E siamo all’ultimo capitolo.
Anche se non ho ricevuto
recensioni per il secondo, ho deciso di pubblicare l’ultimo.
Spero che adesso qualcuno
commenti.
Vi prego… ç-ç
Buona lettura.
Il Regalo
Più Grande
Dedicato a mia sorella Valeria
Perché le voglio un bene enorme
E Perché in questa storia c’è molto anche di
lei
3. Il Regalo Più Grande
Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché
Di notte chi la guarda possa pensare a te
Per ricordarti che il mio amore è importante
Che non importa ciò che dice la gente perchè
Tu mi hai protetto con la tua gelosia che anche
Che molto stanco il tuo sorriso non andava via
Devo partire però se ho nel cuore
La tua presenza è sempre arrivo
E mai partenza
Regalo mio più grande
Uscì dal bagno due ore
dopo, quando fu sicuro che Alphonse non poteva trovarsi davanti alla porta.
Nel corridoio diede
un’occhiata all’orologio a muro appeso in alto e si accorse che erano le nove
di sera. Pian piano scivolò verso la sua stanza, deciso ad infilarcisi dentro e
a chiudersi a chiave velocemente, ma all’ultimo momento si bloccò. Attraverso
la porta della stanza di Alphonse lo vide coricato sul suo letto, con il viso
contratto in una smorfia di dolore, palesemente addormentato ma con tutti i
vestiti addosso.
All’inizio pensò di
approfittare del momento e correre nella propria stanza, ma non riusciva a
togliersi dalla testa l’espressione sofferente del fratello.
Sospirò, arrendendosi al
proprio istinto, ed entrò silenziosamente. Camminando adagio si avvicinò al
corpo del fratello e gli si sedette accanto, contemplando i suoi tratti
gentili. Anche con quel dolore addosso, il viso rispecchiava la sua gentilezza
e la sua generosità.
Assorto, gli accarezzò la
fronte, assurdamente pronto a ricevere un rifiuto che non venne.
Sotto la sua mano
delicata, il viso di Alphonse si distese lentamente, tornando sereno.
Edward si sorprese di come
potesse, una sola carezza, rasserenare suo fratello. Sorrise felice di averlo
aiutato nonostante tutto e si alzò dal letto, per evitare di farsi trovare lì
nel caso si fosse svegliato.
Quando si voltò di nuovo
verso il fratello, richiamato da uno strano istinto, lo trovò con gli occhi
aperti e un’espressione nuovamente sofferente mentre lo fissava. Prima che
avesse la possibilità di andarsene, Alphonse gli afferrò il braccio, tirandolo
verso di sé.
Edward si ritrovò addosso
a lui, con il peso del proprio corpo, appoggiato con le mani al materasso per
non soffocarlo.
Alphonse lo tratteneva
ancora per un braccio, impedendogli di andarsene. Ma più della sua stretta, era
la sua espressione ad impedire un qualunque gesto del maggiore: straziata,
piena di un dolore incredibile.
-Fratellone-, mormorò, con
la gola bloccata dalle lacrime, -Non andartene mai più via-.
Edward spalancò gli occhi
e fissò il fratello sotto di sé piangere silenziosamente. Il dolore al petto
che lo aveva invaso nel bagno tornò ancora più forte, distruggendolo in tutto
il corpo.
-Al…-, sussurrò disperatamente.
Il fratello continuò a
piangere, stringendo con tutta la forza che aveva il braccio di Edward.
-Non abbandonarmi mai
più-, implorò.
Edward lo fissò a lungo,
lasciando che anche le proprie lacrime scendessero senza freni. Accarezzò con
gentilezza una guancia di Alphonse, più e più volte, mentre piangevano.
-Mi dispiace, Al-,
mormorò, -Perdonami. Non andrò via mai più-.
Alphonse sorrise,
tremando.
-Grazie-.
Poi gli afferrò entrambe
le braccia, come aveva fatto lui nella sua stanza, e lo tirò verso di sé,
baciandolo.
Edward non si chiese che
cosa stesse facendo, se fosse giusto o sbagliato, se avesse un senso o se fosse
tutto frutto della sua pazzia. Lasciò semplicemente che accadesse.
Approfondì il bacio,
quando Al glielo chiese. Si fece togliere la camicia bianca nonostante a farlo
fossero le piccole mani tremanti di suo fratello. Spostò le labbra sul collo
pulsante di Al, facendolo sobbalzare di sorpresa e di piacere.
