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Autore: Betta7    05/09/2015    4 recensioni
La ragazza S. e il ragazzo A.
Il Destino è un mistero che ci avvolge completamente nelle sue mani e, tra due anime affini, niente può fermare il corso dell'Amore.
" Non riuscivo a pensare lucidamente e, anche se era piuttosto stupido e alquanto imbarazzante, non riuscivo neanche ad immaginare quanto sarebbe stata bella.
Stringevo tra le mani il pacchetto con la rosa all'interno e, riflesso su di esso, vidi Sana scendere dalle scale.
Mi sembrò che il mio cuore si fosse fermato e che, improvvisamente dopo qualche secondo, avesse ripreso a battere. "

" Appoggiai di nuovo la testa sulla sua spalla e mi lasciai portare da lui, e mi resi conto in quel preciso istante dell'enorme fiducia che riponevo in quel ragazzo.
Eravamo amici-nemici, da sempre, eppure non avrei affidato la mia vita in mano a nessun altro. "

Dopo University Life, un'altra storia su un rapporto ai limiti dell'impossibile, un passo separa l'Amicizia e l'Amore.
Ma il Destino sa sempre cosa fa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Natsumi Hayama/Nelly, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7.
Il MATRIMONIO.


Pov Akito.

Erano ore che stavo fermo, accanto a quella che sarebbe diventata presto mia moglie, con una giornalista invadente che mi riempiva di domande. Rei aveva avuto la brillante idea, per evitare la corsa allo scoop, di dare l'esclusiva ad un solo giornale che avrebbe pubblicato la notizia e ci avrebbe evitato la calca di giornalisti accampati sotto casa nostra.
Nostra... mi sembrava anche strano dirlo, come anche solo pensare ad un futuro insieme a lei. Era una cosa che avevo sempre immaginato, sperato addirittura, e vederlo accadere per una semplice finzione mi rendeva alquanto nervoso.
Sana mi diede una gomitata, perchè la giornalista aspettava una risposta alla sua domanda ma io non avevo proprio sentito.
«Scusi, può ripetere?» chiesi gentilmente, nascondendo una punta di fastidio nella mia voce.
«Si, dicevo... Siete stati amici per molto tempo, come mai questa proposta di matrimonio improvvisa?»
Riflettei bene prima di rispondere a quella domanda, ma poi inventai la solita cavolata dell'amore che era maturato negli anni. In realtà non era proprio una cavolata, io quelle cose le provavo davvero, ma non ero capace né di dirglielo né di dimostrarglielo.
L'intervista continuò, con altre domande e richieste piuttosto fastidiose, e quando la giornalista lasciò casa di Sana mi sentii finalmente sollevato e la prima a notarlo fu proprio lei.
«Pensavo che saresti scoppiato da un momento all'altro per quanto trattenevi il fiato!».
Si tolse i tacchi che aveva indossato per tutto il tempo e si buttò sul divano massaggiandosi i piedi. Mi sembrò di vivere una tipica scena da coppia sposata, ma scacciai immediatamente quell'immagine per non illudermi troppo.
Seguii il suo esempio e mi gettai anch'io sul divano, cercando di rilassarmi dopo una mattinata infernale, per capire come Sana vedeva il suo matrimonio.
La speranza che Natsumi si riprendesse mi stava abbandonando, ma cercavo di non pensarci assiduamente perché il confronto con la realtà mi avrebbe ucciso. I medici continuavano a dirci di non abbatterci, perché mia sorella era forte, era giovane e soprattutto stava per diventare madre e quello era sicuramente l’imput che poteva farla svegliare, almeno noi cercavamo di aggrapparci con tutte le forze a questa idea, pensando che il desiderio di stringere sua figlia tra le braccia l’avrebbe portata a lottare e a combattere. Purtroppo dovevo anche fare i conti con la triste realtà e non riuscivo a non pensare al fatto che avrei dovuto crescere mia nipote - sempre se l'affidamente fosse andato a buon fine - da solo, perchè ad un certo punto Sana si sarebbe stufata di badare a me e alla mia famiglia.
«Lo sai quanto odio queste cose, Kurata. Mi sento a disagio davanti alle telecamere.»
Presi a giocherellare con i suoi capelli, e cominciai ad arrotolarmeli ciocca per ciocca tra le dita. Era una cosa mi aveva sempre rilassato e Sana non si era mai opposta, quindi era diventato una specie di rito serale.
«Akito... pensi che questa cosa del matrimonio funzionerà? E se non dovessero darci l'affidamento della bambina?».
In realtà non avevo pensato molto a questo, dopo aver deciso che l'idea del matrimonio era l'unica soluzione possibile ero corso subito dall'assistente sociale e dall'avvocato a dichiarare che mia nipote aveva già una famiglia, e che io e la mia fidanzata eravamo gli unici a poter avere la custodia della bambina. Loro mi avevano risposto che avrebbero fatto il possibile ma, vista la carriera di Sana, sarebbe stato complicato convincere il giudice. Non le avevo detto nulla di quel piccolo dettaglio per non farla sentire in colpa, ma ero sicuro che il mio legame di sangue con la bambina avrebbe favorito l'affidamento.
«Spero che funzionerà... o avrò sposato una pazza per niente!» risposi sorridendo. Sana scoppiò a ridere insieme a me, mi tirò un cuscino sulla faccia e poi tornò ad appoggiarsi alla mia spalla.
«Chiederai ad Aya di farti da testimone?». Avevo pensato che l'avrebbe chiesto a Fuka, ma poi avevo anche riflettuto sul fatto che Aya per lei era un po' come Tsuyoshi per me, la sua confidente, e che non avrebbe mai scelto nessun altro in un giorno così importante.
Lei annuì e io la immaginai in abito bianco, percorrere la navata verso di me con quei capelli rossi e quel sorriso tutto sbarazzino di cui mi ero innamorato.
«Quindi dovrai andare con lei a prendere il vestito...».
Sana si voltò a guardarmi, togliendomi anche dalle mani i suoi capelli, e mi sembrò di aver detto chissà quale assurdità.
«Non ci sarà nessun abito, Akito. Avremo una cerimonia civile e basta, non credo sia il caso di fare un matrimonio in grande stile solo per qualcosa di burocratico.»
Ero abbastanza titubante, sapevo quanto Sana fosse romantica e quanto ci tenesse ad un matrimonio vero e proprio, quindi mi sembrava assurdo che volesse solo un'unione civile.
«Ma io pensavo che...» cominciai, ma Sana mi bloccò immediatamente.
«Niente ma, non voglio un matrimonio in pompa magna, non sono il tipo da abito bianco, lo sai...»
Cazzate! Avevamo passato pomeriggi interi al centro commerciale, in quel negozio di abiti da sposa, e lei non aveva fatto altro che ripetere quanto adorasse anche solo l'idea di indossarlo un giorno per l'uomo che amava.
Già... forse era solo quello il problema, forse non voleva l'abito bianco solo perchè non ero io quello per cui voleva metterlo. Non ero io l'uomo che lei amava.
Quel ricordo mi piombò addosso come acqua gelata e per un attimo mi sentii in colpa. Come potevo costringere Sana ad un matrimonio imposto, ad una relazione finta che non le avrebbe dato nulla di ciò che aveva sempre sognato?
Non ero così egoista, soprattutto perché tenevo così tanto a lei da non riuscire nemmeno a pensare di condannarla ad un legame del genere, anche se lo faceva per aiutarmi.
«Non devi... non devi farlo per forza, lo sai vero? Riuscirò ad ottenere la custodia della bambina anche senza questo matrimonio, Sana. Non voglio costringerti a fare nulla.»
Sana scosse la testa e sorrise.
«Non lo faccio per te, lo faccio per tua sorella e per tua nipote, quindi non sentirti in colpa. Ho smesso di credere al principe azzurro e al cavallo bianco, quindi non morirò senza il mio vestito da principessa e la mia chiesa addobbata. Stai tranquillo.»
Non le credevo, perché ne avevamo parlato per anni, non giorni Anni in cui Sana mi aveva chiesto di essere il suo testimone, di non ridere se fosse caduta mentre camminava verso l'altare. Pensava che me ne fossi scordato?
Le rivolsi uno sguardo preoccupato, cercando di captare anche il minimo segno di cedimento per appellarmi ad esso ed evitarle una delusione futura, ma lei non battè ciglio, e io repressi ogni senso di colpa per concentrarmi sul nuovo capitolo della mia vita: la mia vita da sposato.

