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Autore: Warlock_Vampire    08/09/2015    3 recensioni
Montebelluna. Una piccola città del Veneto apparentemente normale, nasconde un prezioso segreto.
I vampiri sono tornati in città per recuperare l'Antidoto. La vita di alcuni ragazzi verrà irrimediabilmente sconvolta dal soprannaturale...
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Sta come torre ferma che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti"
Dante
 
2

«Allora, cosa ne pensi?» chiese Nora a Tommaso, sbucando fuori dal camerino.
«Bello…» mormorò Tommaso, in piedi di fronte a lei, con espressione insofferente. Aveva a malapena gettato uno sguardo fugace al vestitino nero senza maniche che Nora stava provando.
«Non so… c’è qualcosa che non mi convince» commentò la ragazza guardandosi allo specchio, appeso lì vicino.
Elena tirò la tenda blu del suo camerino e disse: «secondo me, non ti convince perché non è quello giusto». Si mise a sua volta davanti allo specchio, osservando con occhio critico il suo vestitino azzurro, poi chiese anch’ella il parere di Tommaso.
«Ne provo un altro!» esclamò allora Nora, scomparendo tra gli scaffali del negozio, per fare poi ritorno dopo qualche minuto con una bracciata di altri vestiti dai colori più disparati. Elena la imitò ed entrambe tornarono a rifugiarsi dietro le tende blu dei rispettivi camerini.
Tommaso era sul punto di scoppiare a piangere.
«Ma quanto ci vuole a voi femmine per decidervi?» sbuffò, «siamo qui da almeno due ore!».
«Ti ricordo che sei stato tu a dire di voler venire con noi» ribatté Nora, urlando per farsi sentire.
«Ogni promessa è un debito, Tommaso» rincarò Elena.
«Va bene, ma adesso MUOVETEVI!».
 
Iniziava a imbrunire quando Nora montò sulla Renault di suo padre, indossando uno degli undici vestiti che quel pomeriggio aveva provato. Era di pizzo nero, con le maniche a tre quarti e una cerniera dorata sul davanti.
Percorsero le vie del paese e la strada in salita sul Montello, fino a casa di Tommaso. Quando anche lui fu salito in macchina, Fabiano –il padre di Nora- ripartì veloce verso la strada in mezzo ai boschi che portava dritta al luogo della festa. Il villino straripava già di studenti, quando i tre arrivarono a destinazione. Nora e Tommaso salutarono Fabiano e poi scesero dall’auto, mentre la musica a volume stratosferico li pervadeva, avvolgendoli in un abbraccio ovattato dove tutto si confondeva e perdeva nitidezza.
I due amici salutarono qua e là volti noti ed entrarono con passo sicuro nella casa. La prima cosa che notarono fu la testa riccia di Elena, che sovrastava la folla col suo metro e ottanta, intenta a discutere con uno dei barman che aveva ingaggiato per quella sera. La raggiunsero e lei rivolse loro immediatamente tutta la sua attenzione. Li salutò con un sorriso estatico ed esclamò: «finalmente siete arrivati! Cosa ve ne pare?».
Nora e Tommaso non ebbero modo di rispondere perché Elena aggiunse subito: «servitevi pure!», indicando loro il tavolo degli alcolici, prima di voltarsi e sparire tra la folla, mentre i due si prendevano uno spritz.
Tra il marasma di studenti che vagavano per la casa, Nora riconobbe la figura insolitamente alta di Rebecca. Il suo sguardo volò subito ai suoi piedi e rimase perplessa a fissare le lucenti décolleté tacco dodici che Rebecca sfoggiava con ostentata nonchalance.
«Guardala là!» osservò Tommaso, che aveva seguito lo sguardo di Nora, «oddio! Ma quello che Giulia ha indosso è veramente un vestito?» aggiunse il ragazzo un attimo dopo, squadrando Giulia con sorpresa. Da quando la conoscevano, infatti, né Nora né Tommaso avevano mai visto Giulia con una gonna, figuriamoci con un vestito!
«Strano ma vero» osservò Nora vagamente distratta.
«Be’, mi serve qualcosa di più forte» disse Tommaso prima di sparire tra la folla, lasciando sola l’amica. Il giovane raggiunse una seconda stanza, più piccola e meno caotica del grande salone in cui erano riuniti i più, e notò alcuni suoi amici intenti ad abbuffarsi a uno dei tavoli di stuzzichini che Elena aveva ordinato ad un catering. Tommaso si unì a loro, scherzando, gioviale. Senza rendersene conto fece un passo all’indietro ed urtò contro qualcosa… un’improvvisa e spiacevole sensazione si fece strada dentro di lui… era come un avvertimento, qualcosa che però lui non riusciva a decifrare… non ancora per lo meno…
«Tommaso, ma cosa fai!?» lo rimproverò Elena, schioccando le dita di fronte agli occhi del ragazzo per attirare la sua attenzione. Tommaso si riprese dalla trance balbettando qualche scusa, mentre Elena si massaggiava con una smorfia il piede destro che Tommaso le aveva pestato.
«La prossima volta che…» ma non terminò mai quella frase, perché il DJ cambiò canzone ed Elena si illuminò: «oh! Io adoro questa canzone!», cinguettò prima di correre via.
«E’ matta o cosa?» gli chiese Simone.
«Boh… è Elena» replicò Tommaso, facendo spallucce.
 
