Ebbene sí, la festa è
finita. Quali conseguenze porterá mai questo fatto? Ma poi, ne porterá? Chi lo sa, io
no di certo.
Sesta
parte della mia fic mediocre etc
etc che doveva finire dopo appena tre capitoli,
ma mi sa che qua le cose forse tireranno ancora un po’ per le lunghe. Purtroppo
per voi continueró ad ammorbarvi con questo abominio per un tempo ancora imprecisato xD
Stavolta
parlo un po’ anche della Nazionale. Pensieri estemporanei, niente di profondo
ovviamente. La solita accozzaglia di cazzate, insomma.
Peró mi è piaciuto scrivere qualcosa anche di Tarō e Tsubasa, mi sentivo
in colpa dopo averli bistrattati nei capitoli precedenti, porelli ;_;
Inutile dire che mi sono divertita ancora di piú a raccontare del Triangolo Toho. C’ho
la fissa con triangoli e triumvirati io xD
• CAPITOLO 5 – The day after.
Kaltz
sembrava titubante ad accogliere la richiesta/ordine del Kaiser, nonostante
fosse ormai abbastanza schiantato dagli ettolitri di birra bevuti sino a quel
momento e dalla giornata in sé, che tra partita ed allenamenti non era stata proprio all’insegna del fancazzismo.
Difatti, malgrado tutto ció, ebbe il coraggio di
avanzare una proposta dinnanzi alla quale Genzō
e Schneider rimasero spiazzati e lo guardarono con la
stessa compassione con cui si potrebbe guardare un
infermo mentale.
-Che ne
dite di un bel festino all-night long?-
-Dico che sei
proprio grave, te lo puoi anche scordare- fece il portiere seccato, scuotendo
la testa –io ne ho abbastanza.-
-Idem. E
poi tra un po' ci sbatteranno fuori, credo che chiudano alle due. Allora, si va?- Disse
il capitano iniziando ad alzarsi, seguito da Genzō
che si tiró su barcollando.
-Ve ne andate di giá?- Esclamó Ishizaki contrariato
perché voleva finire di “imparare” a dire i numeri in tedesco –Ma è ancora
presto!-
-Parla per te nullafacente, noi domani abbiamo gli allenamenti alle sei- biascicó Genzō, con voce
impastata dal sonno. –E’ stato un piacere ragazzi, ma per noi la festa finisce
qui.-
-Eh no, non
potete andarvene senza un brindisi di commiato!- Strepitó
Tsubasa, che pareva aver finalmente
esaurito il suo vasto repertorio di canzoni enka
assieme ad una parte della sbornia. Genzō, nel corso della serata, si era chiesto piú
volte come diavolo facesse a conoscerne cosí tante,
dopotutto non era un genere che interessasse molto la gente della loro etá. L’unica spiegazione che si era riuscito a dare era che
magari, non si sa come, gli tornassero in mente solo sotto gli influssi nefasti
dell’alcool.
-E
facciamo ‘sto brindisi, allora- rispose lui rassegnato afferrando il boccale
mezzo vuoto, subito imitato da tutti coloro ancora in possesso delle facoltá di coordinazione motoria. Rimase muto con il
bicchiere a mezz’aria per un attimo, in attesa che
qualcuno dichiarasse un motivo per brindare, ma vedendo che nessuno apriva
bocca esclamó –Allora? Qualche suggerimento?-
Non ottenne
risposta, qualcuno fece spallucce, tutti erano troppo sbroccati
per mettersi a pensare a qualcosa. Ci volle la tracotanza di Kojirō per riuscire
a spezzare il silenzio.
-Io brindo
alla tua testa di cazzo- dichiaró
con un ghigno beffardo, toccando con il proprio boccale quello del rivale. Genzō fece una smorfia a metá
tra lo stizzito ed il sarcastico e ricambió il suo
gesto, dicendo –ed io alla tua faccia da culo.-
Il gruppo ridacchió e Ishizaki
se ne uscí con un commentino dei suoi che gli valse
un’occhiataccia dal portiere e uno sberlone
dall’attaccante:
–Si vede
che siete proprio fatti l’un per l’altro, voi due…-
Dopo aver
salutato gli altri ed essersi trascinati dietro un inerte Kaltz
ormai ridotto ad un relitto umano, i tre si avviarono verso la cassa per pagare
la loro parte. Fu allora che accadde un evento assolutamente imprevedibile, che
nessuno fu mai in grado di spiegare.
