Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: A li    07/02/2009    5 recensioni
[Elricest / 3 capitoli]
Alphonse rise divertito, mentre Edward lo guardava in cagnesco, anche se ancora mezzo addormentato.
-Che c’è da ridere?-
-Niente, niente… Mi fa ridere la tua faccia-.
Edward si toccò il viso, cercando di aggiustarsi i capelli che sembravano essersi agitati da soli durante il sonno. Doveva essere davvero in uno stato pietoso.
Alphonse sorrise ai suoi tentativi di rendersi quantomeno civile. Gli si avvicinò e gli bloccò le mani, impedendogli di mettersi ancora a posto quella chioma bionda.
-Tranquillo, fratellone. Sei bello anche così-, esordì.
Edward sobbalzò, ma Alphonse non se ne accorse.
L’innocenza con cui aveva pronunciato quella frase era incredibile. Edward lo fissò quasi seccato. Al non poteva dire certe cose senza pensarci, semplicemente aprendo la bocca. Doveva riflettere sul significato delle proprie parole, a come gli altri avrebbero potuto interpretarle. Non poteva essere sempre così ingenuamente ingenuo.
O forse era lui quello che sbagliava?
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Rose Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia è tutto ciò che una mente malata (in fase di influenza) può partorire

E siamo all’ultimo capitolo.

Anche se non ho ricevuto recensioni per il secondo, ho deciso di pubblicare l’ultimo.

Spero che adesso qualcuno commenti.

Vi prego… ç-ç

Buona lettura.

 

 

Il Regalo

Più Grande

Dedicato a mia sorella Valeria

Perché le voglio un bene enorme

E Perché in questa storia c’è molto anche di lei

3. Il Regalo Più Grande

Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perchè
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai partenza
Regalo mio più grande

 

Uscì dal bagno due ore dopo, quando fu sicuro che Alphonse non poteva trovarsi davanti alla porta.

Nel corridoio diede un’occhiata all’orologio a muro appeso in alto e si accorse che erano le nove di sera. Pian piano scivolò verso la sua stanza, deciso ad infilarcisi dentro e a chiudersi a chiave velocemente, ma all’ultimo momento si bloccò. Attraverso la porta della stanza di Alphonse lo vide coricato sul suo letto, con il viso contratto in una smorfia di dolore, palesemente addormentato ma con tutti i vestiti addosso.

All’inizio pensò di approfittare del momento e correre nella propria stanza, ma non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione sofferente del fratello.

Sospirò, arrendendosi al proprio istinto, ed entrò silenziosamente. Camminando adagio si avvicinò al corpo del fratello e gli si sedette accanto, contemplando i suoi tratti gentili. Anche con quel dolore addosso, il viso rispecchiava la sua gentilezza e la sua generosità.

Assorto, gli accarezzò la fronte, assurdamente pronto a ricevere un rifiuto che non venne.

Sotto la sua mano delicata, il viso di Alphonse si distese lentamente, tornando sereno.

Edward si sorprese di come potesse, una sola carezza, rasserenare suo fratello. Sorrise felice di averlo aiutato nonostante tutto e si alzò dal letto, per evitare di farsi trovare lì nel caso si fosse svegliato.

Quando si voltò di nuovo verso il fratello, richiamato da uno strano istinto, lo trovò con gli occhi aperti e un’espressione nuovamente sofferente mentre lo fissava. Prima che avesse la possibilità di andarsene, Alphonse gli afferrò il braccio, tirandolo verso di sé.

Edward si ritrovò addosso a lui, con il peso del proprio corpo, appoggiato con le mani al materasso per non soffocarlo.

Alphonse lo tratteneva ancora per un braccio, impedendogli di andarsene. Ma più della sua stretta, era la sua espressione ad impedire un qualunque gesto del maggiore: straziata, piena di un dolore incredibile.

-Fratellone-, mormorò, con la gola bloccata dalle lacrime, -Non andartene mai più via-.

Edward spalancò gli occhi e fissò il fratello sotto di sé piangere silenziosamente. Il dolore al petto che lo aveva invaso nel bagno tornò ancora più forte, distruggendolo in tutto il corpo.

-Al…-, sussurrò disperatamente.

Il fratello continuò a piangere, stringendo con tutta la forza che aveva il braccio di Edward.

-Non abbandonarmi mai più-, implorò.

