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Autore: FabTaurus    29/08/2015    2 recensioni
Nel lungo periodo senza legge che seguì la morte del Re del Sale e del Legno, l'insieme di Isole conosciuto come la Cintura, cadde in un abisso di violenza, poi ricordato come la guerra dei Diecimila Re. Nel Frattempo, sulla Terraferma, l'intricato complesso di foreste conosciuto come Ydalir celava segreti antichi e terribili pericoli.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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8. Il Ragazzo (pt.II)
 




   Thorulf e il suo rapitore camminavano da ore avanzando veloci fra gli alberi e il rado sottobosco. Oltre i rami protesi e le cime ancora più in alto, un cielo scuro gravava sulle loro teste. L'aria, resa pesante dall'afrore di pioggia e resina, muschio e terra, si coagulava in una cappa soffocante.
   
“Non piove, non ancora, ma prima di sera saremo zuppi” pensò Thorulf, guardando le nubi che si addensavano.
  
Distratto da quello che succedeva sopra la sua testa, il ragazzo incespicò su una sporgenza del terreno e perse l'equilibrio. Un tappeto di aghi rossicci fermò la sua caduta, ma il movimento brusco tese la corda che aveva attorno al collo, stringendo il nodo scorsoio.
   
Sentendosi mozzare il respiro il ragazzo cercò di chiamare aiuto, senza però riuscire a pronunciare più di qualche rantolo soffocato. La bocca gli si riempì di foglie morte.
    
L'Uomo dei Boschi, tuttavia non sembrava essersi accorto di niente. La corda si tese con impazienza una, due volte. Infine arrivò un secco strattone che serrò ancora di più il cappio e trascinò il corpo del ragazzo per qualche spanna.
    
Con le mani legate dietro la schiena, Thorulf annaspò nel terreno morbido e spugnoso, cercando di rimettersi in piedi. Nel petto la fame d'aria bruciava come fuoco di ramaglie, consumandogli i polmoni. Si sentiva come un pesce preso all'amo.
    
Stelle luminose esplosero davanti ai suoi occhi, mentre un intenso formicolio gli mordeva il viso. Infine, lentamente scesero le tenebre, accompagnate da un brusio di mille api.
   
Quando riprese conoscenza, era appoggiato con la schiena a un tronco, le mani libere abbandonate in grembo. Il suo rapitore stava davanti a lui, in piedi nel silenzio della foresta di abeti.
  
Thorulf alzò lo sguardo. L'uomo indossava un mantello di pelli animali chiazzato di fango, ed era appoggiato alla sua strana lancia con aria infastidita. Quel giorno non portava maschere, ma si era dipinto la pelle del viso con pigmenti blu.
    
-Ci sei, Ragazzo?- chiese con tono burbero.
    
Thorulf lo fissò ancora un istante, cercando di mettere a fuoco dove fosse e con chi stesse parlando. Poi emise un suono rauco senza significato. Sentiva la gola stretta dalla corda, ma quando portò le mani al collo, lo trovò libero dal cappio. Cercò di schiarirsi la gola, di tossire, ma il senso di oppressione non se ne andò.
     
L'uomo gli tese una mano. -Rimettiti in piedi, forza. Non possiamo fermarci. Non qui. Non ora.-
    
A fatica il ragazzo si alzò; si sentiva malfermo sulle gambe, le ginocchia deboli. Un capogiro lo colse ma l'uomo fu veloce a prenderlo per le spalle.
   
-Guardami- grugnì -negli occhi. Ora respira. Piano. Più piano. Sta fermo.- La corda era ricomparsa fra le sue mani.
    
Thorulf cercò di dimenarsi, di sfuggirgli, ma l'uomo fu più veloce.
    
