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Autore: SuperGoat    30/08/2015    3 recensioni
Camelot, otto anni prima dell'arrivo di Merlino. Un sogno profetico mostra a re Uther Pendragon una spada conficcata in una roccia. Colui che la estrarrà dalla roccia, viene rivelato al re, sarà destinato ad unificare i regni d'Inghilterra e regnare su tutto il mondo conosciuto, accompagnato però da un maledizione.
Solo un Pendragon può estrarre la spada dalla roccia, non avendo altri parenti se non due figli piccoli, Uther si convince di essere lui il prescelto.
Una storia dedicata a quelli che, come me, sono rimasti leggermente interdetti nel vedere Excalibur, la mitica spada dalla leggenda. ridotta dalla serie "Merlin" ad un inutile trucchetto di magia. In occasione della messa in onda della puntata 4x12, indignata per la poca importanza data a questa parte della leggenda, creai questa storia ambientata nella Camelot del passato che conferirà ad Artù l'opportunità di estrarre, per conto suo, la spada dalla roccia, pur senza creare contraddizioni con la trama della serie TV (o almeno si spera).
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
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Accasciato a terra, senza più cavallo nè spada, ferito anche se non gravemente, ad un giorno di cammino dal castello, Uther vedeva suo figlio estrarre la spada dalla roccia, Excalibur, la spada che credeva fosse destinata a lui, la spada il cui possessore avrebbe riunificato le terre di Britannia, diventando re, nel passato e nel futuro, portando a termine la missione per la quale Bruta, sir Maraus e innumerevoli altri avevano dato la vita. 

A difficoltà Uther si avvicinò al figlio, strisciando, incapace di alzarsi in piedi, il bambino si voltò verso di lui, era pallido come un lenzuolo, la mano destra stringeva ancora la spada, la sinistra invece stringeva forte la spalla ferita, il sangue scendeva copioso lungo tutto il braccio, nel vederlo Uther provò il terrore più grande di tutta la sua vita, la smorfia di dolore sul volto di Artù sparì in un attimo e tutti i muscoli si rilassarono, istintivamente Uther teste le braccia in avanti, avvolse il corpo del figlio prima che crollasse a terra. 

Uther si accorse di stare tremando, era ferito e non sapeva cosa fare, suo figlio, il suo unico figlio, gli stava morendo tra le braccia e lui non poteva salvarlo, la rabbia lo pervase, era stato felice nel vedere Artù correre in suo soccorso, era stato fiero di lui, aveva capito in un attimo di essersi sbagliato tutto il tempo, suo figlio era tenero, fin troppo, ma era coraggioso, era un eroe. In quel momento però, con le lacrime che gli appannavano gli occhi, Uther invidiava i momenti passati da solo con i banditi, sarebbe stato meglio, sarebbe stato di gran lunga meglio, morire da solo e sapere suo figlio in salvo a Camelot. "Dannazione" disse il re singhiozzando, accarezzò il viso cadaverico del figlio "dannazione Artù" pianse "perchè non sei rimasto a Camelot?" il bambino non poteva sentirlo ma Uther lo strinse più forte e continuò "perchè? Non potevi credere di combattere quattro adulti...tu..." "...no..." la voce debole del figlio lo sorprese e Uther tacque a bocca aperta "io..io non..." Artù faticava a parlare "io non credevo di poterli battere, padre" disse esausto "tutto ciò che volevo era salvarti" affermò "e...e ci sono riuscito" aggiunse poi con una smorfia di dolore "non ho fallito, non sono un fallimento" Uther guardò il figlio preoccupato, in un'altra situazione, forse, questa affermazione non lo avrebbe affatto colpito "Chi dice che sei un fallimento, Artù? Dove lo hai sentito?" il ragazzo strinse ancor più forte la ferita, il sangue non terminava di sgorgare, socchiuse le labbra per parlare, ma tremava "lo hai detto tu...padre" riuscì a dire, era ovvio, Uther lo aveva detto a Gaius la sera prima, Artù doveva essere fuori dalla porta delle sue stanze, doveva avere sentito "Io..." disse "Io ho sbagliato ad esprimermi" cerco di giustificarsi, ma Artù meritava una vera risposta "Tu non hai mai fallito, Artù" spiegò il re "A fallire sono stato io" disse "ho fallito nel mio progetto di trasformarti in una mia copia, tu non sei come ero io alla tua età, ma ora vedo...ora vedo..." Uther non sapeva come continuare, tra la paura per l'imminente morte di Artù e l'orgoglio che gli impediva di essere sincero "ora vedo che tu sei meglio di me, Artù, non sarai mai un buon re come me ma...ma sarai un ottimo re, se ti impegnerai sarai il più grande re" Artù respirava a fatica ma sorrideva, o almeno così pareva "tu sei più sensibile, si, e devi imparare a controllarti davanti alla corte ma posso dirti, Artù, che io ero forte e tu invece sei un eroe" era veramente convinto di ciò che diceva "qualunque cosa succeda, Artù, non dimenticarlo mai, io sono orgoglioso di te" Uther non poteva credere di averlo detto "padre" sussurrò il bambino sofferente, sorrise ma sembrava che per lui fosse finita, Uther non poteva permetterlo, gli sostenne la testa con una mano "non mollare, Artù" disse "continua a guardarmi, continua a..." con uno sforzo il ragazzo eseguì ma chiuse gli occhi subito dopo e rovesciò la testa all'indietro. 