Lo fece gemere e lo fece
sospirare, accontentandolo.
Lasciò che domandasse e
che ricevesse in risposta tutto quello che desiderava.
Condusse il gioco; lo
prese lentamente, con delicatezza, baciandolo e accarezzandogli il viso.
Alphonse non chiedeva
niente di sbagliato. Chiedeva solo di conoscere l’amore.
-Fratellone-.
Edward aprì gli occhi e si
ritrovò di fronte al viso luminoso di suo fratello.
-Al-, sussurrò dolcemente.
Fece
per tirarsi su, ma si accorse di essere avvinghiato dalle braccia di Alphonse,
che se ne stava felicemente appollaiato sul suo petto, sorridendo.
-Al,
lasciami andare-.
Alphonse
scosse la testa e lo strinse ancora più tra le braccia.
-Grazie,
fratellone-.
Edward
non capì subito. Quando la sua mente appena sveglia gli permise di collegare le
parole del fratello alle immagini della sera prima, spalancò gli occhi e arrossì.
-Al!
Ti sembrano cose da dire?-
Alphonse
allargò il sorriso.
-Certo-,
rispose semplicemente.
Edward
sospirò, scuotendo la testa. Al non sarebbe mai cambiato. Sempre con
quell’assurda innocenza e ingenuità anche quando si trattava degli argomenti
più… intimi?
Arrossì
ancora, costretto a farlo dai suoi stessi pensieri.
-Fratellone,
sei arrossito?-
Alphonse
lo guardava con un sorriso strafottente e divertito, cercando di leggere la sua
espressione.
-No-,
rispose convinto.
-Sì,
invece-.
-Ti
dico di no-.
-Ti
assicuro che sei arrossito-.
Edward
incrociò le braccia, rischiando di dare una gomitata in testa al fratello, che
si spostò appena in tempo.
-Smettila.
Te lo ordino-.
Alphonse
scoppiò a ridere.
-E
da quando sei diventato un mio superiore?-
Edward
lo guardò con espressione scioccata.
-Sono
tuo fratello maggiore!-
-Sì,
ma non il colonnello Mustang! Non puoi darmi ordini!-
-Non
hai ancora diciotto anni, quindi sei sotto la mia tutela-.
Alphonse
si mise a ridere ancora più divertito.
-Nemmeno
tu li hai!-
Colpito
in fallo, Edward si chiuse nella sua espressione imbronciata più convincente e
cominciò a fissare nel vuoto, sperando di far smettere la risata di Alphonse.
In effetti ci riuscì.
Il
fratello si ostinò ad ignorarlo per un po’, ma poi si arrese.
-Ok,
scusami fratellone-.
Edward
sorrise, prendendo qualche anno di maturità, e lo accarezzò, stringendolo a sé
il più possibile.
Alphonse
si lasciò cullare in quell’abbraccio, sapendo che non sarebbe durato molto.
Due
minuti dopo infatti Edward era scivolato dalla stretta del fratello minore ed
era sceso dal letto, per vestirsi. Alphonse rimase ad osservarlo raccogliere
gli abiti sparsi sul pavimento, sorridendo. Quando Edward si girò, lo stava
ancora osservando con la stessa espressione.
-Che
c’è da guardare?-
Alphonse
alzò le spalle, come se fosse una cosa di poca importanza.
-Sei
bello-, asserì.
Edward
arrossì, ostentando l’espressione scioccata che gli veniva benissimo.
Abbassò
lo sguardo, a disagio.
-Smettila
di dire certe cose con tanta tranquillità!-
-Perché
non dovrei?-
-Perché…
Oh! Lascia perdere!-
Edward
continuò a vestirsi senza degnarlo della minima attenzione.
Era…
Irritante.
Mentre
si stava infilando le calze, lo sentì gettargli le braccia al collo da dietro.
-Al!
Ti prego, vestiti!-
-L’ho
già fatto-.
Si
voltò e lo vide sorridere, perfettamente abbigliato da capo a piedi.
Sospirò
e si affrettò ad eguagliarlo, sperando che non si mettesse a ridere come al
solito.
Quando
alzò gli occhi per dirgli di scendere di sotto, era sparito.