-No, ti prego- gridò il ragazzo in un urlo senza voce. -Non scapperò, te lo giuro. Ti prego, non legarmi!-
    
In qualche modo l'uomo sembrò capire. -Stai fermo, maledizione, o ti ci strangolo io con la corda, questa volta.-
  
-Ti prego, ti prego- implorò il ragazzo, cadendo in ginocchio. Lacrime bollenti gli solcarono le guance.
   
-Non ti sto legando per il collo. Unici le mani.- Le parole dell'uomo erano taglienti come lame.
    
Thorulf obbedì, il viso bagnato di lacrime e il torace ancora scosso dai singhiozzi.
  
La corda passò attorno ai suoi polsi a formare un solido nodo. Quando l'uomo fu soddisfatto del risultato, legò l'altro capo della corda al proprio braccio destro. 
   
-Stammi dietro che di tempo ne abbiamo perso abbastanza. Cammina dove cammino io e fai silenzio: stiamo per entrare in una parte di foresta abitata da creature ostili. Se vedi qualcosa che ti spaventa, abbassa lo sguardo e tira la corda due volte. Hai capito?-
    
Thorulf annuì.
   
Erano in marcia dall'alba, ma erano ormai ben tre giorni che non facevano altro che camminare. Si sentiva sfinito tuttavia aveva troppa paura di irritare il suo rapitore chiedendo una pausa.
    
Dal suo risveglio dopo lo strano sogno infatti, egli era sempre stato molto duro. -La prima volta che cerchi di scappare ti taglio un dito del piede. La prima volta che cerchi di urlare ti affetto la lingua in due. Come le bisce. Vuoi essere un ragazzo biscia?- E nel dirlo aveva estratto un coltello dalla lama affilata. -I patti sono questi ragazzo delle Isole. Cammina veloce dietro di me e non ti succederà nulla. Pensi di buttarti a terra o rallentarmi? Ti giuro che ti appendo all'albero più alto e aspetto che le bestie della foresta vengano a rosicchiarti gli stinchi.-
    
Certo, i primi giorni sarebbe forse riuscito a scappare e guadagnare la costa, ora tuttavia non poteva fare altro che fidarsi del suo aguzzino. Rispetto al primo giorno e a quel crudo risveglio, l'uomo sembrava essersi ammorbidito. Risparmiargli la corda al collo poteva sembrare quasi una gentilezza. Thorulf scacciò le lacrime con una mano e si esibì in un piccolo inchino.
     
-Grazie- disse.
    
Per tutta risposta, l'Uomo dei Boschi gli diede le spalle e riprese la marcia.


   
   Alla fine cominciò a piovere. Metà della giornata sembrava ormai trascorsa quando le prime, sottili gocce di pioggia cominciarono a cadere sulle loro teste. In breve Thorulf si ritrovò ad ansimare nell'aria satura d'umidità, le vesti fradice che pesavano come catene.
    
Nonostante le difficili condizioni l'Uomo dei Boschi non rallentò mai. Sembrava aver molta fretta.
     
Abbandonarono così la macchia di abeti per un bosco di faggi, continuando a camminare ancora per parecchio tempo. Quando però arrivarono ai piedi di una bassa collina, l'Uomo rallentò fino a fermarsi. Nei suoi occhi, Thorulf vide per la prima volta una traccia di dubbio.
     
La foresta si allargava da tutte le parti, procedendo in relativa pianura, eccezion fatta per un piccolo rilievo davanti ai loro occhi. L'Uomo scrutava la zona circostante con impazienza, muovendosi da un tronco all'altro.
  
Ci siamo forse persi?” fu il primo pensiero di Throulf. Osservando meglio il suo aggirarsi furtivo il ragazzo giunse ad un'altra conclusione. Non sembrava aver smarrito la strada, quanto cercare qualcosa di preciso.
    
Il ragazzo si avvicinò a lui, intenzionato a offrire aiuto, ma in cambio ottenne solo un muto gesto di silenzio.
    
Rimasero a lungo in quella zona del bosco, tanto che ad un certo punto la luce cominciò a scemare e l'Uomo si lasciò cadere vicino a uno dei numerosi massi disseminati lungo quel tratto di foresta.
  
