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Autore: pamina71    01/09/2015    13 recensioni
Un prigioniero da recuperare sulle Alpi e ricondurre a Parigi.
Un prigioniero che qualcuno non vuole far testimoniare.
Qualcuno disposto a tutto per eliminarlo.
Una storia di viaggio, letterale e metaforico.
Lungo la Francia, sulle Alpi, dentro se stessi.
Con la copertina disegnata dalla meravigliosa matita di Sabrina Sala.
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi, Sorelle Jarjeyes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lupi, Giganti ed altre avventure'
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19. Ospiti.

 

Mentre attendeva fuori dalla stanza che il medico terminasse il proprio lavoro, André ringraziò mentalmente che il Palazzo del Duca si trovasse praticamente all'interno del borgo, e non in una posizione aristocraticamente defilata come Palazzo Jarjayes. Questo aveva permesso l'arrivo del medico in una manciata di minuti, un soccorso rapido per quelle ferite apparentemente poco gravi.

Con la schiena poggiata accanto allo stipite della porta, lasciò vagare lo sguardo verso il corridoio colmo di ritratti di antenati ed antenate, uomini severi in abiti neri e sbuffanti al ginocchio, dame con la gorgiera, bambini irrigiditi dalla posa. Si stupì una volta di più quanto questi corridoi si somigliassero nelle varie dimore nobiliari che aveva visto.

La ferita lo preoccupava, ma non eccessivamente, pareva dolorosa ma non troppo pericolosa. Si riscosse udendo aprirsi una porta. Alain si affacciò alla propria stanza per chiedere notizie e, quasi fosse un segnale atteso, comparvero anche gli altri due commilitoni.

- Notizie?

- Per ora no.

Si ritrovarono tutti e quattro nel corridoio, in attesa che il medico desse loro qualche particolare, commentando sottovoce la dimora nella quale si trovavano e le stanze che parevano loro lussuose e confortevoli.

- Quindi tu e il Comandante siete cresciuti in un posto così? - chiese il curioso François.

- Più o meno - fu la risposta di Andrè, che preferì non specificare che Palazzo Jarjayes, sebbene più sobrio ed austero, fosse persino più vasto ed imponente.

La porta si aprì, infine, e ne uscì un uomo dal naso aquilino, i capelli radi raccolti in un codino ed il portamento rigido. Si stupì di trovarsi i quattro soldati in ansiosa attesa, mentre la padrona di casa non pareva essere ancora giunta per chiedere notizie.

- La ferita alla spalla era bruttina ma non grave. Mi sono limitato a ripulire e ricucire. Con qualche giorno di riposo dovrebbe andare molto meglio. Il taglio alla tempia era superficiale, non ho nemmeno dovuto dare dei punti. Ora dorme per via del laudano che le ho dato, credo che non si risveglierà prima di domattina.

- Grazie. - Rispose Andrè per tutti.

- Certo che quella donna ha più cicatrici di alcuni ufficiali di mia conoscenza. Buonasera. - Chiosò il dottor Gide prima di calcare con decisione il tricorno sul capo ed andarsene.

Lo guardarono allontanarsi silenzioso sul soffice tappeto del corridoio, sino a raggiungere la scala all'estremità.

Andrè aprì silenziosamente la porta ed entrò per controllare, lasciano comunque il battente spalancato, per evitare malignità da parte di Louise Hélène qualora fosse arrivata. Oscar dormiva in un grande letto con le cortine verde oliva, nella tipica posa in cui i medici lasciano i pazienti, distesa supina, con la braccia a bloccare il copriletto sul lenzuolo inferiore, mentre questo le copriva il petto sino allo sterno. Un fasciatura stretta le cingeva l'omero sinistro, ed una le incoronava la fronte. Ma la cosa che turbò Andrè e lo costrinse ad arretrare fu il fatto che si intravvedevano le maniche appena accennate di una veste da notte candida, di tessuto leggero e di taglio assolutamente femminile.

L'aveva veduta con abiti maschili, e nelle ultime settimane si era persino abituato a vederla senza vestiti, ma in quel momento il suo aspetto lo colpì come non gli accadeva da tempo. Il contrasto tra le fasciature ed il tessuto lieve la rendeva fragile e delicata come non gli era apparsa nemmeno nelle loro notti d'amore.

Si sentì lievemente in colpa per quei pensieri proprio mentre lei era stordita dal laudano, e si voltò per andarsene e lasciarla riposare, trovandosi invece di fronte la sorella di Oscar, anche lei ad osservare con occhi nel contempo tristi e duri la dormiente.

- Non credevo che avesse tante cicatrici...- disse a bassa voce osservando le spalle e le braccia che poggiavano sul copriletto, dove una serie di lividi bluastri stavano cominciando ad apparire.

