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Autore: Odinforce    06/09/2015    1 recensioni
La maledizione che lo aveva afflitto per anni era ormai svanita. Era trascorso più di un anno, ma Ranma sorrideva ancora compiaciuto ogni volta che si bagnava con l’acqua fredda senza subire alcuna trasformazione. Si sentiva felice come non mai, alla pari di un uomo che aveva sconfitto una malattia mortale, libero di assaporare tutte le piccole cose straordinarie che la vita ha da offrire.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La tigre e l’aquila
 
Diciassette mesi fa.
Il sole stava calando ancora una volta su Tokyo, ponendo fine a quella che era stata un’altra splendida giornata estiva. Il Gatto mammone, rinomato ristorante cinese del quartiere, aveva appena chiuso: mentre la proprietaria, l’anziana Obaba, e gli altri dipendenti erano già andati via, una persona aveva deciso di trattenersi ancora un po’ all’interno delle sue mura. Si trattava di una ragazza cinese molto carina, con lunghi capelli neri che brillavano di lilla al sole; per tutto il giorno aveva fatto del suo meglio per mantenere il sorriso e la giusta compostezza sul posto di lavoro, per servire i clienti. Ma ora che tutti erano andati via, quella ragazza era libera di dare sfogo ai suoi veri sentimenti.
Shanpu non ricordava di essere mai stata così infelice in vita sua. Il suo spirito di indomita guerriera, forgiato in anni di lotte e allenamenti durissimi, le impediva di versare lacrime, ma il suo viso era corrotto dalla tristezza assoluta. Era cominciato tutto quella mattina, sul presto, mentre apriva il locale: aveva incontrato Akane per caso lungo la strada e, notando su di lei un’insolita espressione cupa, le aveva lanciato qualche frecciatina per infastidirla.
« Cos’è quel muso lungo? » le aveva detto con la sua solita superbia. « Hai litigato di nuovo con il tuo lagazzo? »
« Lasciami perdere, Shanpu » aveva risposto Akane, lanciandole appena un’occhiata di disgusto. « Oggi non è giornata. »
« Bah, con te non è mai giornata! Oggi che ti plende? Ti è scappato di nuovo Lanma dalle mani? »
A sentire quelle parole, Akane si era fermata di colpo. In un attimo aveva raggiunto Shanpu con uno sguardo omicida, che tuttavia non fece alcun effetto all’amazzone. Due secondi dopo, tuttavia, era scoppiata a piangere.
Shanpu non era così insensibile, dopotutto, e aveva fatto accomodare Akane nel ristorante per prepararle un tè. Non appena la ragazza si era ripresa, aveva iniziato a raccontare una notizia terribile... qualcosa che Shanpu non avrebbe mai voluto sentire.
Il suo adorato Ranma se n’era andato.
Akane le aveva detto tutto: la lettera che lui aveva lasciato a casa Tendo insieme al suo codino; la sua decisione di lasciarsi tutto alle spalle per rifarsi una vita, molto lontano da Tokyo; il fatto che avesse spezzato la maledizione che lo affliggeva, in modo misterioso. Il suo silenzioso addio a tutto quel mondo fatto di intrecci, maledizioni e duelli strampalati.
Shanpu non aveva potuto impedirlo. Era sconvolta, naturalmente, soprattutto perché il suo amato aveva già lasciato Tokyo da un pezzo senza farglielo sapere in alcun modo. C’erano volute le lacrime di Akane affinché la verità giungesse tardiva alle sue orecchie... e nulla avrebbe potuto cambiare la parte più dolorosa.
Ranma l’aveva ignorata completamente.
Ma Shanpu non si sarebbe arresa a questa realtà dei fatti, per quanto potesse essere dolorosa. Aveva giurato di sposare Ranma: una decisione che già in passato l’aveva spinta a lasciare la Cina per poterlo raggiungere, per conquistarlo con tutto il suo fascino e coronare un intramontabile sogno d’amore. Nessun ostacolo era mai riuscito a farla rinunciare: né il fidanzamento di Ranma con Akane, né le altre spasimanti, né la maledizione di cui lei stessa era vittima. Nessuno, né le persone comuni né gli spiriti sovrannaturali l’avevano mai trattenuta dalla sua caccia.