-Ci accampiamo qui per stanotte, ma staremo senza il fuoco. Non amano il fuoco da queste parti.- disse in un sussurro. Poi si strinse nel mantello e chiuse gli occhi.

 



     Aveva smesso di piovere da qualche tempo, ma a causa dei vestiti ancora zuppi d'acqua Thorulf non riusciva a prendere sonno. Un freddo terribile gli attanagliava le membra, trasformando le sue articolazioni in pezzi di legno rigidi e doloranti. Era appoggiato contro un tronco, le braccia strette al petto e le ginocchia raccolte. Tremava in silenzio, mascella contratta e denti stretti per non svegliare l'Uomo dei Boschi. Aveva ancora ben presente le minacce dei primi giorni e non sarebbe bastato certamente un solo gesto gentile a fargli dimenticare la ferocia che si nascondeva dentro i suoi occhi.
    
Tremante e affamato, stava fantasticando di calderoni fumanti pieni di zuppa di pesce quando uno strano rumore cominciò a diffondersi nell'aria.
    
All'inizio Thorulf pensò di essere impazzito, ma il rumore crebbe in intensità, fino a diventare un rombo cupo e costante, come di onde lontane. Per qualche istante infatti Thorulf si illuse di essere a pochi passi dalla costa. Si alzò incerto sulle gambe indurite dal freddo, pronto ad arrancare verso la salvezza. Una folata gelida lo riportò però alla realtà. Davanti ai suoi occhi si apriva un'infinita distesa di ombre, legno e foglie. Del mare nessuna traccia, se non un rumore che andava già scemando. 
     
Spaventato e sempre più intirizzito, il ragazzo scivolò contro il tronco dell'albero, fino a tornare nella buca fra le radici che aveva scelto come giaciglio. Con il cuore colmo di tristezza, chiuse gli occhi e scivolò in un sonno agitato.

 



    Quando si svegliò era giorno e si sentiva al caldo. Il pesante mantello dell'Uomo dei Boschi gli copriva le membra, sebbene del proprietario non ci fosse alcuna traccia.
     
Stretto sotto quella coperta animale il ragazzo si guardò in giro. Dai pochi scampoli di cielo che era in grado di vedere, la giornata si annunciava serena; la cosa lo rese felice. La seconda buona notizia arrivò quando un insetto cominciò a camminargli sul viso. Con un veloce colpo di mano l'intruso venne scacciato e Thorulf scoprì di essere libero anche dalla corda che per tutto il giorno precedente gli aveva bloccato i polsi.
    
“Sono libero” fu il primo pensiero. Già, lo era, era libero di scappare e correre via lontano. Era praticamente pronto a saltare in piedi, euforico per quella scoperta, quando il sospetto di essere osservato lo congelò.
      
“Deve essere qua intorno” si disse, aguzzando la vista.
     
Ma lì intorno non sembrava muoversi anima viva. Incerto sul da farsi, il ragazzo decise di rimanere sotto quel mantello che puzzava di cane bagnato, a godersi un po' di riposo e di calore.
     
“Anche riuscissi a scappare dove potrei andare…”
  
Almeno tre giorni di cammino lo separavano dalla costa. Senza cibo, senza vestiti adeguati e solo una vaga idea della strada da percorrere non lo avrebbero portato molto lontano.
     
Di lì a poco l'Uomo ricomparve, cancellando qualsiasi possibilità di fuga. Portava con se uno zaino voluminoso che scaricò al suolo. 
    
-In piedi giovane- esordì -ho ritrovato la mia sacca d'emergenza.- Senza aspettare una risposta cominciò a tirare fuori vari oggetti.
     
Senza farselo ripetere Thorulf si alzò, rabbrividendo per il brusco calo di temperatura.
    
-Tieni, metti questo- disse l'Uomo porgendogli un telo in lana marrone.
    