Scese
le scale lentamente, perché una strana sensazione lo voleva avvertire che
poteva aspettarsi qualunque scherzo. Invece quando arrivò in cucina Alphonse
era attaccato ai fornelli e aveva quasi finito di preparare una splendida
colazione. Sorrise, ripensando a due giorni prima: era nella stessa situazione
mentre correva giù dalle scale con quel biglietto rosa di auguri per Al,
ingiustamente infuriato. Doveva ammettere di essersi sbagliato: a quanto
pareva, Al non aveva alcun interesse per quella ragazza.
Per
una volta fu lui ad avvicinarsi di soppiatto ad Alphonse e ad abbracciarlo da
dietro. Quello sussultò, sorpreso dal gesto insolito. Si appoggiò con la
schiena al suo petto, godendosi il momento, ma senza smettere di cucinare.
-Che
buon profumino-, mormorò Edward.
-Ti
piace?-
-Mi
piacerebbe qualunque cosa, cucinata da te, lo sai-.
Alphonse
sorrise divertito.
-Come
mai siamo così gentili?-
Edward
alzò gli occhi al cielo.
-Hai
rovinato l’atmosfera-.
Il
fratello rise, scuotendo la testa.
Edward
lo baciò sul collo.
-Buon
compleanno-, mormorò, facendolo rabbrividire, poi si staccò e andò a sedersi al
suo posto.
Alphonse
continuò a preparare la colazione.
Edward
pensò che in tutti quegli anni si era sempre immaginato come sarebbe stata la
loro vita dopo aver recuperato il corpo di Al, ma mai gli sarebbe balenata in
mente un’idea simile. Aveva pensato ad una bella casa, un cane e forse anche
qualche gatto, per fare felice Al, un grande giardino che ricordasse la
campagna di Reesembool. Ma non si era sforzato di creare anche la loro vita
vera e propria. Come avrebbe potuto?
Nessuno
sarebbe riuscito a fargli credere che si sarebbero innamorati.
O
forse sì. Forse era stato inconsciamente innamorato di Al fin da bambino.
Mentre
gli fissava la schiena muscolosa con uno strano orgoglio fraterno, ripensò alla
sera prima. Gli tornò in mente senza che potesse farci nulla. Tentò di non
arrossire e non fu difficile questa volta, dato che Al non lo stava guardando.
Si accorse di desiderarlo con un’intensità incredibile proprio quando lui si
stava voltando.
Gli
sorrise dolcemente e Alphonse ricambiò.
Sì.
Non c’era nulla al mondo che desiderasse di più.
-Che
buono!-
Alphonse
sorrise contento.
Edward
aprì la bocca per fare un nuovo apprezzamento, ma il campanello suonò
all’improvviso.
-Vado
io-, lo assicurò Alphonse.
Si
alzò e camminò fino all’ingresso poco distante.
Edward
lo sentì aprire la porta ed emettere un’esclamazione sorpresa.
-Buon
compleanno, Al!-
-Rose…-
Edward
sorrise.
E
così la ragazza innamorata arrivava per farsi conoscere, eh? Peccato che
avrebbe trovato una brutta sorpresa ad aspettarla. Chissà che delusione sarebbe
stata scoprire che il suo amato era già occupato.
Le
voci nell’ingresso si erano spente.
Edward
si alzò dalla sedia, pronto a chiarire la situazione se Alphonse non ne fosse
stato capace.
Si
aggiustò distrattamente i vestiti e si avviò alla porta che divideva la cucina
dall’ingresso.
Preparò
un bel sorriso da sfoggiare.
Ma
quando la scena gli si delineò davanti agli occhi, il sorriso sparì
all’istante.
Alphonse
era in piedi davanti alla porta dell’ingresso, avvinghiato ad una ragazza dai
capelli castani. Quella Rose.
Si
stavano baciando.
Sentì
il respiro mozzarsi. Più che altro gli sembrò di dimenticare come si facesse a
respirare. Boccheggiò un attimo, con gli occhi spalancati. Cosa stava
succedendo? Cosa stava facendo Al?
Alzò
un braccio verso la scena e nello stesso momento fece un passo all’indietro.
Cominciò a scuotere la testa, negando tutto ciò che i suoi occhi gli
mostravano, negando con la ragione quello che il cuore non poteva sopportare.
Le
lacrime scesero senza alcun riguardo per lui, per il suo orgoglio.
Sentì
la nausea farsi terribilmente forte.