Balinor camminava per la foresta, prima di tornare alla caverna dove viveva aveva deciso di procurarsi il pranzo, purtroppo era riuscito a prendere solo un cucciolo di lepre ma era meglio di niente. Avanzava di buon passo quando il rumore secco di un ramo che si spezza sotto uno stivale lo bloccò, c'era qualcuno, Balinor ebbe appena il tempo di rendersene contò che una lama gli sfiorò la gola, un uomo dietro di lui lo teneva sotto minaccia, lentamente Balinor si voltò per capire chi fosse, ciò che vide lo lasciò senza parole, l'uomo di fronte a lui era ferito, sudato e stravolto ma era anche l'uomo che più di tutti odiava al mondo, l'uomo che gli aveva rovinato la vita, era Uther Pendragon. 

Il re non sembrava averlo riconosciuto, questo inspiegabilmente offese Balinor ancor di più, portava il corpo di un ragazzino, forse morto, su una spalla, doveva aver camminato molto perchè ansimava "ascolta" disse il re spingendo la punta della spada contro il suo collo, come per fargli capire che era costretto a farlo "qui vicino c'è un villaggio, Ealdor" fu come se Uther, nominando Ealdor, avesse rigirato il coltello nella piaga, sebbene sotto minaccia Balinor era determinato a non assecondare la sua richiesta, qualunque essa fosse "devi andarci e portarmi un medico" disse il re "o comunque qualcuno che possa salvare mio figlio" disse accennando al ragazzo che portava in spalla "io sono ferito e non farei in tempo, questo, ovviamente se sopravvivessi agli attacchi dei banditi" Balinor lo fissò "scordatevelo" disse, il re spinse ancora la spada contro la sua gola ma Balinor era impassibile "meglio morire piuttosto che aiutare uno come voi" Uther lo sorprese "non farlo per me, fallo per mio figlio, è solo un bambino non ti ha fatto nulla" a quanto pare quell'assassino aveva un cuore, certo, solo se suo figlio era in pericolo "è indifferente per me se il principe vive o muore" disse Balinor "avrei potuto avere un figlio anche io, non fosse stato per voi" Uther lo fissava impassibile, certo lui non ricordava "mi avete dato la caccia fuori dai confini di Camelot, ho dovuto abbandonare la mia donna" la rabbia era accresciuta dalla consapevolezza di aver passato una vita da esiliato inutilmente, Uther si era dimenticato di lui, ma adesso se ne era ricordato nuovamente "sei uno stregone?" chiese, con la sua solita voce da accusa che Balinor non aveva dimenticato "salva mio figlio" disse poi il re "salva mio figlio con la magia" erano le parole più rivoltanti che Balinor avesse mai sentito "quanti uomini e donne avete ucciso per avere salvato i propri figli con la magia, Uther?" chiese e senza attendere risposta si voltò per andarsene, il ragazzino poteva anche essere innocente, ma erano innocenti anche tutti i bambini annegati da Uther per avere poteri magici e anche suo figlio avrebbe commesso altrettante stragi non appena cresciuto "Aspetta!" lo bloccò la voce del re. 