Perché lei lo amava davvero. Perciò, mentre chiudeva il ristorante e si apprestava a fare i bagagli, ripeteva a se stessa che nulla al mondo l’avrebbe fermata: era pronta a ritrovare Ranma ancora una volta, ovunque si fosse cacciato. Lo avrebbe punito per averla ignorata in quel modo, ma dopo lo avrebbe soffocato di baci.
Shanpu fantasticava su tutto questo, a tal punto da non accorgersi subito del tintinnio del campanello all’ingresso del ristorante. Qualcuno era entrato nel locale. La ragazza si voltò sorpresa, concentrandosi in un attimo sul nuovo arrivato: un uomo vestito con un lungo soprabito bianco, il cui volto era celato completamente da un cappuccio. Un abbigliamento decisamente insolito, vista la stagione, ma Shanpu non giudicava nessuno dalle apparenze.
Eppure, sebbene non avesse ancora detto una parola, quel tipo riusciva ad avere un’aria inquietante.
« Ehm... mi dispiace, il locale è chiuso » disse Shanpu, cercando di recuperare un tono cordiale.
L’incappucciato si guardò lentamente intorno.
« Oh, peccato » mormorò con voce glaciale. « Avevo sentito che in questo posto fanno un ottimo tè... e io sono molto assetato. Mi dispiace, sarei dovuto venire prima. »
Shanpu esitò un momento, prima di rispondere. Non percepiva alcuna ostilità, nessun Ki potente provenire da quel tipo: a prima vista, dunque, non sembrava un granché... ma qualcosa le disse di non fare nulla per contrariarlo, come se ne andasse del suo stesso destino.
« Be’... se desidela solo un tè posso farglielo subito. »
« Davvero? Grazie mille! »
La ragazza lo fece dunque accomodare al bancone. L’uomo si sedette subito, appoggiando i gomiti sul legno massiccio; Shanpu notò che non aveva abbassato il cappuccio, ma decise di non dire nulla a riguardo. Quella strana sensazione era ancora forte: meglio lasciarlo stare, continuava a ripetersi, perciò si concentrò sull’ordinazione senza indugiare oltre.
Mentre l’acqua bolliva, la ragazza tornò a guardare l’incappucciato. Anche se non riusciva a distinguere nemmeno un dettaglio nell’ombra che oscurava il suo volto, era certa che quel tipo la stava osservando con attenzione. Questo la infastidì, e le emozioni negative ripresero il sopravvento su di lei.
Servì il tè allo sconosciuto non appena fu pronto, ma lui continuava ad osservarla; a quel punto Shanpu non riuscì a trattenersi più.
« Cos’hai da guardale? » gli chiese con tono acido.
« Ti guardo perché sei bella » fu la risposta.
Shanpu arrossì un poco, ma questo non bastò a mutare il suo stato d’animo.
« Glazie » disse seria, « ma non farti stlane idee su di me... sono già fidanzata. »
« Davvero? » fece lo sconosciuto, dopo aver bevuto un sorso. « Strano, non si direbbe. Non porti anelli alle dita, tanto per cominciare... e quello sguardo afflitto che non riesci a nascondere del tutto può significare solo una cosa, dall’alto della mia esperienza. Qualcuno che ami ti sta facendo soffrire di brutto, non è così? »
Shanpu sgranò gli occhi, colta all’improvviso dalla sorpresa. Avrebbe voluto negare, ma quel tipo aveva fatto centro... persino meglio della sua bisnonna; ecco perché nella sua risposta non riuscì a fare altro che ammettere tutto.
« Sì! » esclamò. « Ma questo non ha importanza... sistemelò tutto. Io lo amo, e non ho alcuna intenzione di perderlo! »
« Anche se lui ti ha voltato le spalle? » proseguì l’incappucciato, bevendo un altro sorso. « Anche se è scappato via senza nemmeno salutarti? »
La ragazza rimase senza parole, ma le sue labbra iniziarono a tremare.
« Cosa... » iniziò a balbettare, « cosa cledi... di sapere? »
« Oh, io non credo di sapere... io so » rispose l’incappucciato « Ranma Saotome se n’è andato. Ti ha dimenticato. »
Il Gatto mammone piombò nel silenzio assoluto per una manciata di secondi. Tempo sufficiente per Shanpu per raggiungere il massimo stupore, trasformarlo in rabbia ed afferrare subito dopo una specie di maracas gigante da sotto il bancone.
