Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: Gjnger Kajst    03/09/2015    0 recensioni
Quando era con lei sentiva che non c’era aria sufficiente per entrambi, si sentiva soffocare come se fosse in uno spazio troppo piccolo. Non era di certo per amore. Immaginò che ci fosse lui al suo posto. Che ci fossero le sue braccia intorno alla sua vita e i suoi tatuaggi a fargli compagnia. Cercava di dimenticarlo, ma ogni piccola cosa, ogni minimo dettaglio glielo ricordavano. Il suo ricordo diventava sempre più nitido nella sua mente e il suo cuore si accartocciava sempre di più provocando fitte di dolore.
** LARRY **
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Step

 
“La nave non va da nessuna parte senza la bussola.”
-Härry.
 
Prologo

«Fa caldo qui, vero, Harry?» sussurrò la ragazza cominciando a sbottonarsi la camicetta bianca con piccole decorazioni azzurre. Il silenzio aveva regnato per tutta la serata. Il ragazzo rimaneva sulla finestra, illuminato dalla luce bianca della luna, ad aspirare il fumo di quella sigaretta che aveva in mano. Sentiva un leggero bruciore quando il fumo passava per la sua gola e poi lasciava uscire il tutto come per liberarsi di uno di quei tanti pesi che portava sul cuore. Il riccio guardava le stelle in cielo, sorrideva amaramente al ricordo di quella promessa fatta, al ricordo di quell’impegno preso in una canzone. Sentì che l’aria non era più insufficiente. Stanca di non essere ascoltata, la bionda si alzò dal letto facendo scivolare i suoi lunghi capelli in avanti. Con passo felpato, arrivò fino alla schiena nuda del ragazzo cominciando ad accarezzarla dolcemente. Si strinse a lui poggiando la testa al suo corpo, si lasciò andare e chiuse gli occhi. Si sentiva in paradiso, sentiva di poter toccare il cielo con la punta delle dita. Voleva dare un’altra possibilità al ragazzo, così cominciò a lasciargli una scia di piccoli baci umidi appena sotto la scapola. Farfugliò qualcosa di incomprensibile, quasi come un lamento. Harry pensava a tutt’altro che al paradiso. Harry cominciava a chiedersi solo se fosse giusto essere lì, in quel momento, tra le braccia di quella ragazza che avrebbe dovuto sposare a giorni. Poggiò le mani su quelle della ragazza che giacevano sulla sua pancia e delicatamente le spostò via liberandosi dalla sua presa soffocante. Quando era con lei sentiva che non c’era aria sufficiente per entrambi, si sentiva soffocare come se fosse in uno spazio troppo piccolo. Non era di certo per amore.

«Cheryl, ti prego. Smettila.», disse con un fil di voce, non voleva essere duro con lei, ma entrambi sapevano benissimo che la storia non andava. Ci provavano. Harry indugiò un po’ in quei suoi occhi azzurri, ma immaginò che non fossero di quella ragazza che i suoi amici ritenevano perfetta. Immaginò che ci fosse lui al suo posto. Che ci fossero le sue braccia intorno alla sua vita e i suoi tatuaggi a fargli compagnia. Cercava di dimenticarlo, ma ogni piccola cosa, ogni minimo dettaglio glielo ricordavano. Il suo ricordo diventava sempre più nitido nella sua mente e il suo cuore si accartocciava sempre di più provocando fitte di dolore.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.”, aveva considerato Harry e così pensò bene d’andare in Italia per il suo matrimonio, per dimenticare il passato. Il problema era che, quella crepa nel cuore, fungeva da legame tra i due. Era come una corda, lui doveva riuscire a spezzarla per essere felice, ma la corda era più forte di lui. Si ritrovò ancora a pensare ai suoi occhi azzurri che lo guardavano, incominciò a tremagli il mento e gli occhi a pizzicare. Si morse il labbro per non piangere davanti alla ragazza e prese velocemente la sua maglia bianca dalla sedia in legno. Fu un attimo, come un soffio di vento, uscì dalla stanza mettendo la maglia. Non poteva più controllare le lacrime e lo sapeva, in fondo.