*

«Allora, pensi che potrebbero piacerle?»
Indicai gli anelli che avevo davanti e Tsuyoshi mi guardò perplesso, scuotendo la testa.
«Spiegami, perchè devi prenderle delle fedi, se il matrimonio è una cosa puramente contrattuale?»
Camminai in direzione della successiva gioielleria, sperando che lì avrei trovato quello che cercavo. Tsuyoshi mi raggiunse sbuffando e insistendo per avere una risposta alla sua domanda.
«Lo faccio per ringraziarla, principalmente... mi sta sposando per un mio problema.» tagliai corto, ma Tsuyoshi non lasciò perdere.
«E lo fai solo per questo?».
Sbuffai, esasperato da tutte le domande che mi stava facendo da un'ora a questa parte, e non riuscivo più a sopportarlo, mi chiedevo perché ancora mi ostinavo a chiedergli consigli, forse perché era l'unico capace di capirmi davvero.
«Se vuoi sapere la verità... no, lo faccio anche per altri motivi ma non ho alcuna intenzione di discuterne con te.»
Continuammo a camminare tra le strade di Tokyo in silenzio, anche se era terribilmente invadente Tsuyoshi sapeva quando era il caso di tacere, finchè non passammo davanti ad una gioielleria che non avevo mai veramente notato.
Fu un cartello ad attirare la mia attenzione.
Mokume Gane.
Era una tecnica particolare con cui venivano realizzati gli anelli matrimoniali, con la quale ogni anello diventa unico, in quanto ricavati allo stesso modo in cui si ricavavano le spade dei samurai.
Era una cosa speciale, una cosa insolita, una cosa che solo Sana avrebbe avuto.
«Penso di aver trovato quello che cercavo.»
Entrai nel negozio e, dopo aver aspettato una giornata intera per la realizzazione e l'incisione delle fedi, tornai a casa contento della mia scelta.
Sana le avrebbe adorate.