Edward lo fissò a lungo, lasciando che anche le proprie lacrime scendessero senza freni. Accarezzò con gentilezza una guancia di Alphonse, più e più volte, mentre piangevano.

-Mi dispiace, Al-, mormorò, -Perdonami. Non andrò via mai più-.

Alphonse sorrise, tremando.

-Grazie-.

Poi gli afferrò entrambe le braccia, come aveva fatto lui nella sua stanza, e lo tirò verso di sé, baciandolo.

Edward non si chiese che cosa stesse facendo, se fosse giusto o sbagliato, se avesse un senso o se fosse tutto frutto della sua pazzia. Lasciò semplicemente che accadesse.

Approfondì il bacio, quando Al glielo chiese. Si fece togliere la camicia bianca nonostante a farlo fossero le piccole mani tremanti di suo fratello. Spostò le labbra sul collo pulsante di Al, facendolo sobbalzare di sorpresa e di piacere.

Lo fece gemere e lo fece sospirare, accontentandolo.

Lasciò che domandasse e che ricevesse in risposta tutto quello che desiderava.

Condusse il gioco; lo prese lentamente, con delicatezza, baciandolo e accarezzandogli il viso.

Alphonse non chiedeva niente di sbagliato. Chiedeva solo di conoscere l’amore.

 

-Fratellone-.

Edward aprì gli occhi e si ritrovò di fronte al viso luminoso di suo fratello.

-Al-, sussurrò dolcemente.

Fece per tirarsi su, ma si accorse di essere avvinghiato dalle braccia di Alphonse, che se ne stava felicemente appollaiato sul suo petto, sorridendo.

-Al, lasciami andare-.

Alphonse scosse la testa e lo strinse ancora più tra le braccia.

-Grazie, fratellone-.

Edward non capì subito. Quando la sua mente appena sveglia gli permise di collegare le parole del fratello alle immagini della sera prima, spalancò gli occhi e arrossì.

-Al! Ti sembrano cose da dire?-

Alphonse allargò il sorriso.

-Certo-, rispose semplicemente.

Edward sospirò, scuotendo la testa. Al non sarebbe mai cambiato. Sempre con quell’assurda innocenza e ingenuità anche quando si trattava degli argomenti più… intimi?

Arrossì ancora, costretto a farlo dai suoi stessi pensieri.

-Fratellone, sei arrossito?-

Alphonse lo guardava con un sorriso strafottente e divertito, cercando di leggere la sua espressione.

-No-, rispose convinto.

-Sì, invece-.

-Ti dico di no-.

-Ti assicuro che sei arrossito-.

Edward incrociò le braccia, rischiando di dare una gomitata in testa al fratello, che si spostò appena in tempo.

-Smettila. Te lo ordino-.

Alphonse scoppiò a ridere.

-E da quando sei diventato un mio superiore?-

Edward lo guardò con espressione scioccata.

-Sono tuo fratello maggiore!-

-Sì, ma non il colonnello Mustang! Non puoi darmi ordini!-

-Non hai ancora diciotto anni, quindi sei sotto la mia tutela-.

Alphonse si mise a ridere ancora più divertito.

-Nemmeno tu li hai!-

Colpito in fallo, Edward si chiuse nella sua espressione imbronciata più convincente e cominciò a fissare nel vuoto, sperando di far smettere la risata di Alphonse. In effetti ci riuscì.

Il fratello si ostinò ad ignorarlo per un po’, ma poi si arrese.

-Ok, scusami fratellone-.

Edward sorrise, prendendo qualche anno di maturità, e lo accarezzò, stringendolo a sé il più possibile.

Alphonse si lasciò cullare in quell’abbraccio, sapendo che non sarebbe durato molto.

Due minuti dopo infatti Edward era scivolato dalla stretta del fratello minore ed era sceso dal letto, per vestirsi. Alphonse rimase ad osservarlo raccogliere gli abiti sparsi sul pavimento, sorridendo. Quando Edward si girò, lo stava ancora osservando con la stessa espressione.

-Che c’è da guardare?-

Alphonse alzò le spalle, come se fosse una cosa di poca importanza.

-Sei bello-, asserì.

Edward arrossì, ostentando l’espressione scioccata che gli veniva benissimo.

Abbassò lo sguardo, a disagio.

-Smettila di dire certe cose con tanta tranquillità!-

-Perché non dovrei?-

-Perché… Oh! Lascia perdere!-

Edward continuò a vestirsi senza degnarlo della minima attenzione.