C’era chi,
sotto gli effetti dell’alcool, snocciolava vecchie canzoni malinconiche che il
mattino dopo avrebbe negato di conoscere, come Tsubasa.
C’era chi si
tramutava in una specie di vampiro gay, come Tarō.
C’era chi diventava
ignominiosamente patetico regalando uno spettacolo da taglio delle vene, come Matsuyama che si disperava per il suo amore lontano.
C’era chi
riusciva a divenire ancor piú scoppiato di quanto non
fosse giá di suo, come Ishizaki
o Kaltz.
Genzō, invece, pagó il conto a tutti.
Anche
quello di Kojirō.
La mattina
successiva fu un tripudio di occhi pesti e nasi
gocciolanti, tranne il Kaiser, ovviamente, che sembrava davvero fresco come una
rosa; delle occhiaie predette dal portiere non vi era alcuna traccia sul suo
volto riposato.
-Sei
odioso- disse Kaltz con la voce roca e baritonale che
si era ritrovato al risveglio, mentre si soffiava il naso –sembra che tu abbia
dormito per venti ore consecutive, bastardo.-
-Ma
quanto sei conturbante con quella voce sexy…mi attizzi, lo sai?- Cercó di esclamare Genzō,
che per farsi sentire era costretto a parlare con un tono insolitamente stridulo
e agonizzante. Da quando si era svegliato aveva scoperto con disappunto che riusciva
ad emettere solo rantoli, vittima di un pesante abbassamento di voce.
-A te
invece sembra che ti abbiano castrato…- rise l’altro di rimando, poi si rivolse
al capitano -dannato Kaiser, è tutta colpa delle tue docce fredde!-
-Macché, è
colpa vostra che vi siete sbronzati- Replicó quello, con la consueta spocchia –non dite che non
vi avevo avvertiti.-
Nonostante
avessero dormito non piú di quattro ore erano miracolosamente riusciti ad essere in campo per le
sei, ma erano presenti soltanto fisicamente, con i dovuti acciacchi, e non
certo mentalmente. Kaltz in particolare era tutto un livido, come previsto le frustate prese il pomeriggio
antecedente avevano lasciato il segno.
-Senti, ma
dobbiamo proprio? A quest’ora ci sono ancora i gufi…-
Sbuffó lui, rabbrividendo per il freddo pungente del
primo mattino amburghese.
-Ovvio.
Vedi di ripigliarti.- Fu la concisa risposta del sempre logorroico
Kaiser, mentre salutava con un cenno della mano il resto dei compagni che
iniziavano ad arrivare in ordine sparso.
A dir la veritá neanche Genzō aveva
molta voglia di allenarsi, malgrado di solito fosse
piuttosto stoico e difficilmente si lamentasse. L’ameno festino e la birra trangugiata
dovevano averlo decisamente rammollito.
Il gatto e
la volpe si scambiarono un’occhiata sospirando, rassegnati al destino che li
attendeva inesorabile, e con passo incerto seguirono il loro capitano che si
era messo a trotterellare vispo come un grillo, iniziando il riscaldamento con
i giri di campo.
-Sai, non
sono male i tuoi amici- Disse a un certo punto Stecchino
mentre “correvano” praticamente a passo d’uomo, cacciando subito dopo uno
sbadiglio a bocca talmente spalancata che a momenti gli si slogava la mascella.
–Tranne un paio, che mi sono sembrati un po’ dei rompimaroni, gli altri erano ok.-
-E chi sarebbero i rompiballe, secondo te?- Chiese l’altro incuriosito,
lanciando nel contempo un’occhiata al Kaiser che capitanava la fila un po’ piú avanti. Sicuro di non essere visto, rallentó
ulteriormente la sua andatura, e Kaltz lo imitó seduta stante; se
avessero decelerato ancora, si sarebbero fermati.
