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Autore: Victoria93    08/09/2015    9 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 30- Epilogo
 
Venti anni dopo…
 
La grande limousine percorse il viale alberato con lentezza, come se avesse tutto il tempo del mondo per avvicinarsi al grande edificio, attorniato dalle piante e dai fiori, che si profilava all’orizzonte, già tinto dei colori del crepuscolo: ancora non poteva credere di essere tornata.
Dal sedile posteriore, la giovane ragazza si sporse appena dal finestrino, lasciando che i suoi occhi azzurri si beassero dello spettacolo della campagna inglese: era ancora più rilassante e pacifica di quanto si ricordasse: ben presto, da quella distanza fu persino in grado di scorgere la scritta ‘WAMMY’S HOUSE’ posta sulla grande targa affiancata al portone d’ingresso.
In quel momento, il suo cellulare iniziò a squillare; scostandosi dal viso i capelli neri e ribelli, non esitò ad accettare subito la telefonata.
“Pronto?”.
“Ehilà, coccinella!”.
La voce all’altro capo del telefono le strappò un sorriso felice e delicato.
“Zio Ayber! Com’è bello risentirti!” esclamò, abbandonandosi contro lo schienale.
“A chi lo dici, piccola! Allora? Com’è andato il viaggio? Sei già atterrata?” proseguì il biondo, con il consueto tono allegro.
“Sì, siamo quasi arrivati alla ‘Wammy’s House’. Non riesco ancora a credere di essere tornata in Inghilterra, lo sai? Ho amato Boston, ma nessun posto è come la mia casa!”.
“Non avevo dubbi” replicò Ayber “A proposito, com’è andata con la risoluzione di quel caso? Hai reso fiero tuo padre come di consueto?”.
“Avevi forse qualche dubbio?” ribatté Eliza, fingendo di ostentare una certa superiorità.
L’uomo scoppiò a ridere.
“Mi sembra di parlare con tua madre! Ti ho mai detto che sei identica a lei?”.
“Solo un paio di volte” ridacchiò Eliza, passandosi una mano fra i capelli: le dicevano sempre che anche quel gesto, come molto di ciò che faceva parte di lei, era parte dell’eredità della sua mamma, la donna che ammirava più di chiunque, al mondo.
Fatta forse eccezione per suo padre, anche se in effetti era difficile capire a chi fosse più devota.
“Ora che ci penso, come sta? Le hai detto d’essere arrivata, vero? Guarda che rischi di far invadere la Gran Bretagna da tutto il corpo armato della CIA e dell’FBI” la prese in giro il biondo, bonariamente.
“Sta benissimo, zio Ayber. E sì, l’ho già avvisata, puoi stare tranquillo: ad ogni modo, mio padre aveva già provveduto a monitorare gli spostamenti del mio aereo tramite satellite. Sembra proprio che fosse destino che nascessi figlia di due maniaci del controllo e della tecnologia!” sospirò Eliza, alzando gli occhi al cielo.
“Avrebbe potuto fare di peggio, fidati di me” rise Ayber “Il buon vecchio Ryuzaki…mi mancate un sacco, sai? Dovremmo organizzare una rimpatriata, uno di questi giorni! E poi, devi farmi conoscere il tuo ragazzo”.
“Io non ho nessun ragazzo, zio Ayber. E ti comunico che tu sei ufficialmente impazzito” ribatté Eliza, scuotendo la testa.
“Sì, come no. Anche tua madre diceva le stesse cose, e guarda un po’ com’è finita! Se le avessi dato retta fino in fondo, avrei anche potuto sorprendermi del ritrovarmi a parlare con te, oggi!” la punzecchiò l’ex truffatore, con il tono di chi la sapeva lunga.
“A proposito, come vanno i preparativi del matrimonio di Sophie? Non hai già ucciso il promesso sposo, vero?” ribatté Eliza, sapendo di pungerlo sul vivo.
“Quel tizio deve ringraziare che ho sempre avuto una pessima mira” rispose Ayber, con un tono cupo solo in parte “E insomma? Hanno richiesto di nuovo la collaborazione della piccola coccinella, o sei tornata a casa soltanto per prenderti una pausa? Ora che ci penso, hai persino battuto il record di Ruri: che io mi ricordi, a sedici anni nessuno le aveva ancora chiesto di collaborare con il governo americano e con quello russo per risolvere casi di omicidi seriali”.
