Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    06/09/2015    3 recensioni
Può un'amicizia sopravvivere a tutto il dolore che a volte la vita ci riserva? Al senso di colpa che ti attanaglia per aver lasciato il tuo migliore amico solo nel momento del bisogno? O al dolore di vedere la propria vita travolta da menomazioni fisiche che forse mineranno la tua indipendenza per sempre?
E cosa si nasconde nel luogo in cui Ben si è rifugiato per sfuggire a tutto? Possono le persone che incontrerà sul suo cammino aiutarlo a riprendere in mano la tua vita?
Sequel di "Il paradiso può attendere". E' consigliabile anche se non necessario, leggere la storia precedente.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA CLINICA DEGLI ORRORI di MATY66 e CHIARABJ
 

Capitolo 11
La curiosità è sempre cattiva consigliera
 
Chiara tornò alla clinica in bici come era andata via.
Ormai era notte fonda e si chiese come poteva giustificare la sua presenza lì, a quell’ora senza essere di turno, ma era necessario che restasse accanto a Ben.
Se come si aspettava il contenuto della fiala che aveva consegnato a Semir si rivelava un medicinale non consentito, le cose sarebbero precipitate in poco tempo e nessuno poteva prevedere le reazioni di Stein.
Aveva colto gli sguardi ansiosi ed irati che il professore ed il suo assistente lanciavano in direzione di Ben e anche nei suoi riguardi: ne era sicura, quei due stavano su chi va là  e al primo segno di pericolo erano pronti a far sparire tutte le tracce o anche peggio a far sparire chi ritenevano a conoscenza dei loro misfatti.
“Buonasera Chiara, cosa ci fai qui a quest’ora?” chiese Ester, la sua collega, vedendola entrare.
“Credo di aver dimenticato il mio cellulare, nell’armadietto… tutto a posto?” rispose  Chiara cercando di  non far trapelare la menzogna.
“Sì tutto bene… il paziente della 302 è un po’ agitato, ma niente di serio”
“Bene…” fece Chiara avviandosi verso le stanze riservate al personale.
“Ah… e Stein ha ordinato una flebo per compensare gli elettroliti del signor Jager. La cosa mi è parsa strana, ma quando ho chiesto l’assistente di Stein mi ha mandato a quel paese… tu ne sai niente?”
La voce di Ester era calma, senza note di pericolo, ma un campanello d’allarme si accese nella testa di Chiara.
“No niente” Chiara si costrinse alla calma, mentre saliva le scale verso la stanza di Ben.
Non poteva suscitare sospetti.
Appena fu fuori vista però la ragazza iniziò a correre verso la stanza di Ben con il cuore in gola.
La vista del giovane steso sul letto le provocò subito un  moto di terrore.
“Ben!” chiamò senza risposta.
“BEN!!!” Chiara si costrinse a non urlare per la paura, mentre schiaffeggiava dolcemente il ragazzo, ancora una volta senza risposta.
Con le mani che le tremavano chiuse la valvola della flebo che continuava a gocciolare e corse nel corridoio per cercare quello che le serviva, una torcia medica e lo stetoscopio.
Con la piccola torcia illuminò le pupille del giovane poliziotto.
Bene, era dilatate, ma reagivano alla luce.
Il cuore pulsava regolarmente e anche il respiro era regolare.
Ben stava dormendo. Probabilmente drogato.
Con il cuore che le batteva a mille guardò la flebo.
Il sacchetto era ancora pieno, il che voleva dire che solo una modesta quantità di farmaco era penetrato nel sistema.
Chiara rigirò il sacchetto, ma non vide né etichette né altro che indicassero la natura del liquido trasparente.
Ancora una volta, più silenziosa che poteva andò nel corridoio, nella stanza dove conservavano i medicinali e tornò con un altro sacchetto.
Strappò le etichette che indicavano che si trattava di una semplice soluzione fisiologica e lo sostituì con quello collegato all’ago nella mano di Ben.
Cercando di calmare il respiro si sedette sulla sedia accanto al letto, chiedendosi cosa doveva fare ora.
Chiamare Semir e spiegare cosa era successo? Sarebbe arrivato con un’intera squadra di polizia per trascinare via Ben;  no, non prima che fosse sicura che il poliziotto turco avesse qualcosa di concreto in mano, altrimenti rischiava che quei bastardi assassini facessero sparire tutte le prove. Né poteva lasciare di nuovo solo Ben per portare il sacchetto della flebo a Semir per scoprire cosa gli volevano iniettare.
Sapeva che correva  un rischio in questo modo, ma  non restava altro che aspettare che Ben si svegliasse e decidere cosa fare.
 
