »
E il sorrisetto limpido con cui accompagnò la risposta fece perdere per un attimo il selfcontrol del rosso, che espirò forte dalle narici, la fronte contratta per l’irritazione. Strattonò Matt, quasi artigliandogli la gola, e il lamento del bambino uscì soffocato.
Rufy fece un passo avanti, adesso anche lui con una vena pulsante sulla tempia. Stava per aprire bocca e richiamare il Toro Rosso alla loro battaglia, quando un tafferuglio poco lontano li distrasse entrambi.
Dal parapetto di tribordo due uomini di Oushiza cacciarono imprecazioni, spade sguainate, quando sembrarono tuffarsi volontariamente in mare. Altri accorsero a capire cosa stesse succedendo, e seguirono la stessa sorte, finché gli ultimi ci pensarono due volte prima di avvicinarsi, fissando il punto specifico come se da un momento all’altro dovesse palesarsi una forza maligna.
Qualcosa apparve. Dozzine di mani come lunghe funi spuntarono dal parapetto, ritraendosi poi fino a scomparire quando sul ponte sopraggiunsero Robin, Chopper e Mizu nello sbalordimento generale. L’archeologa usò ancora i suoi poteri per sistemare tutti gli impalati di fronte a loro, decimando definitivamente gli avversari.
« Robin! Chopper! Mizu! Tutto ok? » si sgolò Rufy contento, senza però muoversi dalla sua posizione di attacco.
La moretta annuì, ma la calma apparente fu subito spezzata. Appena la mezza-sirena inquadrò la situazione sul ponte, aggrappata al medico, urlò il nome del figlio, tentando di slanciarsi nella sua direzione. Lo stesso Matt, pallido e con escoriazioni qua e là, si agitò nella presa del suo aguzzino, ricominciando a piangere e farsi imprecare dietro.
Robin colse l’attimo e fece fiorire le sue mani addosso a Oushiza: alcune andarono a liberare il Discendente del Mare, mentre altre chiusero in una morsa l’uomo, boccandogli gambe, braccia e testa. Ricaduto sul legno del ponte, il bambino rotolò di lato, per poi correre via e tuffarsi finalmente tra le braccia della madre, scoppiando in un pianto dirotto e liberatorio.
Sembrava che l’incubo fosse prossimo alla parola fine, ma sia Chopper che Rufy si accorsero che qualcosa non andava.
La compagna si stava mordendo il labbro inferiore e le sue braccia incrociate tremolavano, mentre Oushiza rimaneva immobile nella sua morsa, con la schiena inarcata ma molto lontano dal punto di rottura. In tutta calma, il Toro Rosso riprese la posizione dritta e stabile, scoccando un’occhiata gelida e feroce alla donna. L’archeologa comprese tardi la disparità di forza. Con un movimento secco il rosso liberò dalla morsa le braccia, per poi scattare lui stesso verso una di quelle che tentavano di soffocarlo. Pochi secondi e la moretta si lasciò sfuggire un gemito di dolore, tenendosi il polso sinistro slogato dalla forza di Akai nel liberarsi.