« Kyaaaah! »
La ragazza sferrò un colpo, dritto contro la faccia dello sconosciuto; questi riuscì a scansarsi per un soffio, e il bonbori colpì il bancone, frantumandone una buona parte insieme alla tazza con il tè.
L’incappucciato fece un balzo all’indietro, atterrando con grazia a pochi metri dalla porta, illeso. Shanpu lo fissò esterrefatta: ben pochi avevano trovato scampo da un attacco del genere, da quando lei era diventata un’esperta guerriera. E in quel modo di schivare il colpo, lo sconosciuto aveva dimostrato di saperci fare; se doveva combattere, non poteva permettersi di sottovalutarlo.
Shanpu saltò fuori dal bancone, visibilmente furibonda; ormai aveva capito che il suo avversario sapeva qualcosa su Ranma, e voleva scoprirlo... anche a costo di demolire il ristorante. L’incappucciato, tuttavia, anziché mettersi in una guardia, si limitò ad alzare un mano e agitò l’indice, come per dire di no.
« Peccato, mia cara » dichiarò con tono sprezzante. « Mi aspettavo tu fossi più ragionevole... ma sembra che tu sia in grado di imparare solo con la forza bruta. »
« Maledetto! » gridò Shanpu, puntandogli contro il bonbori. « Chi sei tu? Che cosa hai fatto al mio Lanma? »
« Io sono Nul... e voglio precisare che Ranma non è mai stato tuo. Accetta questa realtà, prima che sia troppo tardi. »
Shanpu urlò ancora più forte, e si scagliò su Nul con una rabbia mai provata prima. Il bonbori calò ancora una volta sull’avversario, ma questi restò al suo posto e parò il colpo; Shanpu, ferma davanti a lui, fu sorpresa di scoprire che si era protetto con un’arma identica alla sua, tirata fuori dal nulla.
« È inutile combattere » dichiarò Nul. « Non voglio farti del male. Voglio aiutarti. »
Shanpu fece un versaccio, come se non credesse alle sue orecchie.
« Sei vuoi aiutarmi, dimmi subito dov’è Lanma! »
Nul non rispose, ma con uno spintone si separò dalla ragazza, facendole perdere l’equilibrio. Un attimo dopo era già alle sue spalle, pronto ad afferrarla per impedirle di cadere; le strappò il bonbori dalla mano e lo gettò via. Dopodiché costrinse Shanpu a sedersi sulla sedia più vicina, pronto a parlare. La fissò per un po’, torreggiando su di lei come un’aquila pronta a ghermire una preda sotto i suoi artigli.
« Devi accettare la realtà » ripeté Nul, impassibile. « Una realtà che ti ostini a rifiutare da anni. Ranma Saotome non ti ama, non ti ha mai amato. Tu non sei sua, e lui non è tuo. Ha lasciato questa città senza nemmeno salutarti... perché non gli è mai importato di te. I tuoi sentimenti verso di lui sono stati sinceri, non posso negarlo... ma per tutto questo tempo non sono mai stati ricambiati. »
« Bah! » fece subito Shanpu, recuperando l’aria arrogante. « Ma che diavolo ne sai tu? Cosa cledi di sapere su di me? e su Lanma? Tu non mi conosci nemmeno! »
« Invece ti conosco bene, Shanpu di Joketsu, pronipote della vecchia Obaba, appartenente a una tribù di indomite guerriere amazzoni. Anche tu, come Ranma, sei vittima di una maledizione delle Sorgenti di Jusenkyo, e ti trasformi in un gatto con l’acqua fredda. Sei venuta in Giappone per trovare Ranma dopo che ti aveva sconfitta in un duello, decisa a sposarlo per rispettare le leggi della tua tribù; però hai iniziato quasi subito ad amarlo sul serio, ragione in più per diventare sua moglie. Ma per tutto questo tempo sei stata ostacolata da fattori di varia natura, primo fra tutti la vera fidanzata di Ranma... la debole Akane Tendo, che hai cercato di eliminare svariate volte. »
Shanpu rimase senza parole. Era così sconvolta da tutta quella verità sbattutale in faccia da non riuscire a parlare. Non si era mai sentita così impotente nei confronti di qualcuno: era come un verme tra gli artigli dell’aquila.
