Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: kitsune999    04/02/2009    4 recensioni
-Ridimensionati.-
Fu tutto ció che disse Kojirō sibilando sprezzante, mentre oltrepassava il portiere urtandogli volontariamente e non troppo delicatamente una spalla.
Genzō non proferí parola, ne aveva giá dette fin troppe, e si limitó a rimanere immobile, impassibile, con lo sguardo adombrato dalla visiera del suo sempiterno cappello.
[...]
Nel caso in cui qualcuno se lo fosse mai chiesto, ecco cosa successe dopo l'amichevole Amburgo-Giappone, in cui i nostri subirono una bruciante sconfitta.
Fanfic senza impegno e ad alto tasso di scemenza scritta da una new-entry di EFP.
Poiché sono una pippa quando si tratta di scegliere i titoli adatti, questo é solo provvisorio. Probabilmente lo cambieró strada facendo, o magari no, chi vivrá vedrá. Trallallerotrallallá.
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ebbene , la festa è finita. Quali conseguenze porterá mai questo fatto? Ma poi, ne porterá? Chi lo sa, io no di certo.

Sesta parte della mia fic mediocre etc etc che doveva finire dopo appena tre capitoli, ma mi sa che qua le cose forse tireranno ancora un po’ per le lunghe. Purtroppo per voi continueró ad ammorbarvi con questo abominio per un tempo ancora imprecisato xD

Stavolta parlo un po’ anche della Nazionale. Pensieri estemporanei, niente di profondo ovviamente. La solita accozzaglia di cazzate, insomma. Peró mi è piaciuto scrivere qualcosa anche di Tarō e Tsubasa, mi sentivo in colpa dopo averli bistrattati nei capitoli precedenti, porelli ;_;

Inutile dire che mi sono divertita ancora di piú a raccontare del Triangolo Toho. C’ho la fissa con triangoli e triumvirati io xD

 

  

 

CAPITOLO 5 – The day after.

 

 

 

Kaltz sembrava titubante ad accogliere la richiesta/ordine del Kaiser, nonostante fosse ormai abbastanza schiantato dagli ettolitri di birra bevuti sino a quel momento e dalla giornata in sé, che tra partita ed allenamenti non era stata proprio all’insegna del fancazzismo. Difatti, malgrado tutto ció, ebbe il coraggio di avanzare una proposta dinnanzi alla quale Genzō e Schneider rimasero spiazzati e lo guardarono con la stessa compassione con cui si potrebbe guardare un infermo mentale.

-Che ne dite di un bel festino all-night long?-

-Dico che sei proprio grave, te lo puoi anche scordare- fece il portiere seccato, scuotendo la testa –io ne ho abbastanza.-

-Idem. E poi tra un po' ci sbatteranno fuori, credo che chiudano alle due. Allora, si va?- Disse il capitano iniziando ad alzarsi, seguito da Genzō che si tiró su barcollando.

-Ve ne andate di giá?- Esclamó Ishizaki contrariato perché voleva finire di “imparare” a dire i numeri in tedesco –Ma è ancora presto!-

-Parla per te nullafacente, noi domani abbiamo gli allenamenti alle sei- biascicó Genzō, con voce impastata dal sonno. –E’ stato un piacere ragazzi, ma per noi la festa finisce qui.-

-Eh no, non potete andarvene senza un brindisi di commiato!- Strepitó Tsubasa, che pareva aver finalmente esaurito il suo vasto repertorio di canzoni enka assieme ad una parte della sbornia. Genzō, nel corso della serata, si era chiesto piú volte come diavolo facesse a conoscerne cosí tante, dopotutto non era un genere che interessasse molto la gente della loro etá. L’unica spiegazione che si era riuscito a dare era che magari, non si sa come, gli tornassero in mente solo sotto gli influssi nefasti dell’alcool.

