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Autore: StellaDelMattino    06/09/2015    3 recensioni
Quando Liv e suo padre si trasferiscono a Caligo, una città tranquilla afflitta da un perenne maltempo, sono convinti che per loro sarà un nuovo inizio.
Trasferirsi è un modo soprattutto per dimenticare, tenendo lontano dal cuore l'evento che per sempre li ha segnati.
Intanto, uno strano animale inizia ad attaccare le persone di notte, ma nessuno lo riesce a vedere: sembra quasi seguito da una nebbia fitta che lo rende invisibile.
In questo ambiente oscuro, Liv si imbatterà nel misterioso e affascinante giovane proprietario di un castello che solo all'apparenza è abbandonato.
In una serie di oscure coincidenze, la ragazza si ritroverà a mettere in dubbio non solo le persone che la circondano, ma anche se stessa.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 

"Auguri, Liv!" diceva uno striscione attaccato in cucina.
Gregor, con un cappellino da compleanno, l'aspettava lì in trepidazione. Doveva essere tutto perfetto, si era detto.
Olivia non se lo sarebbe dovuta ricordare come il compleanno che aveva passato senza i suoi amici, ma come quello che aveva passato bene grazie a suo padre. Non che ci fosse grande differenza, ma a lui importava. In un certo senso, gli rimaneva solo lei.
Quando sua moglie se ne era andata senza motivo, era caduto in depressione. Aveva iniziato a bere e era stato assente per Liv. Non solo, passava via quanto più tempo poteva, spesso non tornava a casa neanche per dormire: tutto gli ricordava lei, l'amore della sua vita, che evidentemente non corrispondeva più i suoi sentimenti. Ubriaco ogni giorno e notte, aveva persino perso il lavoro, finendo in un mare di debiti.
Liv, però, lei era stata forte. Più di quanto un'adolescente dovrebbe essere.
Lo era andato a cercare in ogni bar che conoscesse, provando a portarlo a casa o restando lì con lui. Si era presa cura di lui, gli era stata a fianco, tenendo dentro tutto il dolore che era sicuro che provasse.
Grazie a lei Gregor aveva ripreso il controllo della sua vita: un giorno, l'ennesima volta che chiedeva soldi che non avrebbe mai potuto restituire per bere, Olivia era andata da lui e gli aveva urlato contro tutta la realtà: gli aveva fatto capire quanto male stesse, quanto pensasse di aver perso due genitori in un solo colpo, quanto desiderasse riuscire a non curarsi di lui, a non preoccuparsi.
E il padre aveva compreso che Liv, poco più che una bambina, fosse molto più forte di lui. Aveva capito che essere genitore vuol dire non crollare, mai, vuol dire esserci per i propri figli.
Gregor si riscosse dai suoi pensieri, quando sentì che qualcuno apriva la porta. Sorrise felicemente, quel brutto periodo ora era passato.
Liv spalancò la bocca per la sorpresa quando lo vide.
Il padre iniziò a cantarle la canzoncina e la ragazza arrossì, sorridendo contenta. Era felice, davvero.
Sul tavolo, c'era una torta dall'aspetto fantastico: Gregor era un cuoco eccezionale e non nascondeva il suo inusuale desiderio di diventare uno chef professionista.
La torta era al cioccolato, glassata e troppo grande per sole due persone. Davanti ad essa, c'era un piccolo pacchetto.
Vedendo che la figlia lo osservava, Gregor lo spinse avanti.
"Avanti, aprilo" disse.
Liv non esitò a fare come le era stato detto.
Dentro al pacchettino c'era un anello d'argento, piccolino, sottile. Era chiaro che fosse prezioso, soprattutto per il brillantino che ci stava sopra.
"Papà, non dovevi..." incominciò la ragazza. "È bellissimo, ma con tutti i nostri problemi finanziari..."
Gregor la fermò subito. "No, è il tuo diciottesimo compleanno e tu ti meriti un regalo bello. Certo non sarà questo anello a complicarci la vita, anzi."
Olivia sorrise felice, poi dopo aver aggirato il tavolo, buttò le braccia al collo del padre e lo ringraziò ripetutamente.
Suonò il campanello un paio di volte. Il padre sciolse l'abbraccio ed andrò ad aprire.
Alla porta c'era il vicino, Bob, un uomo sui sessanta anni, di bassa statura e di corporatura robusta. Stava giocando i baffi grigi, arrotolandoli con un dito come d'abitudine.
"Buongiorno, Gregor" disse con la sua voce profonda. Il signor Thompson lo salutò di rimando. "Mi chiedevo se avessi già iniziato i lavori in giardino."
"No, in realtà" rispose Gregor "sa, oggi è il compleanno di Liv..."
Bob lo interruppe subito: "Capisco, capisco. Falle gli auguri da parte mia! Comunque sappi che sarò felice di aiutarti!"
Prima che potesse invitarlo ad entrare, il vicino era già tornato a casa sua.
Il signor Thompson aveva capito da subito che Bob era una persona un po' strana. Appassionato alla follia al giardinaggio, sembrava avere interesse solo per quello. In ogni caso, era una brava persona.
Gregor tornò in casa, mentre Liv si rimirava la mano con indosso l'anello. Le piaceva proprio.
A Olivia piacque quel giorno: guardarono uno dei suoi film preferiti, ingozzandosi di quella torta che oltre ad essere bellissima era squisita. Scherzarono e chiacchierarono, in una serata completamente dedicata al loro rapporto padre-figlia. Si sentì più vicina a Gregor e ne fu felice.
Un compleanno come nuovo inizio in una nuova casa, con un padre di nuovo tale, a Olivia piaceva.
Aveva ancora il sorriso sulle labbra quando salutò il padre per andare a dormire. Lo sentì girare la chiave nella serratura come era solito fare, poi anche Liv si mise a letto.
Appena prima di spegnere la luce, portò una mano al ciondolo che aveva al collo e sospirò, guardando fuori dalla finestra dall'altra parte della camera. Non avrebbe dovuto portare quella collana, ultimo regalo della madre, ma non riusciva a staccarsene.
Perché, nonostante l'avesse ferita come non mai, lei ancora l'amava.
È così, infondo: non importa quanto male ti facciano, se tieni a qualcuno ci vuole molto a scacciare quei sentimenti. Alla fine l'amore non se ne va mai davvero.
E Liv sperava ancora che un giorno sua madre sarebbe tornata.
Guardando il mondo fuori dalla finestra, la ragazza pensava che lei fosse lì da qualche parte.
"Mamma" iniziò a sussurrare "so che non puoi sentirmi, ma... ti prego, torna da noi. Vorrei tanto che tu tornassi."
Era la stessa richiesta ogni anno, ma non era ancora stata accontentata.
Olivia lasciò la presa sul ciondolo, poi si asciugò una lacrima.
Non ci mise molto a scivolare in un sonno profondo.