Era… Irritante.

Mentre si stava infilando le calze, lo sentì gettargli le braccia al collo da dietro.

-Al! Ti prego, vestiti!-

-L’ho già fatto-.

Si voltò e lo vide sorridere, perfettamente abbigliato da capo a piedi.

Sospirò e si affrettò ad eguagliarlo, sperando che non si mettesse a ridere come al solito.

Quando alzò gli occhi per dirgli di scendere di sotto, era sparito.

Scese le scale lentamente, perché una strana sensazione lo voleva avvertire che poteva aspettarsi qualunque scherzo. Invece quando arrivò in cucina Alphonse era attaccato ai fornelli e aveva quasi finito di preparare una splendida colazione. Sorrise, ripensando a due giorni prima: era nella stessa situazione mentre correva giù dalle scale con quel biglietto rosa di auguri per Al, ingiustamente infuriato. Doveva ammettere di essersi sbagliato: a quanto pareva, Al non aveva alcun interesse per quella ragazza.

Per una volta fu lui ad avvicinarsi di soppiatto ad Alphonse e ad abbracciarlo da dietro. Quello sussultò, sorpreso dal gesto insolito. Si appoggiò con la schiena al suo petto, godendosi il momento, ma senza smettere di cucinare.

-Che buon profumino-, mormorò Edward.

-Ti piace?-

-Mi piacerebbe qualunque cosa, cucinata da te, lo sai-.

Alphonse sorrise divertito.

-Come mai siamo così gentili?-

Edward alzò gli occhi al cielo.

-Hai rovinato l’atmosfera-.

Il fratello rise, scuotendo la testa.

Edward lo baciò sul collo.

-Buon compleanno-, mormorò, facendolo rabbrividire, poi si staccò e andò a sedersi al suo posto.

Alphonse continuò a preparare la colazione.

Edward pensò che in tutti quegli anni si era sempre immaginato come sarebbe stata la loro vita dopo aver recuperato il corpo di Al, ma mai gli sarebbe balenata in mente un’idea simile. Aveva pensato ad una bella casa, un cane e forse anche qualche gatto, per fare felice Al, un grande giardino che ricordasse la campagna di Reesembool. Ma non si era sforzato di creare anche la loro vita vera e propria. Come avrebbe potuto?

Nessuno sarebbe riuscito a fargli credere che si sarebbero innamorati.

O forse sì. Forse era stato inconsciamente innamorato di Al fin da bambino.

Mentre gli fissava la schiena muscolosa con uno strano orgoglio fraterno, ripensò alla sera prima. Gli tornò in mente senza che potesse farci nulla. Tentò di non arrossire e non fu difficile questa volta, dato che Al non lo stava guardando. Si accorse di desiderarlo con un’intensità incredibile proprio quando lui si stava voltando.

Gli sorrise dolcemente e Alphonse ricambiò.

Sì. Non c’era nulla al mondo che desiderasse di più.

 

-Che buono!-

Alphonse sorrise contento.

Edward aprì la bocca per fare un nuovo apprezzamento, ma il campanello suonò all’improvviso.

-Vado io-, lo assicurò Alphonse.

Si alzò e camminò fino all’ingresso poco distante.

Edward lo sentì aprire la porta ed emettere un’esclamazione sorpresa.

-Buon compleanno, Al!-

-Rose…-

Edward sorrise.

E così la ragazza innamorata arrivava per farsi conoscere, eh? Peccato che avrebbe trovato una brutta sorpresa ad aspettarla. Chissà che delusione sarebbe stata scoprire che il suo amato era già occupato.

Le voci nell’ingresso si erano spente.

Edward si alzò dalla sedia, pronto a chiarire la situazione se Alphonse non ne fosse stato capace.

Si aggiustò distrattamente i vestiti e si avviò alla porta che divideva la cucina dall’ingresso.

Preparò un bel sorriso da sfoggiare.

Ma quando la scena gli si delineò davanti agli occhi, il sorriso sparì all’istante.

Alphonse era in piedi davanti alla porta dell’ingresso, avvinghiato ad una ragazza dai capelli castani. Quella Rose.

Si stavano baciando.

Sentì il respiro mozzarsi. Più che altro gli sembrò di dimenticare come si facesse a respirare. Boccheggiò un attimo, con gli occhi spalancati. Cosa stava succedendo? Cosa stava facendo Al?