-E facciamo ‘sto brindisi, allora- rispose lui rassegnato afferrando il boccale mezzo vuoto, subito imitato da tutti coloro ancora in possesso delle facoltá di coordinazione motoria. Rimase muto con il bicchiere a mezz’aria per un attimo, in attesa che qualcuno dichiarasse un motivo per brindare, ma vedendo che nessuno apriva bocca esclamó –Allora? Qualche suggerimento?-

Non ottenne risposta, qualcuno fece spallucce, tutti erano troppo sbroccati per mettersi a pensare a qualcosa. Ci volle la tracotanza di Kojirō per riuscire  a spezzare il silenzio.

-Io brindo alla tua testa di cazzo- dichiaró con un ghigno beffardo, toccando con il proprio boccale quello del rivale. Genzō fece una smorfia a metá tra lo stizzito ed il sarcastico e ricambió il suo gesto, dicendo –ed io alla tua faccia da culo.- Il gruppo ridacchió e Ishizaki se ne uscí con un commentino dei suoi che gli valse un’occhiataccia dal portiere e uno sberlone dall’attaccante:

–Si vede che siete proprio fatti l’un per l’altro, voi due…-

 

Dopo aver salutato gli altri ed essersi trascinati dietro un inerte Kaltz ormai ridotto ad un relitto umano, i tre si avviarono verso la cassa per pagare la loro parte. Fu allora che accadde un evento assolutamente imprevedibile, che nessuno fu mai in grado di spiegare.

C’era chi, sotto gli effetti dell’alcool, snocciolava vecchie canzoni malinconiche che il mattino dopo avrebbe negato di conoscere, come Tsubasa.

C’era chi si tramutava in una specie di vampiro gay, come Tarō.

C’era chi diventava ignominiosamente patetico regalando uno spettacolo da taglio delle vene, come Matsuyama che si disperava per il suo amore lontano.

C’era chi riusciva a divenire ancor piú scoppiato di quanto non fosse giá di suo, come Ishizaki o Kaltz.

Genzō, invece, pagó il conto a tutti.

Anche quello di Kojirō.

 

La mattina successiva fu un tripudio di occhi pesti e nasi gocciolanti, tranne il Kaiser, ovviamente, che sembrava davvero fresco come una rosa; delle occhiaie predette dal portiere non vi era alcuna traccia sul suo volto riposato.

-Sei odioso- disse Kaltz con la voce roca e baritonale che si era ritrovato al risveglio, mentre si soffiava il naso –sembra che tu abbia dormito per venti ore consecutive, bastardo.-

-Ma quanto sei conturbante con quella voce sexy…mi attizzi, lo sai?- Cercó di esclamare Genzō, che per farsi sentire era costretto a parlare con un tono insolitamente stridulo e agonizzante. Da quando si era svegliato aveva scoperto con disappunto che riusciva ad emettere solo rantoli, vittima di un pesante abbassamento di voce.

-A te invece sembra che ti abbiano castrato…- rise l’altro di rimando, poi si rivolse al capitano -dannato Kaiser, è tutta colpa delle tue docce fredde!-

-Macché, è colpa vostra che vi siete sbronzati- Replicó quello, con la consueta spocchia –non dite che non vi avevo avvertiti.-

Nonostante avessero dormito non piú di quattro ore erano miracolosamente riusciti ad essere in campo per le sei, ma erano presenti soltanto fisicamente, con i dovuti acciacchi, e non certo mentalmente. Kaltz in particolare era tutto un livido, come previsto le frustate prese il pomeriggio antecedente avevano lasciato il segno.

-Senti, ma dobbiamo proprio? A quest’ora ci sono ancora i gufi…- Sbuffó lui, rabbrividendo per il freddo pungente del primo mattino amburghese.

-Ovvio. Vedi di ripigliarti.- Fu la concisa risposta del sempre logorroico Kaiser, mentre salutava con un cenno della mano il resto dei compagni che iniziavano ad arrivare in ordine sparso.

A dir la veritá neanche Genzō aveva molta voglia di allenarsi, malgrado di solito fosse piuttosto stoico e difficilmente si lamentasse. L’ameno festino e la birra trangugiata dovevano averlo decisamente rammollito.

Il gatto e la volpe si scambiarono un’occhiata sospirando, rassegnati al destino che li attendeva inesorabile, e con passo incerto seguirono il loro capitano che si era messo a trotterellare vispo come un grillo, iniziando il riscaldamento con i giri di campo.