Cominciò a correre, oltre le siepi ed i giardini, oltre la gente, oltre i pensieri ed i problemi.
Le lacrime ormai scorrevano libere sulle sue guancie e per poco non cominciò a singhiozzare. Portò la malia sul viso, rallentando la corsa, per soffocare  quel pianto liberatorio. Per un attimo gli sembrò di essere l’unico sulla terra a provare un dolore così forte ed asfissiante. Voleva scappare, sì, ma non sapeva dove andare. Portò gli occhi alla luna chiedendole aiuto. Pensò di scappare proprio lì, sulla luna, lontano da tutti. Mentre lui guardava il cielo stellato, in tutta la sua bellezza, lei era ancora in camera, stesa sul letto a guardare il soffitto con un mano sulla pancia e le lacrime agli occhi. Come tutte le notti era un cuscino a farle compagnia, non Harry, non il suo futuro sposo, ma un semplice cuscino con il suo profumo di tabacco e menta. Abbassò gli occhi sul comodino al suono di un cellulare. Allungò la mano prendendo in mano il telefono: un messaggio.

“Prendimi anche per stupido, ma io ti amo ancora.”
01 Mag 2014 23.35 Emittente: Tappo


 

«Ma vaffanculo!» urlò scoppiando in lacrime. Lanciò il cellulare contro il muro di fronte a lei stringendosi al cuscino. Soffocava i singhiozzi mordendolo e tirando pugni al materasso. Era così facile passare dal paradiso all’inferno.

**

Gemma Styles era il tipo di ragazza che raggiungeva sempre i suoi obbiettivi. Determinata ed ambiziosa, non era affatto come suo fratello. Se voleva qualcosa la otteneva, a tutti i costi, pur di rompersi una gamba. Era quello che stava facendo in quel periodo: raggiungere i suoi obbiettivi e, soprattutto, la perfezione. Erano giorni che non si dava pace per due suoi grandi problemi: riuscire ad eseguire un triplo axel, cosa che -per il suo allenatore- era completamente impossibile da fare, e riuscire a rovinare il matrimonio di suo fratello. Non per cattiveria, ma per pura follia. Gemma aveva trovato, poco tempo prima dell’annuncio del matrimonio, una fotografia in bianco e nero di suo fratello ed un ragazzo. Inizialmente aveva pensato ad un amico, un semplice amico. Ma poi aveva cominciato a notare piccoli particolari che le avevano fatto cambiare idea: tatuaggi strani di suo fratello, frasi scritte su fogli, canzoni che parlavano di stelle e fotografie rotte. Aveva pensato tanto a tutto quello, poi le si accese una lampadina, lì, proprio in fronte.
Aveva deciso di controllare i messaggi di suo fratello, uno per uno, ogni conversazione. L’unica conversazione interessante era stata quella con un certo “Tappo”, nome strano ma azzeccato, perché -successivamente- scoprì essere il nome del ragazzo nella foto. Anche lì era piuttosto basso. Ora, era davanti alla sua cabina armadio, guardava i vari vestiti e pensava. Pensava di poter, un giorno, assistere ad un altro matrimonio, magari tra suo fratello e quel ragazzo, poi sorrideva e scuoteva la testa all’idea di due ragazzi che si baciavano. D’un tratto si bloccò: prese ad immaginare sua madre a terra, stesa per il colpo. Sarebbe stato davvero un colpo troppo grande per lei. Andiamo, chi sarebbe felice di avere un figlio omosessuale al giorno d’oggi? Pensava Gemma, ed aveva ragione. L’immagine di Anne per terra era esilarante, ma lei doveva trovare il modo per far si che ciò non accadesse. Ecco un nuovo obbiettivo: non far agitare sua madre con la notizia. Pensò che sarebbe stato meglio scrivere tutti gli obbiettivi su un taccuino. Si mise a guardare un vestito bianco a pois rossi, lungo fino al ginocchio. L’unico lato positivo del matrimonio era l’acquisto del vestito da damigella. Una ragazza come Gemma non si sarebbe mai fatta scappare un’occasione simile. Era lì che dovevano andare, ma il piano di sabotaggio prevedeva almeno un’ora di ritardo per l’appuntamento con la sarta e Gemma ci teneva a non uscire dagli schemi.  Lei si rigirava il vestito la le mani, accarezzandone il tessuto, nel frattempo, Harry, fuori dalla stanza continuava a bussare alla porta per arrivare il prima possibile all’appuntamento. Il ragazzo sapeva che sua madre si sarebbe infuriata e che la colpa sarebbe caduta su di lui, come al solito.