-Oddio,
nomi e cognomi mica me li ricordo, e lo sai che non
sono molto fisionomista neanche da sobrio…distinguere i vostri musi tutti
uguali, poi- qui Genzō lo fulminó
con lo sguardo -...peró diciamo che forse ho capito
perché odi tanto quel tizio, a pelle ha dato fastidio anche a me, ma non posso
giudicare la cosa obiettivamente perché non ne so abbastanza. Se ti decidessi a
parlarmene!- E cosí dicendo gli
tiró un cartone sul braccio, a cui il portiere contrattaccó con il solito schiaffo sul coppino,
apprestandosi a rispondergli a tono. Peró non fece in
tempo ad aggiungere altro perché Schneider li cappelló di brutto (parlando parlando erano finiti in fondo alla fila e mentre gli
altri iniziavano il terzo giro loro dovevano ancora terminare il primo) e li spedí dritti dritti ad allenarsi
ai rigori per un tempo indefinito, anzi piú
precisamente “finché non vi si secca la lingua”.
“Ah, allora
stiamo freschi” pensó Genzō,
fermamente convinto che dovessero ancora inventare un sistema per far diminuire
la parlantina dell’amico, che guardacaso stava
continuando a borbottare fra sé e sé una sequela di maledizioni per il Kaiser,
non sia mai che tacesse un attimo e corresse il rischio di disimparare ad usare
il muscolo piú allenato del suo corpo.
Con una
flemma che gli era del tutto inusuale, Genzō si infiló i guantoni e
si sistemó tra i pali, levando una silenziosa
preghiera al cielo affinché non perdesse la faccia e riuscisse a parare quanti piú tiri possibile; anzi, trattandosi di Kaltz, doveva riuscire come minimo a pararli TUTTI,
non c’erano alternative se voleva salvare l’onore. Non si sentiva per niente in
forma e il rischio sfondone era pericolosamente in agguato dietro l’angolo ma fortunatamente,
si disse per consolarsi, avendo lui come rigorista forse poteva stare
abbastanza tranquillo.
Anche la
Nazionale giapponese, reduce dal famigerato festino, quella mattina non era
messa molto meglio; sfoggiavano tutti un corredo di occhiaie
che definire scandalose non rendeva sufficientemente l’idea, oltre naturalmente
all’immancabile cerchio alla testa post-sbornia, ma almeno nessuno si era
buscato un raffreddore. L’unico ad essersi salvato dalla strage fu naturalmente
il solito Misugi, che tentó
di svegliare gli altri alle otto, ma non ci fu verso di buttarli giú dal letto prima delle dieci. Jun decise di graziarli solo perché effettivamente non
avevano un granché da fare, quella mattina.
Dopo la
dipartita del “Trio dei Crucchi”, come ormai li chiamavano segretamente anche
se uno di loro non lo era affatto, l’allegra brigata
aveva seguitato a far baldoria fino all’orario di chiusura del locale. La cosa,
il giorno dopo, li aveva lasciati alquanto basiti, perché non si capacitavano
di come fossero riusciti ad essere cosí spensierati
nonostante la tragica amichevole e la pessima figura che ci avevano fatto. Ma almeno, si disse Misugi, nessun
fan era venuto a chiedere autografi, malgrado fosse pressoché certo che li
avessero riconosciuti. Chissà, forse avevano avuto pietá
di loro per lo stato in cui versavano e non avevano osato disturbarli.
“Magra
consolazione” si disse sospirando “saremo crollati agli occhi di chi ci aveva
idealizzato e ci vedeva come miti da raggiungere.”
Il primo a
resuscitare dal coma senza l’intervento di Jun fu Tsubasa che, dopo aver fatto uno sforzo immane per riuscire
a districarsi dalle coperte che gli si erano aggrovigliate addosso, entró in bagno per darsi una rinfrescata e, guardandosi
allo specchio, quasi non riconobbe la sua orrenda faccia stravolta. Si diede
una lavata sbuffando disgustato e tornó nella stanza
da letto per vestirsi.