-Grazie- rispose con titubanza il ragazzo.
    
-Se la scorsa notte avevi freddo potevi svegliarmi. Ti avrei fatto posto sotto la mia cappa- disse. Quindi gli lanciò un sorriso sghembo. -Ti ho preso perché mi servi vivo, se mi muori di freddo o ti si congelano i piedi poi potrò solo macellarti e seccare le tue carni.-
     
Thorulf rabbrividì, questa volta non per il freddo.
     
-Perchè mi ha preso?- chiese d'un fiato.
    
L'Uomo che ancora se la stava ridendo, con la testa ficcata nel sacco, si fermò.
    
-Perchè eri in pericolo maledetto ingrato. Ti ho salvato dalle Bestiemorte.-
   
Thorulf non si aspettava una risposta e rimase spiazzato. Tuttavia ebbe la prontezza sufficiente di deviare il discorso. Era la prima volta che l'Uomo lo degnava di attenzione, non avrebbe perso l'unica occasione per capire qualcosa del suo destino. -Perchè non hai portato con noi anche mio nonno, anche lui era lì, nei campi.-
     
L'Uomo lo guardò un istante poi tornò a concentrarsi sul contenuto dello zaino.
     
-Non c'era nessuna vecchio, non dove ho guardato io.-
     
Thorulf ebbe un tuffo al cuore.
     
-Allora riportami indietro, ti prego, mio nonno ti pagherà.-
    
-Se il tuo vecchio era nei campi come dici, ora sarà morto. E anche non lo fosse, nei campi voi fate lavorare solo gli schiavi. Cosa mai potrà darmi uno schiavo.-  
      
La sua voce era venata di fastidio. Thorulf tuttavia proseguì.
      
-No, ti prego ascoltami. Noi non siamo schiavi, noi…-
      
-Ora basta. Non c'è più futuro per te sulle Isole.- disse, guardandolo negli occhi.
      
-Ma…-
    
-Basta!- gridò l'Uomo, il volto contratto dall'ira. Fece un respiro e i suoi lineamenti si rilassarono.
    
-Ora taci o ti imbavaglio. Tieni, questo è cervo affumicato. Devi ammorbidirlo con la saliva prima di masticarlo.-
    
Thorulf aveva esperienza con pesce secco e carne salata, tuttavia quando si portò alla bocca il pezzo di carne, per poco non lo sputò. Sapeva di cuoio vecchio e terra, con un vago sentore di fumo di legna.
     
Stava per protestare quando l'uomo gli porse altre cose.
   
-Butta via quelle due croste vecchie che hai nei piedi e vedi se questi possono andarti bene. Devi stringere i lacci sugli stinchi, come me, hai capito. Abbiamo ancora molti giorni di cammino davanti a noi.-
     
Thorulf prese gli strani calzari che gli venivano offerti e provò a indossarli.
     
-Sono larghi- mormorò.
     
-Mettici delle foglie di tiglio. Quell'albero là in fondo.-
     
-Chi sei tu?-
     
-Ma non fai troppe domande?-
     
-Puoi almeno dirmi il tuo nome?- 
    
-Per i Becchi di Pietra, un uomo non può pronunciare il proprio nome senza offendere gli spiriti.- 
   
-Tu non sei uno dei Becchi di Pietra. Gli abitanti dei boschi non parlano il Variag. Dimmi chi sei tu?-
     
-Senti ragazzino, oggi il sole splende alto nel cielo e io sono d'animo buono. Tuttavia non ti conviene sfidare la mia pazienza con le tue stupide domande o quando torneranno l'oscurità e la nebbia, potresti scoprirti solo e abbandonato. Quindi ora va' e vedi di non sbagliare albero. Se scambi il tiglio con l'edera velenosa dovrò tagliarti i piedi...-
     
-...e seccare le mie carni- borbottò il ragazzo, allontanandosi.