L'impressione che Olivia aveva avuto di Cashiel, una compagnia di biologia, si era rivelata giusta.
Mano mano che i giorni passavano, Liv sentiva di essere sempre più in sintonia con la ragazza.
Era quella che sua madre avrebbe definito "un peperino": sorrideva e rideva sempre, ma non aveva una risata esagerata. Era semplicemente piena di vita.
In un certo senso le ricordava Amanda.
Quando, dopo il suo compleanno, le aveva detto di aver festeggiato il compleanno con il padre, Cashiel si era quasi arrabbiata.
"Perché non me l'hai detto?" aveva chiesto mentre erano a pranzo "Non mi è neanche arrivata la notifica su Facebook!"
Liv inarcò un sopracciglio. "Ho tolto il mio giorno di nascita, preferisco che gli auguri me li faccia chi se lo ricorda davvero" rispose tranquillamente, alzando le spalle.
"Ma... io non potevo saperlo!"
"Beh, lo saprai da ora in poi!"
Entrambe risero, senza un motivo apparente. Era proprio quella leggerezza che piaceva a Olivia di Cashiel. In qualche modo la faceva sentire felice: le faceva dimenticare i problemi che l'aspettavano a casa.
"Per festeggiare il compleanno di cui ti sei dimenticata di dirmi andremo insieme al caro centro commerciale" decretò alla fine l'amica, senza lasciare spazio ad obiezioni.

Era ormai sera tarda, la notte si stava lentamente impadronendo di ogni cosa.
Per una volta, il maltempo sembrava aver lasciato spazio alla serenità: in cielo non c'era una sola nuvola, solo la luna, che irradiava ogni cosa con la sua tenue luce.
L'unica cosa che macchiava quel paesaggio quasi idilliaco era la nebbia densa, che al limitare della città diveniva talmente fitta da non permettere di vedere nulla.
Bob non era solito a stare fuori fino a tardi, eppure quel pomeriggio, quando aveva trovato nel bosco una pianta piuttosto inusuale, aveva deciso di studiarla e documentarla. A discapito di quanto si immaginasse, c'era voluto più tempo del solito, tanto che ancora si trovava a vagare al limitare del bosco.
Con quella nebbia, poi, quasi non riusciva a distinguere neanche i propri piedi, tanto che era inciampato un paio di volte in alcuni rami che si trovavano lungo il suo passaggio.
Se avesse saputo che internamente alla città c'era la metà della nebbia che vedeva lì, sicuramente avrebbe preso la strada più lunga, ma in quell'occasione più facile. Sfortunatamente, non ne aveva idea.
Così, convinto di andare per il percorso più breve, continuava a camminare al confine indefinito fra città e bosco.
Un fruscio attirò la sua attenzione, invitandolo a rivolgere il suo sguardo verso la parte degli alberi. Si fermò un attimo, il suo cuore accellerò il battito.
"Sarà solo qualche animale" si disse, decidendo di proseguire.
Non fece tempo a fare qualche passo che sentì un altro rumore, più forte questa volta.
"Via, bestiaccia!" urlò a qualunque cosa fosse oltre quel bianco opaco. Era convinto così di spaventare l'animale.
Il suono si arrestò, ma Bob non riusciva a calmare quell'inquietudine che si stava impossessando di lui, come se sentisse di aver concentrato l'attenzione di qualcosa.
L'inquetudine si trasfornò in paura, quando un dolore dilaniante gli attraversò tutto il braccio.
Una strana consapevolezza si fece strada nella sua mente: qualcosa lo aveva morso.
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre le luci delle case si accendevano e i cittadini comprendevano ciò che era appena successo.

 

   
 
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