- Ne ha ben di più. -Le rispose serenamente Andrè. - Non è un lavoro privo di rischi, il suo.

- E tutto per compiacere quell'....nostro padre e le sue follie. - Si corresse cammin facendo.

- Ormai è fatta. Non può tornare indietro. Né Vostro padre cambierà avviso.

Louise Hélène rimase ancora un attimo immobile. Non credeva che per sua sorella la vita fosse tanto dura. Anzi, aveva sempre pensato che fosse una vita maggiormente divertente della propria, allegra e libertina, con accesso agli svaghi ed alle feste che a lei, in provincia, era negato. Le venne il dubbio che così non fosse. O che, perlomeno, quel tipo di esistenza portava con sé dei pericoli sino ad allora non immaginati. Non seppe rispondersi riguardo alla seconda parte del suo pensiero, se la frequentazione così assidua di compagnia maschile le permettesse di "distrarsi" quanto aveva sempre immaginato facesse.

Le sue divagazioni vennero interrotte da una voce baritonale all'esterno della stanza, segno che il Duca di Norpois era rientrato a casa per la cena. In quanto Intendente, era già a conoscenza dell'esplosione al ponte, del duello, dei tre cadaveri (anche Jean Paul era infine deceduto per le ferite, da interrogare rimaneva ora solo uno degli uomini da lui assoldati) e del ferito. Non era però riuscito a comprendere ove si fossero rifugiati i soldati vittime dell'attentato, ed ora li ritrovava nella propria magione, venendo addirittura a scoprire che al comando del drappello vi fosse Oscar.

Troppo, per il Duca, in un torrido pomeriggio, prima della cena e di un rinfrancante bicchiere di Porto. Chiese ed ottenne che i soldati lo raggiungessero nel suo studio, per farsi riassumere gli eventi davanti a cinque bicchieri di vetro molato.

 

Il Generale Bouillé camminava col suo passo lento per i corridoi della Reggia, con il ventre prominente che lo precedeva di almeno un passo. Quando incrociò il Generale Jarjayes che marciava spedito per un corridoio perpendicolare, lo chiamò e gli disse che era giunto un quarto rapporto, nel quale si diceva che due sicari, un uomo ed una donna erano stati eliminati. Sorvolò sul rapimento, sul ferimento di un soldato, e su parecchie cose. Non era il caso di agitare ulteriormente l'amico.

Il Generale se ne andò soddisfatto e sollevato, certo che ormai il rientro non fosse molto distante. Aveva intenzione di rivedere la figlia, prima di una missione che lo avrebbe tenuto lontano da Parigi, insieme al suo reggimento, per circa un paio di mesi.

Ma non era del tutto tranquillo, né per Oscar, né per la corona. Quanto gli aveva detto Josephine ancora gli tormentava i pensieri, e ancora non aveva avuto informazioni utili da altre ricerche che stava facendo effettuare da un uomo fidato.

Per quel giorno era troppo irritato per lavorare oltre. Decise che sarebbe tornato a Palazzo, per rilassarsi in biblioteca con un buon libro ed un cognac.

 

Nevers, 3 giugno 1788.

Caro Padre,

non so quanto il regio Esercito vi tenga informato, anche se penso sappiate che Oscar si trova in missione lontano da Parigi.

Mi pare corretto farVi sapere che ora si trova nella dimora di mio marito, ove è giunta nella giornata di oggi, ferita non gravemente. Immagino che verranno redatti rapporti e scartoffie (sorrise, pensando a quanto il termine avrebbe irritato il Generale), ma questa mia sarà sicuramente più rapida ed efficace.

Sta sufficientemente bene, e tutti i soldati ai suoi ordini sono con lei. Anche il detenuto che riportavano è vivo ed in salute.

Vi saluto con affetto.

Louise Hélène De Norpois, Duchessa di Nevers.

 

La dama richiuse rapidamente la lettera, sigillandola con lo stemma del casato del marito e la consegnò ad un valletto, dicendo di farla recapitare alla sua dimora avita nel più breve tempo possibile, e si accinse a scendere per la cena con aria sussiegosa. Si era domandata a lungo se fare cenare alla propria tavola dei soldati di origine plebea, ed infine, sebbene le pesasse, si era risolta per il sì, più che altro per il timore della reazione di Oscar, una volta che si fosse svegliata. Si accinse a scendere per la cena. Anche lei ne temeva le ire. Meglio un paio di cene sgradite che l'atteggiamento di sufficienza che la sorella avrebbe assunto se fosse stata contrariata.