« State indietro! » strepitò Rufy ai suoi per poi voltarsi di nuovo verso il Toro Rosso e bersagliarlo con uno dei suoi pugni.
Oushiza era livido di rabbia. Fermò il colpo, ma dovette retrocedere di qualche passo.
« Muovetevi! Riprendete il bambino e uccidete gli altri! » abbaiò secco verso i pochi rimasti dei suoi.
Furono momenti di confusione.
Anche con il polso lussato stretto al petto, Robin difese Mizu e Matt al meglio affiancata da Chopper che non fece passare nessuno. Mizu si ritrasse dietro alcuni barili, tenendo saldo a sé il figlio, entrambi provati dalla prigionia. Il pensiero di gettarsi dal parapetto e cercare di nuotare via il più lontano possibile sfiorò la Figlia del Mare, ma quando posò lo sguardo sfibrato su Rufy capì di dover rimanere. Oushiza non era più padrone della situazione e il livore sul suo viso andava crescendo. Non sembrava voler prendere sul serio quello scontro, ma il futuro Re dei Pirati non gli dava tregua, continuando a farlo indietreggiare.
Da quando erano cominciati quei giorni bui il cuore della Figlia del Mare non aveva smesso un secondo di battere frenetico per l’ansia, il dolore e la paura. Ora che osservava la figura di Rufy ergersi senza timone contro l’ombra del suo incubo indelebile, il martellare nel suo petto si quietò un po’ e gli occhi le si inumidirono. Strinse a sé Matt, mentre una conversazione di tanto tempo prima le affiorò alla mente.
 “Tua nonna non ha tutti i torti bambina. Siamo gente pericolosa. Ora che stai meglio dovresti pensare a te e al tuo piccolino”
“Obacchan ha detto qualcosa su una tempesta… ma non ho capito cosa intendesse”
“Mettiamola così: in senso stretto si parla di cambiamenti… ma quasi mai indolore. Ecco, le D. hanno questa cattiva abitudine di stravolgere la vita degli altri”
“… Eve-san, voi mi avete salvata”
“Adesso la vedi così, e sono contenta. Ma stai in guardia in futuro se mai ti ricapitasse di incontrare qualcuno con la D. nel nome…. Come le tempeste, possono salvarti dalla sete e lasciare il terreno fertile… oppure spazzare via la tua casa. Non esistono mezze misure. Stai attenta”
Erano passati anni, ma conservava ogni parola come una moneta d’oro. Ora che quell’eventualità era accaduta, ora che un’altra D. era entrata nella sua vita senza preavviso e senza chiedere permesso aveva preso le redini, Mizu avvertì nitido in lei il desiderio di credere, di vedere quella tempesta addensarsi e abbattersi, sradicare qualsiasi cosa fosse rimasta del suo passato. Continuare ad avere paura non avrebbe cambiato la situazione. Così rimase in attesa, semplicemente assistendo al consumarsi dello scontro, e pregò per quel ragazzo dal Cappello di Paglia, quella D., che aveva giurato di salvarli.
 