-Mio Dio,
ma che muso hai?- fece Tarō,
svegliatosi anche lui in quel momento, mentre lo guardava da sotto le coperte
con il viso appoggiato sui palmi delle mani. Tsubasa
lo squadró con aria di sufficienza, replicando –Anche
tu non scherzi, ti sei visto allo specchio? Sei un qualcosa di veramente
abominevole, stamattina. Ishizaki ancora non dá segni di vita?-
-No, sembra
di no- rispose l’altro voltandosi verso il letto dove il difensore se la
dormiva ancora della grossa, con il volto sprofondato nei cuscini –povero, ho solo
dei vaghi ricordi di ieri sera, ma la figura che ci ha fatto con la tipa ce l’ho impressa a fuoco nel cervello…lasciamolo
sonnecchiare ancora un po’, vá!-
Il capitano
attaccó a ridere sommessamente ripensando a quell’episodio, ma si interruppe
di colpo quando un brivido gli elettrizzó la spina
dorsale. In una sorta di flash mentale gli tornó alla
memoria il comportamento dell’amico la sera prima, e subito corse
in bagno davanti allo specchio per scrutarsi attentamente il collo alla ricerca
di eventuali succhiotti. Notato che non ve ne era
nemmeno uno, sospiró di sollievo e disse:
-Tu fattene
poco caso, hai idea di quello che diventi quando bevi?
Comunque vedo che mi sono salvato anche stavolta dal
tuo assedio, che culo.-
-Che intendi dire?- Boccheggió Tarō, tirandosi su a fatica. Evidentemente a lui le sbronze
cancellavano parzialmente la memoria a breve termine,
si disse Tsubasa. Come poi anche a lui, che per il
momento era ancora all’oscuro delle esibizioni canore con cui aveva
“intrattenuto” il pubblico.
-Niente, se
non te ne ricordi è meglio, ma sappi che per te è davvero compromettente alzare
il gomito- gli rispose –ti comporti in modo
inequivocabile, dissipando ogni dubbio a chi li nutre su di te.- La risposta
del numero dieci era abbastanza criptica, e difatti Misaki
si fece ancora piú curioso, incalzando: -Non capisco
una parola di quel cazzo che dici, ma ti vuoi
spiegare? Che tipo di dubbi dovrebbero avere su…- la
sua frase restó incompleta perché in quel momento
ebbe anche lui un flash e si rivide abbarbicato sulla sua schiena a mó di koala. Ammutolì all’istante e si mise una mano sulla
faccia, mormorando: -Oh, Signore…-
-Hai
realizzato finalmente, sottospecie di zecca? Ecco perché è meglio che tu non
beva, quante volte te lo dovró
ripetere ancora prima che tu recepisca il messaggio?-
-Non ci
posso credere, ma sul serio faccio cose simili?- Continuó
lui scuotendo la testa, sinceramente esterrefatto.
-Ebbene
sí. Fatti vedere da uno bravo, potrebbe essere
sintomo di un lato dormiente della tua personalitá
che ancora non conosci- “ma che sospettano tutti”
aggiunse mentalmente, ghignando.
In un’altra
stanza poco lontana da quella di Tsubasa, Misaki e Ishizaki dormiva saporitamente il Triangolo Toho,
almeno fino a quando l’insistente bussare di Misugi
non aveva ridestato Kojirō dal sonno. Questi sollevó a fatica la faccia dal cuscino e imprecó mentalmente, notando la pozzangherina
di bava che aveva inumidito quella parte di federa e di imbottitura,
e portandosi una mano alla guancia per asciugarsi si tiró
a sedere.
-Che
hai da rompere?- Ringhió aprendo bruscamente la porta
e rischiando di farsi bussare sul naso da Jun, che
era rimasto con la mano sospesa a mezz’aria.
-Sono quasi
le dieci, non vi sembra il caso di riprendervi?- Fece
lui, buttando un occhio all’interno della camera e scorgendo gli altri due che
ancora ronfavano beati.
-Perché,
che abbiamo da fare? Vedi di cavarti dalle palle- Rispose
Kojirō amabilmente sfoggiando la ben nota
proprietà di linguaggio, mentre gli sbatteva la porta in faccia pensando
stizzito che ormai non sarebbe piú riuscito a
riprendere sonno. La testa gli pulsava e si sentiva in bocca un sapore
disgustoso, per cui si avvió
con passi pesanti in bagno per lavarsi viso e denti, maledicendo quello scrotoclasta di Jun.