“In realtà, sono qui per entrambi i motivi” sospirò Eliza “Near mi ha chiamato una settimana fa, dice che in Europa si stanno verificando alcune misteriose sparizioni che lasciano sottintendere omicidi volti all’esportazione di organi…un po’ come se qualcuno volesse emulare Jack lo Squartatore. Ma non posso dirti troppi dettagli: ad ogni modo, mamma e papà sono ancora impegnati con il caso dello Strangolatore di Mosca, e quindi mi hanno chiesto di occuparmene. E comunque, sarei dovuta tornare a Winchester ugualmente…sai, per il nonno e tutto il resto…”.
Con un sospiro triste, Ayber si accinse a risponderle.
“Mi dispiace, piccola…Watari era un grand’uomo. Posso fare qualcosa per te?”.
“Zio Ayber, sono passati due mesi. E hai già fatto veramente tutto il possibile, per me; dico sul serio, sto bene. Solo che mi manca…oggi sarebbe stato il suo compleanno. E non è più così bello pensare che sia anche il mio…”.
“Non lasciarti guastare la giornata, coccinella! Ricordati sempre che ti adoriamo e che tuo nonno sarebbe molto fiero di te, come lo è sempre stato! A proposito, ancora tanti auguri! Spero che tu abbia ricevuto i fiori in aeroporto!” proseguì il biondo.
“Certo, zio. Erano bellissimi, grazie infinitamente” sorrise Eliza “Adesso devo proprio salutarti. Da’ un bacio a zia Giselle per me, ok? E di’ a Matthew e a Sophie che li abbraccio; verrò al matrimonio, è una promessa”.
“Ci contiamo, tesoro. E ricordati di portare il tuo fidanzato!”.
“Zio Ayber, io non ho nessun fidanzato!”.
“Aha, certo. Scommetterei che è proprio dietro l’angolo…”.
In quel preciso momento, proprio mentre la limousine si accingeva a fermarsi del tutto, un’imponente motocicletta tagliò loro la strada, costringendo il suo autista a inchiodare di colpo per non andargli addosso.
“MA CHE CAZZO…?!” si lasciò sfuggire Eliza.
“Eliza?! Piccola? Va tutto bene?!” esclamò subito Ayber.
“Sto bene, zio, ma devo chiederti di scusarmi: devo andare a spaccare il culo di un deficiente!”.
“Oh cazzo. In bocca al lupo a lui!” ridacchiò il biondo “Ci risentiamo presto, coccinella”.
Subito dopo aver riattaccato il cellulare, la ragazza spalancò la portiera con un calcio, uscendo istantaneamente sul vialetto e dirigendosi a passo di carica verso il motociclista balordo che le aveva appena rischiato di fare un incidente, nonostante l’andatura lentissima a cui stessero procedendo.
“Ehi, tu!! Sottospecie di celenterato!! Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in testa!? Stavi per venirci addosso!!” sbraitò, furiosa.
Il tizio continuò a non calcolarla minimamente, accingendosi a fermare la moto con il cavalletto e a togliersi i guanti imbottiti, perfettamente sordo alle sue parole.
“Ma mi senti?!? Sto parlando con te!”.
Fu allora che accadde: con estrema lentezza, lo vide togliersi il casco e voltarsi verso di lei con calma, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo per incenerirla con una semplice occhiata. Non appena lo vide, dovette trattenersi dallo spalancare gli occhi: era di fronte a un uomo di circa trentacinque anni, a giudicare dalla statura, ma dotato di un volto che dimostrava almeno un decennio di meno. I suoi occhi azzurrissimi, più glaciali dei suoi, e i suoi capelli incredibilmente biondi le facevano pensare che potesse essere tedesco, o che comunque avesse qualche ascendente nordico, ma di una sola cosa era sicura: non aveva mai considerato un uomo in modo così attento prima di quell’istante, né aveva mai incontrato un essere umano che fosse in grado di colpirla e di ammutolirla con un semplice sguardo, per quanto inceneritore potesse essere.
“Problemi, ragazzina?”.
La sua voce gelida le provocò un brivido lungo la schiena, che non aveva niente a che vedere con il soffio di vento che le aveva appena accarezzato la pelle; ad ogni modo, non era disposta a lasciarsi intimorire. Era la figlia di Elle Lawliet e di Ruri Dakota, e nessuno l’avrebbe trattata in quel modo.
“Problemi?!? Tu sei il mio problema!” gridò, incrociando le braccia “E chi hai chiamato ‘ragazzina’?! Chi diavolo ti credi di essere?!”.
Il biondo ghignò con soddisfazione, posando da una parte il casco.
“Spiacente, piccola, ma questo è il mio territorio. E non sono ben disposto nei confronti degli stranieri, neanche quando si tratta di bei faccini come il tuo; ora che ci penso, tua madre non ti ha insegnato ad aver paura degli estranei?”.
“No, ma mi ha insegnato a sparare. Vuoi fare una prova?!” lo provocò Eliza, accennando alla pistola che portava alla vita.