-Sai, non sono male i tuoi amici- Disse a un certo punto Stecchino mentre “correvano” praticamente a passo d’uomo, cacciando subito dopo uno sbadiglio a bocca talmente spalancata che a momenti gli si slogava la mascella. –Tranne un paio, che mi sono sembrati un po’ dei rompimaroni, gli altri erano ok.-

-E chi sarebbero i rompiballe, secondo te?- Chiese l’altro incuriosito, lanciando nel contempo un’occhiata al Kaiser che capitanava la fila un po’ piú avanti. Sicuro di non essere visto, rallentó ulteriormente la sua andatura, e Kaltz lo imitó seduta stante; se avessero decelerato ancora, si sarebbero fermati.

-Oddio, nomi e cognomi mica me li ricordo, e lo sai che non sono molto fisionomista neanche da sobrio…distinguere i vostri musi tutti uguali, poi- qui Genzō lo fulminó con lo sguardo -...peró diciamo che forse ho capito perché odi tanto quel tizio, a pelle ha dato fastidio anche a me, ma non posso giudicare la cosa obiettivamente perché non ne so abbastanza. Se ti decidessi a parlarmene!- E cosí dicendo gli tiró un cartone sul braccio, a cui il portiere contrattaccó con il solito schiaffo sul coppino, apprestandosi a rispondergli a tono. Peró non fece in tempo ad aggiungere altro perché Schneider li cappelló di brutto (parlando parlando erano finiti in fondo alla fila e mentre gli altri iniziavano il terzo giro loro dovevano ancora terminare il primo) e li spedí dritti dritti ad allenarsi ai rigori per un tempo indefinito, anzi piú precisamente “finché non vi si secca la lingua”.

“Ah, allora stiamo freschi” pensó Genzō, fermamente convinto che dovessero ancora inventare un sistema per far diminuire la parlantina dell’amico, che guardacaso stava continuando a borbottare fra sé e sé una sequela di maledizioni per il Kaiser, non sia mai che tacesse un attimo e corresse il rischio di disimparare ad usare il muscolo piú allenato del suo corpo.

Con una flemma che gli era del tutto inusuale, Genzō si infiló i guantoni e si sistemó tra i pali, levando una silenziosa preghiera al cielo affinché non perdesse la faccia e riuscisse a parare quanti piú tiri possibile; anzi, trattandosi di Kaltz, doveva riuscire come minimo a pararli TUTTI, non c’erano alternative se voleva salvare l’onore. Non si sentiva per niente in forma e il rischio sfondone era pericolosamente in agguato dietro l’angolo ma fortunatamente, si disse per consolarsi, avendo lui come rigorista forse poteva stare abbastanza tranquillo.

 

Anche la Nazionale giapponese, reduce dal famigerato festino, quella mattina non era messa molto meglio; sfoggiavano tutti un corredo di occhiaie che definire scandalose non rendeva sufficientemente l’idea, oltre naturalmente all’immancabile cerchio alla testa post-sbornia, ma almeno nessuno si era buscato un raffreddore. L’unico ad essersi salvato dalla strage fu naturalmente il solito Misugi, che tentó di svegliare gli altri alle otto, ma non ci fu verso di buttarli giú dal letto prima delle dieci. Jun decise di graziarli solo perché effettivamente non avevano un granché da fare, quella mattina.

Dopo la dipartita del “Trio dei Crucchi”, come ormai li chiamavano segretamente anche se uno di loro non lo era affatto, l’allegra brigata aveva seguitato a far baldoria fino all’orario di chiusura del locale. La cosa, il giorno dopo, li aveva lasciati alquanto basiti, perché non si capacitavano di come fossero riusciti ad essere cosí spensierati nonostante la tragica amichevole e la pessima figura che ci avevano fatto. Ma almeno, si disse Misugi, nessun fan era venuto a chiedere autografi, malgrado fosse pressoché certo che li avessero riconosciuti. Chissà, forse avevano avuto pietá di loro per lo stato in cui versavano e non avevano osato disturbarli.

“Magra consolazione” si disse sospirando “saremo crollati agli occhi di chi ci aveva idealizzato e ci vedeva come miti da raggiungere.