Nella sala principale era stata improvvisata una pista da ballo, stracolma di ragazzi e ragazze che ondeggiavano a ritmo di musica. Tra di loro vi era Elena.
Nora notò con crescente sorpresa il sorriso sprezzante che Rebecca aveva dipinto sul volto, mentre si dirigeva al centro della pista e iniziava ad ancheggiare. Il suo gruppo di amiche rimase in disparte a guardare per un po’, prima di rassegnarsi al fatto che Rebecca non le avrebbe quasi di certo più considerate per il resto della serata. La più preoccupata sembrava Rachele, il volto serio e gli occhi carichi d’ansia, mentre chiacchierava con le altre, fingendo normalità e gettando di tanto in tanto occhiate fugaci a Rebecca.
Nora chiese al barman un altro Scivolo e poi tornò a fissare il suo sguardo su Rebecca. Faticò per un momento ad individuarla, in mezzo a tutte quelle ragazze scatenate nelle danze, ma poi con un tuffo al cuore si rese conto che era proprio accanto a Elena, la quale continuava a ballare ignara della sua presenza.
“Ma cosa sta facendo?” si chiese Nora, che non era disposta a credere che la vicinanza delle due fosse solo un caso, dato che la guerra tra loro era dichiarata da tempi memorabili. Avvertiva da giorni un cambiamento decisivo ma non apparente per chi non avesse conosciuto affondo Rebecca, eppure cosa ci fosse di tanto diverso rispetto all’anno prima, Nora non avrebbe saputo dirlo. Era comunque determinata a scoprire la ragione, la fonte di quel mutamento radicale, ed era convinta che essa fosse collegata al misterioso ragazzo biondo che ogni giorno passava davanti la scuola con la sua BMW e caricava la ragazza, sgommando poi veloce come un siluro.
Una ragazza che non conosceva si piazzò davanti a lei, bloccandole la vista sulla pista da ballo e quando finalmente si spostò, Nora dovette faticare ancora per trovare Rebecca e Elena tra gli altri studenti. Mentre cercava di individuare le due, il cuore palpitante, avvertì un grido soffocato che sovrastò il frastuono della musica. Il volume fu impennato improvvisamente, come per coprire quanto stava accadendo, tanto che Nora poteva sentire la musica rimbombarle nella pancia. Finalmente le individuò: Rebecca teneva il volto di Elena tra le mani e la fissava dritta negli occhi, mormorando qualcosa.
Nora decise di entrare in azione: poggiò con decisione il bicchiere semivuoto sul tavolo e si avviò spedita verso le due. Scansò e spinse via quelli che non erano abbastanza veloci da spostarsi per farle largo e si frappose con decisione tra Elena e Rebecca.
«Cosa vuoi?» abbaiò a Rebecca.
«Levati» ordinò Rebecca con rabbia, asciugandosi qualcosa di rosso che le era colato sul mento…
Nora si voltò rapida verso Elena, ma lei sembrava quella di sempre, con lo sguardo perso nel vuoto e l’espressione innocente. Lo sguardo di Nora scivolò sul suo collo e la ragazza notò con sgomento una ferita rossa e sanguinante.
«Vai a sederti!» le ordinò Rebecca rabbiosa, e Nora tornò a fronteggiarla mentre Elena si dileguò tra la gente, scomparendo alla vista.
«Ma», Nora boccheggiò in cerca di parole adatte al suo orrore, «tu… razza di… cannibale sanguisuga stronza!».
Rebecca la fissò per un istante con durezza, poi, inaspettatamente, fece un mezzo sorriso.
«Razza di bastarda!» continuò Nora, urlando per sovrastare la musica. Un lampo attraversò gli occhi di Rebecca e la sua mano, prima abbandonata lungo il fianco, si strinse improvvisamente sul collo di Nora.
«Adesso basta!» ringhiò.
Nora annaspava in cerca di ossigeno, ma nessuno venne in suo soccorso, né Rebecca diede segni di voler mollare la presa. La trascinò fuori, lontano da tutti, e si inoltrò nel folto del bosco, finché la musica fu solo un borbottio lontano.
 
