Autore: Blacky98
Titolo: Nella buona
e nella
cattiva sorte
Personaggi: Katie
Bell, Oliver Baston
Genere: Romantico,
Introspettivo, Slice of Life
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Introduzione: Nella
verde Scozia, Katie riflette sulla 2 Guerra Magica conclusa qualche
anno prima
e sulla sua eredità, carica di fantasmi, lacrime e voglia di
vivere
Eventuali
note dell’Autore:
fondo pagina
Storia partecipante al Contest “About Daily Life” indetto da Himeko Kuroba sul forum di Efp
Nella buona e nella cattiva sorte
Chiudo
l'ombrello perché
ormai non piove più.
Osservo
le ultime gocce
di pioggia, rimaste impigliate tra le foglie dei cespugli, cadere
lentamente.
Amo il verde, i prati, la tranquillità: tutti elementi che
qui, in Scozia, sono
mescolati ad arte. Un po’ come le case di questo piccolo
paesino immerso nella
brughiera: grigie mattone decorate da fiori appena sbocciati e piante
rampicanti che caratterizzano ognuna di loro, così uguali ma
testimoni di vite
diversissime tra loro.
Respiro
a pieni polmoni e
spio curiosa le poche persone camminare in fretta per la stradina senza
prestare attenzione al paesaggio.
Sorrido
tristemente, mentre penso che si impara a dare realmente un valore agli
affetti, ai piccoli gesti quotidiani quando si rischia di non poter
passeggiare
liberamente, di non poter più mangiare un gelato in santa
pace, di non poter
amare più per via del tuo stato di sangue.
La
mia unica colpa era
quella di essere una Sanguesporco e per non vedere i miei amici e la
mia
famiglia morire a causa mia, me ne sono andata; sono scappata lontano
lasciando
tutti… anche lui.
Quei mesi sono stati
i più terribili perché non potevo mettermi in
contatto con nessuno rischiando
di farmi e farli scoprire. L'unico aspetto positivo è stato
quello di trovare
questo paesino immerso nella verdissima Scozia dimenticato da Dio e,
mescolandomi tra i Babbani, sono riuscita a sopravvivere per mesi. Grazie
al cielo a casa, in estate, avevo imparato a non utilizzare la magia e
quindi
non è stato un problema adattarsi.
Ormai
sono davanti alla
piccola chiesetta; non ho mai creduto in Dio o in un ente superiore, ma
qui,
avendo un sacco di tempo libero dopo il lavoro, ho iniziato ad andare a
sedermi
tra i banchi di legno antico e a pregare qualsiasi Dio per la salvezza
dei
miei. E ogni volta che vengo qui, mi estraneo dal mondo sentendomi come
se
fossi a posto. Anche
oggi entro e vado al mio angolo preferito, il più scuro
rischiarato solo da
fioche candele che illuminano il dipinto della Madonna. Ogni volta che
l'osservo mi viene in mente mia mamma, di lei ho pochi ricordi anzi
quasi
nessuno; è morta quando avevo un anno a causa della Prima
Guerra Magica. Poi
per anni siamo stati soli io e papà fino a quando non si
è risposato e ha avuto
una figlia. D'allora sono iniziati i problemi: non che non volessi bene
alla
mia matrigna e alla mia sorellastra, soltanto che mi sentivo tagliata
fuori
perché ero diversa e facevo parte del passato doloroso.
Dopo un breve cenno
indirizzato al pastore esco, inizio a incamminarmi verso casa,
è più isolata e
ci vuole più o meno una ventina di minuti a piedi da qui;
poco male, mi piace
passeggiare tra le vie pittoresche di Arbroath*: mi aiuta a rilassarmi. Sussulto quando, attraverso una
finestra aperta, vedo una giovane coppia
abbracciata sul grande divano bianco. È come guardare un
quadro e anche se
rimanessi lì ore a guardarlo non riuscirei mai a cogliere
tutte le emozioni che
le pennellate mi trasmettono.