 

Il primo a resuscitare dal coma senza l’intervento di Jun fu Tsubasa che, dopo aver fatto uno sforzo immane per riuscire a districarsi dalle coperte che gli si erano aggrovigliate addosso, entró in bagno per darsi una rinfrescata e, guardandosi allo specchio, quasi non riconobbe la sua orrenda faccia stravolta. Si diede una lavata sbuffando disgustato e tornó nella stanza da letto per vestirsi.

-Mio Dio, ma che muso hai?- fece Tarō, svegliatosi anche lui in quel momento, mentre lo guardava da sotto le coperte con il viso appoggiato sui palmi delle mani. Tsubasa lo squadró con aria di sufficienza, replicando –Anche tu non scherzi, ti sei visto allo specchio? Sei un qualcosa di veramente abominevole, stamattina. Ishizaki ancora non segni di vita?-

-No, sembra di no- rispose l’altro voltandosi verso il letto dove il difensore se la dormiva ancora della grossa, con il volto sprofondato nei cuscini –povero, ho solo dei vaghi ricordi di ieri sera, ma la figura che ci ha fatto con la tipa ce l’ho impressa a fuoco nel cervello…lasciamolo sonnecchiare ancora un po’, !-

Il capitano attaccó a ridere sommessamente ripensando a quell’episodio, ma si interruppe di colpo quando un brivido gli elettrizzó la spina dorsale. In una sorta di flash mentale gli tornó alla memoria il comportamento dell’amico la sera prima, e subito corse in bagno davanti allo specchio per scrutarsi attentamente il collo alla ricerca di eventuali succhiotti. Notato che non ve ne era nemmeno uno, sospiró di sollievo e disse:

-Tu fattene poco caso, hai idea di quello che diventi quando bevi? Comunque vedo che mi sono salvato anche stavolta dal tuo assedio, che culo.-

-Che intendi dire?- Boccheggió Tarō, tirandosi su a fatica. Evidentemente a lui le sbronze cancellavano parzialmente la memoria a breve termine, si disse Tsubasa. Come poi anche a lui, che per il momento era ancora all’oscuro delle esibizioni canore con cui aveva “intrattenuto” il pubblico.

-Niente, se non te ne ricordi è meglio, ma sappi che per te è davvero compromettente alzare il gomito- gli rispose –ti comporti in modo inequivocabile, dissipando ogni dubbio a chi li nutre su di te.- La risposta del numero dieci era abbastanza criptica, e difatti Misaki si fece ancora piú curioso, incalzando: -Non capisco una parola di quel cazzo che dici, ma ti vuoi spiegare? Che tipo di dubbi dovrebbero avere su…- la sua frase restó incompleta perché in quel momento ebbe anche lui un flash e si rivide abbarbicato sulla sua schiena a di koala. Ammutolì all’istante e si mise una mano sulla faccia, mormorando: -Oh, Signore…-

-Hai realizzato finalmente, sottospecie di zecca? Ecco perché è meglio che tu non beva, quante volte te lo dovró ripetere ancora prima che tu recepisca il messaggio?-

-Non ci posso credere, ma sul serio faccio cose simili?- Continuó lui scuotendo la testa, sinceramente esterrefatto.

-Ebbene . Fatti vedere da uno bravo, potrebbe essere sintomo di un lato dormiente della tua personalitá che ancora non conosci- “ma che sospettano tutti” aggiunse mentalmente, ghignando.

 

In un’altra stanza poco lontana da quella di Tsubasa, Misaki e Ishizaki dormiva saporitamente il Triangolo Toho, almeno fino a quando l’insistente bussare di Misugi non aveva ridestato Kojirō dal sonno. Questi sollevó a fatica la faccia dal cuscino e imprecó mentalmente, notando la pozzangherina di bava che aveva inumidito quella parte di federa e di imbottitura, e portandosi una mano alla guancia per asciugarsi si tiró a sedere.

-Che hai da rompere?- Ringhió aprendo bruscamente la porta e rischiando di farsi bussare sul naso da Jun, che era rimasto con la mano sospesa a mezz’aria.