«Gemma, hai fatto?» riprese a bussare con insistenza. «Lo sai com’è Cheryl, si arrabbierà!» sbuffò esasperato.
La sua era una messa in scena. In parte era contento di arrivare tardi, almeno così, con i tanti ritardi, il matrimonio sarebbe stato posticipato e avrebbe avuto più tempo per dimenticare e non pensare al suo lui sull’altare. Avete presente quando, nella celebrazione, il prete dovrebbe dire:“E tu Harry, vuoi prendere Cheryl come tua legittima sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita”?
Harry sognava spesso, in quel periodo, che scoppiasse qualcosa in chiesa mentre il sacerdote parlava. Il suo era solo un sogno, ma magari qualcosa sarebbe potuta scoppiare davvero. Ora si metteva le mani in faccia cercando di auto-convincersi che Cheryl era perfetta, che era la moglie che tutti i ragazzi avrebbero voluto, che pensare ad un uomo era completamente sbagliato, ma l’unica cosa sbagliata era proprio il suo “auto-convincersi”, che poi, alla fine, non funzionava nemmeno. Dopo un po’ si aprì la porta e, con esattamente cinquantasei minuti di ritardo, me uscì fuori Gemma, con un sorriso raggiante sul volto ed il suo vestito a pois rossi. Roteò su se stessa per farsi guardare. Il riccio sorrise, per la prima volta in quella giornata buia che si accese col sorriso della stessa ragazza.
«Voilà! Come sto?» disse allargando con le mani la gonna bianca. Il ragazzo sorrise ancora pensando a quanto sua sorella potesse trasmettere felicità con un solo sorriso.
«Sei splendida, semplicemente magnifica!», rispose sorridendo. Gemma afferrò la sua borsa e allungò una mano verso Harry, che la prese facendo intrecciare le loro dita. Cominciarono a camminare verso l’uscita della casa, così, con le mani unite. Nel tragitto in macchina regnava solo il silenzio fin quando il suono di un cellulare non lo ruppe.

“Finito con questo vestito? Voglio vederti.”
02 Mag 2014 10.30 Emittente: Ash  

**

«Ti stai lavorando ancora la sorellina di Styles?» fece eco la voce del biondo nella stanza quasi vuota. Luke continuava a lanciare la pallina da tennis gialla contro il muro spoglio, per poi riprenderla tra le mani.
«Già.», Ashton aveva un sorriso a trentadue denti sparato in faccia. «Forse, più tardi ci vediamo.» continuò. Il biondo girò il capo per assicurarsi di aver capito bene quello che aveva detto il suo amico. Fece una smorfia, voleva essere lui al suo posto. Luke era parecchio geloso del rapporto Gemma-Ashton, sapeva bene che la ragazzina voleva rapporti ben diversi da quelli che voleva lui, per questo l’aveva lasciata perdere, anche se con una nota di dolore. A lui piaceva Gemma, era la tipica ragazza acida e perfettina, e poi aveva anche un bell’aspetto. Perché non provare? Si era chiesto, ma, dato lo svolgimento dei fatti, aveva lasciato perdere dalla prima sera che vide il suo migliore amico con la ragazza che tanto desiderava. Mentre lanciava la pallina, immaginava che ci fosse la faccia di Ashton al posto del muro e lanciava, sempre più forte, la sfera gialla provocando rumore. Lanciò la pallina un po’ più forte e lontano, andò a finire dietro un armadio e la lasciò perdere, era troppo pigro per alzarsi, specialmente in giornate come quelle: piene di rabbia e gelosia. Chiuse gli occhi e, portando le mani sul viso, sospirò. Era difficile dimenticare una persona, ma, come si diceva sempre, arriverà il giorno in cui una nuova persona curerà le ferite provocate dalla vecchia. Luke doveva solo aspettare la sua nuova infermiera. Il silenzio regnava ancora fino a quando non si sentì sbattere forte una porta. Luke ed Ashton girarono il capo velocemente, vedendo una ragazza in intimo uscire dalla stanza di Calum, il loro coinquilino. Una luce maliziosa si accese nelle iridi azzurre di Luke che guardava il fondo schiena della ragazza con una certa ammirazione.