« Uhm, ho ancora un po’ di sete » commentò Nul, guardando il bancone frantumato dove fino a poco prima stava sorseggiando il suo tè. « Non ti dispiace se mi preparo un’altra tazza, vero? »
Il silenzio di Shanpu fu l’unica risposta che ottenne. L’incappucciato si diresse dunque al bancone, sicuro di sé, e prese la teiera ancora calda, servendosi da solo.
Nel frattempo Shanpu ritrovò la voce.
« Come fai a sapele tutto questo? » riuscì a chiedere, con poco più di un sussurro.
Nul bevve un altro sorso di tè prima di rispondere.
« Ti ho osservato a lungo » disse, « fin dal giorno in cui la tua strada ha incrociato quella di Ranma. Ammetto di essere stato molto affascinato da te, mia cara... non solo per la tua notevole bellezza, ma per tutto ciò di cui sei capace: la forza, il coraggio, la determinazione... nonché un gran talento nel cucinare. Sì, tra le molte spasimanti del nostro comune amico, tu sei stata indubbiamente la mia preferita. »
Nul andò a sedersi vicino a Shanpu, rimasta pietrificata al suo posto per tutto il tempo.
« Ecco il motivo per cui sono qui » riprese lui, guardandola. « Il motivo che mi spinge ad aiutarti nel miglior modo possibile. »
« Aiutarmi? Come? »
« Spingendoti a fare la cosa giusta. Pensa bene a quello che desideri, mia cara, e farò in modo che tu possa ottenerlo. »
« Io voglio Lanma » disse subito Shanpu. « Lo voglio qui, ola, subito. Lo voglio qui con me! »
Scattò in piedi furiosa, pronta a lanciarsi di nuovo contro Nul se non avesse esaudito al più presto la sua richiesta.
Nul sospirò, e nel frattempo vuotò la sua tazza di tè.
« Delizioso » commentò. « Hai fatto davvero un ottimo lavoro. Lo stesso non si può dire, purtroppo, sul pensare bene a quello che desideri. Ranma è fuori dalla tua portata, mi dispiace... lo è sempre stato. »
« Non è velo! » sbottò la ragazza. « Io sono l’unica degna del suo amole! Sono guerriera come lui, più forte di tutte le altle stupide che gli stanno intorno! Più forte di stupida Akane... che non lo ha mai capito come lo capisco io. Solo io posso capire Lanma fino in fondo, e avvicinalmi più di tutti al suo cuore! »
« Davvero? Dimmi una cosa, allora... se puoi capire Ranma così bene, perché lui non ha mai ricambiato i tuoi sentimenti? Eppure hai cercato di conquistarlo un’infinità di volte, tra avventure, incantesimi, tecniche e ricette segrete. Eri perfino disposta a passare sul cadavere di Akane Tendo, pur di averlo tutto per te! E dopo tutto questo... dopo averlo inseguito per ben due anni... cosa hai ottenuto dal tuo adorato Ranma? Te lo dico io: un bel niente! Non ha mai ricambiato il tuo amore. Non ha mai voluto baciarti con la stessa passione che ci mettevi tu in quelle rare occasioni di intimità che avete condiviso. Cavolo, non ti si è filata nemmeno quella volta in cui eravate insieme – e sottolineo nudi – in una vasca da bagno. »
Non si stupì di vedere il viso di Shanpu diventare più rosso di un peperone, nell’udire l’ultima parte di quel discorso.
« Ma... ma tu come sai... di quella volta? »
« Te l’ho già detto, ti ho osservato a lungo » ribatté Nul. « È stato divertente vederti raggiungere Ramna nel bagno mentre eri un gatto, tuffarti nell’acqua calda e riemergere con il tuo vero, splendido aspetto. Mi dispiace però che non sia servito a niente... sono certo che qualsiasi altro bipede maschio avrebbe approfittato volentieri dell’occasione, se fosse stato al posto di Ranma. »
Allungò una mano verso Shanpu, sfiorandole il viso con dolcezza. Lei restò immobile, il bel viso contorto da un’enorme quantità di emozioni negative: sconforto, angoscia, tristezza... ma non la paura; resisteva con coraggio all’inquietante presenza di Nul accanto a lei, anche se non sapeva dire per quanto ci sarebbe riuscita.
« Sei così bella » mormorò l’incappucciato. « Forte. Coraggiosa. Indomabile. Una vera guerriera, proprio come hai detto tu. La forma che assumi con l’acqua fredda è solo una versione in miniatura del vero animale che ti rappresenta: la tigre. È davvero una magnifica creatura: bella ed elegante, ma anche potente e letale; protegge ciò che gli è caro e insegue implacabile la sua preda, anche fino in capo al mondo.