-Sono quasi le dieci, non vi sembra il caso di riprendervi?- Fece lui, buttando un occhio all’interno della camera e scorgendo gli altri due che ancora ronfavano beati.

-Perché, che abbiamo da fare? Vedi di cavarti dalle palle- Rispose Kojirō amabilmente sfoggiando la ben nota proprietà di linguaggio, mentre gli sbatteva la porta in faccia pensando stizzito che ormai non sarebbe piú riuscito a riprendere sonno. La testa gli pulsava e si sentiva in bocca un sapore disgustoso, per cui si avvió con passi pesanti in bagno per lavarsi viso e denti, maledicendo quello scrotoclasta di Jun.

Ma, essendosi alzato molto storto, decise che se non dormiva lui non avrebbero dovuto farlo neanche gli altri. Appena uscito dal bagno camminó a tentoni nella semioscuritá dirigendosi verso la finestra e, bestemmiando fra i denti una sfilza di anatemi per aver inciampato nella valigia di Wakashimazu rimasta bellamente aperta in mezzo alla stanza, tiró con malagrazia le tende e alzó rumorosamente le tapparelle, inondando improvvisamente di luce l’ambiente.

Spazió un attimo lo sguardo e, notando le condizioni in cui si trovava la loro camera, fu colto da un moto di repulsione. Nonostante le inservienti dell’albergo l’avessero risistemata meno di ventiquattro ore prima e loro ci fossero stati dentro non piú di mezza giornata da quando erano arrivati, sembrava un campo di battaglia. Non si sarebbe detto, forse, ma lui era un tipo piuttosto ordinato e pratico, a differenza di Wakashimazu che da solo era capace di fare piú casino di un contingente intero.

Da una stima approssimativa sembrava che gli altri due fossero morti, perché non mossero un muscolo. Kojirō allora passó alle maniere forti e si impossessó delle loro coperte, costringendoli ad un brusco risveglio.

-Siamo cafoni fin dal mattino, vedo…- biascicó Ken stropicciandosi gli occhi, mentre sbadigliava sonoramente.

-Sai la novitá…- gli fece eco Takeshi coprendosi la testa col cuscino, senza muoversi dalla sua posizione.

-Io vado a fare colazione, venite o no?- Esclamó l’attaccante ignorando i loro commenti, mentre si infilava i pantaloni della tuta. Sawada agitó una mano mugugnando un “dopo” ad occhi chiusi, ripiombando nel sonno nonostante fosse mezzo scoperto e infreddolito, ma Wakashimazu annuí alzandosi in piedi e stiracchiandosi. –Dammi un minuto e sono da te- disse, e notando l’amico che lo fissava sghignazzando, inarcó un sopracciglio, stupito: -Tu che ridi di prima mattina? E per cosa poi, sei sicuro di stare bene?- Kojirō, che era stato il primo a sorprendersi per il suo riso spontaneo, gli indicó i capelli esclamando –Sono mezzo tentato di chiamare un esorcista, se ti vedessi allo specchio capiresti. Sembri un’ananas.-

Ken fece una faccia agghiacciante e si catapultó in bagno, dove inizió a pettinarsi freneticamente le chiome ribelli imprecando a mezza voce, perché sembrava sul serio che avesse infilato due dita nella presa di corrente. Aveva anche lui, come tutti del resto, reminiscenze piuttosto confuse della serata appena trascorsa, ma si ricordava distintamente di quel disgraziato di Ishizaki che si era trastullato a giocare al parrucchino con la sua inestimabile capigliatura, tirandoseli sulla testa e pavoneggiandosi come un perfetto imbecille. Doveva essere tutta colpa sua. Poche altre volte, infatti, gli era capitato di ritrovarsi al mattino con una simile indecenza al posto dei capelli, dal momento che era dedito riservargli sempre cure e attenzioni che gli altri definivano quasi maniacali.