_______________________________________________
Pov Sana.

Avevano già letto gli articoli che ci avrebbero uniti, Akito era accanto a me e sfoggiava un completo elegante color crema, che si intonava a meraviglia con i suoi occhi, e io avevo le mani sudate in modo spaventoso.
Ero nervosa, non per il momento in sè, ma per ciò che il matrimonio avrebbe comportato. Una convivenza forzata prima di tutto, e avremmo litigato giorno e notte, ne ero consapevole. Avremmo dovuto accudire una neonata perchè, per quanto sperassimo che la situazione di Natsumi migliorasse, sapevamo entrambi che non sarebbe stato così facile.
Non mi ero permessa nemmeno per un attimo di guardare Akito negli occhi, pensavo che sarei crollata proprio lì, davanti al giudice che ci stava per dichiarare marito e moglie, così guardai mia madre che mi sorrideva come una bambina, e allo stesso modo Tsuyoshi e Aya. Rei un po' meno, ma era comprensibile.
Mentre mi accompagnava al municipio mi aveva fatto chissà quante raccomandazioni e aveva cercato mille volte di convincermi a non farlo, perchè lui avrebbe trovato un'altra soluzione al problema di Akito, ma io gli avevo dato un bacio sulla guancia e gli avevo detto di stare tranquillo, perchè non sarebbe stato per sempre.
Ed eccomi, pronta per mettere la fede al dito, senza nemmeno sapere cosa significasse.
«Avete gli anelli?».
Io scossi la testa, ma Akito prontamente prese dalla tasca una scatola e la passò al giudice. Non avevo pensato minimamente all'importanza degli anelli, ne avevo chiesto ad Akito di occuparsene, l'aveva fatto da solo, questo mi provocò un sorriso.
Akito prese tra le mani l'anello destinato al mio anulare e, con delicatezza, me lo infilò. Il suo tocco mi fece rabbrividire, ma cercai di mantenere la calma.
Dopo aver fatto la stessa cosa con lui, alzai la mano e guardai il mio anello.
Era un anello particolare, d'oro e pieno di piccole venature simili a quelle del legno, e lo riconobbi immediatamente.
Era un Mokume Gane, uno di quegli anelli realizzati come le antiche spade. Mi mancò il fiato, aveva fatto quello per me?
Sorrisi d'impulso e, quando il giudice disse le fatidiche parole, saltai al collo di Akito, abbracciandolo.
Mi sembrò di essere in paradiso.
 

*

Il tragitto dal municipio a casa mia - o forse ormai avrei dovuto dire casa nostra - fu molto silenzioso. Ci tenevamo per mano, senza dire una parola, entrambi pensierosi. Non riuscivamo ancora a realizzare quello che avevamo fatto.
Ero la signora Hayama adesso, nonostante avessi mantenuto anche il mio cognome, e la cosa sarebbe rimasta ufficiale per sempre, anche se avessimo ottenuto il divorzio in futuro.
Non ero certa di volerci pensare, in fondo una parte di me sperava che non ce ne sarebbe stato bisogno, ma io volevo un matrimonio vero... un matrimonio d'amore.
E forse Akito Hayama era l'ultima persona in grado di darmi una cosa del genere.
Mi voltai a guardarlo, sulla sua fronte si era formata una piccola ruga che aveva solamente quando era preoccupato e d'istinto gli strinsi ancora di più la mano, avvicinandomi a lui per appoggiarmi sul suo petto.
Lui mi guardò stupito, anche se per noi ormai quei gesti erano normali la situazione aveva preso una piega diversa, e poi mi strinse a se, ricambiando l'abbraccio.
«Andrà tutto bene, vero?» chiesi cercando di nascondere il mio terrore.
Lui si spostò per un attimo per guardarmi negli occhi e, dopo avermi stampato un bacio sulla fronte, tornò al suo posto.
«Si, andrà tutto bene.»









Sono tornata!!
Scusate il mio ritardo, ma purtroppo ieri ho avuto un imprevisto e non ho potuto pubblicare il capitolo.
Ho letto tutte le recensioni e davvero, davvero, VI AMO FOLLEMENTE. Siete stati tutti dolcissimi e da ora in poi mi preoccuperò di rispondere a tutti.
Alla prossima settimana e grazie a tutti sempre, in particolare alla mia meravigliosa Beta che si è occupata degli aggiornamenti mentre io ero via.
Akura.

   
 
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