Quel gesto la portò a scostarsi i capelli ribelli di lato, rivelando alla vista del biondo il ciondolo azzurro che portava al collo: quel singolo particolare lo portò ad alzare un sopracciglio e ad assumere un’espressione vagamente incredula.
“Accidenti…” mormorò “Non è possibile…”.
“Che cosa?! Credi che non sappia usare una pistola, solo perché sono una donna?! Ti faccio vedere io di che cosa…”.
“Tu sei la figlia di Elle”.
Lo aveva detto con il tono di chi constata qualcosa di assolutamente ovvio e banale, ma la sua voce non era riuscita a non tradire un brivido d’eccitazione.
“Che cosa te lo fa pensare?” ribatté lei, sulla difensiva.
“Andiamo. Chiunque frequenti la ‘Wammy’s House’ sa tutto quello che c’è da sapere su quel dannato ciondolo: era di tua madre, vero? Sono venti anni che sento parlare di lei, e ancora non riesco a credere che Elle si sia veramente sposato. Immagino fosse una strega dotata di qualche potere, o qualcosa del genere”.
Eliza lo fissò, alzando un sopracciglio: quel tizio non le piaceva e non la convinceva affatto, ma dopotutto, se era a conoscenza della collana, doveva davvero essere parte dell’orfanotrofio fondato da suo nonno…
“Sei incredibilmente lusinghiero” lo gelò, togliendo la mano dall’arma “Quindi, tu sei un membro della scuola? Mi sembri un po’ troppo cresciuto…”.
“Il boss dell’SPK vuole parlare con me” dichiarò il biondo, con irritazione “Non che quella sottospecie di nano tinto nella candeggina possa anche solo pensare alla possibilità di darmi degli ordini, ma ha parlato di una paga interessante, e ho deciso di cogliere l’occasione”.
“Tu conosci Near? Siete amici?” domandò Eliza.
Il motociclista la fulminò con uno sguardo, accendendosi una sigaretta.
Non è mio amico” sottolineò, ringhiando fra i denti “È solo una vecchia conoscenza: evidentemente, non è abbastanza sveglio da risolvere da solo il fottuto caso che ha preso in carico, e così ha pensato bene di venire a rompere i coglioni a me e a farmi scomodare per farmi tornare in questo buco”.
“Beh, immagino che nessuno ti abbia costretto” lo punzecchiò Eliza, velenosamente.
“No. Ma la Special Provision for Killers ha una certa disponibilità economica, e io non dico mai di no a una valigia piena di bigliettoni”.
“Quindi, sei una specie di mercenario”.
Il biondo sorrise in maniera misteriosa, e, in qualche modo, affascinante.
“Qualcosa del genere. E tu, ragazzina? Vai ancora a scuola?”.
“Io ho vent’anni!!” sbottò Eliza, inviperita “E anche io sono stata convocata da Near! Credevo che i membri della ‘Wammy’s House’ sapessero che aiuto mio padre e mia madre a risolvere alcuni casi, quando mi se ne presenta l’occasione!”.
“Ho sentito alcune voci, a Los Angeles” replicò l’uomo, annoiato “Dicono che la mafia russa sia parecchio incazzata con te, e che anche in Alaska ci siano diversi esponenti della malavita che pagherebbero oro per vedere la tua testa conficcata su una picca”.
“Non li facevo così macabri: pensavo che qualche colpo di pistola sarebbe stato sufficiente”.
Il motociclista la guardò dritto negli occhi, sorpreso dalla sua spavalderia: alla fine, sorrise suo malgrado.
“Hai carattere” ammise, stringendosi nelle spalle “Dicono che tu lo abbia ereditato da tua madre”.
“La conosci?”.
“No. Mai vista”.
“Però ne hai sentito parlare” gli fece notare Eliza.
“Chi non ha mai sentito parlare di te e dei tuoi genitori? Anche se, in effetti, qui alla ‘Wammy’s House’ siamo gli unici a sapere del tuo vincolo di parentela con Elle”.
“Devo dire che, invece, tu sei un’autentica sorpresa. Nessuno mi ha mai parlato di te” lo provocò Eliza, appoggiandosi al muretto che faceva da base alla siepe.
“Near è sempre stato uno stronzo” commentò lui, pronunciando quel nome fra i denti “E non si è smentito neanche in questo caso: ad ogni modo, immagino che imparerai presto a conoscermi. E non sono sicuro che la cosa ti piacerà”.
“Senza dubbio, parli più di quanto il tuo aspetto minaccioso farebbe supporre” lo punzecchiò la ragazza, con un sorrisetto.
Il biondo la scrutò con aria torva, ma alla fine si concesse un altro sorrisetto di superiorità.