Senza sapere perchè Balinor si voltò nuovamente a guardarlo, il re aveva deposto il figlio a terra e si era inginocchiato "Chi fa uso della stregoneria, secondo le nostre leggi, è condannato a morte" recitò il re "le tue leggi" avrebbe voluto dire Balinor "io non infrangerò quelle leggi" Uther prese la spada e gliela porse "farai uso della magia per mio conto, per curare mio figlio" disse "e poi eseguirai su di me la sentenza di morte, se è questo ciò che vuoi, io non lascerò morire mio figlio" Balinor non sapeva più cosa dire e cosa pensare, aveva rivisto Uther dopo undici anni e mezzo di esilio e adesso aveva anche l'opportunità di ucciderlo. 
Si inginocchiò sul ragazzino ferito, respirava ancora anche se molto debolmente, raccolse il fango dal terreno e lo plasmò con le mani prima di distenderlo sulla ferita, era molto profonda e vicina al cuore, era un miracolo che il ragazzino fosse sopravvissuto tanto a lungo, Balinor si chiese quante vite sarebbe costato l'aver salvato la vota al futuro re di Camelot, il successore di Uther, chiuse gli occhi e pose le mani sulla ferita del principe recitando l'incantesimo necessario, curare le persone era la magia più difficile da mettere in atto, Balinor doveva trasferire parte di essa nel corpo del ragazzo ferito. Balinor aprì gli occhi "adesso sta dormendo" disse ad Uther cercando di non mostrarsi in nessun modo compassionevole "quando si sveglierà sarà guarito" . 
Il re teneva ancora la spada rivolta verso di se, Balinor la afferrò e la sollevò, stranamente l'occasione di uccidere il suo nemico non gli dava alcuna felicità, Uther aveva il fiato corto, se non altro Balinor gioì nel sentire la sua paura "Sposta il mio cadavere lontano da mio figlio, quando avrai fatto" disse, quanti favori voleva fatti quell'uomo? Balinor prese una decisione, calò la spada, ma non sul collo del re, la lasciò semplicemente cadere a terra "non ce ne sarà bisogno" disse infine "io non sono come te" sotto lo sguardo sbigottito di Uther, Balinor se ne andò.

 
Merlino non aveva fatto colazione quel giorno, sua madre era andata su tutte le furie quando aveva scoperto che Will sapeva tutto sui suoi poteri e lo aveva chiuso dentro la legnaia, li dentro Merlino aveva pianto, non perchè sua madre era arrabbiata, sua madre gli voleva bene, ma se anche lei, che lo amava più di chiunque altro, gli impediva di condividere la sua magia con gli amici chi lo avrebbe accettato veramente nel mondo? Inspiegabilmente si ritrovò a pensare al ragazzino biondo che aveva aiutato con la magia, quel ragazzo gli doveva la vita di suo padre ma mai nella sua vita lo avrebbe saputo, non lo avrebbe ringraziato.


Quando Artù aprì gli occhi il sole era alto in cielo, suo padre lo aveva coperto con il mantello e riposava anche lui appoggiato al tronco di un albero, Artù ricordava di essersi ferito gravemente ma non si sentiva male "padre" chiamò, Uther si svegliò subito e si mosse verso di lui, Artù si alzò e Uther lo abbracciò, Artù non era mai stato tanto felice in vita sua, "Sei stato bravo" disse il padre "sei stato bravissimo" "come sono guarito?" chiese lui, il padre gli accarezzò la testa "sta tranquillo" disse "è stato un miracolo, solo un miracolo". 