-Ma dai Ken, sei bello lo stesso…- lo canzonó Kojirō dalla camera, ghignando. –Io mi avvio, se ti conosco bene ci metterai un secolo. Ci vediamo giú.-

 

Doveva conoscerlo davvero bene, perché dopo un quarto d’ora di attesa l’amico ancora non si vedeva. Nel frattempo, si era seduto al tavolo dove c’erano giá anche Tsubasa, Tarō e Misugi (Ishizaki non c’era stato modo di svegliarlo) che erano piuttosto silenziosi e si scambiavano di tanto in tanto sguardi a dir poco allucinati, sbocconcellando chi un biscotto chi un panino.

-Io mi sento uno straccio…- farfuglió un Tarō apatico senza alzare lo sguardo dal suo tè. Si stava ancora vergognando come un ladro per quello che aveva appreso sulle sue imbarazzanti avventure etiliche ai confini dell’eterosessualitá, e si augurava ardentemente che nessuno girasse il coltello nella piaga, ma vedendo arrivare Kojirō perse presto ogni speranza di cadere nell’oblio. Quello di sicuro si sarebbe divertito a sfotterlo fino alla morte, si disse sconsolato.

-Tira aria di cimitero qui, cos’è? Un circolo anziani?- Esordí l’attaccante esibendo per l’ennesima volta la sua caratteristica convivialitá, mentre addentava una fetta di pane tostato. I numeri dieci e undici lo guardarono con delle occhiaie profonde che piú profonde non si poteva e nei loro occhi serpeggiarono lampi di invidia.

-Come cacchio fai ad essere cosí arzillo, e poi non hai neanche una ruga- osservó Tsubasa, che quella mattina si era sentito di colpo dieci anni in piú addosso.

-Ma che siete, educande? Per un goccetto di birra e mezza notte in bianco?- Li sbeffeggió lui, imburrando un’altra fetta di pane.

-Chiamalo goccetto…ho perso il conto dei litri che avró bevuto- rispose allora il capitano perfettamente conscio della sua condotta riprovevole, di cui peró non si era ancora pentito al cento per cento. Era la sua prima vera sbornia, e nonostante non avesse nessuna intenzione di allungare la lista delle sue imprese, ecchecavolo, si era detto, almeno una in tutta la vita.

A interrompere quell’insensato botta e risposta intervenne Takeshi, che sopraggiunse visibilmente stravolto e si posizionó di fianco a Kojirō,  nascondendo il volto fra le mani con fare teatrale.

-Che hai?- Gli chiese l’attaccante guardandolo con aria insofferente e un sopracciglio alzato, abituato com’era alle sue pantomime. Ci avrebbe scommesso che c’entrava Wakashimazu, e difatti l’amico mugugnó in risposta: -E’ per Ken. Tu non puoi neanche immaginare, sono stato svegliato da un’orribile trance tamarra* della peggior specie…non dico che era a tutto volume, se no l’avrebbero sbattuto fuori dall’albergo a calci in culo, ma poco ci mancava.- Gli altri scoppiarono a ridere di fronte a quella spiegazione tragicomica perché cozzava terribilmente con la sua faccia spiritata, che induceva a pensare a  tutt’altro genere di motivi ben piú seri.

-Non ce la puó proprio fare a smettere di ascoltare quella robaccia…ma che sta facendo ancora? Sempre quei cazzo di capelli?- Alla domanda di Kojirō Takeshi annuí e rispose –ha detto che Ishizaki gli aveva combinato un disastro ieri sera e che ci avrebbe messo almeno mezz’ora a rifarsi la piega.- A quell’affermazione tutti si scambiarono occhiatine eloquenti, sghignazzando. Era proprio fissato, peggio di Tsubasa col pallone.

-L’ho lasciato che ballava come un tarantolato mentre preparava il suo balsamo speciale. Sai, quello che ottiene mescolando almeno tre prodotti diversi. Se non sfonda come portiere, quel ragazzo ha un futuro assicurato come hair-stylist.- Concluse Takeshi, sorridendo sardonico e suscitando nei presenti una sincera risata sguaiata. Decisamente, le “prodezze” del Triangolo Toho a volte erano un toccasana per l’umore.

