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Autore: Love_Food    03/09/2015    4 recensioni
E se Lindsay avesse continuato a lavorare nella Task Force? Se dopo quella notte d'amore lei fosse partita per La Paz per svolgere la missione sotto copertura?
Se al suo ritorno, qualcosa o qualcuno fosse cambiato?
Piccola What If a capitoli
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erin si svegliò quando sentì la mano della hostess sulla spalla 'Stiamo atterrando, signorina. Tra 15 minuti inizieremo la discesa'. La donna la ringraziò e cominciò a ricomporsi sul sedile, fece mente locale di ciò che aveva alla partenza e con grande sorpresa notò che c'era ancora tutto. 'E al diavolo quei deficienti dei miei capi'. Prima della partenza le avevano raccomandato nessuna distrazione durante il volo e gli scali. Lei ci era riuscita, il primo volo e il primo scambio erano stati perfetti, ma quando aveva cominciato il secondo volo una forte stanchezza l'aveva attraversata e senza accorgersene si era addormentata. Ma se tutto era ancora li al suo risveglio, quei due l'avevano fatta preoccupare per nulla. Ora stavano arrivando in Bolivia, e la sua nuova vita per sei mesi sarebbe stata quella. Prese in mano il volume di chimica datole e iniziò a ripassare velocemente ciò che aveva imparato solo 6 ore prima. La chimica era una materia dannatamente scientifica. A lei stava bene, ma aveva sempre preferito la letteratura e la storia alla matematica e ai numeri. 'La materia è formata da miscele e sostanze, ma sono più le miscele. L'atomo è una piccolissima parte della materia, e per identificare da cosa è formato e il numero di protoni e neutroni è necessario sapere il numero di massa e il numero atomico. Gli elementi sono posti sulla tavola periodica in base alla configurazione elettronica, ovvero quanti atomi ha un orbitale.'

Guardò fuori dal finestrino.

Le sarebbe piaciuto andare come turista con Jay in quel paradiso. Sicuramente quel Paese era bello da togliere il fiato, i panorami, i luoghi da visitare legati alla tradizione. Ma era anche terribilmente pericoloso e con Jay a suo fianco Erin non avrebbe temuto nulla. Si ridestò e ricordò il discorso avuto con Philiph, il vice della DEA, che le aveva comunicato di alcune soffiate che erano state ricevute dai capi della malavita boliviana sul fatto che una giovane agente stesse arrivando per smantellare il loro traffico. Per lei era stato uno shock, ma quando l'uomo l'aveva rassicurata sul fatto che quelle voci fossero state cancellata, Erin pensò che era normale un po' di burrasca alla prima missione. Sentì il comandante annunciare l'inizio della discesa e legò la cintura, pronta a qualsiasi cosa quel Paese le stesse riservando. O cosi almeno credeva.

 

Ritirò il bagaglio e aspettò il ragazzo che, le avevano detto, avrebbe dovuto avere in mano un cartello con il suo nome. Cercò tra i vari soggetti fermi fuori dall'uscita dei passeggeri e lo trovò. Un ragazzo alto, con un sorriso stampato in volto la stava cercando e quando Erin si alzò dalla sedia e gli andò incontro, si presentarono.

-Isabel Clares - gli strinse la mano - Quispe Condo! Immagino tu sia la giovane chimica che verrà a lavorare con me!- Erin gli sorrise - A quanto pare si! - Il ragazzo la guardò meglio e prese la valigia, mentre si incamminavano all'uscita.

-Posso essere un cafone e chiederti se hai davvero origini Boliviane? Sai sei molto..molto più chiara di me - fece un sorriso imbarazzato, mentre si passava una mano tra i capelli.

