Quasimodo
Quanto era morbida la tua mano. Morbida, piccola e soffice nella mia,
più grande e dalle dita tozze e forti. È stato così bello tenerti per mano.
Il
gobbo continuò a scendere le scale, lentamente, gravemente, come se ad ogni
gradino il peso della distanza da lei pesasse su di lui come un macigno. Sul
suo volto deforme si disegnò un ghigno contorto, una specie di sorriso.
Continuava pensare a quanto quella bambina fosse delicata ed innocente, bella e
pura.
Non dovevi andare in giro, Esmeralda. Non
dovevi! Te lo avevo detto, che non avresti dovuto. Se ti scoprissero, saresti
in pericolo, persino qui, nella casa di Dio. Oh, io sono deforme, sordo, quasi,
ma so pensare benissimo, quasi meglio degli altri. Avrò cura di te, se me lo
permetterai.
Mentre
scendeva, sospirò lentamente, espirando come in un tentativo di scacciare la
preoccupazione per lei. Era troppo bella, troppo vera, perchè la lasciassero
vivere in pace. Lei era una minaccia aperta alla società ed all’ipocrisia. Per
questo andava eliminata.
Quando
giunse quasi al termine della stretta scala a chiocciola, sussultò nel trovarsi
davanti la figura alta e superba di Febo di Chateupers. Non indossava la sua
armatura lucente. Non quella mattina, visto che doveva essersi recato in
chiesa. Però era ugualmente bello.
Sciocco uomo! Non sai quanto sei
fortunato e quanto ti invidio. Ma cosa fai qui? Non ti ho udito arrivare,
salendo le scale, ma questo dovevo aspettarmelo, visto le mie povere orecchie
inutili. Ora che ti vedo, vorrei ucciderti, perché se sei qui, giorni dopo che
ti avevo chiesto di salire dalla mia bambina dolce, è per farle del male. Non
passerai facilmente, cavaliere.
Il
gobbo si irrigidì ed assunse un’espressione feroce, che sul suo volto devastato
faceva ancora maggiore impressione. Era un formidabile orco, in quel momento.
Un orco buono, ma così simile alle statue gotiche che decoravano la facciata
della cattedrale!
In
un primo momento il capitano rimase impressionato, suo malgrado, da quella
orrida e determinata visione, ma poi recuperò la sua baldanza e gli restituì lo
sguardo.
Qualche
secondo dopo, però, quando Quasimodo cominciò ad avanzare con atteggiamento
minaccioso verso di lui, egli arretrò lentamente. Vide un’ultima volta
l’espressione adirata del gobbo e poi tornò sui suoi passi.
Il
campanaro, invece attese di vederlo uscire dalla cattedrale, per poi andare a
cercare il suo amato padrone, il suo unico amico, per avvisarlo della
collocazione della piccola zingara.