«Ehi, ehi, ehi, e tu da dove spunti?» disse il biondo mentre osservava la ragazza che si vestiva goffamente.

«Chiedilo al tuo amichetto.» più lei rispondeva acidamente, più in Luke si accendeva la voglia di conoscerla. Calum sbucò fuori dalla sua stanza, in boxer, cercando di calmare la ragazza. La chiamava “Amore, piccola, cucciola”, ma lei era furiosa e lo respingeva.

«Non mi chiamare amore, brutto stronzo!» urlò lei prendendo la borsa dal divano. «Và a chiamare “amore” qualcun’altra, magari la ragazza che ha lasciato il perizoma nella tua stanza!» continuò. Lei chi è? April Lover, quella che dovrebbe essere la ragazza di Calum, anzi, l’ex ragazza. Luke ed Ashton guardavano la scenetta senza smettere di ridere, Luke raccolse il perizoma di pizzo nero da terra facendolo sventolare vicino alla ragazza. Lei glielo strappò dalle mani, gettandolo in faccia a Calum che, in imbarazzo, rimaneva zitto, ascoltandola.

«Piccola, non urlare, ci sentono.» cercò di quietarla ancora il moro, ma lei non voleva saperne e di fatti urlò ancora:

«Invece quando urlavo nel tuo letto non ti dispiaceva! Vero?» Calum la prese per un braccio e, per fare la sua bella figura davanti ad una ragazza carina, Luke si alzò spostando la sua mano. I due si lanciarono occhiate fulminanti e, per un attimo, Ashton pensò che si sarebbero presi a botte per una ragazza. Fortunatamente, il moro lasciò la ragazza e Luke, sorridendo soddisfatto, l’accompagnò fuori dalla porta fino all’ascensore. Nel piccolo abitacolo stavano tutti e due in silenzio, lei sentiva il mento tremare appena, mentre la voglia di piangere cresceva sempre di più. Le scese una lacrima calda e salata sulla guancia, l’asciugò velocemente, sperando che il ragazzo non l’avesse vista. Invece lui l’aveva vista eccome. Guardò la ragazza dolcemente e per un attimo eliminò tutti i pensieri poco casti che aveva fatto su di lei.

«Andiamo, non merita le tue lacrime.» sussurrò, accarezzandole dolcemente i capelli. Luke ricordò di quella volta in cui sua madre lo consolava da piccolo, quando le ragazze non lo volevano, sorrise dolcemente al ricordo, facendo scivolare via la mano. Improvvisamente la ragazza l’abbracciò, affondando la testa nell’incavo del suo collo. Lui la stringeva a se e lei singhiozzava, scoppiando in un pianto liberatorio. Un abbraccio poteva guarire le ferite? Forse sì, anche perché, lo stesso Luke, non riusciva a spiegare quella sensazione di benessere che provava tra le braccia di April. Rimaneva in silenzio mentre la stringeva. Come fa Calum a tradire una ragazza così? Pensò.

Note Autrice:
Hola, io sono Gjn (per ulteriori informazioni leggi la bio :) )
Sono qui con una storia dalle tematiche "forti" ma che cerco di descrivere sdrammatizzando il tutto. Spero vi piaccia questo primo capitolo, a breve posterò il prossimo, sempre se la storia mi darà frutti. Avevo pensato di fare una domanda alla fine di ogni capitolo.. quella di oggi è:
Cosa pensate della reazione di Harry?
Aspetto dei feedback u.u
Baci, Gjn.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Gjnger Kajst