-Sentite- fece in quel momento Misugi cambiando argomento -io stamattina andrei volentieri a fare un giro in centro a comprare qualche souvenir, c’è nessuno che ha voglia di venire con me?-

Gli altri lo guardarono con delle facce che la dicevano lunga su quanto fossero entusiasti della sua proposta, finché Tsubasa ci ripensó e disse, malizioso:

-Massí, vengo io con te, cosí ti aiuto a scegliere qualcosa di carino per Yayoi, sei contento?-

Jun arrossí leggermente e gli frecció di rimando, piccato –tanto lo so che è una scusa per comprare un regalo a Sanae, mica sono deficiente che non l’ho capito!-

Il capitano sbuffó visibilmente imbarazzato e glissó abilmente la questione, chiedendo: -A proposito di denaro, a chi devo dare i soldi della mia parte per ieri sera? Perché non mi risulta di aver pagato qualcosa a qualcuno.-

-Ci credo se non te lo ricordi, ancora un po’ e ti perdevamo- sghignazzó Kojirō –e comunque non ne ho la minima idea, neanche io ho pagato niente a nessuno.-

-Io nemmeno.- Si accodó Tarō, scrollando le spalle.

-E io pure- Concluse Takeshi, scuotendo la testa.

Rifletterono un istante e si resero conto di essere usciti dal locale con la massima noncuranza verso quel “dettaglio”, sfasati com’erano; e anche chi magari se n’era ricordato aveva lasciato correre, supponendo che ci avesse giá pensato qualcun altro e che si sarebbero aggiustati in un secondo momento.

Misugi, il solo a conoscere la veritá, si schiarí la voce per un po’ prima di decidersi a dire –ehm, ragazzi…Wakabayashi ha saldato il conto a tutti, ieri sera.- L’aveva scoperto quando si era alzato per andare a chiedere a quanto ammontasse la cifra da pagare, essendo l’unico completamente sobrio che fosse in grado di adempiere a quel compito. Parlando in un inglese strascicato e concludendo la frase a gesti, il gestore gli aveva fatto intendere che aveva sopperito alla cosa “il moretto con gli occhi a mandorla” in mezzo ai due tedeschi che erano andati via prima.

Quando aveva appreso la notizia a Jun per poco non cadeva la mascella dalla sorpresa, e gli amici ebbero la stessa identica reazione, meravigliati soprattutto del fatto che avesse disimpegnato anche Kojirō. Doveva proprio essere stato ubriaco perso.

-Ha fatto cosa?!- Berció subito lui, con un’espressione trucida in volto –Chi si crede di essere quel fighetto? I miei debiti me li pago da solo, io!- Doveva dargliene atto, quel bellimbusto riusciva sempre a stupirlo. Vabbé che a pecunia stava messo bene e si sapeva, ma se gli altri vedevano la cosa come una cortesia gradita, per lui equivaleva praticamente ad un insulto: era una questione di orgoglio personale, la Tigre della Toho non accettava l’elemosina da nessuno. Men che meno da uno come lui.

-Eddai, Hyūga- fece Tsubasa, risistemandosi la mandibola mezza slogata –che problema c’è? E’ un gesto gentile, non prendertene a male.-

Purtroppo, peró, si era fuori tempo massimo per tentare di ammansirlo perché ormai l’embolo gli era partito, e aveva giá preso la ferma decisione di andare a pescare il portiere per sbattergli in faccia senza tanti convenevoli la propria parte di soldi. -Me la prendo eccome! Chi gli ha chiesto niente? Io non ho bisogno  della caritá di nessuno, specialmente della sua!-

Gli altri si guardarono alzando gli occhi al cielo, pensando che quando ci si metteva Kojirō sapeva essere una Vera Palla.

-Ascolta, Hyūga- proseguí l’ardito Tsubasa, evidentemente poco interessato alla propria incolumitá –ho pensato di ringraziare Wakabayashi da parte di tutti noi. Lo faró anche da parte tua e tutto morirá , d’accordo? Non c’è bisogno di risolvere questa faccenda con uno spargimento di sangue.- Tarō, Takeshi e Jun lo fissarono allibiti, pensando che fosse proprio l’ultima cosa che dovesse dire. Kojirō che ringraziava Genzō per qualcosa? Pura fantascienza.