Tommaso tossicchiò. Gli era andata di traverso una tartina al salmone e con un singulto sentì che qualcosa era successo. Avvertiva infatti nuovamente quella sensazione spiacevole che lo aveva assalito qualche minuto prima, quando aveva pestato il piede di Elena.
Abbandonò il bignè che aveva pescato da un cesto sul tavolo e quasi corse per raggiungere la sala principale. Il suo sguardo vagò con ansia finché i suoi occhi si poggiarono sulla figura solitaria di Elena, seduta con sguardo assente su una delle poltrone di pelle vicine al camino. La raggiunse e sussultò quando vide la ferita rossa che la ragazza aveva sul collo.
«Elena?» la chiamò con voce tremante, «cosa ti è successo al collo?».
La ragazza lo guardò con espressione assente e poi tornò ad abbassare lo sguardo, apparentemente interessatissima alle punte di strass delle sue ballerine. Tommaso le si sedette accanto estraendo dai jeans un fazzoletto di pezza e tamponandolo sulla ferita dell’amica. Levò come meglio poteva il sangue rappreso e scoprì solo dopo che in realtà il collo di Elena era perfettamente liscio e privo di qualsiasi ferita. Tommaso si chiese da dove fosse venuto quel sangue, eppure non si azzardò a chiederlo a Elena perché sapeva che lei non gli avrebbe risposto, non in quel momento, per lo meno.
 
«Che cosa sei?» urlò Nora, dopo che Rebecca ebbe mollato la presa sul suo collo. L’altra rimase a guardarla con durezza, ma non rispose.
«Sei diversa dall’anno scorso… cosa ti è successo? Non ti ho mai vista così, e per di più ti metti anche a mordere i colli della gente!» continuò Nora con rabbia.
«L’ho morsa… è vero» constatò Rebecca, più rivolta a se stessa che a qualcuno in particolare.
Poi scattò veloce verso Nora, la spinse via e la guardò con soddisfazione mentre il suo corpo cozzava contro il tronco di un albero poco lontano e ricadeva, inanimato come quello di una bambola, in mezzo ad un cespuglio di rovi. Rebecca si avvicinò lentamente al luogo dove Nora era abbandonata e fu colta alla sprovvista quando la giovane si alzò di scatto dai rovi che l’avevano graffiata in più punti e si gettò su di lei con un grido. Rebecca la lanciò di nuovo lontano e Nora cadde a terra, ferendosi i palmi delle mani nel terriccio misto a sassi del sottobosco. Rebecca la costrinse a rialzarsi, bloccandole il collo con un braccio e sfiatandole sull’orecchio. Nora approfittò di quel momento di pausa per giocare l’ultima carta che le restava: piantò con decisione i denti sull’avambraccio scoperto di Rebecca e strinse con quanta più forza riuscì a racimolare. Sentì Rebecca emettere un verso di sorpresa, prima che cominciasse a scuotere il braccio per staccarsi di dosso Nora; quest’ultima ebbe appena il tempo di rendersi conto del sapore metallico del sangue di Rebecca che aveva ingoiato, prima che Rebecca agisse e ponesse fine a quella battaglia.
“Prenderò l’AIDS” fu l’ultimo confuso pensiero di Nora, prima che Rebecca le spezzasse l’osso del collo con un sonoro crac.
 