Alzò un braccio verso la scena e nello stesso momento fece un passo all’indietro. Cominciò a scuotere la testa, negando tutto ciò che i suoi occhi gli mostravano, negando con la ragione quello che il cuore non poteva sopportare.

Le lacrime scesero senza alcun riguardo per lui, per il suo orgoglio.

Sentì la nausea farsi terribilmente forte.

L’ultima cosa che vide fu Alphonse che si voltava e lo fissava con lo stesso sguardo sconvolto.

Le sue gambe, l’ultima parte del corpo che ancora avesse modo di funzionare, lo portarono via da tutto quello. Corse con tutta la sua forza su per le scale, spalancò la porta del bagno e la chiuse dietro di sé, facendo scattare la serratura.

Si buttò sul gabinetto senza poter più resistere e rigettò tutto quello che aveva mangiato poco prima, tutte quelle bontà che Alphonse aveva preparato per lui. Quando non ebbe più nulla da vomitare si accasciò sul pavimento, bagnando le piastrelle immacolate con le sue lacrime.

Sì, aveva immaginato molte volte la loro vita dopo aver recuperato il corpo di Al.

Ma in tutte le possibilità, non era stato mai solo.

 

-Edward! Edward, apri questa maledetta porta!-

Edward aprì gli occhi, respirando a fatica sul pavimento del bagno. Le lacrime erano scese finché non aveva più avute ed ora le ultime restavano cristallizzate sulle sue guance.

Incredibilmente, sorrise.

Da quella posizione tutto era diverso. Chissà come vedevano il mondo le formiche che passavano tutta la loro vita sulla terra, rischiando di essere calpestate dagli uomini. Probabilmente non potevano semplicemente fare altro che sopravvivere.

-Edward!-

Anche lui avrebbe dovuto fare così? Tentare di portare avanti la sua vita, faticosamente, nonostante tutto? Provare a vivere anche se suo fratello lo aveva lasciato irrimediabilmente solo?

Vivere anche senza di lui?

-Edward, apri!-

Si lasciò andare ad un altro sorriso stanco.

No. No, non era possibile.

Una risata flebile lo fece tremare leggermente. Tutto quel piangere e quel vomitare l’avevano sciupato.

Che stupido. Perché non lo aveva capito prima?

Alphonse aveva bisogno di essere amato. Ne aveva sempre avuto bisogno, fin da piccolo.

Ma evidentemente una sola persona era troppo poco. Nonostante l’amore che poteva offrirgli, le sicurezze che poteva assicurargli, non era mai stato abbastanza. Avrebbe dovuto rendersene conto molto tempo prima. Molto, molto tempo prima. Quando da bambini litigavano e Al si faceva una volta consolare dalla mamma, una volta dal papà e quando non gli rimaneva altra possibilità aspettava che lui non fosse più arrabbiato e finiva con il saltargli in braccio. Avrebbe dovuto capirlo quando vedeva il modo in cui guardava Winry e la maestra Izumi.

Quello sguardo, lo aveva forse mai visto rivolto su di sé?

C’era tutto il suo affetto, in quello sguardo. Tutta la sua vita era nel suo essere capace di amare. E Al aveva amato tante persone, tutte quelle che aveva potuto.

Ma non suo fratello.

Si chiese quale maledizione lo avesse reso tanto indegno di essere amato agli occhi di suo fratello.

Quando la risposta gli arrivò alla mente, rise per esserselo addirittura chiesto.

Era così ovvio. Così terribilmente ovvio.

Lo scambio equivalente.

Lo aveva costretto a donare il suo corpo per una pazzia di cui lui era l’unico responsabile. Lo aveva confinato in un’armatura per sei anni. Lo aveva fatto soffrire molte e molte volte.

E alla fine non gli era costato nulla riportare indietro il suo corpo.

Sbagliato. Oh, decisamente sbagliato.

C’era qualcosa che la Verità aveva voluto in cambio del suo favore. Della sua grazia.

Un cuore a pezzi. E una vita in meno.

 

-Fratellone!-

Edward non rispondeva ancora.

Alphonse sbatté i pugni contro la porta, rabbiosamente.

Ma cosa era preso a Rose? Lo aveva baciato così, senza dire niente. Edward li aveva visti. Edward li aveva visti!

-Fratellone!-, gridò più forte, -Ti prego!-

Senza più pensare a nulla, sbatté insieme le mani e trasmutò la porta in una cassetta di legno. Entrò nel bagno attraversando il fumo che la trasmutazione aveva creato e spalancò gli occhi.

