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Autore: f_26    02/09/2015    0 recensioni
Ogni mattina camminava dal proprio appartamento alla seconda fermata della metropolitana più vicina impiegando esattamente 18 minuti, così da convincersi di fare almeno un po’ di quell’attività fisica che i medici gli consigliavano. Timbrava il biglietto, aspettava l’arrivo del treno e sedeva nell'ultima carrozza. Passava i 7 minuti che lo separavano dall’arrivo contando le persone che salivano e scendevano, ipotizzando il numero di fermate che ognuno avrebbe fatto. Alla quinta fermata si alzava, imboccava la prima uscita a destra e si incamminava verso le scale che lo avrebbero ricondotto alla vivida luce del sole. Comprava il giornale alla solita edicola, il caffè al solito bar, ed entrava nell’edificio che lo avrebbe ospitato per le successive 8 ore, nell’attesa di nemmeno lui sapeva bene cosa. Compilava moduli, inviava e-mail, rispondeva a telefonate, redigeva documenti, ma la vera attività principale della sua giornata era aspettare. Aveva incontrato la donna 8 mesi prima, quasi 9, sulla stessa metropolitana che prendeva ogni mattina, 5 giorni su 7. La aspettava da allora.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ogni mattina camminava dal proprio appartamento alla seconda fermata della metropolitana più vicina impiegando esattamente 18 minuti, così da convincersi di fare almeno un po’ di quell’attività fisica che i medici gli consigliavano.
Timbrava il biglietto, aspettava l’arrivo del treno e sedeva nell'ultima carrozza.
Passava i 7 minuti che lo separavano dall’arrivo contando le persone che salivano e scendevano, ipotizzando il numero di fermate che ognuno avrebbe fatto.
Alla quinta fermata si alzava, imboccava la prima uscita a destra e si incamminava verso le scale che lo avrebbero ricondotto alla vivida luce del sole.
Comprava il giornale alla solita edicola, il caffè al solito bar, ed entrava nell’edificio che lo avrebbe ospitato per le successive 8 ore, nell’attesa di nemmeno lui sapeva bene cosa.
Compilava moduli, inviava e-mail, rispondeva a telefonate, redigeva documenti, ma la vera attività principale della sua giornata era aspettare.
Aveva incontrato la donna 8 mesi prima, quasi 9, sulla stessa metropolitana che prendeva ogni mattina, 5 giorni su 7.
Era salita alla fermata dopo la sua, ed era scesa ben 4 fermate prima di quel lui che aveva previsto.
L’aveva fatto di corsa, probabilmente realizzando all’ultimo secondo che quella era la sua stazione.
Aveva delle grosse cuffie, ascoltava della musica e durante il tragitto aveva accennato qualche nota.
Aveva una voce piacevole, lo aveva colpito.
Per questo, scendendo dalla carrozza, si era soffermato un po’ più del solito a pensare a dove la sconosciuta stesse realmente andando.
Così, per svago, come di tanto in tanto faceva con quei rari individui che lo impressionavano.
Molto rari, in verità.
Stava fantasticando sul suo lavoro, sulla sua famiglia, sul suo ipotetico cane di piccola taglia, quando, tragedia, il biglietto che teneva fermamente in mano, come tutte le mattine pronto ad essere gettato nel cestino accanto all’edicola, era scivolato in terra.
Da cittadino coscienzioso quale era si era voltato e chinato a raccoglierlo, giusto in tempo per vederla  precipitarsi verso le porte che si erano chiuse subito dopo di lei. Ne era rimasto contrariato, come sempre succedeva quando le sue previsioni non rispecchiavano la realtà delle cose.
Aveva corrugato la fronte per un attimo, prima di rivoltarsi verso le scale e avviarsi verso la luce ed il chiasso della strada soprastante. E poi lei lo aveva raggiunto.  
- Mi scusi!- aveva strillato.
Lui si era fermato e voltato di nuovo, mentre lei abbassava le cuffie da cui continuava ad uscire musica ad un volume indecente e sorrideva imbarazzata.
- Mi scusi, dovrei raggiungere questo indirizzo – gli aveva mostrato un foglietto strappato con su lo scarabocchio in questione – sa dove devo andare?
Aveva  una voce decisamente piacevole, quando non urlava.
Lui aveva risposto con la solita formale cortesia che usava con chiunque, tranne forse sua madre, e le aveva suggerito di prendere la seconda traversa a sinistra, voltare alla prima a destra, e camminare fino in fondo alla strada, dove si trovava l’incrocio con la strada che cercava.
Lei aveva sorriso di rimando, ringraziandolo, per poi allontanarsi a passo svelto, le cuffie di nuovo ben piazzate sulle orecchie.
Lui si era avviato in direzione opposta per qualche metro, prima di farsi prendere dal dubbio: le ho indicato la  prima a destra o a sinistra?
Pochi, tremendi secondi prima di decidere di correrle dietro, cosa decisamente non nel suo stile, e correggersi precipitosamente, scusandosi moltissimo per l’errore, non era da lui confondere sciocchezze del genere.
Lei, perplessa al sentirsi richiamare, cordialmente sorridente alla spiegazione, lo aveva ringraziato di nuovo, tranquillizzandolo di non preoccuparsi affatto, e lui aveva avvertito l’inestinguibile desiderio di offrirle un caffè e di scortarla fino a destinazione, per farsi perdonare.
Decisamente non nel suo stile.
Lei aveva inaspettatamente accettato.
Erano andati al solito bar, lui per il solito caffè ristretto, lei ordinando un cappuccino, ed avevano chiacchierato.
Si era laureata da poco, e l’assenza quasi totale di lavoro nel suo campo l’aveva spinta ad andare, quella mattina, ad un colloquio in un grosso studio notarile per un posto come segretaria.
Aveva alzato le spalle, mentre ne parlava; era un lavoro di cui aveva bisogno, ma che non avrebbe amato, e non sapeva nemmeno se avrebbe effettivamente avuto il posto, vista la sua poca esperienza.
Lui, stupendosi della propria audacia, le aveva offerto il proprio biglietto da visita, indicandole l’indirizzo ed  invitandola, qualora il colloquio fosse andato male, a provare nell’azienda dove lavorava, sempre alla ricerca di personale per questo o quest’altro impiego.
Chissà, magari avrebbe trovato qualcosa di più adatto ai suoi studi ed interessi.
Lei lo aveva ringraziato ancora, ed avevano continuato a chiacchierare del più e del meno fino al portone dello studio, dove una targa d’ottone ricordava a chiunque vi si soffermasse la fama e il prestigio del signor Notaio e Figli.
Si erano accomiatati lì sotto, lui le aveva augurato buona fortuna e lei lo aveva assicurato che avrebbe tentato un colloquio per la sua azienda, se questo fosse andato male.
Poi aveva citofonato, era entrata, salutandolo con un ultimo sorriso, e lui era rimasto solo.
Per la prima volta in 6 anni era arrivato in ritardo a lavoro e da allora - da 8 mesi, quasi 9 - la aspettava.
   
 
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