Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Mirella__    06/09/2015    2 recensioni
C'è stato un tempo in cui credevo che nella vita non ci fossero poi tante scelte.
Parliamoci chiaro, quando ero giovane la pensavo in questo modo: se sei nato da una meretrice non puoi diventare un re, se tuo padre fa il contadino, sono ben poche le possibilità che tu diventi un banchiere, se i tuoi legami non sono quelli giusti, non hai altre vie se non proprio quelle dove essi ti trasportano.
All'epoca viaggiavo tra mondi diversi, anzi, è più corretto dire che ci vivevo, poiché combattuta tra gli usi e costumi dei ricchi e la peste nera e la fame del popolo.
Non ero niente più che una cameriera, una di quelle che vedi tutti i giorni al mercato, una di quelle che stanno lì a spendere la vita al servizio degli altri, a pulire il buco del culo a quelli d'alto rango; se mi concedi il termine.
Se dovessi raccontarti l'inizio della mia storia, oh beh, credo inizierei dal giorno della mia nascita, quindi, se non hai niente di meglio da fare, prenditi una sedia.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Catrina

Acting on your best behaviour

 

I primi giorni trascorsi sotto la protezione di Sakeena furono i più spensierati della mia vita.

Certo, dovevo alzarmi presto, andare a letto tardi, ma di fatto non avevo un vero e proprio compito e l'unica cosa fondamentale, alla quale non potevo sottrarmi, era imparare.

Mi hai visto maneggiare una lama, hai provato paura più volte – l'ho notato – ma posso assicurarti che se mi avessi visto all'epoca avresti trovato la cosa molto divertente.

I gemelli si occupavano di me.

Scoprii i loro nomi solo qualche tempo dopo il trasferimento in pianta stabile in casa di Sakeena; distinguerli era un'impresa, anzi, è meglio dire che non ci riuscivo affatto.

Robin e Fabien avevano origini francesi, si erano ritrovati al fianco di Sakeena in seguito alla presa della Bastiglia: erano delinquenti di basso calibro che sarebbero stati ghigliottinati da lì a poco. Pensare che un evento unico come quello aveva salvato loro la vita aveva contribuito a renderli personaggi estremamente... singolari.

Erano due sanguinari religiosi: credevano fermamente in Dio, non perdevano un attimo per venerarlo, ma se si ritrovavano nel bel mezzo di una battaglia non esitavano a bestemmiarlo.

Credo di meritarmi l'inferno, perché quando mi addestravano gli facevo scappare certe frasi da far impallidire il Papa in persona!

Dicevo, dopo il loro grande miracolo personale, avevano seguito Sakeena, che li aveva trovati mentre cercavano di uscire dalla prigione senza dare nell'occhio; erano fuggiti da Parigi, avevano lasciato la Francia, solo per seguire quella donna.

Ho sempre creduto che i sentimenti verso di lei fossero molto forti, estremamente vicini all'amore. Mal per loro, Sakeena aveva altri gusti.
Le piaceva la bellezza, in generale, di conseguenza non si faceva problemi ad andare a letto sia con uomini che con donne. Non disdegnava nessun tipo di compagnia, a patto che la bellezza di chi le stava accanto fosse folgorante.

I gemelli colpivano, ad un primo sguardo, alti, biondi, muscolosi, ma non rispecchiavano i canoni di bellezza di Sakeena, in quanto erano goffi nei movimenti e popolani nei modi.

Almeno questa era la motivazione che la mia vecchia amica mi aveva dato all'epoca. Conoscendo la storia per intero, mi son fatta l'idea che le ragioni fossero altre.

Tesoro, hai mai avuto qualcuno che amavi a tal punto da stargli lontano?

Probabilmente no, ma questo fu proprio ciò che fece Sakeena. Non scelse tra i due, non mise astio tra i fratelli, ma si prese cura di loro in un modo tutto suo, come del resto faceva con ogni singolo soldato del suo esercito.

Nei primi sei mesi non avevo idea di cosa stessi facendo lì.

Non conoscevo niente di più di quello che ti ho raccontato. Mi addestravo per entrare a far parte di un esercito. Non conoscevo la sua causa, sapevo solo che erano addestrati per uccidere, essere veloci, essere silenziosi e io volevo essere proprio come loro.