« E Ranma, in questo caso, era la preda... o meglio, lui si sentiva tale nei tuoi confronti. Tu non volevi conferirgli questo ruolo, vero? Volevi fosse il tuo compagno, non la tua preda; ma ovunque Ranma fuggiva, tu lo inseguivi... senza riuscire a conferirgli il ruolo che volevi per lui. Mi dispiace, Shanpu, sul serio... ma hai sbagliato tutto fin dall’inizio. »
Shanpu tornò a sedersi. I suoi occhi erano diventati nel frattempo umidi.
« Dove... dove ho sbagliato? »
« È difficile che un ragazzo riesca a innamorarsi di una spietata amazzone che lo insegue dappertutto pur di sposarlo » spiegò Nul. « Certo, dovevi rispettare il codice della tua gente, onorare la tradizione eccetera... ma con il tempo tutto questo ha perso importanza: lo hai amato davvero; perciò a quel punto avresti dovuto provare ad avvicinarti a lui con gentilezza, come fanno tutte le ragazze normali. Ma tu non sei mai stata normale... proprio come Ranma; ciò che vi accomuna è lo spirito guerriero. Hai sempre creduto che questo elemento comune avrebbe favorito la vostra unione, ma è stato un grosso sbaglio: lo hai spaventato a morte con la tua irruenza... ecco perché non si è mai avvicinato a te come speravi. Ed ecco perché ora ha lasciato Tokyo senza nemmeno prendersi la briga di passare a salutarti. »
Tacque. Shanpu guardò l’ambiente con aria afflitta: il suo ristorante sembrava improvvisamente un luogo estraneo che la metteva in soggezione. Era come se Nul fosse riuscito a metterle contro ciò che aveva di più caro.
« Che cos’hai fatto a Lanma? » chiese, muovendo a fatica le labbra intorpidite. Ora più che mai, voleva sapere la verità.
« L’ho aiutato » rispose semplicemente Nul. « L’ho aiutato a fare la cosa giusta... e sto per fare lo stesso con te, affinché tu possa proseguire la tua esistenza con il sorriso sulle labbra.
« Visto che non riesci a trovare valide alternative al riavere il tuo adorato Ranma, occorre ragionare per esclusione. Sei una gran bella ragazza dotata di forza micidiale; lavori in un’attività ben avviata; hai una famiglia e degli amici che ti vogliono bene; e la maledizione delle Sorgenti non ti preoccupa più di tanto, ormai. Direi che sotto questo punto di vista te la passi bene... perciò l’unica pena che vedo in te è quella che affligge il tuo cuore ferito. »
Nul si alzò in piedi, torreggiando ancora una volta sulla ragazza con aria inquietante.
« Non posso restituirti Ranma » disse, « ma posso fare in modo che il tuo amore per lui non sia stato uno spreco. »
Shanpu rimase al suo posto, incredula, mentre l’incappucciato posava una mano sulla sua fronte. Un attimo dopo, la ragazza fu travolta da un’ondata di ricordi, rivivendoli come immagini di un film in alta definizione...
Era in Cina, ancora sedicenne. Aveva appena vinto il torneo annuale della tribù, e proclamata per questo campionessa delle amazzoni. Quello stesso giorno, al villaggio si era presentato uno straniero, un giovane dai capelli neri raccolti in un codino. Shanpu lo aveva notato subito, offrendosi di fargli da guida per tutta la valle.
« Mi chiamo Ranma, piacere di conoscerti. »
« Hehe... piacele mio! Io sono Shanpu. »
Insieme avevano vagato a lungo in quella magnifica terra, così lontana dai problemi di una società moderna fin troppo invasiva. Ranma aveva apprezzato fin da subito la bellezza del luogo, scegliendo così di fermarsi per un po’ di tempo con grande gioia di Shanpu. Non passò molto tempo prima che i due iniziassero a frequentarsi... a stabilire un legame fatto di parole, emozioni e duelli; perché Ranma e Shanpu erano simili nello spirito. Entrambi erano guerrieri.
Si erano amati, per un’intera lunga estate. Un’avventura in grado di competere con le sfide che entrambi avevano affrontato con la forza dei loro pugni, paragonabile a un sogno meraviglioso, tra mille sguardi, svariati abbracci e un’infinità di baci.