 
 
 
 
Rufy ansava senza demordere. Si gettava come una furia su Oushiza, ma i suoi muscoli sembravano fatti di metallo e le nocche gli tornavano indietro doloranti. Dalla sua, il Toro Rosso era di umore nero per la pagliacciata che quei nove pirati avevano avuto l’ardire di inscenare ad appena un giorno dalla loro sconfitta. Aveva lasciato loro anche troppo campo libero permettendo di riprendersi i prigionieri. Il ragazzino da trecento milioni non gli dava un attimo di respiro, nonostante la trafila di attacchi gli avrebbe provocato si e no qualche formicolio, lasciandogli però il tempo di meditare sul da farsi. Doveva richiamare dalla Conqueror e dalla Storming Kameoshi, Kazuka e la sua squadra d’élite per liquidare definitivamente quelle seccature e riprendere il viaggio a piena potenza per Port Red Jack.
« Ehi, Toro! Non ignorarmi! » schiamazzò il Mugiwara.
L’uomo dai capelli rossi sentì afferrarsi per le spalle e le gambe del pirata di gomma cingergli la vita. Un secondo dopo le loro fronti cozzarono con un sonoro gong, solide noci di cocco che mancò poco si aprissero in due.
Oushiza serrò la mascella mentre l’irritazione prendeva definitivamente il posto della pazienza, e per un attimo ebbe un capogiro.
Rufy di contro saltò all’indietro ululando dal dolore, portandosi le mani al cranio sentendo il suo cervellino sbatacchiarci dentro a destra e sinistra. E dire che secondo Nami e Sanji non esisteva nessuno che potesse competere con una testa più dura della sua. 
« Di che cosa sei fatto, acciaio!? Credevo fossi un toro… » gemette massaggiandosi il rossore sulla fronte e ignorando l’occhiata glaciale dell’avversario. Poi una lampadina accartocciata gli si accese nella zucca vuota. « Giusto! Si dice essere forti come un toro! Ecco perché! »
Un altro detto era sbuffare come un toro, ed era ciò che stava facendo Oushiza davanti a tutta quella idiozia.
« Sei una seccatura. La lezione di ieri non ti è bastata? Cosa vuoi, i poteri di quel bambino? O la sirena per te? »
« Ho promesso a Mizu che avrei salvato lei e Matt. E tu non mi piaci »
Il Toro Rosso fece una smorfia sdegnata, avendo la conferma di un sospetto che avrebbe preferito ignorare.
« Allora le voci che circolano su di voi riguardo Alabasta sono vere… fate gli eroi » insinuò con un risolino di commiserazione.
« Non siamo degli eroi. Siamo pirati » replicò Rufy piccato.
« Io e te non ci siamo mai visti primi, perché attaccarmi? Perché ti piace giocare al filibustiere e l’emozione dell’arrembaggio ti ha dato alla testa? » lo schernì. « O la piccola Mizu ti ha chiesto aiuto e tu non hai saputo resistere? »
Quando non giunse risposta dal moretto, il ghigno di Oushiza si ampliò. Fece spallucce, sollevando le mani in un gesto di pena.
« Questo non è fare il pirata, scimmietta. Quel cappello che porti in testa dovrebbe dirtelo bene » aggiunse, avvertendo nitido un fremito attraversare il Mugiwara, ma prima che potesse aprire bocca proseguì. « Shanks il Rosso è uno dei Quattro Imperatori nel Nuovo Mondo… sai cosa significa? Che lui non gioca e non fa l’eroe. Non si è conquistato quel titolo aiutando la gente, ma- »
Dovette interrompersi. Fu come se gli fosse mancata l’aria per formulare il resto della frase. Qualcosa di impalpabile l’aveva artigliato, scendendogli lungo la schiena e provocandogli un tremito. Fissò davanti a sé quel ragazzino dalla camicia rossa stazzonata e gli sembrò un’altra persona. I suoi occhi neri erano ridotti a spilli, le vene delle mani e del collo gli pulsavano nervose.
« Tu non sai niente di Shanks. Non parlare di lui » scandì con voce roca, minacciosa.
Gli angoli della bocca di Akai si piegarono all’ingiù.
« Come vuoi Cappello di Paglia. Era la tua ultima opportunità per andartene. Il tuo viaggio finisce qui insieme alla vita dei tuoi uomini »
