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Autore: garakame    05/02/2009    9 recensioni
Cosa succederebbe se Andrè entrasse ubriaco nella stanza di Oscar? Leggete e lo scoprirete e recensite. grazie
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaco perso '
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Come sempre tutti i personaggi appartengono a Ryoko Ikeda, scrivo solo per diletto, non per lucro.

UBRIACO PERSO

“Dai, bello, smettila di ubriacarti e vieni di là con me, che ci divertiamo”. La voce proveniva da una bionda provocante, dal trucco accentuato sulle labbra e sulle guance, ma non volgare con gli enormi seni che sporgevano dal bustino e mettevano in risalto la vita sottile e i fianchi larghi e forti.
L’uomo guardava la donna che nel frattempo gli aveva messo una mano sulla spalla, la guardava ma non la vedeva e non la sentiva. Era come se davanti a lei ci fosse un fantasma, la donna si rese conto che il giovane soldato seduto al tavolo, con la divisa umida, aderente al corpo e gli occhi stanchi e cerchiati, non la vedeva. Era come se fosse stata trasparente.
Lo vide stringere il boccale di vino, tra le mani, talmente forte che i polpastrelli erano diventati bianchi per lo sforzo.
L’uomo distolse lo sguardo dalla donna, guardò il vino, bevve un altro sorso. Avrebbe voluto fregarsene di tutto e di tutti, giacere con quella donna in un letto sporco, invaso dai pidocchi, concentrarsi sulle sensazioni del suo corpo e non pensare a nulla.
Era tentato di stringere a sè quella donna e immergere il viso nei seni pieni. Ma poi c’era sempre lei, nella sua mente, nei suoi occhi, nel suo sangue.
Era lei che avrebbe voluto vedere, lì accanto a lui. Vestita in maniera provocante, con i capelli lunghi, biondi, spettinati, il corpo sinuoso, messo in risalto dal bustino e dalla lunga gonna.
“Smamma, cocca, non è aria. Lui non fa per te.”
La donna guardò l’altro soldato scocciata, se ne andò via.
Alain rivolse lo sguardo ad Andrè, seduto con il boccale tra le mani, un altro sorso di quel liquido più simile all’aceto che al vino.
”Perché non sei venuto alla Bonne Table? Ti stavamo aspettando”. Andrè sospirò.
“Come hai fatto a trovarmi, Alain?” Il soldato sorrise al compagno d’armi e gli disse:
“Ti conosco, amico mio. So quando vuoi essere lasciato in pace, ma non ti lascio commettere delle sciocchezze.” L’uomo si sedette accanto ad Andrè, ordinò un boccale di vino e rimase ad aspettare lo sfogo dell’amico.
Andrè lo guardò, lo sguardo corrucciato e vuoto di una persona persa.
“Anche oggi l’hai vista, no? È stato un inferno, ogni volta che le passavo accanto era come se non mi vedesse, come se fossi un fantasma.” Sbattè il boccale ormai vuoto sul tavolo.
“ E poi ci si è messo anche il tempo, le esercitazioni sotto la pioggia sono un inferno. Ho preso tanta di quell’acqua da farmi venire i reumatismi per i prossimi 50 anni, sempre che ci arrivi. Ma chi cavolo me lo fa fare di fare ‘sta vita, per lei.”
Sospirò, si mise una mano sul volto, quasi come si vergognasse a far vedere i suoi sentimenti, a mettere a nudo la sua anima.
Alain gli sorrise, bevve un sorso della brodaglia che l’oste gli aveva portato, fece una smorfia e si rivolse al soldato.
“Se il nostro comandante ti sembra insensibile e non ti guarda, forse è perché ha un bel po’ di grattacapi con i superiori, il generale Bouillet mi sembra un gran rompi coglioni. Non deve essere facile sopportarlo. Ho visto che non corre buon sangue tra il comandante e il generale.”
Fece una smorfia di disgusto, si stiracchiò e si appoggiò allo schienale della sedia facendola scricchiolare.
“Ehi, Andrè. Ma sei proprio sicuro che lei non provi niente per te? Guarda che ultimamente il comandante mi è sembrato un po’ strana. A te sembra che non ti guardi, ma dopo che sei passato ti segue con lo sguardo, tu non la vedi, ma io si.”
L’occhiataccia che gli diede Andrè fu più che eloquente.