Ma, essendosi alzato molto storto, decise che se non dormiva lui non
avrebbero dovuto farlo neanche gli altri. Appena uscito dal bagno camminó
a tentoni nella semioscuritá dirigendosi verso la
finestra e, bestemmiando fra i denti una sfilza di anatemi
per aver inciampato nella valigia di Wakashimazu
rimasta bellamente aperta in mezzo alla stanza, tiró
con malagrazia le tende e alzó rumorosamente le
tapparelle, inondando improvvisamente di luce l’ambiente.
Spazió
un attimo lo sguardo e, notando le condizioni in cui si trovava la loro camera,
fu colto da un moto di repulsione. Nonostante le inservienti dell’albergo
l’avessero risistemata meno di ventiquattro ore prima e loro
ci fossero stati dentro non piú di mezza giornata da
quando erano arrivati, sembrava un campo di battaglia. Non si sarebbe detto,
forse, ma lui era un tipo piuttosto ordinato e pratico,
a differenza di Wakashimazu che da solo era capace di
fare piú casino di un contingente intero.
Da una
stima approssimativa sembrava che gli altri due fossero morti, perché non
mossero un muscolo. Kojirō allora passó alle maniere forti e si impossessó delle loro coperte, costringendoli ad un brusco
risveglio.
-Siamo cafoni fin dal mattino, vedo…- biascicó
Ken stropicciandosi gli occhi, mentre sbadigliava
sonoramente.
-Sai la novitá…- gli fece eco Takeshi
coprendosi la testa col cuscino, senza muoversi dalla sua posizione.
-Io vado a
fare colazione, venite o no?- Esclamó l’attaccante
ignorando i loro commenti, mentre si infilava i
pantaloni della tuta. Sawada agitó una mano mugugnando un “dopo” ad
occhi chiusi, ripiombando nel sonno nonostante fosse mezzo scoperto e
infreddolito, ma Wakashimazu annuí
alzandosi in piedi e stiracchiandosi. –Dammi un minuto e sono da te- disse, e notando l’amico che lo fissava sghignazzando, inarcó un sopracciglio, stupito: -Tu che ridi di prima mattina? E per cosa poi, sei sicuro di stare
bene?- Kojirō, che era stato il primo a sorprendersi per il suo riso spontaneo, gli indicó i
capelli esclamando –Sono mezzo tentato di chiamare un esorcista, se ti vedessi
allo specchio capiresti. Sembri un’ananas.-
Ken fece
una faccia agghiacciante e si catapultó in bagno,
dove inizió a pettinarsi freneticamente le chiome
ribelli imprecando a mezza voce, perché sembrava sul serio che avesse infilato
due dita nella presa di corrente. Aveva anche lui, come tutti del resto,
reminiscenze piuttosto confuse della serata appena trascorsa, ma si ricordava
distintamente di quel disgraziato di Ishizaki che si era trastullato a giocare al parrucchino
con la sua inestimabile capigliatura, tirandoseli sulla testa e pavoneggiandosi
come un perfetto imbecille. Doveva essere tutta colpa sua. Poche altre volte,
infatti, gli era capitato di ritrovarsi al mattino con
una simile indecenza al posto dei capelli, dal momento che era dedito
riservargli sempre cure e attenzioni che gli altri definivano quasi maniacali.
-Ma
dai Ken, sei bello lo stesso…- lo canzonó
Kojirō dalla camera, ghignando. –Io mi
avvio, se ti conosco bene ci metterai un secolo. Ci vediamo giú.-
Doveva
conoscerlo davvero bene, perché dopo un quarto d’ora di attesa
l’amico ancora non si vedeva. Nel frattempo, si era seduto al tavolo dove c’erano
giá anche Tsubasa, Tarō e Misugi (Ishizaki non c’era stato modo di svegliarlo) che erano
piuttosto silenziosi e si scambiavano di tanto in tanto
sguardi a dir poco allucinati, sbocconcellando chi un biscotto chi un
panino.