Il Toro Rosso si sentiva così sicuro nella sua arroganza, che quando un colpetto di tosse interruppe il silenzio ostile tra i due avversari dapprima lo ignorò. Presto però una voce prese la parola.
« Ohi Rufy… noi abbiamo finito »
In piedi sul parapetto della Supremacy, Sanji, Zoro e Nami saltarono sul ponte. La rossa, assolutamente illesa, prestò appena un’occhiata di sprezzo a Oushiza, per poi dirigersi svelta da Mizu e Matt, a cui si erano appena ricongiunti anche Robin e Chopper dopo aver mezzo knock-out con gli ultimi pirati. Cuoco e spadaccino, al contrario, avevano qualche strappo qua e là insieme a macchie di sangue, ma in sostanza interi e con un sogghigno compiaciuto che stentava ad andarsene. Il biondino si accese una sigaretta, esprimendo un ok con le dita, mentre il marimo si assicurava meglio le katane alla pancera.
« Usopp ci raggiungerà con Franky e Brook appena avrà terminato il suo discorso di vittoria ai vitellini che ancora non sono al creatore » aggiunse, soffiando fuori il fumo per poi squadrare il capitano Akai con un’occhiata gelida. Così era lui l’incubo della sua ninfa del mare, pensò. « Con quello come va? »
« Datemi ancora un po’ di tempo » rispose pacato il moretto, chiudendo e aprendo le dita delle mani per farsi passare il lieve indolenzimento.
Oushiza non prese per niente bene la parata di pirati nemici arrivati dalla Conqueror e dalla Storming, ostentando le loro vittorie. Kameoshi e Kazuka erano stati battuti. Dei suoi sottoposti sembrava ne fossero rimasti mucchietti informi, doloranti o del tutto andati. La sfrontatezza poi che il loro capitano continuava a dimostrare nei suoi confronti lo mandò letteralmente in bestia.
Zoro reagì alla minaccia repentina riuscendo a sguainare solo pochi centimetri della Kitetsu a difesa del gruppetto alle sue spalle. Sanji, che si era voltato tralasciando lo scontro per constatare le condizioni di Robin e Mizu, si volse allargando le braccia istintivamente per proteggere le compagne.
Ad un passo da entrambi fu però Rufy ad arrestare l’avanzata di Oushiza, consumando quasi del tutto la suola dei sandali nella scivolata. Le sue mani stringevano in una morsa tremante le corna dell’uomo-toro di fronte a loro. Grandi e appuntite come punte di frecce, minacciavano per meno di una spanna i toraci di entrambi gli alfieri dei Mugiwara, rimasti con le mascelle serrate e gli occhi spalancati davanti a quella furia che avevano sottovalutato.
« Sono… io… il tuo… avversario! » ansò il futuro Re dei Pirati, ricacciando lentamente indietro Akai.
Questo non demorse, emettendo un verso di rabbia molto simile a un muggito. Il suo corpo prese lentamente e del tutto le sembianze di un toro dal pelo fulvo e Rufy si trovò costretto ad retrocedere, perdendo il poco vantaggio.
« Via di qua! » urlò Zoro intuendo la situazione. In pochi secondi l’equipaggio si disperse, saltando via un attimo prima che le braccia del loro capitano cedettero alla pressione di Oushiza. Ci fu un gran fracasso di legno rotto e un polverone si sollevò in aria, impedendo ai ragazzi di scorgere qualcosa.
 Sanji teneva la figlia del mare tra le braccia e Chopper, con la tachicardia per lo spavento, attaccato alla gamba. Poco distante, Nami si stringeva al petto Matt, deglutendo di fronte alla dimostrazione di tanta potenza. Zoro e Robin erano sul fianco opposto, lei con il polso malridotto tenuto saldamente dalla mano buona, lo spadaccino davanti a lei con la spada sfoderata. Tutti e sette trattennero il respiro finché non sentirono tossicchiare qualcuno dal macello di assi spezzate e pulviscolo odorante di farina e spezie. Poco dopo Rufy rotolò fuori, tirandosi in piedi e battendosi le mani sui pantaloni impolverati, commentando con un blando « Wow, c’è mancato un pelo! »