-No no, nessun problema, Quispe. Non è un mistero in realtà, io.. sono stata adottata. I miei genitori adottivi sono Boliviani ma sono venuti in America appena dopo gli anni ottanta. Io sono nata nel 1987 e hanno deciso di adottarmi. Mia madre biologica era una drogata e mi aveva abbandonato in un convento, mio padre invece era morto per chissà quale ragione. Mi hanno presa con loro e mi hanno fatta crescere con amore, tradizioni, cultura e sangue boliviano. Ecco perchè non appena mi hanno informato di questa proposta di lavoro ho accettato senza dubbi. Ho sempre sentito parlare di questo Paese, ma non c'ero mai stata prima d'ora.-

-Scusa, non dovevo farmi gli affari tuoi... è che sono un curioso fin da sempre eh.. non ho resistito.-

-No davvero, Quispe, non c'è nessun problema! Se dobbiamo lavorare insieme, dobbiamo sapere e fidarci l'uno dell'altro!-

-Okay, allora.. Chiamiamo un taxi e ti mostrerò la casa dove starai, okay?-

-Perfetto!-

Fu questione di pochi secondi. Quispe allungò il braccio per fare cenno ad un taxi parcheggiato e Erin sentì il rumore della macchina e i colpi. E capì. Un furgone nero sbucò da dietro l'angolo. Aveva già visto mezzi di quel genere. Adatti a rapire una persona, senza permettere a nessuno di seguirla. Alla guida un uomo con il passamontagna nero e affianco un altro, vestito allo stesso modo con in mano un mitra che sparava. Corse al riparo e si mise dietro una lastra di mattoni che pubblicizzava il poster di un nuovo film,  ma sapeva di non poter fare nulla. Sentì le portiere aprirsi e gli spari continuare, sempre più vicini. Le armi erano in valigia, la stessa che ora giaceva affianco al corpo di Quispe.  La sua copertura sarebbe saltata se qualcuno avesse visto una chimica correre e prendere una pistola. Iniziarono a sparare a vuoto, mentre si avvicinavano sempre di più.  Pensava di trovarsi davanti i due uomini al volante 'quelli ' aveva pensato ' erano magari,' poteva riuscire a buttarli a terra ma l'armadio che le si mise davanti le fece perdere un po' la speranza; ma doveva continuare a combattere. Erin cercò di ribellarsi, tirò calci, pugni, sassi qualsiasi cosa riuscisse a trovare all'uomo che si stava avvicinando con tutta la forza possibile metterle un sacco di yuta in testa. 'No, no' si ripetè ' Non è possibile'. Non voleva accadesse. Doveva riuscire a tornare a casa. E se l'avessero presa, questo non sarebbe successo..Erin spostò lo sguardo dall'uomo di fronte a lei a quello che stava per raggiungerli . Questo, notando la difficoltà del compare nel legare una ragazza le si avvicinò di più e quando Erin spostò velocemente la testa e iniziò a tirare calci il più forti possibili l'uomo la colpì con il dorso di una pistola e lei perse i sensi. L'ultimo suo pensiero fu rivolto agli uomini della sua vita,che non avrebbe più visto ne sentito. 'Perdonatemi se potete'.

Si risvegliò di soprassalto, legata ad una sedia di legno. Posizione eretta, mani legate con una fune molto strette l'una con l'altra, dietro la schiena. Mentre le gambe erano legate con la stessa corda alle gambe della sedia. Era una stanza grigia, buia che aveva una sola finestra alle sue spalle e capì, dalla luce che entrava, che non doveva aver perso i sensi per molto al massimo una o due ore.Era posizionata esattamente davanti alla porta, e poteva sentire i suoi aguzzini parlare in spagnolo, mentre vedeva le ombre dei loro passi andare avanti e indietro dalla sua porta.Sapeva perchè si trovava li. Avevano saputo che gli agenti erano stati informati del traffico e volevano far fuori l'agente incaricato di smascherarli. Ma nonostante ci fosse la sua vita in gioco, non avrebbe detto una sola parola, nemmeno sotto tortura. Ne valeva la copertura di tutti gli agenti li da anni, non avrebbe buttato all'aria il loro lavoro. La porta si aprì e due uomini alti e muscolosi iniziarono a parlare tra loro in uno spagnolo dialettale, con parole pronunciate in modo diverso dal solito. Poi, sirivolgero a lei.