L’ultima
cosa che vide fu Alphonse che si voltava e lo fissava con lo stesso sguardo
sconvolto.
Le
sue gambe, l’ultima parte del corpo che ancora avesse modo di funzionare, lo
portarono via da tutto quello. Corse con tutta la sua forza su per le scale,
spalancò la porta del bagno e la chiuse dietro di sé, facendo scattare la
serratura.
Si
buttò sul gabinetto senza poter più resistere e rigettò tutto quello che aveva
mangiato poco prima, tutte quelle bontà che Alphonse aveva preparato per lui.
Quando non ebbe più nulla da vomitare si accasciò sul pavimento, bagnando le
piastrelle immacolate con le sue lacrime.
Sì,
aveva immaginato molte volte la loro vita dopo aver recuperato il corpo
di Al.
Ma
in tutte le possibilità, non era stato mai solo.
-Edward!
Edward, apri questa maledetta porta!-
Edward
aprì gli occhi, respirando a fatica sul pavimento del bagno. Le lacrime erano
scese finché non aveva più avute ed ora le ultime restavano cristallizzate
sulle sue guance.
Incredibilmente,
sorrise.
Da
quella posizione tutto era diverso. Chissà come vedevano il mondo le formiche
che passavano tutta la loro vita sulla terra, rischiando di essere calpestate
dagli uomini. Probabilmente non potevano semplicemente fare altro che sopravvivere.
-Edward!-
Anche
lui avrebbe dovuto fare così? Tentare di portare avanti la sua vita,
faticosamente, nonostante tutto? Provare a vivere anche se suo fratello lo
aveva lasciato irrimediabilmente solo?
Vivere
anche senza di lui?
-Edward,
apri!-
Si
lasciò andare ad un altro sorriso stanco.
No. No, non era possibile.
Una
risata flebile lo fece tremare leggermente. Tutto quel piangere e quel vomitare
l’avevano sciupato.
Che
stupido. Perché non lo aveva capito prima?
Alphonse
aveva bisogno di essere amato. Ne aveva sempre avuto bisogno, fin da piccolo.
Ma
evidentemente una sola persona era troppo poco. Nonostante l’amore che poteva
offrirgli, le sicurezze che poteva assicurargli, non era mai stato abbastanza.
Avrebbe dovuto rendersene conto molto tempo prima. Molto, molto tempo prima.
Quando da bambini litigavano e Al si faceva una volta consolare dalla mamma,
una volta dal papà e quando non gli rimaneva altra possibilità aspettava che
lui non fosse più arrabbiato e finiva con il saltargli in braccio. Avrebbe
dovuto capirlo quando vedeva il modo in cui guardava Winry e la maestra Izumi.
Quello
sguardo, lo aveva forse mai visto rivolto su di sé?
C’era
tutto il suo affetto, in quello sguardo. Tutta la sua vita era nel suo essere
capace di amare. E Al aveva amato tante persone, tutte quelle che aveva potuto.
Ma
non suo fratello.
Si
chiese quale maledizione lo avesse reso tanto indegno di essere amato agli
occhi di suo fratello.
Quando
la risposta gli arrivò alla mente, rise per esserselo addirittura chiesto.
Era
così ovvio. Così terribilmente ovvio.
Lo
scambio equivalente.
Lo
aveva costretto a donare il suo corpo per una pazzia di cui lui era l’unico
responsabile. Lo aveva confinato in un’armatura per sei anni. Lo aveva fatto
soffrire molte e molte volte.
E
alla fine non gli era costato nulla riportare indietro il suo corpo.
Sbagliato.
Oh, decisamente sbagliato.
C’era
qualcosa che la Verità aveva voluto in cambio del suo favore. Della sua grazia.
Un
cuore a pezzi. E una vita in meno.
-Fratellone!-
Edward
non rispondeva ancora.
Alphonse
sbatté i pugni contro la porta, rabbiosamente.
Ma
cosa era preso a Rose? Lo aveva baciato così, senza dire niente. Edward li
aveva visti. Edward li aveva visti!
-Fratellone!-,
gridò più forte, -Ti prego!-
Senza
più pensare a nulla, sbatté insieme le mani e trasmutò la porta in una cassetta
di legno. Entrò nel bagno attraversando il fumo che la trasmutazione aveva
creato e spalancò gli occhi.
Edward
era riverso a terra, con il viso stravolto.