Il Clima Takt di Nami gli arrivò sulla testa, lasciandoci il solco.
« Deficiente! Quello ci ha puntati! Fatti venire un’idea e combina qualcosa di concreto! » sbraitò la navigatrice. E forse la bastonata scosse qualcosa, perché Rufy batté il pugno sul palmo della mano, annunciando che sapeva perfettamente come tenere Oushiza lontano da loro. Qualche istante a seguire ed era a petto nudo, intento a sventolare la propria camicia rossa richiamando l’avversario a gran voce.
Prima che i suoi, con una mano schiaffata in faccia, potessero esprimere in un coro un pensiero comune –  “Deficiente” – Oushiza riemerse dalla distruzione provocata battendo gli zoccoli a terra, furibondo. Scrollò il capo con vigore, tranciando una tavola rimasta incastrata in uno dei corni, per tornare a fissare il moretto sprizzando odio.
« Credi che facendo il buffone allungherai la vita a te e ai tuoi tirapiedi, Cappello di Paglia!? » mugghiò stentoreo iniziando a caricare.
Rufy sogghignò, fermando i movimenti.
« Ehi Zoro! Mi presti una delle tue spade? »
Lo spadaccino lo guardò senza capire.
« Che? »
E il capitano già se la rideva.
« Così taglio la testa al toro, no? »
La pressione dei tuoi “tirapiedi” finì sotto le scarpe per quella battuta da rodeo di serie b, anche se ci fu qualche accenno di risata sommessa da parte di Robin. Tuttavia si limitarono a sospirare – nel caso del marimo a mandarlo a quel paese – e a farsi più indietro, guardinghi ma calmi. Rufy stava scherzando col fuoco, ma sembrava sicuro di quello che faceva. O totalmente folle, come al solito.
Oushiza non si sprecò in nuove minacce per tanta insolenza. L’assalto si trasformò in una corrida, dove Rufy correva a destra e sinistra, a volte facendo capriole, a volte capitombolando, ma sempre scampando per millisecondi e millimetri agli zoccoli neri e lucenti simili a ossidiana ma capaci di spezzare la pavimentazione come fragile terracotta.
Anche se sembrava chiaro che il capitano della Supremacy non li avrebbe più degnati di un’occhiata, la ciurma si ritirò a osservare dall’alto del castello di poppa la situazione.
« Le cose sono due » iniziò Sanji, accovacciato a seguire l’azione. « O coliamo a picco perché finiranno col demolire tutto, o Rufy lo batterà per sfinimento e cavolate »
« Questa cosa è durata anche troppo, e lei » replicò Zoro indicando col mento Mizu, seduta a terra e appoggiata a una spalla di Nami « non ha una bella cera »
Gli occhi di tutto il gruppetto si focalizzarono sulla Figlia del Mare. Il suo respiro era pesante e aritmico, pareva sgretolarsi uscendole dalle labbra. Le gote erao rosse e gli occhi visibilmente affaticati, e tutto questo spinse la navigatrice a tastarle la fronte.
« Scotta e parecchio » riferì, fissando Chopper che stava controllando graffi e contusioni sul corpicino di Matt, restio a parlare ma almeno non più piagnucolante. La renna finì di mettere un cerotto al bambino e tornò a ispezionare la sua paziente. La mezza-sirena si teneva una mano premuta sulla ferita che da giorni la tormentava, e quando il medico scostò la maglietta la sua espressione mutò serissima. Aveva ricominciato a sanguinare dai punti messi malissimo e la temperatura alta poteva essere indizio di infezione.
« Franky ha il lumacofono per contattare la vecchia Obacchan sulla Sunny » spiegò Sanji quando fu chiaro a tutti che la Figlia del Mare non poteva rimanere ancora lì a lungo. « Vado a ripescarli sull’altra nave. Ehi marimo, vedi che non succeda nulla ai miei angeli o ti cucino per cena! »
Zoro grugnì facendogli cenno con la mano di darsi una mossa. Il cuoco aspettò che quel cerebroleso del suo capitano incastrasse Oushiza tra due cannoni per saltare giù dal cassero e correre sulla Conqueror dove il resto dei Mugiwara era ancora alle prese con qualche latitante masochista.
 