Balinor passò vicino ad Ealdor, vicino casa di Hunith, prima di tornare a casa, lei stava parlando con un'amica "tu e Will non dovrete dirlo a nessuno" le stava dicendo, Balinor non sapeva di cosa stesse parlando ma sembrava preoccupata "Ci sono ancora pattuglie di Camelot che cercano gli stregoni in queste terre di confine" raccontava "e la magia è una cosa pericolosa, lo dico per il vostro bene, rischiate se avete a che fare con essa" Balinor era d'accordo, triste come non mai voltò le spalle alla sua amata, forse non l'avrebbe rivista mai più. 


Padre e figlio dovettero tornare a Camelot a piedi, Artù portava la spada  che aveva estratto dalla roccia come un trofeo, entrambi ridevano parlando del più e del meno, "Gaius sarà preoccupato per noi" disse Uther scompigliandogli i capelli "gli ho fatto dire da Morgana che non volevo essere disturbato" spiegò Artù "e ho fatto chiudere alla sua serva le mie stanze dall'interno" aggiunse "per un po' non si insospettirà" "Che sofisticato piano di evasione" considerò il padre, poi cambiò discorso "non mi sembra che il tuo regalo di compleanno ti sia piaciuto molto" Artù si intristì nel ricordare gli avvenimenti del giorno prima, ma dopo il giuramento fatto sulla statua di Bruta si sentiva pronto ad affrontare il futuro "mi piaceva l'idea di comandare" disse "ma non ho saputo farlo" Uther annuì "vuoi qualcos'altro allora?" chiese, Artù voleva solo una cosa "questa spada" disse accennando a quella che aveva in mano, sapeva benissimo cosa farci "E' tua" disse suo padre sorridendo. 


Morgana tirò un sospiro di sollievo nel vedere Artù e Uther varcare le porte di Camelot, aveva passato ore alla finestra "Vi avevo detto che sarebbero tornati" disse Gaius, dietro di lei "se fosse successo loro qualcosa" rispose Morgana "non so cosa avrei fatto, sono tutto ciò che mi resta, Gaius" Gaius annuì "e Uther sarà anche un tiranno" disse Morgana "ma Artù è una speranza" Gaius sospirò "lo è per tutti" disse. 


Quella sera Leon sarebbe voluto accorrere all'ingresso di Camelot come Gaius e Goeffrey per il ritorno tanto atteso del re e del principe, ma non poteva, indossò la veste bianca e si diresse nella sala del trono per la veglia, avrebbe rivisto il re la mattina quando sarebbe stato nominato cavaliere di Camelot. 


Era tardi ma, subito dopo essersi lavato e cambiato, Artù, indossò il mantello blu e si diresse a casa del fabbro, portava in mano la spada che aveva estratto dalla roccia, purtroppo la spada di Ginevra si era spezzata nel combattimento e Artù ne era mortificato, sperava solo che regalarle quella spada in cambio potesse fargli rimediare all'errore. Raggiunta la casa del fabbro Artù bussò alla porta, era agitato ma non voleva darlo a vedere, fu un bambino sui sette anni ad aprire, "Sei il fratello di Ginevra?" chiese Artù "devo parlarle" il bambino rise "Gwen!" chiamò "c'è il tuo fidanzato" Artù si imbarazzò mentre Ginevra arrivava "vai ad aiutare nostro padre, Elyan" disse al fratello e il ragazzino sparì "ha otto anni" disse ad Artù "si inventa cose tutto il tempo" Artù non era interessato al fratello di Ginevra, era molto teso per via della spada "Ginevra" disse esitante "questa spada", Ginevra vide la spada che lui teneva in mano, sorrise stupita "me l'avete riportata subito, grazie!" esclamò "ma questa spada non è..." provò a dire Artù mentre lei gli toglieva la spada dalle mani "Grazie infinite, mio signore" lo bloccò "volevo..." "io trovo che siate molto coraggioso" disse Ginevra "grazie ma..."  la servetta si avvicinò e lo baciò sulla guancia, Artù rimase a bocca aperta, lo aveva baciato, nessuno gli aveva mai fatto una cosa simile in tutta la sua vita, mentre ancora pensava questo la ragazza aveva già chiuso la porta di casa. 