Giulia borbottò che aveva bisogno d’aria e uscì in guardino, dove la musica era meno assordante e l’aria meno densa e opprimente. Lanciò uno sguardo al bosco di fronte e sentì il bisogno improvviso ed impellente di muoversi verso quella direzione.
La musica si fece distante e tutto il resto svanì, mentre il bosco diventava ai suoi occhi più nitido e delineato.
Si inoltrò nella foresta, schivando senza vederli alberi e arbusti vari. Camminò a lungo e poi d’un tratto si bloccò. Abbassando lo sguardo scorse un corpo abbandonato tra la vegetazione. Le labbra bluastre e la carnagione pallida non lasciavano dubbi, anche se il bosco era buio e la sola luce era quella del display del suo cellulare.
Giulia lanciò un urlo acuto, quasi isterico, che sembrò giungere fino ai confini della terra, dall’altra parte del mondo; scosse gli alberi del bosco e rimbombò a lungo nel silenzio della notte.
 
Tommaso sussultò. Aveva sentito un grido lontano, ma nella stanza sembrava l’unico ad essersene accorto. Lasciò Elena in balia dei suoi pensieri e corse in giardino, inoltrandosi poi nel folto del bosco.
Per quanto tempo corse, lui non avrebbe saputo dirlo; ma c’era qualcosa che lo spingeva a non fermarsi, a continuare la sua folle impresa nel buio denso della foresta, piena di rumori sinistri. Se qualcuno gli avesse chiesto in quel momento come avrebbe descritto l’atmosfera da brivido e il groppo in gola che avvertiva sempre più forte, avrebbe risposto: “soprannaturale”.
Tommaso si fermò quando ebbe la certezza, anche se si trovava nella quasi completa oscurità, di non essere più solo.
«Nora?» azzardò, affannato per via della corsa.
Nessuna risposta.
Tommaso accese il display del cellulare e illuminò l’area di fronte a lui. Sussultò per la sorpresa quando vide Giulia accovacciata a terra, con qualche graffio qua e là e i lunghi capelli dorati tutti scarmigliati.
Quello che vide dopo però lo scioccò molto di più: gli cedettero le ginocchia e finì a terra accanto a Giulia, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, di fronte al corpo apparentemente senza vita di Nora.
Quando finalmente trovò il coraggio di muoversi, si voltò verso Giulia. Le sue labbra tremanti erano screpolate e le guance pallide rigate di lacrime.
«Nora…» balbettò Tommaso. Allungò una mano per sfiorare il viso dell’amica ma Giulia lo intercettò, afferrando con decisione il suo polso e allontanandolo dal corpo senza vita di Nora.
«Lei…», Tommaso non poteva e non voleva accettare il fatto che ormai la sua migliore amica fosse morta. Ripensò a tutto quello che avevano fatto insieme; i pomeriggi d’estate passati a correre in bici sullo Stradone del Bosco, le feste, il grande aiuto che si davano l’un l’altra… ora era tutto finito.
Tommaso singhiozzò e scoppiò in un pianto addolorato, cingendo le braccia di Giulia in cerca di conforto. Passò quasi un’ora prima che il pianto del ragazzo si calmasse. Giulia non aveva ancora detto una parola da quando aveva cacciato quell’urlo impressionante; dentro di sé si chiedeva come fosse finita in quel posto e per quale ragione Nora giacesse riversa tra il fogliame del sottobosco e Tommaso stesse piangendo sulla sua spalla.
Improvvisamente, Nora si mosse, e fu questo a bloccare il pianto disperato di Tommaso.
Sbatté le palpebre un paio di volte e si risollevò da terra poggiando la schiena contro il tronco possente di un castagno. Si massaggiò il collo intorpidito con una smorfia e sussultò quando Tommaso urlò: «Nora!». Si gettò su di lei, schiacciandola in un abbraccio e in un soffio esclamò: «pensavo fossi morta».
Giulia si alzò di scatto, girò sui tacchi e procedette spedita di nuovo verso la festa.
«Non sono morta» ribatté Nora. Ma non ne era tanto convinta.
 


Ecco un nuovo capitolo! Buona lettura ;)
baci,

Kath&Norman
  
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