“Per me non c’è niente da fare, io sono solo il servo, non mi posso più ritenere nemmeno suo amico. Una volta si, una volta si confidava, mi cercava per chiedermi consigli, era veramente bello ascoltarla, starle vicino, ma ora… per lei sono praticamente un estraneo, viviamo nella stessa casa, ma è come se non ci conoscessimo più. Mi piacerebbe farla finita.”
Alain scattò in piedi, prese per il bavero della giacca Andrè, lo strattonò e gli disse con voce gelida:
“Non ci provare, non voglio sentirti dire mai più una cosa del genere. Hai una vita, non sprecarla inutilmente, non te lo permetto, hai capito?”
Andrè lo guardò stupito, chinò la testa, Alain lo lasciò andare, riprese la sedia che era caduta e si risedette al tavolo.
Andrè mormorò un scusa ad Alain, un hai ragione a testa bassa e tutto ritornò come prima. L’ira di Alain, che si era creata in poco tempo, aveva lasciato il posto al solito carattere simpatico.
Andrè lo sapeva fin troppo bene che lui aveva ragione.
Gli tornò in mente la piccola Diane, il suo sorriso dolce, fragile come una farfalla bianca.
La giovane si era tolta la vita e questo suo fratello non se lo sarebbe mai perdonato.
Era passato il periodo dei se:se fossi stato più attento, se le fossi stato più vicino, se non fossi costretto a fare questo lavoro, se fossi più ricco, se se se se forse lei sarebbe ancora viva.
Quante volte Andrè aveva sentito il compagno d’armi ripetere queste parole, all’infinito.
Ora lei non c’era più a lui non restavano che il rimorso e il dolore per la perdita.
Ma Alain era un uomo forte; spesso si ripeteva per farsi forza:
“Bisogna andare avanti, la vita continua, deve continuare sempre.”
Per alleggerire l’atmosfera Alain si rivolse ad Andrè con un:
“Perdonato” dandogli una pacca sulla spalla destra, gli sorrise e aggiunse:
“Senti un po’, ma perché non gli e lo riprovi a dire con le buone che la ami. Visto che la prima volta hai sbagliato, l’hai spaventata, lei non ti ha voluto, ma alla seconda non ti dirà di no. Se come mi dici, lei non è la persona che vuole far vedere, ma è diversa, perché non ci riprovi e non la fai tua".
Andrè si mise a ridere, fino alle lacrime, una risata quasi isterica.
“No, ma scherzi con Oscar non è possibile, se provassi solo a toccarla con un dito, mi ritroverei scuoiato vivo, da Oscar prima, da mia nonna e dal generale dopo.
Mi vuoi vedere morto? continua a darmi questi consigli e non mi vedrai più, veramente”. Alain gli sorrise, pensò che se riusciva a fare di queste battute era una buona cosa.
Alain continuò a bere il vino, Andrè decise che era venuto il momento di tornare a casa, Oscar gli aveva dato una licenza per un giorno per poter vedere sua nonna.
In un primo momento le aveva detto di no, ma ripensandoci non aveva voglia di starsene in caserma a dormire, sarebbe tornato a casa e avrebbe dormito nel suo letto.
Si alzò in piedi barcollando. Fece un saluto all’amico e sempre barcollando uscì dalla bettola.
Alain, finì di bere, pagò l’oste e corse dietro ad Andrè, non sarebbe arrivato molto lontano, ubriaco fradicio com’era.
L’amore era strano, poteva rendere le persone immensamente felici o portarle alla disperazione più nera.
“Sei sicuro di riuscire a tornare a casa in queste condizioni?” Alain guardava Andrè dal basso, non era per niente sicuro che riuscisse a tornare a casa sano e salvo.
“Ma si, ti dico di si… Tanto mi porta il mio cavallo, non è la prima volta, né che sono ubriaco, né che mi riporta a casa sano e saalvooo. Ora, non preoccuparti e vai a dormire, se no domani ti sveglierai con il mal di testa.”
Andrè sorrise ad Alain per tranquillizzarlo, ma l’alcol iniziava a fare effetto, la testa girava ed era sempre più leggera, la bocca impastata.
“Ci vediamo, domani”. Andrè spronò il cavallo che iniziò la marcia al trotto. Alzò la mano sinistra in segno di saluto e si diresse verso palazzo Jarjayes.
   
 
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