"Artù" tuonò la voce nel buio "Artù" questa volta il principe era preparato, si vesti di tutto punto e seguì la voce fuori dalla stanza, giù per le scale del castello, fino alle segrete, c'erano le guardie, Artù lanciò dei sassolini giù per le scale ed entrambe si allontanarono incuriosite dal rumore "devo dire a mio padre di mettere gente più preparata" ricordò a se stesso Artù "Artù!" rispose forte la voce "arrivo" sussurrò lui, c'era una scala, nelle segrete, che Artù non aveva mai percorso, suo padre glielo aveva proibito ma doveva risolvere quella faccenda, Artù afferrò una delle torce che illuminava il posto di guardia e scese le scale, era uno strano posto, Artù dovette ripetersi più volte che si trovava sempre a casa sua, dentro il castello, le scale terminavano in un piccolissimo spiazzo sul vuoto, tutto il resto era l'interno di una grande grotta, Artù cercò di illuminare quanto più possibile, guardandosi attorno confuso "dove sei?" urlò "sono qui" fece la voce e subito dopo un forte rumore di ali rimbombò per la grotta e davanti a lui apparve un drago, un drago in carne ed ossa, Artù spalancò la bocca, non aveva mai visto creatura più affascinante, al tempo stesso però si ricordava di non  avere niente per combattere quel mostro "Allora, giovane re" disse il drago "dov'è la spada?" "io" disse Artù esitante "non sono re" il drago rise, Artù non credeva che i draghi potessero ridere "Tu sei re" lo corresse "nel passato e nel futuro" "solo nel futuro" disse Artù ma il drago non lo ascoltò "la spada" disse ancora "quale spada?" chiese Artù confuso "Quale?" rise il drago "quella che hai appena estratto dalla roccia, genio!" Artù era sempre più allibito "l'ho data a Ginevra" disse "vedi, io avevo spezzato la sua e allora...." "NOOOOOOOOOOO!!!!!!" L'urlo del drago interruppe le parole di Artù, la povera bestia dimenava la testa da parte a parte per la disperazione, Artù preferì tacere "io dovevo soffiarci sopra!" gridava a tratti il drago "solo questo l'avrebbe resa realmente invincibile!" aggiungeva "tu ne sei possessore!" "sei andato di cervello" disse Artù scuotendo la testa e se ne andò da dove era venuto. 


"Alzati, Sir Leon, cavaliere di Camelot" Leon si alzò, tutti si erano riuniti nella sala del trono per la sua investitura, Uther non vedeva l'ora di andare a dormire, non pensava più alla spada, qualunque fosse stato il suo destino, Artù era pronto ad affrontarlo, con suo figlio la missione di Bruta sarebbe stata compiuta e lui, Uther, lo avrebbe reso un buon re. Artù guardava Leon felice, sognando il giorno della sua investitura, avrebbe giurato fedeltà al re e a Camelot ma in realtà sapeva benissimo che il giuramento più importante lo aveva fatto due giorni prima, nella valle dei re caduti, avrebbe adempiuto a quel giuramento fino alla fine dei suoi giorni. Morgana cercava di rilassarsi, gli incubi la tormentavano ancora e a differenza degli altri aveva come l'impressione che quello fosse solo l'inizio. Gaius era felice di vedere che tutti fossero tornati salvi e sani di mente, soprattutto il povero Artù, era un bravo ragazzo, pensava che ciò che più di tutto invidiava ad Uther era un figlio, ne voleva uno anche lui. Ginevra sorrideva tranquilla sapendo che la spada era in salvo sotto il letto, era ignara del fatto che si trattava della mitica spada Excalibur e non della spada forgiata da suo padre, non lo sapeva ma nove anni dopo, nove anni esatti dopo, avrebbe prestato la spada a Merlino per consentire al drago di soffiarci sopra e renderla invincibile e poi renderla, dopo molte tribolazioni, nuovamente ad Artù, il suo legittimo proprietario.
   
 
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