 
 
 
Nel frattempo la prima previsione del biondino sullo scontro dei due capitani stava avendo ragione. Più di una volta sia Rufy sia Oushiza erano quasi finiti fuori bordo nella loro disordinata tauromachia, demolendo balaustre e parapetti come mattoncini da costruzione. Il galeone vacillava da una parte all’altra, con il sartiame che si srotolava rischiando di farli inciampare e i tiranti dei cannoni tesi così tanto da essere sul punto di spezzarsi.  
Ogni volta qualche fischio ammirato del moretto alla visione di tanta forza distruttiva non produceva altro che ulteriore collera nel rosso, i cui istinti animali prendevano man mano il sopravvento facendolo più muggire imbufalito che parlare.
In tutto, la scimmia di gomma aveva riportato escoriazioni per le varie scivolate e un paio di graffi più o meno profondi per aver calcolato male alcune distanze dalle corna micidiali del toro. Considerando che ogni volta Akai aveva puntato o allo stomaco o alla spina dorsale, gli era andata di lusso.
Ma la corsa stava diventando sfiancante per entrambi, oltre che vagamente pericolosa per chi era ancora sulla nave, avendo tirato giù l’albero di trinchetto e fatto scricchiolare sinistramente quello maestro.
« Rufy vuoi darti una mossa e piantarla di divertirti!? » gli abbaiò dietro la navigatrice, tenuta dallo spadaccino per la vita ed evitandole di finire di sotto nell’agitare calci e pugni in aria.    
L’ammonimento fu accolto con un commento sardonico da parte dell’uomo taurino.
« Ti fai parlare così dai tuoi sottoposti? O è la rossa che comanda? »
L’aria di allegra scampagnata dipinta sul viso di Rufy perse un po’ di intensità mentre coi denti si toglieva una scheggia di legno dal palmo.
« Sono miei compagni, non sottoposti » rettificò tranquillo.
Oushiza sbuffò sonoramente dal naso finendo col ridere.
« E sei in grado di proteggerli? »
La minaccia andò a segno.
Il ragazzo dal Cappello di Paglia scattò nello stesso momento in cui il toro ripartì in carica contro il castello di poppa. La distanza era poca e l’animale troppo veloce anche per i riflessi dello spadaccino.
Zoro buttò Nami di lato, presa al volo dal Chopper umanoide, ma serrò la mascella quando realizzò che non avrebbe mai fatto in tempo a fermarlo da dove si trovava.
L’impatto provocò un frastuono e una nuova pioggia di schegge e schianti. Tutta la struttura traballò sotto scosse e incrinature del legno. I ragazzi sul tetto strinsero irrazionalmente le palpebre, accostandosi tra di loro sapendo che di lì a poco sarebbero precipitati all’interno.
Ma non avvenne.
Balzando in piedi con un colpo di reni, Zoro si sporse oltre il bordo crepitante, gli orecchini al lobo che catturarono i raggi del sole e tintinnarono nell’anomala quiete.
Quiete percorsa da un basso digrignare di denti a cui il marimo sogghignò di sollievo con una goccia di sudore a cadergli lungo il collo.
Tese come fili d’acciaio, le braccia del futuro Re dei Pirati si erano avvolte intorno alle corna del Toro, arrestando la sua corsa prima che distruggesse personalmente la propria nave coinvolgendo i Mugiwara. Spalmato sull’albero maestro curvo in modo anomalo, Rufy digrignava i denti con una guancia spiaccicata sul legno circolare, come praticamente tutto il corpo e le gambe che abbracciavano infiocchettate la base.
Il Toro Rosso si impuntò con muscoli e zoccoli nell’avanzare oltre, ma non vinse contro la caparbietà del moretto, nonostante l’albero maestro si stesse incurvando ancora.
« Non… ti… lasciooOOH! » boccheggiò per poi urlare mentre tirava via Akai recalcitrante dal cassero mezzo distrutto. Oushiza fu scaraventato a terra, rovesciato di schiena mentre il ragazzo lo mollava e le sue mani si ritiravano con uno schiocco.
Col sangue che colava sul manto rossiccio, il toro si girò su un fianco e si rimise eretto sulle quattro zampe, caricando verso il centro della sua nave. L’incornata prese in pieno l’albero maestro, ferendo al fianco Rufy ancora attaccato. Lo scricchiolio della colonna lignea si trasformò presto in un tonfo sordo accompagnato da decine di colpi di frusta delle sartie spezzate.