“Beh, anche tu sei piuttosto loquace. Ma senza dubbio, sei alquanto sfacciata”.
“Sarebbe a dire?” replicò Eliza, alzando un sopracciglio.
“Non si usa presentarsi agli estranei?” le domandò lui, aspirando a fondo la sua sigaretta.
La moretta lo scrutò con aria sorpresa e diffidente.
“Credevo sapessi già chi sono…” disse, a voce più bassa.
“Presuntuosa” ghignò di rimando, scuotendo appena la testa.
“Senti chi parla!” lo rimbeccò Eliza “Ad ogni modo, credo che neanche a te piacerà conoscermi fino in fondo; sono Eliza Havisham, ma non posso dire che incontrarti sia un vero onore, o qualcosa del genere”.
“Havisham, eh? Chissà perché, ma qualcosa mi dice che sia falso” la canzonò, senza mutare il suo tono di voce ringhioso, ma al tempo stesso affascinante.
Prima che lei potesse replicare, gettò a terra il mozzicone di sigaretta, senza curarsi di spegnerlo, e si avviò verso l’ingresso, con andatura sicura ed elegante.
“Sarà meglio andare a vedere cosa vuole quel nanerottolo. Tu vieni, ragazzina, o devo dirgli che hai cambiato idea e che hai avuto troppa paura per unirti a noi?”.
“Sottospecie di arrogante figlio di puttana!!!” sbottò Eliza, colma d’ira “E comunque, sei davvero un maleducato, sai?! Tutta questa scena, e poi non ti degni neanche di presentarti!”.
Allora, con estrema lentezza, lo vide fermarsi sugli scalini dell’orfanotrofio e voltarsi delicatamente verso di lei: sul suo volto spiccava ancora il suo ghigno malefico e canzonatorio, ma i suoi occhi erano freddi, persino glaciali, privi di qualsiasi espressività, se non di una vena di pazzia.
Sentendoli su di sé ancora una volta, non riuscì a reprimere l’ennesimo brivido, finendo per domandarsi se il lampo d’eccitazione che gli aveva visto nello sguardo fosse stato solamente frutto della sua immaginazione; quando lo udì parlare, non poteva sapere che quello sarebbe stato l’inizio della più straordinaria avventura della sua vita, e che l’incontro con quell’uomo l’avrebbe cambiata per sempre.
“Mi chiamo Mello”.
 
FINE
 
Nota dell’Autrice: …………………………………………………..io veramente non ci posso credere. Il Grande Momento è arrivato. E attualmente, questa storia conta 125 recensioni, 24 preferiti, 7 ricordati e 26 seguiti. Io…non ho veramente parole. Dico sul serio. Sto piangendo di fronte al computer, e non è uno scherzo. Vorrei ringraziarvi di nuovo tutti per nome completo, nonostante lo abbia fatto più volte, ma so che sarebbe riduttivo. Vorrei abbracciarvi tutti, dirvi che vi adoro, che tutto il sostegno, l’affetto e la dedizione che avete dato a Elle e a Ruri rimarranno sempre nel mio cuore, e che non le dimenticherò mai. Vorrei potervi conoscere uno per uno, e raccontarvi dettagliatamente del modo in cui è nata ‘Sugar and Pain’. Vorrei poter riuscire a spiegarvi quanto siete stati straordinari con il vostro sostegno, il vostro incoraggiamento, la vostra passione. Vorrei dirvi che avete creato qualcosa di magico, qualcosa che, senza il vostro appoggio, non avrebbe mai davvero visto la luce fino in fondo. Dal profondo del mio cuore, non posso fare altro che dirvi ancora GRAZIE e farvi presente che, qualora vogliate tornare, troverete sempre Ruri ed Elle pronti ad accogliervi. Adesso, rispondo subito alla domanda che vi starete facendo: STAI MICA PENSANDO A UN SEGUITO? Beh, chi può dirlo…al riguardo, mi piacerebbe avere il vostro parere. Ah, a proposito: il lieto fine è il vostro premio. Originariamente, la storia prevedeva la morte di entrambi, e la nascita di Eliza non era prevista. In sostanza, potremmo dire che, se Ruri ed Elle si sono salvati a vicenda, con il loro amore, senz’altro quello che avete provato per loro e per questa storia gli ha permesso di avere il lieto fine che tanto desideravate. Consideratelo il mio regalo per tutto ciò che siete stati in grado di darmi attraverso questo racconto. Non prendete esempio da me e non intristitevi troppo: Ruri ed Elle non vi hanno detto addio. Solo un…a presto.
 
La vostra commossa ed incredibilmente emotiva, Victoria93
   
 
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