-Io mi
sento uno straccio…- farfuglió un Tarō
apatico senza alzare lo sguardo dal suo tè. Si stava ancora vergognando come un
ladro per quello che aveva appreso sulle sue imbarazzanti avventure etiliche ai
confini dell’eterosessualitá, e si augurava
ardentemente che nessuno girasse il coltello nella piaga, ma vedendo arrivare Kojirō perse presto ogni speranza di cadere
nell’oblio. Quello di sicuro si sarebbe divertito a sfotterlo fino alla morte, si disse sconsolato.
-Tira aria di cimitero qui, cos’è? Un circolo anziani?- Esordí l’attaccante esibendo per l’ennesima volta la sua
caratteristica convivialitá, mentre addentava una
fetta di pane tostato. I numeri dieci e undici lo guardarono con delle occhiaie
profonde che piú profonde non si poteva
e nei loro occhi serpeggiarono lampi di invidia.
-Come
cacchio fai ad essere cosí
arzillo, e poi non hai neanche una ruga- osservó Tsubasa, che quella mattina si era sentito di colpo dieci
anni in piú addosso.
-Ma
che siete, educande? Per un goccetto
di birra e mezza notte in bianco?- Li sbeffeggió lui,
imburrando un’altra fetta di pane.
-Chiamalo goccetto…ho perso il conto dei litri che avró bevuto- rispose allora il capitano perfettamente
conscio della sua condotta riprovevole, di cui peró non
si era ancora pentito al cento per cento. Era la sua prima vera sbornia, e
nonostante non avesse nessuna intenzione di allungare
la lista delle sue imprese, ecchecavolo, si era
detto, almeno una in tutta la vita.
A
interrompere quell’insensato botta e risposta
intervenne Takeshi, che sopraggiunse visibilmente
stravolto e si posizionó di fianco a Kojirō,
nascondendo il volto fra le mani con fare teatrale.
-Che hai?- Gli chiese l’attaccante guardandolo con aria
insofferente e un sopracciglio alzato, abituato com’era alle sue pantomime. Ci
avrebbe scommesso che c’entrava Wakashimazu, e
difatti l’amico mugugnó in
risposta: -E’ per Ken. Tu
non puoi neanche immaginare, sono stato svegliato da un’orribile trance tamarra* della
peggior specie…non dico che era a tutto volume, se no l’avrebbero sbattuto
fuori dall’albergo a calci in culo, ma poco ci
mancava.- Gli altri scoppiarono a ridere di fronte a quella spiegazione
tragicomica perché cozzava terribilmente con la sua faccia spiritata, che
induceva a pensare a tutt’altro
genere di motivi ben piú seri.
-Non ce la puó proprio fare a smettere di ascoltare quella robaccia…ma
che sta facendo ancora? Sempre quei cazzo
di capelli?- Alla domanda di Kojirō Takeshi annuí e rispose –ha detto
che Ishizaki gli aveva combinato un disastro ieri
sera e che ci avrebbe messo almeno mezz’ora a rifarsi la piega.- A quell’affermazione tutti si scambiarono occhiatine
eloquenti, sghignazzando. Era proprio fissato, peggio di Tsubasa
col pallone.
-L’ho
lasciato che ballava come un tarantolato mentre
preparava il suo balsamo speciale. Sai, quello che ottiene mescolando almeno
tre prodotti diversi. Se non sfonda come portiere,
quel ragazzo ha un futuro assicurato come hair-stylist.-
Concluse Takeshi, sorridendo sardonico e suscitando
nei presenti una sincera risata sguaiata. Decisamente,
le “prodezze” del Triangolo Toho a volte erano un
toccasana per l’umore.