Qualcosa mi diceva che non erano i cattivi, come se il loro fine rispettasse le vite che prendevano coi mezzi. Non so dirti se mi sbagliavo o meno, quello che scoprii la sera in cui Sakeena mi prese da parte fece cambiare le mie opinioni su di lei.

Venni scortata nel suo ufficio, mi dissero di sedermi e non muovermi da lì.

Lo feci e l'aspettai, ma non potei impedire al mio sguardo di vagare per la stanza.

Inghilterra, Germania, Italia, Francia, Spagna...

Le più grandi nazioni Europee erano disegnate sulla carta e, affascinata, dovetti alzarmi per ammirarle da vicino. Erano segnate, vi erano diversi simboli e in basso a destra il loro significato. Era come se Sakeena si stesse preparando per una battaglia, ma era semplicemente ridicolo anche solo pensarlo.

Il suo manipolo di mille soldati, per quanto bene addestrati, non poteva decisamente affrontare delle potenze di quel calibro, non esisteva! Sarebbe stata solo una...

“Follia”.
Sussultai sentendo la sua voce alle mie spalle, quindi mi voltai di scatto e le sorrisi nervosamente.

“Scusami, io ero... curiosa”. Ammisi con una certa vergogna nella voce.

Lei mi ignorò, prese il coltello - che solitamente teneva assicurato alla coscia - e ne esaminò il filo che riluceva alla luce della candela.

“So come sei e so che non posso fidarmi di te”.

“Perché io non mi fido di te”.

Vedi, parlo a sproposito, lo faccio oggi e lo facevo anche all'epoca. Non badavo a quel che dicevo, lasciavo che il mio pensiero passasse dalla testa alla lingua con una velocità superiore a quello della luce e ovviamente non potevo frenarmi.

“Non è solo questo il motivo”. Mi sorrise dolcemente; odiavo quando lo faceva, era fottutamente terrificante.

Sakeena aprì il baule davanti la sua scrivania e prese una viste del colore della pesca. Inutile dire che non avevo mai avuto la fortuna di indossare nulla di simile.

“Agendo in base al tuo miglior comportamento”. Sussurrò mettendomi tra le mani quel tessuto tanto fragile.

“Cosa vuoi dire?” Sussurrai guardandola e lei prese il mio viso tra le mani e vi lasciò un bacio leggero, giusto all'angolo delle labbra.

Tremai a quel tocco; non lo adorai, se devo dirla tutta, ma perché in mente avevo un'altra concezione di bacio.

“Che saprò cosa fare in seguito alle tue decisioni”. Si scostò e andò a mettersi dietro la sedia, guardandomi con un certo distacco. “Ho una missione per te”.

In quel momento mi tirai indietro: no, non avevo intenzione di fare qualcosa senza alcun motivo, Sakeena mi doveva delle spiegazioni e, forte di quello che avevo imparato, mi opposi.

“No. Prima voglio capire: cosa siete voi?”

Lei mi studiò in silenzio, poi si decise a parlare. “Non posso chiederti di agire senza un ideale. Noi siamo coloro che vogliono il caos. Quelli che desiderano vedere i massimi vertici del potere crollare uno a ridosso dell'altro. Vogliamo far risorgere l'uomo e farlo vivere nella condizione in cui la natura lo vuole. Libero”.

All'epoca faticai a non riderle in faccia, ma lei sembrò non curarsene.

“Follia, come dicevo prima. Certo, in fondo a una sciocca cameriera cos'altro può sembrare? Ma ti sbagli. Tutti i simboli che vedi disegnati sulla carta sono bersagli che se colpiti al momento e nel modo giusto, rischiano di far collassare il potere attuale. Taglia la testa, il braccio non funziona più. Allo stesso modo devi ragionare con chi tiene in pugno gli uomini. Uccidi il capo, l'organizzazione muore”. Era una semplice visionaria.

Sakeena non era altro che questo e lì iniziai a covare il desiderio di scappare da lei, dalla sua influenza.

Come ogni profeta, aveva fatto proseliti. Era amata, creduta, desiderata da chi era al suo servizio. Tutto svaniva con lei vicino, persino il lume della ragione.