-Cos’è, ti ha svaporato il cervello?- L’attaccante si alzó di scatto facendo quasi cappottare la sedia e si avvicinó minacciosamente al volto del capitano, puntandogli l’indice sul petto a sottolineare le sue parole.

-Stammi a sentire, splendore…tu non farai proprio niente da parte mia, chiaro? Azzardati a dirgli qualunque cosa e ti sparecchio la faccia.-

 

 

 

NOTE (futili come al solito):

 

*Che poi è quella che ascolta anche la sottoscritta xD

Apprezzo moltissimi generi musicali diversi, e ahimé la trance-trash rientra(va) fra questi. Ne ho abusato negli anni della gioventù, sigh, che bei ricordi; peró, sempre parlando di questo filone musicale, ormai è da parecchio che mi sono votata alla sola hime-trance nipponica, che piú o meno è la stessa cosa, ma alle mie orecchie è maggiormente sopportabile solo perché i testi dei motivetti scemi e tutti uguali sono cantati in giappo^^;

Ma non sono truzza. Ballo questa roba solo quando DEVO sfogarmi e non posso pogare con nessuno. Lo giuro xD


Mi sembra doveroso poi aggiungere un piccolo appunto anche su un’altra cosa, come qualcuno mi ha fatto giustamente notare.
Trottola mi ha scritto dicendosi perplessa circa il fatto che i J-Boys si sbronzassero cosí alla svelta, perché non le sembrava molto realistico. Ebbene, esiste una spiegazione logica piuttosto semplice che ho omesso finora perché per me era scontata, anche se effettivamente a pensarci bene non lo è affatto. Provvedo subito a delucidare in merito.
I J-Boys si ubriacano cosí in fretta perché gli asiatici hanno una differente tolleranza verso l’alcool rispetto agli europei, causata dall’assenza di un enzima chiamato “Aldeide Deidrogenasi 2”, uno di quelli che serve appunto alla metabolizzazione di tali bevande. Oppure, anche laddove l'enzima é presente, é comunque difettoso e non fa il proprio dovere. Tradotto in parole povere, hanno una scarsa capacitá di assimilazione degli alcolici e tendono a sbronzarsi nella metá (se non meno) del tempo che ci metterebbe una qualsiasi altra persona di etnia non asiatica. Per cui, se vi sembra che nella fic vadano fuori di testa troppo velocemente sappiate che succede davvero cosí, se poteste bere in compagnia di giapponesi ve ne rendereste conto^^
Esistono ovviamente delle eccezioni, ma in linea di massima è una cosa che hanno di “default” nel loro corredo genetico. Va considerato poi che i boccali di cui parlo sono da un litro e mezzo-due di birra, e di un tipo particolarmente peso. Anche Kaltz alla fine é fuori come un balcone pur non essendo giapponese, ma se si calcolano i litri che ha ingerito la cosa si spiega, credo xD

 

 

 

Visto che avevo del tempo da perdere a esami terminati, ho provato a fare un banale disegnuzzo senza senso del Triumvirato dei Fessi, perché io AMO questi tre, li amo sul serio. Se volete vederlo cliccate QUI, ma siete avvertiti, è fatto in fretta e furia e colorato anche peggio (Tempus Fugit, e poi io odio colorare xD) Potevo fare di meglio, ma poco male, non ho certo intenzione di smettere di disegnarli^^

 

Grazie mille a Silen (carissima, mi fa sempre un piacere immenso leggere i tuoi commenti, lo sai^^) e a Berlinene (ragazze, voi due mi avete fatto sghignazzare come una stordita con i vostri BOT, CCT e PROT xD) che si prendono la briga di commentare questa specie di fic. Non deve essere facile, e apprezzo davvero molto il vostro sforzo.

Un sentito grazie anche a tutti i lettori silenti^^

Un ringraziamento speciale va poi a Pucchyko_Girl, che sostiene di essere stata ispirata da me (!) per la stesura della sua toccante e malinconica “Avevo un sogno…che ora ti affido”, incentrata su quella sagoma di Mr.Stecchino.

Sono a dir poco commossa e lusingata, nonché ancora sconvolta, da questa cosa *__*

 

 

  
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