X
Il giorno dopo, Macha
si ritrovò quasi inconsapevolmente nel mondo degli umani, nei pressi della casa
di Natan. Quella casa la spaventava e non sapeva se entrare o no. Aveva paura
di non trovare più Natan in vita, che suo padre o le sue sorelle avessero
scoperto la sua disobbedienza agli ordini paterni. Si materializzò dentro la
casa e con sollievo vide la figura magra di Natan sistemata su di una sedia,
che si reggeva a stento in piedi, che le dava le
spalle. La dea era entrata silenziosamente e il giovane non si era accorto del
suo arrivo, così lei si diresse verso il punto dove si trovava e gli toccò una spalla con delicatezza.
-mia
bella dea, siete voi?
-sì,
sono io
-siete tornata!
Il giovane si girò e
la fissò con i suoi occhi viola, stabilendo con lei un contatto visivo da cui
era praticamente impossibile sottrarsi.
-temo
per la vostra vita
-non
mi interessa, mi basta continuare a vedervi
-quanto
siete sciocco! Non potete desiderare la dea della
morte! Io dovrei uccidervi! Se lo sapesse mio padre!
Siete in grave pericolo ormai e nemmeno io posso salvarvi, il vostro destino è
segnato da quando avete cercato di uccidervi con quel coltello!
Natan continuava a
fissarla, completamente perso per i suoi occhi verdi, senza riuscire a dire
nulla di sensato.
Si alzò dalla sedia,
senza interrompere il contatto con i suoi occhi, e si ritrovò all’altezza della
dea. Le cinse i fianchi con le braccia e la attirò a sé. Lei cercò di opporre
resistenza, ma qualcosa dentro di lei glielo impediva. In un ultimo tentativo di
allontanarsi da lui gli chiese come mai poteva
vederla, mentre tutti gli altri esseri umani non potevano accorgersi della sua
presenza.
-non
lo so, so solo che vedo cose strane. Vedo anche le
anime dei morti. Quando mi avete portato via mia madre, ho visto la sua anima
che si dirigeva verso di voi e precisamente verso una collana al collo di una
delle altre dee
Natan le aveva risposto senza allontanarla dal suo corpo.
-sì,
ho capito a cosa vi riferite, ma non capisco come fate a vedere certe cose!
-non
lo so, ve lo ripeto, ma sono ben contento che ciò accada perché così posso
vedere voi
Macha era pensierosa.
Non conosceva casi di persone simili a lui e si chiedeva perché una persona con
una simile capacità dovesse morire. Decise che avrebbe combattuto per
difenderlo sia dal padre che dalle sorelle. Non avrebbe permesso a nessuno di
fargli del male. Mentre nella sua mente formulava
questo pensiero, si ritrovò completamente abbandonata contro il corpo caldo del
ragazzo.
-non
permetterò a mio padre di farvi del male
-non
voglio che voi rischiate la vostra preziosa vita per me
-la
mia vita non è così preziosa e poi mio padre non può uccidermi, sono immortale,
ricordalo
-giusto,
avete ragione
Macha pensò che quello
che gli aveva detto non era completamente vero. Suo
padre non poteva ucciderla, a meno che lei non entrasse nel famoso fiume delle
anime, allora sarebbe morta come un normale essere
umano. Ma non era il caso di rivelarlo a Natan. Quello
di cui aveva più bisogno al momento era di affetto e
sapeva che quel giovane aveva da offrirne tanto. Restarono in quella posizione
per parecchio tempo, fino a quando lei non si staccò di scatto da lui, come se
fosse stata raggiunta da una scossa elettrica.
-cosa
c’è?
Lo sguardo di Natan
non nascondeva minimamente tutta la sua preoccupazione. I suoi occhi viola
erano fissi in quelli verdi e spaventati di lei.
-mia
sorella! È qui! Nemain sta venendo a cercarti!
-sh…
calmati!
-no,
non posso calmarmi! È una catastrofe! Se ti trova è la
fine per te! Dobbiamo andarcene da qui immediatamente!
Non diede il tempo a
Natan di ribattere e si smaterializzò con lui ancora stretto tra le braccia. I
due si ritrovarono in una grotta scura nel cuore di una montagna dell’isola degli dei. Era l’unica montagna di tutta l’isola ed era il
primo posto che era venuto in mente alla dea per nascondersi con Natan.
Il ragazzo era
frastornato e le orecchie gli fischiavano fastidiosamente. La testa gli girò
per un attimo e Macha lo sorresse.
-scusa,
non avevo considerato che potessi avere problemi con il teletrasporto, ma era
l’unico modo per fuggire da mia sorella
-tua
sorella non capirebbe?
-assolutamente
no. Ci è andata bene poi che non era Badb. Allora
sarebbero stati veramente guai se ci avesse trovati
_.¤°*.¸¸.·´¯`»*(o)*«´¯`·.¸¸.*°¤._
Nello stesso momento,
Nemain aveva ricevuto un ordine dal padre: doveva andare a prendere l’anima di
un giovane che gli era sfuggito il giorno prima.
-certo
padre, vado subito
Balor, però, pensò che
non era da lui dimenticarsi di qualcuno. Diede,
tuttavia, la colpa alla stanchezza che in quei giorni lo assaliva sempre più
spesso e non ci pensò più. Sua figlia, intanto, era già uscita dalla stanza.
Nemain era arrivata
sulla Terra e iniziò a cercare con la mente la sua
vittima; era contenta di avere qualcosa da fare, un modo come un altro per
poter suonare la sua arpa, l’unico suo interesse. Canticchiando, procedette tra
i mortali di quella piccola città e si rese conto che quel posto aveva qualcosa
di familiare per lei. Non ci fece molto caso e si riconcentrò sul suo compito. Fece
uno strano sorrisetto non appena trovò il ragazzo di cui si doveva occupare e
si avvicinò alla casa di questi, pronta a divertirsi un po’. Sentì, tuttavia, anche
la presenza di un essere sovrannaturale oltre al ragazzo,
come se con lui ci fosse già un’altra divinità. Non si accorse fortunatamente che
la divinità in questione non era altro che sua
sorella. Si fermò davanti alla malconcia porta del mortale, chiuse i suoi
grandi occhi verdi, incurvò le labbra in un sorriso rilassato e accordò con le
dita paffutelle la sua amata arpa. Lo strumento all’inizio produsse
qualche nota capricciosa, ma, subito dopo, le abili mani della dea plagiarono
il suono a loro piacimento, producendo una struggente melodia composta solo
qualche giorno prima, in un momento di particolare noia. A quel punto si interruppe bruscamente. Nemain spalancò gli occhi e sulla
sua fronte comparvero delle piccole rughe di fastidio; sembrava una bambina
piccola a cui era stato tolto il suo giocattolo preferito e, in effetti, era
davvero così. La presenza della divinità e del mortale erano sparite improvvisamente
dalla casa, quindi lei non aveva più il suo passatempo. Rimase un attimo perplessa di fronte alla porta di casa, poi si smaterializzò
con ancora stampata in faccia l’espressione capricciosa e se ne tornò
immediatamente sull’isola. Per un attimo le era sembrato di aver percepito
anche sull’isola quella due stesse presenze, ma poi non ci fece
più caso e tornò come sempre alla sua arpa e al suo mondo fantastico, dove
nessuno poteva disturbarla.