Quella notte mi ritrovai di nuovo a camminare per le vie di una città che questa volta non conoscevo. Lontana dalla mia patria natia sentivo la gente parlare in una lingua dai suoni gutturali.

Vedi, una caratteristica della strategia di Sakeena era il movimento. Non restavamo mai fermi in un luogo per troppo tempo, sia perché lei amava cacciare prede sempre nuove, ma anche perché tutti i suoi soldati non erano visti di buon occhio dalle guardie locali.

L'obiettivo della mia prima missione si trovava ad un ballo in maschera.

Il vestito mi appesantiva parecchio e i tacchi facevano dannatamente male, non ci ero più abituata. Nel mio addestramento avevo messo da parte l'essere una donna. Quel corsetto mi diede le pene dell'inferno per tutta la sera.

Dicevo, arrivammo presto ai cancelli, la mia scorta parlò brevemente con una delle guardie ed entrammo senza problemi. Almeno così mi sembrava.

Uno dei gemelli mi era accanto e mi faceva da traduttore per parlare con persone di alto rango. Mi trovavano una compagnia abbastanza noiosa, nessuno si soffermava a rivolgermi la parola per più di cinque minuti, forse era colpa della mia lingua. Man mano che la serata andava avanti mi resi conto che stava procedendo davvero malissimo. Non avevamo trovato ancora l'obiettivo e stavo perdendo fiducia in me stessa. Misi due dita nella scollatura del vestito e ne estrassi un foglietto.

“Agilbert Huber”. Sussurrai, trovando difficoltoso pronunciare anche quel nome. Poi nascosi nuovamente il biglietto e mi godetti la brezza della serata.

Robin ( o forse era Fabien?) si fece vicino. “Sai che non puoi stare qui, Catrina. Devi tornare dentro”.

“Quante cazzo di lingue parli?” Lo interruppi. La cosa stava iniziando a darmi fastidio, sembrava che nell'esercito di Sakeena tutti avessero abilità straordinarie. Da quando c'eravamo fermati in quella cittadina tedesca dimenticata da Dio, avevo sentito i gemelli parlare in italiano, tedesco, francese e inglese.

“Quelle che servono a Sakeena”. Rispose semplicemente lui. “Non dovresti usare questi termini in una situazione simile. Non ti capiranno, ma sei pur sempre ad una festa di gente ricca con la puzza sotto il naso. Torna dentro, dobbiamo cercare gente, farla parlare”.

“Dammi solo...” sussurrai guardando la luna quasi del tutto oscurata dalle nuvole. “Cinque minuti, poi torno dentro”.

Fabien... Robin, o chiunque fosse annuì. Sentii i suoi passi allontanarsi e mi rilassai, ma pochi istanti dopo una mano mi afferrò il braccio.

Alzai gli occhi ad incontrare quelli del gigante biondo, ma restai muta, studiando i lineamenti del ragazzo che avevo di fronte.

Ira, dolore, sorpresa. Venni avviluppata da quei sentimenti, ma passarono in secondo piano, di fronte alla paura.

Ero armata dalla testa ai piedi, sapevo utilizzare una lama, ma quando mi ritrovai d'innanzi l'uomo che mi aveva tolto tutto non seppi cosa fare.

Chiamarlo uomo, poi...

Era un ragazzo, poco più grande di me. Nessuna cicatrice, ma quando vidi i suoi occhi alla luce della luna notai che uno era cieco. Lo era anche prima, ma la mia sorpresa più grande fu che era una menomazione che non sembrava intralciarlo in alcun modo.

“Di' a Sakeena che Huber non è in casa”. Disse in un sussurro basso e conciso. “Dille che alla luce della luna, dove gli angeli cantano, la falce del mietitore prende la vita dell'infante”.

Dovevo fermarlo, dovevo muovermi, cercare di catturarlo e non ucciderlo, perché sapevo che per Sakeena quell'uomo doveva essere importante; ma non ci riuscii.

Lo vidi dileguarsi nelle ombre mentre delle campane d'allarme presero a suonare.

Il padrone di casa era scomparso.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Mirella__