Come un
libro che ami e che, ogni volta che lo rileggi, ti dice sempre qualcosa
di
nuovo. La scena mi fa piangere e calde lacrime scendono silenziosamente
sulle
guance rosse per il freddo; sto ripensando a sette anni fa,
più precisamente
alla notte della Seconda Battaglia di Hogwarts. Inutili sono i
tentativi di
fermare i pensieri che ora, come un fiume in piena finalmente libero da
ogni
costrizione, scorrono velocemente come un film. Provo
nuovamente l'adrenalina scorrermi nelle vene, la paura di morire, ma
soprattutto quella di perdere lui.
È
stata la notte più
lunga della mia vita e, anche se avevamo vinto, ho sentito il cuore
fermarsi
alla vista del suo corpo sdraiato inerme per terra. Non ricordo quanto
piansi,
so soltanto che non mi volevo allontanare da lui per nessun motivo al
mondo. Ci
provarono in tanti a staccarmi da lui, ma dopo un po’ di
tentativi capirono che
non ci sarebbero riusciti. Guardavo i suoi lineamenti, sembrava
addormentato
con le palpebre abbassate sui suoi dolci occhi marroni.
Mi
aveva fatto riconciliare con la mia famiglia prima della guerra,
perché era
l'unica cosa importante che poteva tenerti a galla in quel periodo
oscuro. E
ora chi ci sarebbe stato a farmi da ancora? Il mio Oliver non c'era
più.
Intanto
sono arrivata
davanti a casa mia e noto un giovane uomo volteggiare per il salotto
tenendo in
braccio un fagottino. Avanzo entrando nel piccolo giardino e calpesto
l'erba
bagnata con gli stivali non facendo rumore. Sono così vicina
che lo sento parlare.
Il giovane si volta e mi vede, poi con passo leggero mi raggiunge e mi
invita ad entrare.
«Cosa gli
stai raccontando?»
«Della
nostra storia e della sua meravigliosa mamma».
Piccole
gocce cadono
sugli alberi alle nostre spalle, contemporaneamente ci giriamo per
guardare il
cielo plumbeo riversarsi sul terreno già umido. Mi tolgo il
cappotto e mi
sporgo per prendere in braccio la bambina che dorme placidamente. Io e
lui ci
guardiamo, sorridendo per quel contatto, poi lui posa le labbra sulla
mia
fronte.
Con
dolcezza posa le sue mani sopra alle mie; noto le fedi brillare e torno
con la
mente a quel giorno. Era una giornata di aprile e il tempo era identico
a
quello di oggi, nonostante ora sia ottobre; ma comunque si respirava
felicità.
Nel profumo dei fiori appena sbocciati o dell'erba verde di fronte alla
chiesetta. Gli invitati, pochi intimi più il celebrante.
L'unica cosa che
stonava era l'assenza di mia mamma.
Una
tenera voce mi
riscuote dai miei pensieri: «Katie, a cosa stai
pensando?»
«A nulla,
soltanto a voi che siete bellissimi e siete la mia vita.»
Ci abbraccia e posa le sue labbra sulle mie, baciandomi
leggermente:
«Katie, sono qui.»
Sospiro e
staccandomi di malavoglia rispondo in un soffio «Lo so,
Oliver. È che…»
«Non vado da
nessuna parte» mormora, mentre mi accarezza la guancia.
Richiude la porta e nella sicurezza del nostro piccolo mondo personale rimaniamo solo noi, ancora una volta, nella buona e nella cattiva sorte.
NdA
Ho provato ad immaginare
come
Katie abbia affrontato il dopoguerra. All'inizio non volevo inserire
fisicamente Oliver, ma poi mi è venuto in mente questo dolce
quadretto
familiare e quindi eccolo a raccontare storie al loro bambino. Ammetto
ho
lavorato molto di fantasia, soprattutto sulla parte riguardante Dio,
perché mi
è venuto in mente che comunque vivono nel mondo reale (se si
può definire così)
e sono a contatto con religioni e culture differenti e quindi un minimo
devono
conoscerle. Spero non sia inopportuno come inserimento. Non so come mi
sia
venuta fuori questa storia, sinceramente, cioè credo
perché ho sempre amato la
Scozia e scorrendo delle foto su dei piccoli paesini in internet mi
è venuta l'ispirazione
et voilà. (E poi mi immagino Oliver scozzese, non mi sembra
che sia specificato
da qualche parte).
Arbroath è un paesino realmente esistente in Scozia