 


    Gli uomini della Torre Abbandonata si fecero vedere nei pressi del guado, verso metà pomeriggio.
    
-Ora sta zitto- gli intimò l'Uomo dei Boschi.
     
Erano tre ed erano appiedati.
    
Thorulf ne individuò uno seduto sopra un tronco caduto, intento ad affilare la punta della lancia. Era un uomo magro e alto, i capelli lunghi che scendevano pesanti sul viso barbuto. Non doveva essere comunque molto vecchio, visto che il nero della sua zazzera era ancora molto. Vestiva di pelli, e alla cintura portava una ascia corta e vari coltelli.
     
Il secondo uomo invece era arrampicato su di una quercia larga quanto un carro. Stava a cavalcioni di un ramo, un arco lungo stretto in pugno. Non aveva capelli né barba, e tutto il viso era decorato con pitture blu.
    
Il terzo uomo invece era in piedi, a poca distanza dagli altri due. Era alto e grosso, almeno quanto Ekbert, la Guardia dello Jarl, e sfoggiava un mazza dalla testa di pietra. Anche lui era senza capelli, sebbene compensasse il cranio glabro con una folta barba bianca. 
    
Erano in una posizione sfavorevole, questo lo poteva vedere persino Thorulf. Stretti nel letto del fiume, circondati da argini ripidi, senza un riparo erano la preda perfetta, tuttavia il suo accompagnatore non sembrava nervoso.
  
“Li conosce!” Quel pensiero colpì il ragazzo come una frustata. Forse lo stavano aspettando. Un'irrefrenabile voglia di scappare si impossessò delle sue gambe. Gli ci volle tutta la sua forza di volontà per non votarsi e darsela a gambe.
    
Poi l'arciere gridò qualcosa, facendo ridere l'uomo armato di lancia.
    
L'Uomo dei Boschi rispose nella stessa lingua, un misto di suoni gutturali e cupe vocali.
  
Ridacchiando l'arciere incoccò una freccia e la scagliò. L'asta si piantò a un soffio dai piedi di Thorulf, che saltò via, il cuore a mille.
    
L'arciere gridò di gioia e rotolò giù dall'albero, toccando terra con la grazia di un gatto. In un attimo fu di nuovo in piedi, e sempre ridendo cominciò a saltellare in giro, in un'assurda parodia del gesto appena compiuto da Thorulf.
    
A interrompere quella pantomima ci pensò il vecchio gigante, che ruggì un ordine e si mise in marcia presto seguito da tutti gli altri. Per qualche istante Thorulf rimase immobile, troppo spaventato per muovere anche solo un passo. Quando però vide l'arciere dirigersi nella sua direzione corse via, affiancando l'Uomo dei Boschi.
    
-Shami è un pezzo di merda, ma non ti avrebbe mai colpito. Voleva solo spaventarti. Sei stato bravo a non fartela addosso- sussurrò dandogli un colpetto alla schiena.
   
La marcia tuttavia fu breve. Ben presto, infatti, davanti agli occhi increduli di Thorulf, comparve una vecchia torre di pietra. I rovi coprivano completamente la porta di quell'edificio diroccato e un albero secolare cresceva al suo interno.
   
Mozziconi di antiche mura emergevano dal terreno circostante come dita mozzate di qualche gigante di pietra. Thorulf rimase a bocca aperta. Sapeva che nella foresta vivevano altri uomini, ma dai racconti che gli erano stati tramandanti non si faceva menzione di città o fortezze. Gli uomini delle foreste erano poco più che animali selvatici, creature schive o feroci, rese pazze dalla Dea-Strega Jord.
     
La struttura, per quanto abbandonata, era una chiara traccia umana. 



Ehi, la sentite la fine che arriva? Un solo capitolo ancora e poi la prima parte di questa storia vedrà la fine. Voi leggete, mentre io preparo i fuochi d'artificio!!!!


 

 

 


 
  
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