Una storia intensa, giunta prematuramente alla fine. Ranma non poteva restare con lei. Aveva promesse da mantenere e molte miglia da percorrere; doveva riprendere il suo viaggio per diventare ancora più forte, come deciso da suo padre.
« Vieni con me » le aveva proposto con un sorriso sincero, quando l’ora della partenza era diventata ormai imminente.
« Non posso » fu la risposta, accompagnata da grosse lacrime. « Il mio posto è qui. Io sono un’amazzone... non c’è altlo posto per una come me al di fuoli di questo. »
Così, a malincuore, Ranma si era separato da lei. Ma il loro distacco non era avvenuto tra le urla: Shanpu non avrebbe conservato come ultimo ricordo l’immagine del suo amato in fuga al termine di un litigio. I due si erano separati dopo aver dato fondo alla loro passione, la notte precedente alla partenza; erano rimasti insieme, abbracciati l’uno all’altra dopo aver unito i loro corpi per l’ultima volta, senza dire una parola. Un momento perfetto, che avrebbero voluto durasse per l’eternità.
Ma l’alba era infine sorta, e Ranma non poteva più restare. Lo aveva visto andare via, sparendo per sempre dalla sua vita. Tuttavia, Shanpu non aveva versato lacrime in quel momento: era rimasta a guardare il suo amato mentre si allontanava, senza smettere di sorridere... felice di averlo conosciuto. Felice di essere stata sua.
Non aveva più rivisto Ranma Saotome da quel giorno, e in qualche modo era certa che non lo avrebbe rivisto mai più. Eppure avrebbe conservato il ricordo di lui tra i più belli che portava nel cuore. Avrebbe ricordato con gioia quell’estate, per sempre.    
Shanpu riaprì gli occhi, tornando alla realtà. Nul aveva tolto la mano dalla sua fronte, rimasto immobile ad osservare il risultato: il viso della ragazza era solcato da grosse lacrime, ma sul suo viso non c’era più traccia di tutte le emozioni negative che l’avevano afflitta per tutto il giorno. Ora sorrideva con somma gioia, per tutto ciò che aveva appena ricordato.
Nul non si era limitato a donarle un’illusione. Era come se avesse modificato davvero il suo passato, perciò Shanpu poteva ricordare ben più di semplici immagini: ogni bacio, ogni abbraccio, ogni respiro condiviso con il suo adorato Ranma... ricordava ogni sensazione provata sulla sua pelle in quei giorni lontani. Memorie fittizie di un passato mai vissuto, eppure tangibili... utili per liberare Shanpu dal suo tormento.
« È fatta » dichiarò Nul. « Ho eliminato il tuo dolore. Ora sarai in grado di fare la cosa giusta e di vivere in pace. Mi sono permesso di modificare la memoria anche alla vecchia Obaba, così dimenticherà la tua promessa di sposare Ranma e non si sentirà in dovere di spingerti a mantenerla. Quando sarò uscito da quella porta, naturalmente, non ricorderai di avermi incontrato, né di aver trascorso gli ultimi due anni a cercare di conquistare Ranma. Lui è già stato tuo... così ora sei libera di proseguire sulla strada che vorrai. »
Lanciò un’ultima occhiata a Shanpu, ora intenta ad asciugarsi le lacrime. Continuava a sfoggiare un largo sorriso, e lo usò per pronunciare un’unica parola a quello strano individuo che, a modo suo, l’aveva aiutata.
« Glazie. »
Nul chinò il capo, come per annuire. Dunque si voltò e raggiunse l’uscita, sparendo nella notte ormai calata sulla città. Aveva ancora molto lavoro da fare, per sistemare le cose nella vita di Ranma Saotome; altre persone da incontrare, altri dolori da alleviare; con Shanpu era stato più difficile, e gli dispiaceva non aver potuto fare di più per lei. Era davvero la sua preferita, tra le spasimanti di quel ragazzo così speciale... ma non poteva permettere che lei rispuntasse inaspettatamente nella nuova vita di Ranma. Non dopo averla indirizzata sui binari giusti.
Nessuno avrebbe dovuto interferire con il suo piano. Non sarebbe stato facile, ma con calma e pazienza avrebbe risolto ogni cosa. 
   
 
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