-Devi dirci chi sei biondina, o per te finirà male. Sappiamo che sei stata mandata qui per una ragione specifica, ma il nostro informatore è stato arrestato e ucciso prima di potercela dire. - Erin li fissò senza far nessun segno di essere pronta a parlare

-Quindi?- continuò l'altro uomo - Pensi di parlare di tua volontà o dobbiamo tirarti fuori le parole noi?- continuò a fissarli e non rispose.

Il primo che aveva parlato le si avvicinò e le tirò un pugno sull'occhio destro, che le fece diventare subito rossa e gonfia la parte colpita.  -Non vi dirò niente. Per quanto mi riguarda possiamo stare qui anche tutta la notte. Non parlerò.- L'uomo le sferrò un altro pugno, colpendo stavolta l'altra parte del viso più in basso, segnandola con una guancia rossa e gonfia, più l'aggiunta di un taglio al labbro inferiore. Ma lei non cedette, sputò il sangue e la saliva di lato e tornò a guardarli. Faceva dannatamente male, ma mostrarsi debole o sofferente avrebbe lasciato spazio a quegli uomini di lasciarli avvicinare per poi iniziare a parlare. Doveva sopportare tutto per restare il più lucida possibile. Non sarebbe restata li per molto, pensò, prima o poi la squadra avrebbe mandato uomini a controllare il suo lavoro e non l'avrebbe trovata. E allora sarebbero partite le ricerche. O almeno, lo sperava. Uscirono dalla stanza e la lasciarono li, abbandonata a se stessa, con un occhio nero, la faccia gonfia e sangue un po' sparso su tutta la maglietta bianca.

 
-So perfettamente chi ho chiamato, me lo passi. - - Sono Voight, chiamavo per avere notizie di Erin. Mi ha detto si sarebbe messa in contatto con me non appena arrivata, oramai è più di un mese.. Sapete come sta? Se procede tutto bene? - Dall'altro capo l'utente non rispose, ma dopo pochi secondi, cominciò a parlare con lui. -Cosa significa che non si hanno sue notizie da sei settimane?- urlò l'uomo, ancora silenzio dall'altra parte. Poi ripresero. – L'avete mandata voi in quel posto per un lavoro rischioso come pochi e pretendete che sia la mia squadra ad andare a prenderla? CERTO! È OVVIO CHE LO FARÒ. MA DEVI PREGARE DI NON INCONTARMI UNA SERA IN UN VICOLO DI CHICAGO, SIGNOR CAPO DELLA TASK FORCE, O NON LA PASSERAI LISCIA BRUTTO FIGLIO DI PUTTANTA! - Attaccò con ferocia la chiamata e si voltò, l'intero ufficio stava osservando l'animata conversazione tra l'uomo e la finestra. Uscì dalla stanza e guardò tutti prima di parlare, per poi soffermarsi sul ragazzo. -Era la DEA. Mi hanno detto che Erin è sparita. Non riescono a contattarla con nessun mezzo e i loro agenti non riescono a trovare nessun indizio che la riguardi. Vogliono che la ricerca venga affidata a noi, e che ci spostiamo la per trovarla. Chi è con me?-
Tutti gli uomini alzarono la mano incluso Jay, anche se il ragazzo si sentiva in colpa. Credeva l'avesse abbandonato senza spiegazioni e se l'era presa con lei, la pensava di continuo, e si chiedeva perchè non l'avesse più contattato. I primi giorni pensava a problemi di connessione, ma dopo la seconda settimana aveva lasciato stare, ed era andato avanti con questi pensieri fino ad ora. Hank gli si avvicinò- Guardami, Rambo. Hanno preso la mia ragazza. Tu verrai la con me. Niente storie, tu la conosci, vorrebbe che ci fossimo entrambi. In più non sappiamo cosa sta passando e cosa le hanno fatto. -

- Okay - Si rivolse agli altri membri dell'Intelligence. - Vi aspetto domani mattina all'aeroporto alle 5.30, dobbiamo raggiungerla il prima possibile, intesi?- Gli uomini annuirono e finirono di sistemare rapidamente le carte dell'ultimo caso che avevano appena concluso. Fatto ciò, iniziarono a prepararsi per la missione.

Salve a tutti! Spero questra storia vi stia piacendo, fatemi sapere che ne pensate!
   
 
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