La poppa della Supremacy si sollevò sotto il peso dall’albero abbattuto. I Mugiwara si tennero forte a qualsiasi cosa per non scivolare via e Robin creò col braccio sano una sorta di sbarramento per acchiappare Matt che stava ruzzolando via. Con l’equilibrio compromesso del veliero e la posizione più rialzata, il gruppetto vide cos’era successo trattenendo il respiro.
Oushiza era immobile lì dove aveva compiuto l’ennesima demolizione; l’ex albero maestro giaceva per tutta la seconda lunghezza del ponte mediano e della prua, con la coffa oltre il parapetto e la bandiera pirata che pendeva passiva sfiorando la superficie del mare.
Niente si mosse per lunghe decine di secondi, tanto che Zoro avvertì i nervi a fior di pelle incitarlo a saltare giù e sguainare le spade. La mano di Nami gli stringeva l’avambraccio piantandoci le unghie in un’attesa dolorosa, di cui la rossa contava gli attimi ritenendoli troppi perché non fosse successo nulla di troppo grave. Mizu chiuse gli occhi brucianti di stanchezza e lacrime trattenute, deglutendo ma imponendosi di non far scoppiare la bolla di determinazione e speranza che si era gonfiata nel suo petto all’inizio di quello scontro. Non poteva essere finita così.
Sulla tolda, gli zoccoli di Oushiza battevano ritmicamente, come i tamburi di un rito il cui sacrificio era stato offerto, ma dove l’ebbrezza non era ancora scemata.
Un forte refolo di vento spazzò i detriti sul galeone, stirando le vele distese a terra come lenzuola raggrumate. Ci furono diversi rumori di fondo, lamenti della chiglia in equilibrio precario, cannoni ormai fuori dall’assetto che cozzavano appena tra loro con suoni simili a campane.
L’albero maestro subì un tremito. Ancora un altro, finché non rotolò per metà facendo ballare di nuovo tutta la struttura della nave. Se c’era rimasta qualche corda tesa allo spasmo schioccò di netto ai piedi del Toro che fissava immobile l’avversario riemergere dalla tomba in cui credeva di averlo spedito.
Un sogghigno con le labbra macchiate di sangue fu ciò che esibì Rufy rimettendosi in piedi, prima di contrattaccare. Definitivamente.
Le sue mani scattarono sulle corna di Akai serrandole e in un attimo il moretto gli si incollò al muso, pochi centimetri a separare le fronti di entrambi.
« Cos’è che ti spinge a rischiare così tanto la tua vita, Monkey D. Rufy!? » tuonò furente Oushiza, scuotendo il capo ma senza scrollarselo di dosso, lui e il suo sorrisino di vittoria.
« Sapere che sono più forte di te e che non posso morire qui » affermò il futuro Re dei Pirati con una schiettezza tale da intirizzire il pelo del toro. 
Akai Oushiza non ci vide più. Reso idrofobo da un sentore di panico, sentimento non provato da troppo tempo, agitò ferocemente il muso per liberarsi. Quando lo alzò repentinamente verso l’alto Rufy non oppose resistenza, facendosi sbalzare a qualche metro in aria, quasi all’altezza di ciò che rimaneva del castello di poppa.
La metà della sua ciurma riunita lì lo fissò sollevarsi come fosse stato senza peso e lui ricambiò con un sorriso che gli andava da orecchio a orecchio, soprattutto rivolto alla Figlia del Mare e al bambino.
È finita, capì Mizu, affondando il viso nella spalla di Chopper con la linea di un piccolo sorriso sulle labbra secche e pallide. Quell’incubo volgeva alla fine sul calar della sera. La tempesta stava per spazzare via le rovine del suo passato, per sempre.
Il Glatling del ragazzo col Cappello di Paglia aprì una voragine nel ponte mediano. Le assi cedettero sotto l’energia dei colpi e il peso del toro che sprofondò di due piani, mentre gli piovevano addosso casse, barili e cannoni, tutti spaccati o ammaccati dai pugni che si riversavano a sciami infiniti per minuti interminabili.
Quando ormai il corpo incosciente del Toro Rosso arrivò sul fondo ultimo del galeone, minacciando di incrinare anche la carena, Rufy si fermò con un urlo liberatorio lasciandosi cadere anche lui nel macello creato, stanco e soddisfatto.