 

Intanto, nel salottino del Duca, André aveva terminato di riassumere gli ultimi eventi, preoccupando non poco l'Intendente. Lo turbava che quanto accaduto fosse avvenuto sotto la propria giurisdizione, lo spaventava toccare per la prima volta con mano quanto fossero reali i complotti di cui si vociferava, lo terrorizzava avere in casa una possibile vittima.

Per prima cosa, farò portare quell'uomo nelle prigioni dell'Intendance.

Si alzò dalla poltrona di velluto verde.

- Riposatevi ancora qui. Servitevi tranquillamente di Porto. Io vado a prepararmi per la cena, ed a dare qualche disposizione per trasferire il vostro prigioniero. Qui non avrei modo di difenderlo. La cena sarà servita tra mezz'ora.

E li lasciò, allontanandosi col suo passo pesante.

I soldati rimasero un attimo in silenzio. François, rimasto teso fino ad allora per la presenza del Duca, si allungò sulla poltrona che occupava sospirando vistosamente, mentre Gérard osservava curioso quello studio. Alain approfittò subito dell'invito e si riempì nuovamente e generosamente il piccolo calice.

- Per favore, non complicarci le cose. Rimani sobrio.

- Che scarsa fiducia hai in me, André! - Rispose ridendo l'interpellato.

- Non ho intenzione di farci cacciare da questa bella casa. E non voglio mettere nei guai il Comandante. Tu, piuttosto.

- Io, cosa?

- Che racconterai a quella sussiegosa damina rispetto a quello che hai intenzione di combinare con la sorella?

- Siamo in due a decidere, dovrei consultarmi con Oscar, ma credo che non diremo nulla. L'intenzione era di andare a parlare direttamente col padre. io eviterei fughe di notizie.

Gli altri rimasero un attimo in silenzio, i due più giovani cominciavano a vedere le difficoltà cui André aveva di tanto in tanto accennato. Alain era invece il più dubbioso. Voleva vedere il Comandante rapportarsi alla propria famiglia, l'indomani per giudicare.

Dopo un poco fu François a parlare.

- André, il Palazzo del Comandante somiglia a questo?

- Più o meno. E' più sobrio, un poco meno alla moda. Ma un poco più grande, e isolato nelle campagne tra Parigi e Versailles. Perché me lo chiedi?

- Il Comandante mi ha chiesto se ad una delle mie sorelle potrebbe interessare lavorare da loro. Ho risposto di sì, perché noi abbiamo sempre necessità di denaro, sai che siamo parecchi figli. Ma ora che vedo il tipo di dimora...non so se sarebbe adatta.

Andrè sorrise. Sapeva che la vecchia cameriera che aiutava sua nonna ad occuparsi di Oscar aveva intenzione di ritirarsi dal figlio. E così lei aveva pensato bene di dare lavoro ad una ragazzina di una famiglia assolutamente bisognosa, ma anche di procurarsi una persona fidata e fedele a lei, non al Generale. Se era stata cresciuta come François, sarebbe stata leale ed affidabile.

- Sarà adattissima. E se ho capito quale ruolo dovrebbe ricoprire, non sarà nemmeno un lavoro troppo pesante.

Il viso lentigginoso del ragazzo si aprì in un sorriso lieto. Una buona notizia, che con la paga raddoppiata di quel mese avrebbe messo la famiglia al riparo dalla fame l'inverno successivo.

Andrè si alzò.

- Vado a vedere come sta il Comandante, ci vediamo tra dieci minuti.

 

Il Generale si era appena seduto a tavola, quando gli fu annunciato un messaggero da parte del Comandante de Reggimento Salis-Samade.

Ordinò di farlo entrare, prese il messaggio che costui gli porgeva, e diede disposizioni affinché fosse rifocillato in cucina.

Tolse il sigillo al biglietto, lo lesse e sorrise. Un paio di giorni e la missione si sarebbe conclusa senza intoppi. Bene. Alzò il bicchiere e bevve un sorso in un brindisi silenzioso. Non gli restava che attendere notizie riguardo al complotto, per poi riferire eventualmente alle loro Maestà.

Nelle cucine, intanto, il soldato mangiava raccontando all'attenta governante quanto aveva visto la sera prima. La povera donna era felicissima. Per la prima volta in un mese, poteva avere notizie serie, e non i vaghi accenni del generale. Benedisse in cuor suo quel ragazzo, riempiendogli nuovamente il piatto.

 

Andrè spinse leggermente la porta ed entrò nella stanza in penombra.

Si avvicinò silenziosamente al letto, scostando le cortine verdi. Oscar aveva abbandonato la posizione composta in cui l'aveva messa il medico, e si era raggomitolata su un fianco, nella posizione che ormai aveva imparato a conoscere. Le pose una mano sulla fronte, in una carezza simile a quelle che si riservano ai bambini.

- Ha la febbre? - Chiese una voce alle sue spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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