 
Semir non si era neppure spogliato.
Era rimasto seduto sul divano di casa ad aspettare la chiamata di Hartmut, nonostante le proteste di Andrea.
Era troppo nervoso per dormire.
Nervoso ed anche eccitato.
“Muove le dita dei piedi”
Le parole di Chiara  risuonavano nella sua mente come una canzone di speranza.
Ce la stava facendo: Ben sarebbe stato di nuovo in piedi presto, tutto sarebbe tornato come prima.
I re dell’autostrada di nuovo insieme.
Non riusciva neppure a ricordare  la sensazione di andare a lavorare e divertirsi follemente nel farlo, come era quando Ben era il suo partner.
Ne era certo, poteva riavere la sua vita indietro dopo anni passati nella depressione e nell’angoscia per quello che aveva fatto.
Poteva buttarsi alle spalle tutti i sensi di colpa e il dolore e ricominciare.
Sobbalzò alla vibrazione del cellulare sul tavolino.
“Hartmut…”
“Buonasera Semir” rispose il tecnico.
 
Chiara si era praticamente appisolata sulla sedia quando il rumore dei passi nel corridoio la fece quasi cadere a terra.
Svelta si nascose dietro la porta del piccolo bagno nella stanza, subito prima che Stein e l’assistente facessero il loro ingresso.
I due rimasero sulla porta a guardare Ben steso sul letto, ancora inconscio.
Il sacchetto della flebo era quasi vuoto.
“Quanto ci vorrà?” chiese l’assistente.
“Più o meno tre ore… sembrerà un ictus quando lo troveranno” bisbigliò Stein.
“E la Beck?”
“A lei penseremo domattina” rispose Stein mentre si allontanava nel corridoio.
Chiara uscì dal suo nascondiglio e rimase per un attimo indecisa sul da farsi; poi seguendo un impulso irrazionale seguì i due giù per le scale sino all’ascensore che portava al seminterrato.
 
Le mani le tremavano mentre batteva sulla tastiera i numeri che aveva memorizzato quando Stein e il suo assistente erano entrati nell’ascensore.
Sapeva che era pericoloso, sapeva che doveva chiamare Semir, sapeva che non doveva lasciare Ben da solo,  sapeva che non doveva scendere lì da sola, ma lo stava facendo.
Lo stava facendo per Leon, per Alex e forse per Alessia Lazzari, la piccola che era morta mesi prima.
E lo stava facendo per se stessa, perché doveva sapere la verità.
 
Il corridoio era poco illuminato e la lasciò abbastanza sconcertata.
Non aveva pensato che sotto il piano terra della clinica il seminterrato si estendesse per quasi tutto l’edificio e parte del giardino.
Sapeva che la costruzione era stata utilizzata ai tempi della Seconda Guerra Mondiale come deposito  di armi e centro di controllo della Wermacht, ma non la immaginava così grande.
Esitante fece un paio di passi lungo il corridoio,  mentre la razionalità iniziava a farsi strada in lei.
Che le era venuto in mente di scendere così da sola? Come poteva aver lasciato Ben da solo quando era ancora sedato ed indifeso?
Indecisa sul da farsi e distratta Chiara non si accorse dei passi alle sue spalle.
Una mano ferrea le tappò la bocca sin quasi a soffocarla, mentre veniva bloccata da braccia forti.
“La curiosità è sempre una cattiva consigliera” sibilò la voce di Stein.
 

Angolino musicale: Molto bene, anzi no…altre morti potrebbero ‘costellare’ i prossimi capitoli…intanto Simple Plan this song saved my life(Questa canzone mi ha salvato la vita)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=BOBSOtfUevA
Voglio iniziare facendoti sapere questo Grazie a te la mia vita ha uno scopo Mi hai aiutate ad essere quel che sono oggi Mi rivedo in ogni parola che dici A volte sembra che nessuno mi comprenda Sono intrappolato in un mondo in cui tutti mi odiano Sto passando per così tante cose Non sarei qui se non fosse stato per te Ero distrutto Stavo soffocando Ero smarrito Questa canzone mi ha salvato la vita Stavo sanguinando, avevo smesso di credere Sarei potuto morire Questa canzone mi ha salvato la vita Ero depresso Stavo annegando Ma è arrivata giusto in tempo Questa canzone mi ha salvato la vita A volte mi sembra che tu mi conosca da sempre Sai sempre come farmi sentire meglio Ti ascolto ogni qualvolta mi sento giù Mi hai fatto sapere come nessun altro Che va bene essere me stesso Non saprai mai cosa significa per me Che non sono solo Che non dovrò mai esserlo
  
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