 
 
 
 
 
 
To be continued
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
- Isha-san: “Signor Dottore”, è il modo che Robin usa ogni tanto per chiamare Chopper.
 
 
 
 
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
L’estate sta fineeeendo ~
Sgrunt. Benvenuti al capitolo “del travaglio”. Il quindicesimo. La svolta. La linea del traguardo. La linea prima del traguardo. Ho sudato, ho sbattuto la testa, mi sono chiesta “Perché!? Perché mi ostino!?” ma alla fine eccoci qui. È f-i-n-i-t-o. E con questo è praticamente andato anche il primo arco narrativo, la Mizu Arc, come la chiamo io. Roba alla onepiece insomma. Non fregherà a nessuno, ma arrivare qui, pubblicare il Capitolo QUINDICI, che nella scorsa edizione non aveva mai visto la luce, per me significa tanto. Significa che sono riuscita nel mio intento di rivedere e riscrivere una storia da capo, di ampliarla, migliorarla e andare fottutamente oltre. In questo capitolo ci sono tutti i miei appunti delle superiori, scritti durante le assemblee di istituto. Non è eccelso, ma è qui, è reale ed è…
Finito.
E dire che siamo solo a 1/5 della storia *orapuòpartirelaveradisperazione*
 
 
Tornando coi piedi per terra.
I nostri hanno sconfitto i Tori Rossi *bandierine* Non mi sono soffermata troppo sui combattimenti di Zoro e Sanji perché non essendo il manga, le sole parole potevano rendere a metà, e per adesso non ho “nuove tecniche” in cui farli cimentare. Poi ho pensato che dopo il Capitolo XII potesse andare bene così. Essendo una storia scritta, troppa azione descritta alla fine stanca.
Però mi sono divertita a immaginare le varie coppie: Usopp e Zoro, in piena ispirazione/gag dal manga; Sanji e Nami sono stati un piacevolissimo esperimento! Soprattutto la navigatrice! Che ne dite? (dite dite, per favore!)
Ho provato a inserire dei siparietti oltremodo stupidi. Ma proprio tanto. C’è un Rufy dei tempi andati qui in mezzo, mi ricordava Alabasta: forte come un toro, prendere il toro per le corna, tagliare la testa al toro, sbuffare come un toro… sì, mi sono lasciata prendere la mano dalla corrida e dalla libera interpretazione!
 
Per finire il discorso della D. e della tempesta. Con l’ultimo capitolo, il 798, è tornato a essere un tema caldo e nella fanfic ricorrerà parecchio. Seminerò pezzi più o meno “fruttuosi” qua e là (seminare zizzania e raccogliere tempesta, ah ah ah, che ridere!). Poi si vedrà!
 
Concludo con i ringraziamenti a jillianlughnasad, che, davvero, è la madrina di questa storia!
E ai lettori solitari che mi auguro continuino a leggere perché la storia gli piace… battete un colpo! Anche per e-mail se vi va: enerimess@hotmail.it !
Ultima cosa: ho rimodernato il blog di tumblr (http://heavenlyeve.tumblr.com/), ora devo solo aggiornare e aggiornare, tra spoiler e tutte le mie Any Other Business legate alla storia!
 
 
 
 
Bacioni!
Nene


PS: nel prossimo capitolo c'è Shanks. Preparate le ov... coff. Niente. Ne vado solo particolarmente fiera. Ribadisco, c'è Shanks, sappiatelo. 


 
   
 
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