-Sentite-
fece in quel momento Misugi cambiando argomento -io
stamattina andrei volentieri a fare un giro in centro a comprare qualche
souvenir, c’è nessuno che ha voglia di venire con me?-
Gli altri
lo guardarono con delle facce che la dicevano lunga su quanto fossero
entusiasti della sua proposta, finché Tsubasa ci ripensó e disse, malizioso:
-Massí,
vengo io con te, cosí ti aiuto a scegliere qualcosa
di carino per Yayoi, sei contento?-
Jun arrossí leggermente e gli frecció di rimando, piccato –tanto lo so che è una scusa
per comprare un regalo a Sanae, mica sono deficiente
che non l’ho capito!-
Il capitano
sbuffó visibilmente imbarazzato e glissó
abilmente la questione, chiedendo: -A proposito di denaro, a chi devo dare i
soldi della mia parte per ieri sera? Perché non mi risulta
di aver pagato qualcosa a qualcuno.-
-Ci credo
se non te lo ricordi, ancora un po’ e ti perdevamo- sghignazzó Kojirō –e
comunque non ne ho la minima idea, neanche io ho pagato niente a nessuno.-
-Io
nemmeno.- Si accodó Tarō,
scrollando le spalle.
-E io
pure- Concluse Takeshi, scuotendo la testa.
Rifletterono
un istante e si resero conto di essere usciti dal locale con la massima
noncuranza verso quel “dettaglio”, sfasati com’erano; e anche chi magari se
n’era ricordato aveva lasciato correre, supponendo che ci avesse giá pensato qualcun altro e che si sarebbero aggiustati in
un secondo momento.
Misugi,
il solo a conoscere la veritá, si schiarí
la voce per un po’ prima di decidersi a dire –ehm, ragazzi…Wakabayashi
ha saldato il conto a tutti, ieri sera.- L’aveva scoperto quando si era alzato
per andare a chiedere a quanto ammontasse la cifra da pagare, essendo l’unico
completamente sobrio che fosse in grado di adempiere a
quel compito. Parlando in un inglese strascicato e concludendo
la frase a gesti, il gestore gli aveva fatto intendere che aveva sopperito alla
cosa “il moretto con gli occhi a mandorla” in mezzo ai due tedeschi che erano
andati via prima.
Quando
aveva appreso la notizia a Jun per poco non cadeva la mascella dalla sorpresa, e gli amici ebbero la
stessa identica reazione, meravigliati soprattutto del fatto che avesse
disimpegnato anche Kojirō. Doveva proprio essere
stato ubriaco perso.
-Ha fatto
cosa?!- Berció subito lui, con un’espressione trucida
in volto –Chi si crede di essere quel fighetto? I miei debiti me li pago
da solo, io!- Doveva dargliene atto, quel bellimbusto riusciva sempre a
stupirlo. Vabbé che a pecunia stava messo bene e si
sapeva, ma se gli altri vedevano la cosa come una cortesia gradita, per lui
equivaleva praticamente ad un insulto: era una
questione di orgoglio personale, la Tigre della Toho
non accettava l’elemosina da nessuno. Men che meno da
uno come lui.
-Eddai,
Hyūga- fece Tsubasa,
risistemandosi la mandibola mezza slogata –che problema c’è? E’ un gesto
gentile, non prendertene a male.-
Purtroppo, peró, si era fuori tempo massimo per tentare di ammansirlo
perché ormai l’embolo gli era partito, e aveva giá
preso la ferma decisione di andare a pescare il portiere per sbattergli in
faccia senza tanti convenevoli la propria parte di soldi. -Me la prendo eccome!
Chi gli ha chiesto niente? Io non ho bisogno della caritá di
nessuno, specialmente della sua!-
Gli altri
si guardarono alzando gli occhi al cielo, pensando che quando ci si metteva Kojirō sapeva essere una Vera Palla™.
-Ascolta, Hyūga-
proseguí l’ardito Tsubasa,
evidentemente poco interessato alla propria incolumitá
–ho pensato di ringraziare Wakabayashi da parte
di tutti noi. Lo faró anche da parte tua e tutto morirá lí, d’accordo? Non c’è
bisogno di risolvere questa faccenda con uno spargimento di sangue.- Tarō,
Takeshi e Jun lo fissarono allibiti, pensando che fosse proprio l’ultima cosa
che dovesse dire. Kojirō che ringraziava Genzō
per qualcosa? Pura fantascienza.