Edward era riverso a terra, con il viso stravolto.

Ma Alphonse lo sentiva respirare ancora.

-Fratellone!-, gridò.

Il suo urlo si sentì in tutta la casa.

Edward aprì gli occhi e lo guardò con un amore incredibile attraverso le iridi offuscate.

Alphonse gli si inginocchiò accanto, accarezzandolo e togliendogli i capelli bagnati dalla fronte sudata.

-Al…-

-Zitto, zitto-.

Edward tossì, ma si sforzò di parlare.

-Tieni-, mormorò.

Alphonse lo vide porgergli una scatola che stava interamente nella sua mano.

La prese guardandolo con occhi spalancati.

-E’ il tuo regalo-, disse Edward sorridendo.

-Ma, fratellone…-

-Per favore, aprilo-.

Alphonse deglutì e aprì la scatola.

Edward lo vide leggere il biglietto con crescente stupore e poi scoppiare in lacrime alla vista dell’oggetto nascosto nella carta sottile.

-Ti amo, Al-.

Alphonse lo osservò, cercando di scacciare le lacrime dagli occhi, ma Edward lo bloccò.

-Tranquillo, Al. Sei bellissimo anche così-.

Il fratello ricominciò a piangere senza più preoccuparsi.

-Ti amo anche io, fratellone-, mormorò.

 

 

1 anno dopo

 

-Buon anniversario-.

Alphonse osservò il fratello sorridere con un pacchetto in mano, mentre lo abbracciava teneramente da dietro.

Era in quei momenti che sembrava più facile trasmettersi l’affetto.

-Lo sai che non sono d’accordo-.

Edward sbuffò.

-Sì, lo so, lo so. Secondo te era ieri l’anniversario-.

-Lo era-, sentenziò Alphonse, -Il 14 ottobre di un anno fa per la prima volta abbiamo…-

Edward gli tappò la bocca con una mano, impedendogli di continuare.

-Ehi, certe cose non si dicono in pubblico!-

Alphonse rise, osservando l’espressione da cospiratore del fratello.

-Siamo da soli, fratellone-.

-Ma devo insegnarti tutto, Al?-, fece Edward, seccato, -Anche i muri hanno le orecchie!-

-Sì, certo-.

Alphonse si staccò dall’abbraccio del fratello e portò in tavola un prezioso manicaretto.

Edward lo seguì controvoglia, anche se con il solito appetito.

-Comunque-, continuò, -Solo il 15 ottobre mi hai detto che mi amavi-.

Alphonse sembrò arrossire.

-L’hai detto anche tu-, si schernì.

-Oh…-, approfittò Edward, -Sei arrossito?-

-No-.

-Sì, invece-.

-Ti dico di no-.

Edward sospirò.

-Va bene, va bene. Il regalo non lo vuoi?-

Ad Alphonse brillarono gli occhi. Fece per afferrare il pacchetto dalle mani del fratello, ma lui lo mise dietro la schiena e sporse il viso in avanti.

-Un bacio-, esigette.

Alphonse sorrise e gli gettò le braccia al collo, baciandolo con foga, come faceva sempre, ormai.

Edward rispose con altrettanto entusiasmo, sprizzando felicità da tutti i pori. Si lasciò andare, circondando il corpo del fratello minore con le braccia. Alphonse approfittò del momento e gli sfilò il regalo dalle mani, correndo via.

Edward rimase basito a guardarlo scartare il pacco tutto felice.

-Imbroglione-.

Alphonse rise e gli fece la linguaccia.

Edward si unì alla sua risata, troppo felice per poter tenere il broncio.

Guardò il suo orologio da alchimista pendere dai pantaloni di suo fratello, regalo di compleanno dell’anno prima. Quel compleanno che li aveva resi così infelici e così euforici allo stesso tempo. Quel compleanno che sarebbe rimasto nella loro memoria per sempre.

Sperò che quella serenità non gli sfuggisse dalle mani un’altra volta.

Nessuno poteva togliergli dalla testa che la Verità dovesse esigere ancora qualcosa in cambio della loro vita.

Ma per adesso sembrava che le bastasse così.

 

----

 

Spero proprio che questa storia vi sia piaciuta.

Per favore, se avete critiche o magari riflessioni da fare, lasciate un commento!

Con speranza,

Aki

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: A li