Ma
Alphonse lo sentiva respirare ancora.
-Fratellone!-,
gridò.
Il
suo urlo si sentì in tutta la casa.
Edward
aprì gli occhi e lo guardò con un amore incredibile attraverso le iridi
offuscate.
Alphonse
gli si inginocchiò accanto, accarezzandolo e togliendogli i capelli bagnati
dalla fronte sudata.
-Al…-
-Zitto,
zitto-.
Edward
tossì, ma si sforzò di parlare.
-Tieni-,
mormorò.
Alphonse
lo vide porgergli una scatola che stava interamente nella sua mano.
La
prese guardandolo con occhi spalancati.
-E’
il tuo regalo-, disse Edward sorridendo.
-Ma,
fratellone…-
-Per
favore, aprilo-.
Alphonse
deglutì e aprì la scatola.
Edward
lo vide leggere il biglietto con crescente stupore e poi scoppiare in lacrime
alla vista dell’oggetto nascosto nella carta sottile.
-Ti
amo, Al-.
Alphonse
lo osservò, cercando di scacciare le lacrime dagli occhi, ma Edward lo bloccò.
-Tranquillo,
Al. Sei bellissimo anche così-.
Il
fratello ricominciò a piangere senza più preoccuparsi.
-Ti
amo anche io, fratellone-, mormorò.
1
anno dopo
-Buon
anniversario-.
Alphonse
osservò il fratello sorridere con un pacchetto in mano, mentre lo abbracciava
teneramente da dietro.
Era
in quei momenti che sembrava più facile trasmettersi l’affetto.
-Lo
sai che non sono d’accordo-.
Edward
sbuffò.
-Sì,
lo so, lo so. Secondo te era ieri l’anniversario-.
-Lo
era-, sentenziò Alphonse, -Il 14 ottobre di un anno fa per la prima volta
abbiamo…-
Edward
gli tappò la bocca con una mano, impedendogli di continuare.
-Ehi,
certe cose non si dicono in pubblico!-
Alphonse
rise, osservando l’espressione da cospiratore del fratello.
-Siamo
da soli, fratellone-.
-Ma
devo insegnarti tutto, Al?-, fece Edward, seccato, -Anche i muri hanno le
orecchie!-
-Sì,
certo-.
Alphonse
si staccò dall’abbraccio del fratello e portò in tavola un prezioso
manicaretto.
Edward
lo seguì controvoglia, anche se con il solito appetito.
-Comunque-,
continuò, -Solo il 15 ottobre mi hai detto che mi amavi-.
Alphonse
sembrò arrossire.
-L’hai
detto anche tu-, si schernì.
-Oh…-,
approfittò Edward, -Sei arrossito?-
-No-.
-Sì,
invece-.
-Ti
dico di no-.
Edward
sospirò.
-Va
bene, va bene. Il regalo non lo vuoi?-
Ad
Alphonse brillarono gli occhi. Fece per afferrare il pacchetto dalle mani del
fratello, ma lui lo mise dietro la schiena e sporse il viso in avanti.
-Un
bacio-, esigette.
Alphonse
sorrise e gli gettò le braccia al collo, baciandolo con foga, come faceva
sempre, ormai.
Edward
rispose con altrettanto entusiasmo, sprizzando felicità da tutti i pori. Si
lasciò andare, circondando il corpo del fratello minore con le braccia.
Alphonse approfittò del momento e gli sfilò il regalo dalle mani, correndo via.
Edward
rimase basito a guardarlo scartare il pacco tutto felice.
-Imbroglione-.
Alphonse
rise e gli fece la linguaccia.
Edward
si unì alla sua risata, troppo felice per poter tenere il broncio.
Guardò
il suo orologio da alchimista pendere dai pantaloni di suo fratello, regalo di
compleanno dell’anno prima. Quel compleanno che li aveva resi così infelici e
così euforici allo stesso tempo. Quel compleanno che sarebbe rimasto nella loro
memoria per sempre.
Sperò
che quella serenità non gli sfuggisse dalle mani un’altra volta.
Nessuno
poteva togliergli dalla testa che la Verità dovesse esigere ancora qualcosa in
cambio della loro vita.
Ma
per adesso sembrava che le bastasse così.
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Spero proprio che questa
storia vi sia piaciuta.
Per favore, se avete
critiche o magari riflessioni da fare, lasciate un commento!
Con speranza,
Aki