-Cos’è, ti ha
svaporato il cervello?- L’attaccante si alzó
di scatto facendo quasi cappottare la sedia e si avvicinó
minacciosamente al volto del capitano, puntandogli l’indice sul petto a
sottolineare le sue parole.
-Stammi a sentire, splendore…tu non farai
proprio niente da parte mia, chiaro? Azzardati a dirgli qualunque cosa e ti
sparecchio la faccia.-
NOTE (futili come al
solito):
*Che poi è quella che ascolta anche
la sottoscritta xD
Apprezzo
moltissimi generi musicali diversi, e ahimé la
trance-trash rientra(va) fra questi. Ne ho abusato negli anni della
gioventù, sigh, che bei ricordi; peró, sempre parlando di questo filone musicale, ormai è da
parecchio che mi sono votata alla sola hime-trance
nipponica, che piú o meno è la stessa cosa, ma alle
mie orecchie è maggiormente sopportabile solo perché i testi dei motivetti scemi e tutti uguali sono cantati in giappo^^;
Ma non
sono truzza. Ballo questa roba solo quando DEVO
sfogarmi e non posso pogare con nessuno. Lo giuro xD
Mi sembra doveroso poi aggiungere un piccolo appunto anche su un’altra cosa, come qualcuno mi ha fatto giustamente notare.
Trottola mi ha scritto dicendosi perplessa circa il fatto che i J-Boys si sbronzassero cosí alla svelta, perché non le sembrava molto realistico. Ebbene, esiste una spiegazione logica piuttosto semplice che ho omesso finora perché per me era scontata, anche se effettivamente a pensarci bene non lo è affatto. Provvedo subito a delucidare in merito.
I J-Boys si ubriacano cosí in fretta perché gli asiatici hanno una differente tolleranza verso l’alcool rispetto agli europei, causata dall’assenza di un enzima chiamato “Aldeide Deidrogenasi 2”, uno di quelli che serve appunto alla metabolizzazione di tali bevande. Oppure, anche laddove l'enzima é presente, é comunque difettoso e non fa il proprio dovere. Tradotto in parole povere, hanno una scarsa capacitá di assimilazione degli alcolici e tendono a sbronzarsi nella metá (se non meno) del tempo che ci metterebbe una qualsiasi altra persona di etnia non asiatica. Per cui, se vi sembra che nella fic vadano fuori di testa troppo velocemente sappiate che succede davvero cosí, se poteste bere in compagnia di giapponesi ve ne rendereste conto^^
Esistono ovviamente delle eccezioni, ma in linea di massima è una cosa che hanno di “default” nel loro corredo genetico. Va considerato poi che i boccali di cui parlo sono da un litro e mezzo-due di birra, e di un tipo particolarmente peso. Anche Kaltz alla fine é fuori come un balcone pur non essendo giapponese, ma se si calcolano i litri che ha ingerito la cosa si spiega, credo xD
Visto
che avevo del tempo da perdere a esami terminati, ho
provato a fare un banale disegnuzzo senza senso del Triumvirato
dei Fessi, perché io AMO questi tre, li amo sul serio. Se
volete vederlo cliccate QUI, ma
siete avvertiti, è fatto in fretta e furia e colorato anche peggio (Tempus Fugit, e poi
io odio colorare xD) Potevo
fare di meglio, ma poco male, non ho certo intenzione di smettere di
disegnarli^^
Grazie mille
a Silen (carissima, mi fa sempre un piacere
immenso leggere i tuoi commenti, lo sai^^) e a Berlinene (ragazze, voi due mi avete fatto
sghignazzare come una stordita con i vostri BOT, CCT e PROT
xD) che si prendono la briga di commentare questa
specie di fic. Non deve essere facile, e apprezzo
davvero molto il vostro sforzo.
Un sentito
grazie anche a tutti i lettori silenti^^
Un
ringraziamento speciale va poi a Pucchyko_Girl, che sostiene di
essere stata ispirata da me (!) per la stesura della sua toccante e malinconica
“Avevo un sogno…che ora ti affido”, incentrata su quella sagoma di Mr.Stecchino.
Sono
a dir poco commossa e lusingata, nonché ancora
sconvolta, da questa cosa *__*